Istituto MEME: Arte Terapia e riabilitazione

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Istituto MEME: Arte Terapia e riabilitazione
Istituto MEME
associato a
Université Européenne
Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles
“Arte terapia e riabilitazione: work in progress”
Scuola di Specializzazione:
Relatore:
Contesto di Project Work:
Tesista Specializzando:
Arti Terapie
Roberta Frison
Centro diurno Puzzle
Maddalena Petrozzino
Anno di corso: Secondo anno
Modena: 21 maggio 2011
Anno Accademico: 2010 - 2011
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Maddalena Petrozzino - SST in Arti Terapie (Secondo anno) A.A. 2010-2011
Indice dei Contenuti
1. L’introduzione
3
2. L’arte terapia
4
Le regole setting e atelier
11
La storia
12
L’arte e psicoanalisi
13
I materiali
18
L’immagine e arte terapia
20
3. Il luogo intervento
22
4. La patologia
25
5. Il project work
30
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1. L’INTRODUZIONE
Il project work da me sviluppato nasce dal proposito di proporre una visione di
arteterapia capace di utilizzare vissuti ed emozioni non in ambito interpretativo
ma come “motore immobile” attorno al quale ruota l’esperienza del benessere
psicofisico del paziente e, nel caso di persone con problematiche legate a
traumi celebrali, attorno al quale nasce e si sviluppa il percorso riabilitativo.
La composizione creativa, il materiale utilizzato, le opere create e i vissuti da
esse emersi vengono accolti e custoditi al fine di diventare, durante il percorso
terapeutico, trampolini di lancio del cambiamento, sia esso legato alla
percezione di sé, sia nei confronti di mantenere e, dove possibile, incrementare
abilità fisiche.
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2. L’ARTE TERAPIA
“l’arte terapia è un bellissimo e delicato strumento grazie al quale è possibile
mettere in ordine i pensieri e gli avvenimenti della nostra vita attraverso
l’immaginario. Mentre si disegna è naturale individuare gli eventi spiacevoli e
quelli piacevoli, cercando di capire cosa può esserci successo nel corso del
tempo. È un viaggio che ci riporta ai tempi dell’infanzia, per ripartire da lì
percorrendo tappe, episodi di gioia e di fatica, risate e pianti, ricordi e momenti
dimenticati. Un percorso che dal passato risale al presente e continua nel
futuro. Tutto questo turbinio di visioni, legate a ricordi o fatti chissà se mai
accaduti o semplicemente immaginati, può essere messo a riposare dentro il
cuore nel momento in cui questa sequenza di immagini, che si sono caricate il
peso di emozioni passate e memorie un po’ sfocate, viene con tutta semplicità
esternata, messa su un foglio e colorata.”1
L’arteterapia comporta l’utilizzo di diversi materiali con cui il paziente attraversa
i nodi problematici che l’hanno condotto in terapia.
Terapeuta e paziente sono in relazione nel tentativo di consapevolizzare il
processo creativo e il prodotto della seduta. L’oggetto creato, grazie al suo
essere concreto, è una testimonianza del processo creativo che non può essere
negata, cancellata o dimenticata; anzi offre riflessioni anche nel futuro.
Per setting di Arte terapia intendiamo un luogo fisico carico di significato in
quanto teatro di sviluppo della relazione tra paziente e terapeuta. Il concetto di
spazio introduce un’immagine di relazione triangolare di Luzzato,
1
Pg 1 Raffaella Molteni, “L’arteterapia”, ed. xenia, 2007 Milano.
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nella quale l’arte costituisce la terza componente all’interno di una relazione tra
due persone:
ARTE
PAZIENTE
TERAPEUTA
Il modo in cui può essere strutturato ed organizzato lo spazio è fondamentale in
quanto deve facilitare l’incontro e la relazione, dato che lo spazio non rimanda
solamente ad un aspetto materiale e pratico, ma è caratterizzato da un forte
valore simbolico. Il setting potremmo dire che è la cornice definita sia in senso
pratico – organizzativo (dove viene stabilito il giorno dell’incontro e l’orario) che
in senso figurato di protezione per i pazienti.
La terapeuta è una persona che presiede quello spazio con regolarità. La
stanza dell’arte terapia offre, nella maniera più confortevole possibile, la scelta
di materiali e di spazi di lavoro.
Entrando nella stanza, ognuno rientra in una determinata cornice di riferimento
protetta, grazie ai confini che custodiscono lo spazio. All’interno di questa
cornice c’è la possibilità di esplorare preoccupazioni, disagio, ansie, attraverso
la relazione con i materiali e con la terapeuta.
Sono molto importanti particolari come l’illuminazione, lo spazio di movimento,
l’accessibilità ai materiali, la temperatura e il poter usufruire di un posto comodo
e confortevole dove sedersi per lavorare. Lo spazio deve offrire anche occasioni
al gruppo o al singolo di trovare soluzioni creative, in cui la perfezione estetico teorica non deve andare a discapito del benessere del paziente fomentando
sentimenti svalutanti o perdite di identità e valori in cui si identifica; una sottile
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linea corre tra aspetti positivi e negativi in cui il rischio è di perdere il confine.
Dato che il luogo può offrire un vissuto di sicurezza è necessario considerare
dove custodire i lavori creati. Possiamo quindi concludere dicendo che il setting
di arte terapia deve essere un luogo che privilegia e stimola la creatività, il
ritorno al gioco, dove ci si può esprimere, sperimentare e dove tutto assume un
senso e si riempie di significato; fondamentale passaggio per facilitare la
consapevolezza di sé, lo sviluppo emotivo e per favorire trasformazioni riguardo
la propria narrazione.
Durante la terapia è fondamentale l’esperienza clinica cioè il contatto con
l’utente e il materiale creativo; il punto di partenza per un efficace percorso è
quello di riuscire a creare un contatto emotivo con il paziente, stabilire ogni
seduta un rapporto terapeutico - affettivo basato sulla fiducia, che prende vita
grazie all’oggetto prodotto che ci permette di costruire tasselli per definire i
bisogni e gli obiettivi della persona.
L’arteterapeuta si inserisce nella vita del soggetto in punta di piedi, con
delicatezza e rispetto della persona e dei vissuti senza giudicare o consigliare,
è il mediatore tra il paziente e il prodotto creato; tutto questo può avvenire solo
se si è creato un rapporto empatico e di fiducia tra il terapeuta e il paziente.
“Quando si usano le attività creative in contesti particolari, gli operatori devono
conoscere e comprendere tre fattori basilari. Devono conoscere se stessi, il loro
mezzo creativo e i soggetti della seduta.”2
Il ruolo del terapeuta è fondamentale, è colui che durante la seduta orienta la
persona e le permette di progredire, determina il “clima emotivo” delle sedute,
fornisce istruzioni e sceglie il materiale di cui i soggetti fruiranno.
L’arteterapia si può paragonare a una macchina fotografica, l’obiettivo ci
permettere di guardare all’interno del soggetto e il tutto viene messo a fuoco
all’esterno attraverso l’opera d’arte.
“L’espressione artistica, che sia un disegno o una scultura, un’installazione o
2
Pg.13, Bernie Warren, “L’arteterapia in educazione e riabilitazione, Ed. Erickson, 1995
Trento.
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un collage non deve essere necessariamente estetica, riesce a superare lo
stato di coscienza facendo emergere dall’inconscio senza alcun filtro tutto
quanto vi è di più nascosto ma anche di più vero dell’individuo. La ricerca della
forma porta poi il soggetto alla presa di coscienza del sé come donna o uomo,
in quanto la terapia dell’arte utilizza un linguaggio arcaico che supera quello
verbale, perché smuove gli stati più profondi dell’inconscio e pone l’individuo di
nuovo in armonia con la sua struttura primordiale.”3
3
Pg. 23 Raffaella Molteni, “L’arteterapia”, ed. xenia, 2007 Milano.
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Il motore dell'arteterapia è l'attivazione del processo creativo che non è altro
che la somma di più elementi, graficamente si può rappresentare in questo
modo:
immaginazione
asse ispirazione
produttività
asse elaborazione
ascolto interno
spontaneità
processo creativo
Possiamo esplicitare questo grafico dicendo che il processo creativo è
composto da: immaginazione, capacità di giocare con l’immagini, ascolto
interno, contatto personale con i propri vissuti, sentimenti, la spontaneità,
l’immediatezza e naturalezza dell’azione e in fine la produttività; tutte queste
aree vengono tenute unite da due assi: l’ispirazione e l’elaborazione.
L’essenza dell’arte terapia consiste nel creare: il processo e il prodotto artistico.
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Il processo artistico facilita l’emergere di esperienze interiori e di sentimenti che
possono essere espressi in una forma caotica e grezza. I materiali offrono uno
strumento tangibile attraverso cui creare un ponte tra cosciente e inconscio. Il
processo è il manifestarsi di una realtà individuale interiore, quindi l’espressione
di un movimento inconscio. Creare un’immagine permette di esternare
emozioni, per questo alla base del processo terapeutico c’è la modalità con la
creazione viene accolta durante il setting.
La pioniera dell’arte terapia, Naumburg, descrive l’arte come il tentativo di
portare ad un senso e ad una chiarezza emozioni indefinite e povere: il
riconoscimento di pensieri ed emozioni inconscie che raggiungono una forma
espressiva più facilmente attraverso le immagini che attraverso le parole.
“Nell’evolversi l’arte terapia riconosce il valore fondamentale della dimensione
psicoanalitica: non si tratta tanto di considerare l’arte come un canale
privilegiato per l’accesso alla coscienza, quanto di utilizzare strumenti della
realtà esterna per facilitare il manifestarsi delle emozioni ed una loro
integrazione, al fine di donare senso ad un’esistenza ferita.”4
Non tutti i soggetti credono nelle loro capacità artistiche quindi il terapeuta deve
offrire diverse tipologie di stimoli: verbali, sensoriali (uditivi e tattili) e temporali,
per riuscire a mettere a proprio agio il paziente e al contempo favorire fluidità al
processo creativo.
Per quanto riguarda i soggetti con disabilità più o meno grave spesso l’arte
riveste la duplice valenza di canale comunicativo oltre che di effetto placebo al
termine della seduta; spesso il malessere porta a un maggiore ascolto interno
quindi una maggiore produttività creativa.
La stimolazione sopra descritta è garantita dall'attivazione delle sinestesie, cioè
quel processo in cui da una specifica stimolazione sensoriale vengono attivati
determinati parti del cervello che attivano esperienze legati ad altri sensi, così
da ottenere una percezione più completa; ad esempio lo stimolo olfattile ad
4
Pg 54 Caroline Case e Tessa Dalley, Manuale di arte terapia, Torino febbraio 2003, Ed Cosmopolis.
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alcune persone riporta alla mente immagini sia della vita quotidiana che di
esperienze passate. In arte terapia è possibile servirsi di questo fenomeno per
intraprendere un percorso riabilitativo di un deficit, stimolare la memoria e
facilitare il processo creativo.
La creazione in arte terapia porta a nuove scoperte e conoscenze su sé stessi,
il compimento di un’immagine offre un nuovo pensiero a chi crea.
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 LE REGOLE SETTING E ATELIER
Il setting di arte terapia è quel luogo (ambiente-stanza) in cui ci sono: materiali,
persone, il tempo che ne determinano il contenimento, la protezione e
rassicurazione di quello che avviene.
La definizione dello svolgimento delle attività, all’interno di uno spazio dedicato,
con tempi programmati, esplicitati e rispettati, crea uno spazio, fisico e interiore,
rassicurante in cui diventa più facile “stare” e “fare” sapendo che l’esperienza
ha un inizio e una fine prestabilita. La definizione e scansione dei tempi
permette al soggetto di ridurre l’ansia e separarsi più agevolmente dall’oggetto
creato.
Durante una seduta di arte terapia si susseguono diverse fasi ben definite e
strutturate che scandiscono il riferimento spazio- temporale dell’attività:
momento d’accoglienza, condivisione delle regole, consegna, scelta ed
esplorazione dei materiali messi a disposizione, produzione dell’opera e infine
verbalizzazione dell’esperienza.
Esistono poche regole da dover condividere, ma fondamentali per l’efficacia e
l’intenzionalità dell’operato: tutto ciò che avviene dentro la seduta rimane
all’interno del gruppo e non verrà riportato all’esterno, evitare ogni forma di
giudizio e valutazione, rispettare: se stessi, gli altri, lo spazio e il materiale e,
infine, evitare (se – quando è possibile) di parlare durante l’esecuzione.
L’atelier è uno spazio che dovrebbe essere percepito come sicuro e facilitante:
un contenitore capace di accogliere il mondo interiore dei partecipanti. Questo
spazio non è soltanto un qualcosa di fisico, ma anche e soprattutto di simbolico
perché delimita e definisce il contesto favorendo l’esplorazione di problematiche
ma anche permettendo l’aumento dell’autostima tramite una maggior
conoscenza come individuo.
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 LA STORIA
I passaggi storici dell’arte sono stai diversi, come diversi sono stati i modi
d’interpretare coloro che facevano arte: così come nella Cultura tribale l’arte
assumeva poteri magici interpretati dal ruolo dello sciamano, passiamo al
Romanticismo che considerava la creazione artistica un mestiere come altri.
Solo tra il 1600 e 1800 il processo creativo dell’arte viene visto come una sorta
di strumento terapeutico per coloro che soffrivano di epilessia: creando
comunicavano il loro mondo fantastico ed evitavano la follia.
Nel 1946 venne istituito il primo incarico all'interno del servizio sanitario
nazionale, ma solo nel 1981 la professione diviene ufficialmente ammessa nel
Servizio Nazionale.
Nel 1989 Edwards5 traccia diversi modelli di arteterapia e di atteggiamenti verso
l'arte e la psicoanalisi simili alla visione delle origini: egli dimostrò come le
suggestioni che provengono dal ruolo dell'arte nei rituali, dalle usanze religiose
e dagli aspetti antropologici, forniscono un contesto articolato e sostanzioso per
l'arteterapia, che esisteva ben prima del suo stabilirsi come professione distinta.
Edwards ipotizza che la matrice dell'atteggiamento codificato e diagnostico
verso il mondo delle immagini sia da ricercarsi nel Neoclassicismo del
diciassettesimo secolo; è nella credenza “razionale” che lo stato psichico di una
persona possa essere compreso attraverso l'analisi di una produzione artistica.
Grazie all'influenza innovativa di Herbert Read6 e Adrian Hill7, le due strade
dell'arteterapia hanno proceduto in parallelo: una nel contesto educativo con
conseguente insegnamento artistico mentre l'altra radicata nel contesto medico
evidenziando le possibilità dell'arte come strumento comunicativo e delle sue
intrinseche potenzialità per il lavoro terapeutico.
5
Edwards M., “Art Therapy and romanticism”, in Gilroy A. and Dalley T. (eds) Pictures at an exhibition,
London, Tavistock/ Routledge.
6
Read H. “Education through art”, 1942 London, Faber and Faber.
7
Hill A, “Art versus illness”, 1941 London, Allen and Unwin, Inscape.
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 L’ARTE E SPICOANALISI
In questo paragrafo verranno descritti brevemente alcuni dei maggiori
psicoanalisti della nostra storia.
La comprensione freudiana dell'arte8 e dei suoi processi è basata sul suo
modello interpretativo della mente: l'apparato psichico regola le tensioni
attraverso lo scarico di impulsi primitivi; questo scarico avviene sia attraverso il
processo primario, tipico del pensiero inconscio ed appartenente ad una
precoce fase evolutiva, sia attraverso il processo secondario, tipico del pensiero
conscio che si sviluppa successivamente. Nel corso della vita, gli individui
crescono rinunciando alla soddisfazione del principio di piacere e aderendo al
principio di realtà.
“Freud individua nell'arte il percorso che riconduce dalla fantasia alla realtà. Chi
crea, gli pare oppresso dal desiderio di fama, di onore, di amore, ma privo di
strumenti per raggiungere questi obiettivi. L'artista ottiene piacere dalla
rappresentazione delle fantasie inconsce, grazie al sollievo dato agli istinti
repressi; il prodotto nasce dalla sublimazione e dalla sostituzione degli istinti
primitivi, aggressivi e sessuali. Egli considera il prodotto artistico come un
prodotto sublimato, distingue tra creazioni più o meno estetiche, tra oggetti
d'arte e sintomi nevrotici.”9
Freud parla di inconscio e conscio mentre Melanie Klein parla di mondo interno
ed esterno, distinzione che si apprende solo durante la crescita. Il bambino
impara a tollerare l'ambivalenza del fatto che il buono e il cattivo sono aspetti
che caratterizzano uno stesso oggetto, che vive di vita propria, al di furori della
fantasia di controllo onnipotente del bambino. Questa posizione porta al
desiderio di riparare l'oggetto perduto, che è sia esterno sia interno all'Io. Il
8
Freud, “delusions and dreams in Jensen’s Gradica”, 1907, “Leonardo da Vinci and Memory of his
childhood”(1910); “the moses of Michelangelo”(1917) in Art and literature, Pelican Freud Library,
Harmondsworth, Penguin.
“lecture XXIII: the paths to the formation of symptoms”(1916);”beyond the pleasure
principle”(1920);”the ego and the I” (1923);”an autobiographical study” (1925), in standard
Edition,London, the hogarth press.
9 Pg 66 caroline case e tessa dalley, manuale di arte terapia, Torino febbraio 2003, Ed Cosmopolis.
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lavoro di riparazione è fondamentale per la maturazione dell'uomo, secondo la
Klein l’elaborazione di lutto è paragonabile al lavoro artistico: in fase di lutto,
ricostruiamo sia un oggetto interno perduto, sia il nostro mondo di relazioni
esterne
quindi
l'artista
ripercorre
la
propria
fase
depressiva,
anche
inconsapevolmente, ricrea una nuova realtà; il prodotto artistico è la forma
esterna di un movimento di riparazione interiore.
“La figura di Marion Milner10 è centrale per l'arteterapia, per il suo lavoro che
riunisce la psicoanalisi, la creatività ed il processo artistico. Ella parte dalla
propria esperienza di pittrice dilettante, alle prese con un manuale di tecnica
pittorica. Arriva così a scoprire come le rappresentazioni spaziale convogli
emozioni, e come le abilità tecniche non siano atti si svolgono colo nel mondo
esterno. La relazione spaziale tra oggetti disegnati ha a che fare con la
relazione del sé con l'oggetto, con la distanza- separazione, con l'avereperdere. Le ambiguità emotive del dipingere si incontrano nel riconoscimento
che una linea meramente artificiale separa il mondo dei fatti da quello della
fantasia. La contrapposizione si genera da nuovi esperimenti pittorici, e dalla
paura della follia.
Lasciarsi andare ad un disegno libero conduce all'incontro con ciò che è fuori
controllo: si possono scoprire le creature mostruose che abitano nel nostro
immaginario. Un'ulteriore analogia tra il disegno e l'esperienza psicoanalitica
proviene dalla cornice: essa offre una delimitazione tra ciò che è interno, da
interpretarsi simbolicamente, e ciò che è esterno, da interpretarsi letteralmente.
La terapeuta deve imparare a leggere il linguaggio privato e personale della
paziente, entrandovi in contatto con la mente e con il corpo, imparando ad
essere usata servire il processo. Questo processo è la cura che la paziente ha
di sé stessa, acquisendo la capacità di vivere creativamente, di assumere uno
stato di disattenzione vigile, per fare emergere le fantasie e disfarsi del carico
del mondo esterno. L'esternalizzazione donata dal prodotto artistico porta nel
10
Milner “on not being able to paint”, 1950 London, Heinemann.
“The role of illusion in symbol formation”, in Klein M. et al (eds) new directions in psychoanalysis, 1955
London, Maresfield Reprints.
“the hands of the living god”, 1969 London, Virago.
“ the suppressed madness of sane men”, 1989 London, Tavistock.
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mondo dei fenomeni uno stato interiore, che si trasforma così in un nuovo punto
di partenza.”11
Riprendendo i concetti di Melanie Klein12 di “riparazione” dell’oggetto
nell’esperienza infantile, D. Winnicott13 affronta la cosiddetta “fase transizionale”
dello sviluppo dell’Io, introducendo nel 1951 la sua ipotesi di “gioco e realtà”.
La fase transizionale, dai 4 ai 12 mesi circa di vita del bambino, è caratterizzata
dalla costruzione da parte del bimbo, di un ponte comunicativo tra pura
soggettività e realtà oggettiva condivisa.
Per creare questo ponte, a seguito di un meccanismo di difesa contro
l’angoscia da separazione dalla madre, il bambino si serve di un oggetto, tipo
una copertina, appartenente alla realtà esterna, che si costituisce come una
rappresentazione simbolica, ma reale, dell’ambito felice di fusione con la madre
e pertanto un conforto nel momento del suo allontanamento temporaneo.
Tale oggetto transizionale è il precursore del fenomeno dell’illusione, ossia
quell’area intermedia tra ciò che è soggettivo e ciò che è oggettivamente
percepito.
La sostanza dell’illusione è il presupposto della creatività e dell’esperienza
artistica.
L’oggetto transizionale simbolizza un viaggio in due direzioni, una che crea
l’oggetto percepito oggettivamente ed una che crea l’Io sono, ossia la
rappresentazione oggettiva del soggetto.
In questa illusione, nasce la prima idea di gioco.
Il gioco per Winnicott è una fondamentale esperienza indice di sanità che
permette di vivere in una continuità di spazio e di tempo; esso avviene in uno
spazio potenziale, intermedio tra gli oggetti concepiti e percepiti; è una modalità
fondamentale del vivere, alla base delle regole, della socialità.
11
Pg 70 caroline case e tessa dalley, manuale di arte terapia, Torino febbraio 2003, Ed Cosmopolis.
Klein M, “infantile anxiety situations reflected in a work of art and in the creative impulse, in
contributions to psycho-analysis 1921-1945, London, The hogarth press and and the institute of
psychoanalysis.
13
Winnicott, “The pigole”,1980; “playing and reality”, 1988 Harmondsworth, Penguin.
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Il giocare creativo mette in campo un’energia finalizzata e presuppone l’uso del
simbolo, connesso alla vita relazionale sociale e alla futura vita culturale del
soggetto.
Gioco,
esperienza
e
creatività
sono
infatti
per
Winnicott
fortemente
interconnessi: il giocare prelude al fantasticare, al pensare creativo (sono i
cosiddetti fenomeni transizionali).
Da questo concetto di gioco nasce con Winnicott anche un nuovo modo di fare
psicoterapia: per lui essa esiste laddove si sovrappongono due aree di gioco,
quella del paziente e quella del terapeuta, che s’incontrano e comunicano in
quello “spazio potenziale” transizionale, ossia in quello spazio ed in quel luogo
in cui poter sperimentare, attraverso il gioco, un modo alternativo e creativo a
proprio esistere.
Tale modalità presuppone un clima di fiducia e di rilassamento, in cui cadono le
barriere difensive e la creatività può esprimersi liberamente.
Anche l’esperienza culturale dell’individuo adulto avviene in questo spazio
potenziale tra individuo e ambiente, in questa “terza area” del gioco. Essa inizia
con il vivere creativo ed è determinato dalle esperienze di vita del soggetto che
hanno avuto luogo nei primi stadi di esistenza e nei modelli di attaccamento con
la figura materna.
L'obiettivo è rendere il paziente capace di giocare; nel gioco, bambini e adulti
sono liberi di creare; la creatività è la scoperta ed è il pieno uso di sé. L'arte,
come la religione e la filosofia, in quanto esperienze culturali, hanno un ruolo
fondamentale nello sviluppo adattativo dell'individuo: sono il luogo dell'incontro
tra realtà interna ed esterna. L'arte ci mantiene in vita quando l'esperienza ci
prova fino all'estremo: il conflitto tra gli impulsi e la sicurezza rimane eterno, ed
attraverso di esso si snoda la nostra interna esistenza.
Infine Jung14 con la terapia propone di riunire ciò che è scisso, attraverso
l'attivazione della funzione trascendente, creatrice di simboli. “Egli considera la
psiche come un sistema che si autoregola, quanto più la coscienza agisce in
14
Jung, “Mysterium coniunctionis”, 1955; “Two essays on analytical psychology”, 1966; “Modern Man
in search of a soul”, 1970 London, Routledge and Kegan Paul.
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modo unilaterale, tanto più l'inconscio si attiva a creare un'immagine globale
dello
stato
soggettivo;
i sogni possono
essere
interpretati come
la
compensazione dell'atteggiamento cosciente:l'energia psichica è un gioco di
opposti.
Jung differenzia gli obiettivi propri dei diversi stadi esistenziali:nella prima metà
della vita l'obiettivo è la realizzazione nel lavoro, nella famiglia, nelle relazioni
sociali; nella seconda metà l'obiettivo è la ricerca di un significato, che
generalmente scaturisce dal alto fino ad allora rifiutato o non sviluppato
pienamente. Il processo di individuazione è un viaggio psichico durante cui in
incontriamo le nostre ombre e gli archetipi dell'inconscio collettivo. Grazie al
contatto e al riconoscimento di queste figure, il sé raggiunge l'autorealizzazione
e la propria completezza:l'Io è parte del sé.
L'attività creativa avvicina al lato giocoso della vita, e sostiene l'obiettivo primo
della terapia: far percepire al paziente uno stato di fluidità, cambiamento e
crescita, in cui nulla sia più eternamente fissato o pietrificato.
L'arte del fare attraverso il non fare, ed il lasciare che le cose accadano, è tipica
dell'arte terapia.
Proprio perché è consapevole di quanto sia difficile raggiungere questo
atteggiamento mentale di assenza di giudizio,a dispetto di tutte le voci che
continuamente si alzano ad invocare chiarezza e puntualità, Jung suggerisce di
usare strumenti figurativi, la danza o la scrittura.”15
15
pg. 74-75 Caroline Case e Tessa Dalley, Manuale di arte terapia, Torino febbraio 2003, Ed
Cosmopolis.
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 I MATERIALI
I materiali hanno un’importanza fondamentale nell’arte terapia e possono
essere usati in innumerevoli modi.
Ogni strumento ha caratteristiche particolari che devono essere tenute presenti
nel momento in cui viene proposto uno strumento piuttosto che un altro.
Il materiale ha la funzione di veicolo di emozioni e sentimenti attraverso cui il
mondo interiore può manifestare la sua forma quindi è importante che ce ne sia
di molteplici varietà per consentire da un lato di rispecchiare l’interiore con le
immagini e dall’altro che l’uso di appropriati materiali conduca a smuovere ciò
che si è cristallizzato nel tempo per portarlo alla luce.
La scelta di una tecnica e di un materiale piuttosto che un altro, essendo vettori
d’emozioni, ha un significato che dipende sai dalla specificità del soggetto che
dal processo creativo:
o Plasmare la creta stimola il corpo e rilassa i movimenti, ma può al tempo
stesso l’effetto contrario. Aiuta ad abbandonare le difese e sentirsi più
liberi di sperimentare. Potrebbe essere funzionale il suo utilizzo nel caso
in cui siamo davanti a un blocco creativo.
o La pittura, in quanto materiale fluido, offre più possibilità trasformative
rispetto ai pennarelli; ma potrebbe risultare ansiogena per la sua
gestione. La sua consistenza potrebbe servire per sciogliere la rigidità.
o I pennarelli sono facili da usare, danno sicurezza e permettono di
controllare l’ansia.
o Il disegno ha un valore proiettivo e permette di esplicitare conflitti e ansie
che trovando una loro forma potrebbe essere affrontate e leggerle
diversamente.
o
Acquarello esalta la spontaneità, esprime le sfumature dell’affettività e
dei sentimenti;evoca il mondo del sensibile.
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o Collage e materiale di riciclo sono utili per quelle persone che si sentono
minacciare da un’attività creativa libera oppure in soggetti con deficit
cognitivo per stimolare il concetto di realtà.
o Creta stimola il fenomeno sinestetico per i suoi forti odori, la
manipolazione è utile nei soggetti con handicap per riabilita e stimola il
motorio.
Avendo ognuno una caratteristica e funzione è bene avere in atelier tutti i tipi
di materiale per offrire agli utenti la possibilità di sperimentare e stimolare
parti diversi del proprio corpo. Il materiale è il mediatore tra l’utente e l’arte
terapeuta per questo il suo utilizzo e il successivo prodotto offrono nozioni
importanti al fine della conoscenza del soggetto e della sua storia.
Il fascino delle arti terapie (arte, musica e danza) è proprio la capacità e
potenzialità riabilitativa perché ogni volta partecipano aree del cervello e
parti del corpo diverse; nei soggetti affetti da handicap questo aspetto è
ancora più evidenziato.
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 L’IMMAGINE E ARTE TERAPIA
“ la forza dell’immagine non è da sottovalutare, essa nasconde vicende
passate, elaborazioni, aspetti psicosomatici e infiniti altri segreti che solo chi
disegna a volte può svelare. Ogni opera è un messaggio anche se non
sempre voluto consciamente; certi problemi, emozioni e dolori vengono
trascinati dalle linee e dai colori. In ogni disegno ci sono due parti: una in
primo piano e una più nascosta. Quella che si vede è detta consapevole,
l’altra è quella dei piccoli particolari che raccontano una vita in cui ci sono
mistero e magia. L’utente prova una certa soddisfazione quando riscontra
tra la propria opera e i suoi intenti rappresentativi una certa corrispondenza.
È importante che egli riconosca cosa si muove dentro di sé e che tipo di
emozioni vive capendo se sono sensazioni di paura, di gioia, di rabbia, di
frustrazione o di altro genere.“16
La funzione dell’immagine è di farsi mezzo di comunicazione tra due realtà
che utilizzano linguaggi diversi: digitale la comunicazione verbale e il
pensiero, analogico il mondo sensibile e l’immaginazione; inoltre è un ponte
tra il mondo esterno e quello interno per cui attraverso qualcosa di concreto
si può venire a contatto con ciò che non si può: dire, fare e ascoltare.17
Le immagini parlano per se stesse, a diverse livelli di profondità, che non
sempre sono esprimibili a parole; l’immagine ascolta e racconta.
L’arte terapia si distingue tra le altre forme di terapia verbale e dalla
psicoterapia in quanto l’immagine non viene utilizzata per accedere al
verbale e nemmeno solo per agevolare la relazione, ma ha un valore in sé.
L’immagine prodotta diventa strumento di comunicazione in quanto il
processo creativo rende possibile l’emergere e il riconoscimento di
emozioni, sentimenti, esperienze interiori attraverso la loro espressione a
volte anche in forma caotica e grezza; inoltre permette di sperimentare da
16
17
Pg 21. Raffaella Molteni, “L’arteterapia”, ed. xenia, 2007 Milano.
Riferimento a dispense: ”laboratorio di arte terapia, da dentro e fuori in un eterno ritorno” di Claudia
Olivi.
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un lato l’annullamento dei confini del sé: aiuta ad esprimere in una forma
simbolica universale percepibile qualcosa di molto intimo, e dall’altro il senso
di separazione e di distacco emotivo da ciò che, in modo diverso, fa soffrire
o crea conflitto e che può essere osservato da un altro punto di vista
nell’immagine.18
L’immagine e il prodotto artistico possono essere paragonati all’oggetto
transizionale diventando ponte tra i due mondi e accogliere positivamente la
nuova lettura.
L’arte terapeuta deve essere in grado di stimolare il fare senza indirizzare
l’attività perché l’obiettivo che si deve porre è quello di favorire maggiore
consapevolezza del mondo esterno.
L’arte terapeuta deve maturare la capacità d’attendere e osservare il
processo creativo, non dovrebbe intervenire fin quando non si ha la certezza
che l’opera sia finita.
Durante l’osservazione deve tener presente l’utente e le sue trasformazioni
e sensazioni, l’arte terapeuta deve saper accogliere le sue difficoltà emotive
e dargli una nuova lettura quindi una connotazione positiva.
Nella mia breve esperienza mi sono resa conto che spesso è utile durante il
processo creativo far staccare l’utente dall’immagine e dargli quella giusta
distanza terapeuta con finalità di lettura e sedimentazione.
18
Riferimento a dispense: ”Laboratorio di arte terapia, da dentro e fuori in un eterno ritorno” di Claudia
Olivi.
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3. IL LUOGO D’INTERVENTO
La Cooperativa Puzzle, centro diurno per traumatizzati cranici e gravi
cerebrolesioni acquisite di età compresa tra i diciotto anni e sessantacinque,
sita in via Cimabue 2 in Torino, è stata costituita da un gruppo di familiari e di
volontari che hanno, per necessità, voluto creare una struttura che potesse
avviare un continuum terapeutico- riabilitativo con le strutture sanitarie,
coinvolte nella presa in carico del paziente nella fase acuta e post acuta,
inserendosi quindi su un ultimo tassello di un lungo e faticoso percorso.
Tale esigenza nasceva, quindi, da una necessità mirata a restituire al
paziente ed al familiare un ritorno alla vita il più possibile dignitoso e
“normale” che, altrimenti, finita la riabilitazione post acuta, si sarebbe
consumata all’interno di mura domestiche impreparate a far fronte a delle
problematiche, in particolare neurocomportamentali, proprie del trauma.
Costituita nel 1998 ed inaugurata nel Luglio 2001 è stata la prima struttura in
Italia ad occuparsi esclusivamente dei traumatizzati cranici e delle gravi
cerebrolesioni acquisite.
La Puzzle nasce con l’intento, quindi, di seguire il paziente e il familiare, in
prospettiva di un inserimento socio-lavorativo del primo con un monitoraggio
ed una supervisione continuativa durante tutto il percorso.
La famiglia rappresenta l’interlocutore privilegiato, all’interno del processo di
cambiamento, contemplato nel progetto terapeutico.
I familiari vengono attivamente coinvolti in un programma volto alla gestione
relazionale univoca del caso. I feedback restituiti dalla famiglia permettono il
vero riscontro rispetto all’evoluzione del progetto terapeutico centrato
sull’utente in un contesto ecologico.
Le modalità di coinvolgimento avvengono attraverso: incontri periodici
individuali gestiti dai case manager (referente del caso che verrà individuato
all’atto
dell’inserimento),
focalizzati
sul
proseguimento
delle
regole
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neurocomportamentali adottate nel centro che devono essere poi mantenute
in ambito familiare e territoriale, incontri di gruppo, finalizzati alla riflessione
e all’interscambio di esperienze condivise ed informazioni preziose volte al
miglioramento
del
servizio,
colloqui
di
sostegno
psicologico,
volti
all’elaborazione dei vissuti emotivi dei singoli caregiver.
Il centro può rappresentarsi come anello di congiunzione tra il territorio e
l’utente.
E’ per tale ragione che i rapporti vengono costantemente mantenuti non solo
per verificare l’andamento progettuale e la permanenza al centro dell’ospite,
ma anche per costruire insieme, nella quotidianità una risorsa sempre più
raffinata pronta ad accogliere l’inserimento sociale, lavorativo e scolastico
del trauma cranico e della gravecerebrolesione acquisita.
Gli incontri vengono concordati con il responsabile di struttura circa ogni tre
mesi o secondo la necessità del caso.
Le visite di aggiornamento vengono sempre documentate attraverso
relazioni neuropsicologiche/educative.
Le attività neuropsicologiche, che si susseguono durante la giorante oltre
alla logopedia e fisioterapia, mirano al ripristino, mantenimento e
potenziamento delle abilità corticali secondo tecniche che derivano dalla
teoria cognitivista.
Gli scopi sono quelli di integrare i miglioramenti cognitivi con le attività di
vita quotidiana, di indirizzare all’uso di strategie atte a compensare e
superare il deficit.
Le attività di neuropsicologia si svolgono in individuale e in gruppo,
favorendo il ripristino e potenziamento di:
o Attenzione.
o
Memoria.
o
Funzioni frontali: riguardanti il versante più propriamente cognitivo e
il versante.
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o Neurocomportamentale.
Il trattamento logopedico consiste in un approccio globale che contempla:
o
rieducazione della deglutizione
o
rieducazione della disfagia
o
stimolazione della deglutizione
o
rieducazione del linguaggio verbale
o
rieducazione del linguaggio non verbale
o
riabilitazione del linguaggio pragmatico.
Il trattamento neuromotorio con metodo perfettiano (quando le competenze
cognitive lo consentono) e tecniche Bobath per consentire al soggetto senza
o con scarsa deambulazione approcci passivi e attivi per limitare la
spasticità e l’ipertono e la coordinazione in azioni finalizzate alla gestione
della vita quotidiana.
L’attività motoria adattata mira al recupero delle capacità motorie residue per
permettere ai soggetti di svolgere in autonomia gli spostamenti di vita
quotidiana.
Verrà affiancata l’idroterapia per operare in contesti più rilassanti e consoni
al paziente.19
19
Riferimento carta dei servizi del centro “Puzzle”.
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4. LA PATOLOGIA
I traumi cerebrali possono risultare da una lesione chiusa alla testa oppure da
una lesione penetrante alla testa, e sono uno dei due tipi di lesioni cerebrali
acquisite (in inglese acquired brain injury). L'altro sottotipo sono le lesioni
cerebrali non traumatiche (per es. ictus, tumori,abuso di sostanze, meningite,
anossia). Parti del cervello che possono essere danneggiate includono gli
emisferi cerebrali, il cervelletto, il midollo spinale. I sintomi del trauma cranico
possono essere lievi, moderati, oppure gravi, dipendendo dall'estensione del
danno al cervello. L'esito può variare dal recupero completo di tutte le funzioni
fino alla disabilità permanente oppure la morte.
Con il termine "grave cerebrolesione acquisita" (GCA) si intende un danno
cerebrale, dovuto a trauma cranioencefalico o a cause di natura diversa come
l'anossia, insufficienza di ossigeno nei tessuti, tale da determinare una
condizione di coma e/o menomazioni a livello sensoriale, motorio, cognitivo o
comportamentale, che sono la causa di gravi disabilità.
Il "trauma cranico", che rappresenta la causa principale di questa grave
patologia, consiste in un evento acuto determinato dall'azione violenta di agenti
esterni che hanno colpito la scatola cranica: la struttura ossea che contiene e
protegge l'encefalo, ovvero le parti più importanti e vitali del sistema nervoso,
come il cervello, il cervelletto e il tronco encefalico.
Tale danno può determinare una diminuzione o alterazione del livello di
conoscenza e menomazioni a livello cognitivo fisico ed emotivo (BLAA 1986).
I traumi cranici sono un problema rilevante di salute pubblica, per l'impatto
sociale ed economico che ne consegue e per l'elevata risonanza emotiva
nell'opinione pubblica oltre che per le conseguenze devastanti per le persone
che lo subiscono e per il loro familiari.
Ogni anno, in Italia, si calcolano circa 250 traumi cranici per 100.000
abitanti/anno, escludendo quelli lievi.
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Le circostanze in cui si determina il trauma cranico possono essere diverse
(infortuni sul lavoro, cadute accidentali, suicidio, lesioni sportive, ecc.) ma la
causa principale del trauma cranico è sicuramente ricollegabile all'incidente
stradale.
In Italia, nel 2002, sono decedute quasi 7000 persone per trauma cranico: di
queste, tre quarti erano uomini e la causa del trauma era ascrivibile nel
cinquanta per cento dei casi ad incidente della strada.
Nelle gravi cerebrolesioni acquisite traumatiche, la responsabilità dell'incidente
stradale sale all'ottanta per cento.
L'analisi dell'incidenza del trauma cranico mostra che i soggetti maggiormente
colpiti sono quelli in età giovanile (soggetti fra i 14 e i 30 anni).Il trauma cranico
resta pur sempre la prima causa di morte in questa fascia di età.
Se l'impatto è di entità modesta, il cranio riesce a mantenere la propria integrità
e a svolgere con efficacia l'azione protettiva nei confronti del cervello e delle tre
componenti del tronco encefalico (mesencefalo, ponte e bulbo).
Nel trauma cranico lieve, perciò, il cervello non subisce danni strutturali, non si
realizzano fratture ossee, non vi è perdita di coscienza e, il più delle volte, la
sintomatologia risulta modesta e transitoria (cefalea, vertigini, conati di vomito,
ecc.).
In altre circostanze si va incontro ad una condizione definita come commozione
cerebrale, dove il soggetto presenta una totale o parziale perdita di coscienza,
di breve durata, accompagnata da pallore, ipotensione, cefalea, rallentamento
dei riflessi.
Dopo la ripresa di coscienza può seguire uno stato di "stupor" per cui il soggetto
si mostra attonito, incapace di esprimersi correttamente, e con un transitorio
blocco dell'attività psicomotoria.
Invece la contusione cerebrale è causata da un impatto di forte intensità, per cui
il cervello ed il restante contenuto della scatola cranica vanno incontro a lesioni
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e a seguito dell'urto possono realizzarsi versamenti emorragici all'interno del
tessuto cerebrale con la conseguenza che può comparire un edema cerebrale.
La raccolta di sangue in questa zona può svolgere un'azione compressiva, tale
da richiedere la pronta rimozione chirurgica.
In occasione di un evento traumatico molto forte il cranio può andare incontro
ad un cedimento strutturale, le fratture di norma sono localizzate nella sede in
cui ha agito l'impatto, anche se a volte si possono verificare in zone lontane da
quella direttamente colpita dal trauma.
Sono due le principali conseguenze del trauma cranico:l'ematoma extradurale,
cioè la raccolta di sangue che proviene dalla rottura traumatica di un'arteria, che
si raccoglie fra la parete ossea interna del cranio e la dura madre. La raccolta di
sangue tende ad aumentare e nel giro di poche ore può effettuare una
compressione così imponente sul cervello che può divenire letale se non si
interviene immediatamente per svuotare l'ematoma e bloccare l'emorragia.
Per esempio, un soggetto che cade dalla bicicletta e batte il capo sul
marciapiede, non perde coscienza, rientra a casa; dopo alcune ore inizia un
forte mal di testa, vomito, le pupille appaiono "anisocoriche" (cioè il diametro
dell'una è più grande del diametro dell'altra) e conseguente perdita di
coscienza.
L'ematoma subdurale, presenta un'emorragia più lenta ed insidiosa che si
riversa nel cosiddetto spazio subdurale, ovvero fra la dura madre ed il cervello.
Questo ematoma può presentarsi sia in forma acuta che cronica, ma è
quest'ultima che decorre in maniera più insidiosa perchè, abitualmente, dà
segno dopo molto tempo.
Se il cervello "si gonfia" per edema o per la presenza di un ematoma interno
oppure se viene compresso dall'esterno ad opera di un ematoma extradurale o
subdurale, non ha purtroppo alcuna via di fuga, poiché la scatola cranica non è
espandibile per cui l' unica possibilità è la riduzione di volume del liquor che lo
circonda, ma ciò rappresenta soltanto una via d'uscita limitata. Quando ciò non
si realizza si determina la cosiddetta ipertensione endocranica, che testimonia il
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livello di sofferenza delle strutture nervose compresse all'interno di un
contenitore rigido.
Per effetto del violento impatto e per lo scuotimento del contenuto nervoso
endocranico si può realizzare anche una compromissione prolungata dello stato
di coscienza, che potrebbe protrarsi per vari giorni (sino ad un massimo di circa
tre mesi) allora si parla di coma (dal greco "sonno profondo"). La condizione di
coma può esitare verso il risveglio ma, nei casi più sfavorevoli, vira verso una
situazione clinica definita stato vegetativo persistente in cui il soggetto è
apparentemente "sveglio" ma è totalmente privo della coscienza.
In casi molto più rari si può realizzare una condizione clinica definita locked-in
sindrome in cui il soggetto presenta una paralisi totale della muscolatura dei
quattro arti, un'incapacità ad esprimersi verbalmente e una paralisi di gran parte
dei nervi cranici, ma uno stato di coscienza conservato: il paziente vede,
ascolta, prova emozioni, però non può muoversi ne' parlare.
Una persona affetta da una grave cerebrolesione acquisita a carico di un
trauma necessita di ricovero ospedaliero per trattamenti neurochirurgici o di
rianimazione la cui durata può variare da alcuni giorni ad alcune settimane.
Il numero di persone che presentano tali problemi è in costante aumento, tanto
che le gravi cerebrolesioni rappresentano una delle cause principali di disabilità
fisica, cognitiva e psicologica e una delle più importanti limitazioni alla
partecipazione sociale nelle persone in giovane età.
Le gravi cerebrolesioni determinano spesso un drammatico cambiamento dello
stile di vita della persona che ne è affetta, nonché profondi sconvolgimenti
dell'intero nucleo famigliare. Il percorso riabilitativo delle gravi cerebrolesioni
acquisite, è infatti un lungo percorso riabilitativo che necessita di interventi
differenziati nel tempo che devono proseguire con differente intensità anche
dopo la dimissione ospedaliera.20
20
www.rinascitaevita.it
Papagno, “Neuropsicologia della memoria”, 2010 Bologna, Il Mulino.
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Gli interventi mirano a recuperare il massimo delle competenze funzionali e a
contenere il più possibile la disabilità, a recuperare la massima autonomia
possibile, a sviluppare le competenze cognitive e sociali necessarie al
reinserimento sociale e ad acquisire abilità di base di tipo occupazionale e
lavorativo.
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5. IL PROJECT WORK
La motivazione che mi ha spinto a proporre un’attività di arte terapia in
questo centro è partita da una curiosità: volevo sperimentare arte terapia
con soggetti gravi per valutarne la capacità riabilitativa della disciplina.
L’avventura è iniziata ad ottobre 2010, dopo un colloquio iniziale con la
direttrice, ho iniziato a frequentare il centro per due giorni alla settimana
(martedì pomeriggio e venerdì mattina).
Dopo un periodo d’osservazione passiva e partecipata, ho presentato il
primo progetto che non è stato avvallato perché secondo l’opinione delle
dottoresse era eccessivamente legato aspetti “troppo psicologici” per un
arteterapista; dopo aver valutato le richieste del centro, intervallato da due
mesi d’infortunio lavorativo, ho proposto il secondo progetto.
È stato difficile far capire alle neuropsicologhe il mio ruolo e il mio lavoro,
così com’è risultato molto complesso innescare delle novità e dei
cambiamenti nella programmazione settimanale e
nel collaborare nella
gestione degli spazi e, infine, nella scelta e costante partecipazione degli
utenti.
A differenza dell’Emilia a Torino il mio ruolo viene interpretato come
tirocinante quindi trovo che sia professionalmente svalutante imporre certe
idee e ideologie riguardante la mi attività laboratoriale. Ho vissuto mesi
frustranti, ma avendo interiorizzato l’interpretazione del mio ruolo ho pensato
che l’approccio migliore fosse quello di pormi in deuteroapprendimento21 per
evitare conflitti e cogliere l’occasione nel portare avanti il mio primo progetto
d’arte terapia.
IPOTESI:
a causa del trauma cranico gli utenti hanno una percezione di sé e del
mondo che lo circonda falsata o non appropriata.
21
Il Deuteroapprendimento è un concetto introdotto da Gregory Bateson nella sua analisi del
comportamento umano ed animale, per descrivere il processo, contestuale a quello dell'imparare,
attraverso cui si "impara ad imparare".
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RIFERIMENTO TEORICO
La percezione del sé. Il verbo percepire deriva dal latino “percipio” il cui
significato primo è afferrare, impadronirsi di qualcosa, ad indicare un forte
legame biunivoco che si crea tra colui che prende, afferra, e il soggettooggetto-situazione in questione. Un legame forte al punto di diventare sinolo
inscindibile in cui il “possessore” e il “posseduto” arrivano a unire le proprie
caratteristiche quasi al punto di fonderle vicendevolmente.
Secondo le principali discipline che si sono occupate di percezione
(psicologia, la medicina e la filosofia) essa viene definita come “il processo
psichico che opera la sintesi dei dati sensoriali in forme dotate di significato.
Gli assunti allo studio della percezione variano a seconda delle teorie e dei
momenti storici”. In particolari il fenomeno della percezione a cui faremo
riferimento trova i suoi capisaldi nel modello Helmholtz, nella teoria della
Gestalt, e della Fenomenologia.
In campo applicativo legato all’arte la percezione rappresenta un potente
indicatore del vissuto emotivo e motivazionale dell'individuo, oltre che
essere strettamente legato al modo che ha di vivere aspetti–situazioni
quotidiane e, in conseguenza, alla sua personalità in senso globale, nei suoi
aspetti consapevoli e inconsapevoli.
OBIETTIVO GENERALE
Riattribuzione adeguata della realtà partendo da azioni e luoghi della vita
quotidiana.
OBIETTIVO SPECIFICO
Incremento della capacità memonica davanti allo stimolo di un oggetto o
immagine proposta dall’arte terapista.
ATTORI
Dopo un periodo d’osservazione si è valutato di proporre quest’attività a: F1,
F2, il martedì pomeriggio mentre A. e F3. il venerdì mattina.
Per quanto riguarda la gestione dell’attività la sottoscritta si occuperà della
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parte espressiva(ricerca del materiale e il loro utilizzo) mentre un operatore
del puzzle aiuterà a gestire i signori sopra indicati.
DESCRIZIONE ATTIVITÀ
L’attività si svolgerà tutte le settimane il martedì dalle 14.00 alle 16,30 e il
venerdì dalle 9.00 alle 12; durante queste due ore il primo quarto d’ora verrà
allestita la stanza mentre l’ultimo verrà redatto un diario di verifica.
Per raggiungere l’obiettivo sopra descritto i signori verranno esposti ad
alcuni stimoli visivi e manuali della nostra vita quotidiana utilizzano la
fotografia scattata da loro oppure ricercata dalla terapista.
Per iniziare si ipotizza di catturare una scena di vita quotidiana all’interno del
centro “Puzzle”, come ad esempio: il laboratorio di cucina, il laboratorio di
musica e quello d’estetica. Fatte le foto di questi momenti verrà proposto ai
partecipanti, osservando la fotografia in questione, di disegnare quello che
percepisco da essa o eventuali ricordi scaturiti sul momento.
Una volta scelto insieme all’equipe quali momenti della vita del puzzle
proposti si possono sviluppare altri temi che si svolgono all’esterno come ad
esempio:il mercato, il supermercato, il bar, la mostra etc.
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ELABORATI F1:
DATA
ELABORATO
DESCRIZIONE SETTING
Aprile-
Argomento:
F1
maggio
autoritratto con
riconosce
2011
ausilio fotografico
foto,
tecnica:
sia
non
si
nella
crede
un
parente.
che
mio
Alcune
risulta
matita e acquarelli volte
disorientato nella
titolo: moi
riproduzione (es.
doppio collo).
F1
sostiene
di
aver prodotto una
schifezza.
Aprile
Argomento:
F1 non riconosce
2011
autoritratto con
i segni della sua
espressività,
ausilio fotografico
tecnica:
stato
è
necessario
utilizzare
lo
F1
matita e acquarelli specchio.
chiede
all’arte
terapista
disegnarsi.
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di
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ELABORATI F3:
DATA
ELABORATO
DESCRIZIONE
SETTING
Aprile
Argomento: libero
F3
è
2011
Tecnica: libera
contento
fare
Titolo:
pesca
d’altura
molto
questa
attività e mi
chiede
n° lavoro 1
centro.
Argomento: libero
Tecnica: libera
lavori
per
quanto tempo
rimarrò
Titolo:
di
in
corso
n° lavoro 2
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34
al
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DATA
ELABORATO
DESCRIZIONE
SETTING
Argomento: libero
Ha bisogno di
Tecnica: libera
sapere se è di
mio
Titolo:
tramonto
gradimento.
marino
Utilizza
n° lavoro 3
matita
la
come
se fosse un
pennello
Aprile
Argomento:
F3 è contento
2011
fare la cartellina
di
avere
questo spazio
tecnica: libera
per disegnare
n° lavoro 1
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Maddalena Petrozzino - SST in Arti Terapie (Secondo anno) A.A. 2010-2011
DATA
ELABORATO
DESCRIZIONE
Argomento:
SETTING
la F3 riporta una
musica per me
canzone
di
Tecnica: libera
Renato Zero.
Ha bisogno di
n° lavoro 2
sapere se è di
mio
gradimento
Argomento: libero
Tecnica: libera
n° lavoro 3
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DATA
ELABORATO
DESCRIZIONE
SETTING
Aprile
Argomento:
F3 F3
per
la
2011
disegna F
prima volta mi
Tecnica: libera
dedica
un
elaborato.
Titolo: nessuno
F3
N° lavoro 1
risulta
molto
irriquieto,
riporta
per
due volte un
evento
poco
piacevole che
è
accaduto
ieri. Mi chiede
di ripetere il
mio nome (F3
ricorda il mio
nome)
Argomento:
F3 F3
per
la
disegna F
prima
volta
Tecnica: libera
riporta
una
Titolo: il fiore e il
ragno
piemontese)
N° lavoro 2
(in
difficoltà
di
gestione
del
proprio corpo:
”con
una
mano sola è
difficile che un
lavoro
venga
bene”.
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DATA
ELABORATO
DESCRIZIONE
Argomento:
SETTING
Pur
avendo
la
con fotografica
ausilio fotografico dell’intero corpo
autoritratto
F3 si concentra
Tecnica: libera
solo sul viso e
Titolo: nessuno
impacchetta
a
N° lavoro 1
modi
di
uovo
pasqua.
Argomento:
F3
libero
delle
ha
portato
penne
nuove da casa e
Tecnica: libera
N° lavoro 2
vuole provarle.
Primo disegno in
cui
non
compaiono
scritte, ma riporta
sempre l’aspetto
naturalistico
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DATA
ELABORATO
DESCRIZIONE
SETTING
Maggio
Argomento:
F3 sembra un po’
2011
il centro puzzle
spiazzato
tecnica: libera
n° lavoro 2
alla
mia
richiesta,
non
affronta
l’argomento della
sua disabilità e il
motivo del suo
inserimento.
Ho
provato
ad
arrivare
trasversalmente
Per
riuscire
a
parlare della sua
percezione
del
corpo.
Rigido
nei
movimenti
Argomento: treno
Percepita
Tecnica: libera
pesantezza
la
del
primo lavoro ho
N° lavoro 2
pensato di farlo
lavorare su una
sua passione.
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Gli elaborati di A e F2 sono tuttora in esecuzione a causa dei loro tempi di
reazione molto lenti.
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Bibliografia:
o Raffaella Molteni, “L’arteterapia”, ed. xenia, 2007 Milano.
o Bernie Warren, “L’arteterapia in educazione e riabilitazione, Ed. Erickson,
1995 Trento.
o Caroline Case e Tessa Dalley, Manuale di arte terapia, Torino febbraio
2003, Ed Cosmopolis.
o Costanza Papagno, “Neuropsicologia della memoria”, 2010 Bologna, Il
Mulino.
o Carta dei servizi del centro “Puzzle”.
Sitografia
www.rinascitaevita.it
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