Istituto MEME: Il cambiamento della forma

Transcript

Istituto MEME: Il cambiamento della forma
Istituto MEME
associato a
Université Européenne
Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles
IL CAMBIAMENTO DELLA FORMA
Scuola di Specializzazione: Counselling Scolastico
Relatore: dott.ssa Roberta Frison
Contesto di Project Work: Ambulatorio di Nutrizione
Tesista Specializzando: dott.ssa Emanuela Casini
Anno di corso: Primo
Modena: 04/09/2010
Anno Accademico: 2009 - 2010
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
Indice dei Contenuti
1. Introduzione .................................................................................................... 5
2. Obesità e Sovrappeso …………………………….......................................... 8
2.1. Fisiologia del comportamento alimentare ….………...………………… 8
2.2. Fame e appetito ………………………………………………………… 9
2.3. L’Obesità: una convergenza di Fattori di Rischio ...…………...…….... 10
3. Indagini di Valutazione dello Stato Nutrizionale ........................................13
3.1. Il colloquio iniziale ……………………..….…………………………..13
3.2. Analisi dell’Introito Alimentare ………………………………………..14
3.3. Diario Alimentare………………………………. ...…………...…….... 15
3.4. Analisi della Composizione Corporea …..….…………………………..17
3.5. Analisi Bioumorali ……………………………………………...…….. 20
3.6. Il Sovrappeso e l’Obesità ………………………....…………...…….... 21
4. L’Intervento per il Trattamento dell’Obesità …......................................... 23
4.1. La Motivazione e gli Stadi del Cambiamento …...…………………..... 28
5. Counselling .................................................................................................... 35
5.1. Counselling Sitemico ……………………….……………………..….. 36
5.2. Le abilità deio Counselling in ambito Ambulatoriale ……………….... 37
6. L’Ambulatorio di Counselling Nutrizionale ……....................................... 47
6.1. Identificazione dei Cambiamenti da effettuare ….……………...…….. 48
6.2. Identificazione degli Ostacoli al Cambiamento …………………...….. 49
6.3. Obbiettivi di Counselling Nutrizionale …………....………...…..….... 50
6.4. Mantenimento …………………………..….…………………...…….. 50
7. Esperienze di Counselling Nutrizionale …………...................................... 52
8. Conclusioni …………………………………...…......................................... 58
9. Bibliografia …………………………… …………....................................... 60
8. Sitografia ...…………………………………...…......................................... 62
___________________________________________________________________
2
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
“Qual è il segreto per mantenerti così giovane e in forma?"
lui ripose
"Mangio quando ho fame e dormo quando ho sonno."
Saggio Zen
“… quando soffia il vento del cambiamento,
alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento”.
Proverbio cinese
... il corpo umano è programmato per accumulare peso e mantenerlo a
qualsiasi costo, è una questione di sopravvivenza.
___________________________________________________________________
3
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
Come formazione sono Biologa Nutrizionista e in quanto tale ho una buona
formazione di biochimica cellulare, di fisiologia, di antropometria, di
farmacologia, di dietologia e in generale di metabolismo e di nutrienti. Nel mio
lavoro in ambulatorio sento però la mancanza di una formazione che permetta di
relazionarmi in modo professionale con le persone che si rivolgono a me e che
stanno tentando di cambiare profondamente il loro stile di vita (in modo più o
meno consapevole) e che vogliono aiuto. Nella mia formazione sono anche
operatrice Shiatsu. La filosofia di questa disciplina sostiene che è auspicabile
prevenire la malattia mantenendo o ripristinando l’omeostasi della persona; si ha
un approccio "olistico" nei confronti del paziente, andando a valutare non solo i
sintomi ma anche il terreno della persona ed i fattori esogeni con cui essa entra
continuamente in contatto. Si pone cioè una totale attenzione sulla persona e
sull’ascolto… in poche parole… counselling. Prendendo spunto da tutto ciò sto
cercando di migliorare il mio percorso formativo con conoscenze che mi
avvicinino maggiormente alla persona e, al di là di tutte le definizioni, il
counselling è prima di tutto ascolto, supporto e guida. Sono sempre più
consapevole che, in qualità di Nutrizionista, posso e devo saper essere un
counsellor, devo riuscire a capire la persona che ho davanti e trovare la strategia
adatta per aiutarla a migliorarsi.
Con questa mia tesi cercherò di inquadrare inizialmente l’obesità e il sovrappeso,
il counselling, il counselling sistemico e il counselling nutrizionale e descriverò
brevemente alcuni interventi.
___________________________________________________________________
4
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
1. INTRODUZIONE
Sovrappeso e obesità sono definiti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità
(Oms) come condizioni di anormale o eccessivo accumulo di grasso corporeo che
presenti un rischio per la salute. Dal 2000 l’Oms ha infatti inserito nella
definizione la relazione con una maggiore mortalità e morbilità. L’obesità è
causata da fattori biologici, psicologici e socio-ambientali ma, in ogni caso,
l’eccesso ponderale è causato da uno squilibrio fra assunzione calorica e spesa
energetica a favore della prima. In sostanza si mangia di più di quello che si
dovrebbe, come documentato dalle ricerche più recenti.
Secondo l’Oms l’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute
pubblica nel mondo. Già nel 1997 l’OMS ha definito questa situazione come
“epidemia globale dell’obesità” - "globesità"-.
L’obesità è una situazione complessa all’interno di una dimensione sociale e
psicologica che interessa praticamente tutte le età e i gruppi socio-economici e
minaccia di travolgere sia i paesi sviluppati sia i paesi in via di sviluppo. Nel
1995 si stimava che vi fossero circa 200 milioni di adulti obesi in tutti il mondo e
18 milioni di bambini obesi. A partire dal 2000 il numero di adulti obesi è
arrivato ad oltre 300 milioni. Contrariamente a quanto si possa credere
l’epidemia dell’obesità non riguarda solamente la società industrializzata, nei
paesi in via di sviluppo si stima che oltre 115 milioni di persone soffrano di
problemi legati all'obesità. In generale gli uomini hanno i più alti tassi di
sovrappeso mentre le donne detengono i più alti tassi di obesità. Per entrambi i
gruppi, l'obesità rappresenta un grave fattore di rischio per gravi patologie
collegate non trasmissibili, tra cui il diabete mellito, le malattie cardiovascolari,
l’ipertensione e l’ictus, e alcune forme di cancro. Le sue conseguenze sulla salute
vanno da un aumentato rischio di morte prematura a gravi condizioni croniche
che riducono la qualità complessiva della vita.
Questi dati epidemiologici segnalano l’urgenza di mettere in campo iniziative per
la prevenzione dell’obesità e delle malattie croniche correlate. In Italia, come nel
___________________________________________________________________
5
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
resto dei paesi industrializzati, l’offerta esuberante di cibo rispetto ai fabbisogni,
e la forte influenza delle proposte pubblicitarie che spingono sempre più verso il
consumo di alimenti di produzione industriale, l’abbandono del tradizionale
modello alimentare di tipo mediterraneo, il progressivo cambiamento dello stile
di vita orientato sempre ad una maggiore sedentarietà, ecc., hanno determinato
un aumento delle condizioni di soprappeso ed obesità nella popolazione, anche
quella infantile.
Nell'ultimo decennio abbiamo assistito ad una rivisitazione critica dei vari
modelli dietetici. L'attenta valutazione delle diete più in voga e delle diete
standard ha rivelato la non scientificità della dieta ferrea ed ha contribuito a
formulare la presente conclusione: il modello dietetico non personalizzato,
iperproteico e/o fortemente ipocalorico è fonte di insuccesso nel medio e lungo
termine e può essere causa di un nuovo rischio patologico.
Dalla constatazione del fallimento della dietetica rigidamente restrittiva è sorta la
necessità della reimpostazione dell'approccio nutrizionale.
Una prima riflessione sui modelli ipocalorici stretti porta ad individuare diverse
carenze metodologiche che si ritorcono poi sull'accettazione della dieta. La prassi
operativa che mira solo al conseguimento del peso ideale, se non regolata da
un'analisi approfondita della composizione corporea e più in generale dello stato
nutrizionale, è fonte d'aumentato adattamento metabolico. Il calo ponderale
dovrebbe infatti confrontarsi con le variazioni nelle componenti metaboliche per
evitare che il regime ipocalorico sia tale da diminuire la massa magra e quindi, la
massa metabolicamente attiva. La soluzione risiede nella tradizionale diagnostica
preliminare alla dieta: composizione corporea, anamnesi alimentare e parametri
di laboratorio. A tutto ciò dovrebbe seguire la ricerca di modelli dietetici
strutturati per piccoli dimagramenti, o per il mantenimento del peso, con piccole
e graduali correzioni al costume alimentare. Altra carenza metodologica risiede
nell'incapacità di rapportarsi con il paziente su un piano paritetico per favorire
una
comunicazione
più
diretta
e
più
mirata
alla
normalizzazione
___________________________________________________________________
6
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
comportamentale.
Non si deve curare solo il problema nutrizionale quanto il paziente con problemi
nutrizionali!
Per tali ragioni cerco di lavorare attraverso una routine di dietoterapia che
propone un dimagramento basato sul peso desiderabile e con modesti decrementi
calorici calcolati sul costume alimentare italiano. Ciò implica un atteggiamento
volto a non sconvolgere le abitudini del paziente ma portarlo gradualmente a un
consapevole cambiamento dello stile di vita, passaggio indispensabile per chi
vuole efficacemente gestire nel lungo termine il calo ponderale.
___________________________________________________________________
7
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
2. OBESITA’ E SOVRAPPESO
2.1. Fisiologia del Comportamento Alimentare
Nuove conoscenze hanno evidenziato la complessità del sistema di regolazione
centrale del comportamento alimentare (Mannucci, Ricca e Rotella, 2001). È
noto da molti decenni che l'ipotalamo ha un ruolo centrale nella regolazione
dell'assunzione di cibo. In animali da esperimento, la stimolazione elettrica
dell'ipotalamo laterale determina iperalimentazione, mentre lesioni di tale area
provocano riduzione del consumo di alimenti. In maniera speculare, la
stimolazione elettrica dell'ipotalamo ventromediale inibisce l'assunzione di cibo,
e la sua distruzione la stimola. Alla modulazione della fame e della sazietà
partecipano, con funzioni biologiche diverse, numerosi nuclei ipotalamici;
spesso, all'interno dello stesso nucleo coesistono più popolazioni di neuroni che
regolano l'assunzione di cibo, alcuni stimolanti ed altri inibenti l'appetito. Il
complesso network che unisce le strutture nervose evidenzia che vi sono zone,
situate al di fuori dell'ipotalamo, che hanno uno specifico ruolo: nuclei della base
e alcune aree di sostanza grigia del tronco encefalico, ad esempio. Le varie
popolazioni neuronali coinvolte nella modulazione della fame e della sazietà
utilizzano vari neuromediatori: serotonina, dopamina, adrenalina e altri numerosi
neuropeptidi.
Le strutture nervose ricevono impulsi dalla periferia, sotto forma di stimoli
nervosi (per via vagale), metabolici ed endocrini, che informano il sistema
nervoso centrale dello stato nutrizionale dell'organismo. L'insieme delle strutture
(ipotalamiche, dei nuclei della base e del tronco encefalico) connesse con il
controllo del comportamento alimentare può essere considerato un grande
sistema per la ricezione ed elaborazione di informazioni sullo stato nutrizionale,
in base alle quali modulare l'assunzione di cibo.
___________________________________________________________________
8
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
I sensi coinvolti dal contatto con il cibo (gusto, odore, vista, caratteristiche tattili
e palatabilità) costituiscono le risposte encefaliche che influiscono sul
comportamento alimentare. Si pensa che questi stimoli abbiano una durata di 10
minuti al massimo, oltre i quali l'assunzione di cibo viene condizionata da altri
fattori. E' naturale mangiare cibo piacevole, o smettere di assumere cibo quando
diventa sgradevole; ciò dipende semplicemente dalle stimolazioni gustative,
olfattive, tattili e visive indotte dal cibo stesso. Colore, profumo, consistenza, e
tessitura della materia alimentare (ad esempio la crosta croccante del pane o il
mollusco dell'ostrica) rendono il cibo più o meno appetibile agli occhi e al
palato. La palatabilità è modulata dalle sensazioni fisiologiche di fame e sazietà,
ma anche dallo stato emotivo, e da fattori culturali. Anche questa relazione ha
una precisa connessione; infatti, l'area gustativa secondaria comunica con le aree
corticali che esprimono le emozioni e la memoria, e le strutture sottocorticali che
regolano fame e sazietà...
2.2. Fame e Appetito
Se è vero che l’animale si nutre per soddisfare lo stimolo biologico, è
verosimile che ciò non accade per l'uomo. Nell'uomo intervengono diverse
variabili che condizionano l'assunzione alimentare (Tabella 1).
Determina l'inizio del pasto, la dimensione e la qualità nutrizionale dello stesso
Fame
(esprime la richiesta biologica dell'organismo, ovvero la necessità fisiologica di
energia e macronutrienti).
Determina l'inizio del pasto, la dimensione e la qualità nutrizionale dello stesso
(l'appetito esprime il desiderio a mangiare in un determinato momento, desiderio che
Appetito
usualmente, ma non necessariamente, ha una correlazione positiva con la fame. Esso
rifletterebbe la fame fisiologica, ma anche altre variabili, come la palatabilità e la
disponibilità di un cibo o lo stato emotivo concomitante).
Determina la fine del pasto. La saziazione inibisce la fame e l'appetito all'interno del
Saziazione
pasto. Esprime quindi i processi che, durante il pasto, portano alla sazietà:
distensione e svuotamento gastrici, contrazioni, peptidi gastrici e neuropeptidi,
glicemia....
___________________________________________________________________
9
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
Regola l'intervallo tra un pasto e l'altro, e la frequenza dei pasti. La sazietà è
l'espressione dei processi psico - biologici che allontanano o avvicinano un pasto
all'altro. Le variabili fisiologiche, quali le sensazione gastriche, i peptidi gastrici, i
neuropeptidi, gli ormoni (insulina, glucagone etc..), la disponibilità di substrati
ematici (glucosio, aminoacidi, acidi grassi liberi), o altri fattori metabolici, possono
Sazietà
interagire, o essere condizionati, dalle variabili esterne "ambientali". Nell'espressione
umana del processo di sazietà intervengono allora altri fattori: "edonico", cognitivo,
emozionale, psicologico, culturale e sociale. Tali variabili possono, nel caso del
disturbo del comportamento alimentare, aumentare la frequenza e la dimensione dei
pasti giornalieri, o indurre il digiuno prolungato, sino a confluire nella vera e propria
patologia comportamentale. In questa condizione la variabile fisiologica è dominata
da quella psicologica.
Regola la dimensione del pasto e la fine del pasto stesso. La sazietà sensoriale
specifica esprime il declino del desiderio di mangiare uno specifico cibo, o una
categoria di cibi, mentre altri potrebbero costituire ancora un valore edonico di
piacevolezza. Per esempio la sete, che identifica una necessità fisiologica
Sazietà sensoriale
dell'organismo, potrebbe essere governata da uno stimolo sensoriale specifico. E'
specifica
stato rilevato che il desiderio di acqua potrebbe diminuire con la piacevolezza e il
"sapore" dell'acqua stessa, ad esempio. Colore, sapore e profumo ridurrebbero la
sazietà specifica sensoriale, cioè con una porzione ridotta di cibo si ha una risposta
soddisfacente. La risposta sensoriale specifica non dipende dall'alimento che entra
nello stomaco né dagli stimoli post-ingestivi dei nutrienti assorbiti.
Tabella 1- Variabili che condizionano l'introito alimentare.
2.3. L’obesità: una convergenza di Fattori di Rischio
Negli ultimi 60 anni si sono verificate profonde modificazioni nei confronti
dell’interpretazione dell’eziologia dell’obesità. Negli anni ’50 l’obesità era
considerata quasi esclusivamente un problema di tipo psicologico: si credeva,
infatti, che un disturbo della personalità influisse sull’obesità e che la presenza di
conflitti inconsci influisse sul mangiare in eccesso. È solo negli anni ’60 che si
iniziò a considerare l’obesità come il risultato di un cattivo apprendimento. Negli
anni ’80 le ricerche e gli studi dimostrarono l’importanza degli aspetti genetici e
metabolici (Stunkard, 1992; Ravussin, 1995). Finalmente negli anni ’90 i
progressi effettuati nello studio dell’eziologia dell’obesità hanno portato ad un
___________________________________________________________________
10
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
generale consenso sul fatto che l’obesità non è un singolo disturbo ma è un
gruppo eterogeneo di condizioni con cause multiple (Bosello, 1998). Il peso
corporeo è determinato dall’interazione multipla e complessa di fattori genetici,
comportamentali ed ambientali che agiscono attraverso la mediazione fisiologica
dell’introito calorico e del dispendio energetico (Kopelman, 2000).
Fattori Genetici
Grazie ai progressi nello studio del genoma umana l’importanza dei fattori
genetici coinvolti nello sviluppo dell’obesità assume sempre maggiore rilevanza.
Dai dati che abbiamo a disposizione si può affermare che, nella maggior parte dei
casi di obesità il contributo genetico non è dovuto ad un difetto di un singolo
gene ma alla combinazione multipla e complessa di più “geni di suscettibilità”
che si trovano a vivere in un ambiente avverso, che favorisce un’alimentazione
iperlipidica, ipercalorica e uno stile di vita sedentario (Kopelman, 2000).
Fattori Comportamentali ed Ambientali
Sono molteplici e sono una componente importante nella genesi del
comportamento che favorisce l’eccesso ponderale (WHO, 1997). Famiglie e
scuole devono offrire ambienti tali da favorire un’alimentazione sana e modelli di
attività fisica salutari. Tuttavia ciò non avviene nella maggior parte dei Paesi. I
bambini sono sensibili al marketing commerciale degli alimenti che include, oltre
alla pubblicità televisiva, un'ampia gamma di canali che possono sfuggire al
controllo dei genitori.
L’ingresso nel mondo del lavoro rappresenta un momento di cambiamento nello
stile di vita e può determinare un aumento ponderale. La maggior parte degli
impieghi oggi sono sedentari e, se mancano validi servizi di ristorazione
collettiva e tempi sufficienti per consumare i pasti, i lavoratori tendono a fare
ricorso a snack veloci ad alta densità energetica.
L’industria e i distributori di alimenti, compresi i fast-food, influenzano il
consumo alimentare attraverso l'aspetto estetico, le dimensioni della porzione e il
___________________________________________________________________
11
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
prezzo dei prodotti alimentari.
La politica agricola influenza i modelli alimentari attraverso l’assegnazione dei
prezzi e la disponibilità di alimenti. Per decenni, le politiche hanno mirato a
produrre grassi, zuccheri e prodotti di origine animale sempre più economici.
Determinati gruppi sociali sono particolarmente vulnerabili agli ambienti obesogenici: i soggetti di basso livello socioeconomico si trovano ad affrontare limiti
strutturali, sociali, organizzativi, finanziari e di altro genere per poter adottare
scelte di stile di vita sane. In particolare, i costi e la disponibilità degli alimenti
influenzano significativamente le scelte dietetiche.
Fattori Metabolici, Nervosi ed Endocrini
Oltre all’intervento dei vari neuromediatori (serotonina, dopamina, adrenalina,
ecc.) e di segnali di tipo endocrino (Colecistochinina o CCK, Glucagon-Like
Peptide-1 o GLP-1, Insulina, Leptina, Cortisolo, TSH e ormoni tiroidei, ecc), per
evitare l'assunzione di eccessive quantità di cibo e per consentire il controllo a
lungo termine della stessa, l'organismo attiva segnali periferici di sazietà che
agiscono principalmente durante e subito dopo il pasto. Tali segnali sono di tipo
metabolico, nervoso ed endocrino.
___________________________________________________________________
12
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
3.
INDAGINI
DI
VALUTAZIONE
DELLO
STATO
NUTRIZIONALE
Prima di stabilire il percorso terapeutico, è importante valutare il reale introito
energetico e nutrizionale, come è altrettanto importante monitorarne le
ripercussioni sull'organismo. L'analisi della composizione corporea, l'analisi dei
parametri bioumorali e l'analisi delle abitudini alimentari rappresentano le aree di
indagine tradizionali per diagnosticare lo stato nutrizionale. È quindi importante
inquadrare il paziente nel suo rapporto con il cibo per valutarne le pulsioni, gli
stati emozionali e, più in generale, i fattori che condizionano il suo
comportamento alimentare.
3.1. Il Colloquio Iniziale
Si affronta con il paziente la sua storia personale per cercare di capire in che
modo essa l'ha predisposto all'obesità. Si procede, dapprima, in maniera
longitudinale, cioè cronologicamente, partendo da informazioni sulla sua
famiglia riguardanti i genitori, fratelli, persino i nonni e gli altri parenti. Si
prosegue poi, sulle informazioni, nei limiti del possibile, riguardanti la sua
nascita, il periodo dell'allattamento, dello svezzamento, la strutturazione dei
primi legami d'attaccamento, l'atteggiamento dei suoi genitori o di chi per essi,
nei riguardi del cibo; quindi lo stile alimentare generale in famiglia ed, inoltre, se
vi sono o vi sono stati, altri obesi all'interno di essa etc. E' importante, in questa
fase, verificare la qualità dei legami affettivi e, in particolare, quello con la figura
d'attaccamento principale. Carenze affettive, in questo periodo, possono influire
in maniera molto negativa sul suo senso di amabilità, soprattutto se le richieste di
attenzione ed affetto vengono ricompensate, più che altro, con offerte di cibo ad
ogni manifestazione di pianto del bambino.
___________________________________________________________________
13
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
Se necessario si passa, poi, al periodo dell'asilo, della scolarizzazione, con
l'analisi dei primi rapporti extra familiari, l'avvento di eventuali disturbi e
malattie fisiche o psichiche fino ad arrivare all'età adulta e al periodo attuale
tenendo, naturalmente, in particolare considerazione la strutturazione dei legami
affettivi e d'amicizia.
L'analisi trasversale, invece, consiste nel fotografare determinati momenti della
sua vita in cui sono capitati avvenimenti significativi e dove ci sono stati rilevanti
cambiamenti del comportamento e del proprio peso corporeo. Ciò, naturalmente,
aiuta a ricostruire i vari fattori che hanno contribuito alla formazione del
problema.
3.2. Analisi dell'Introito Alimentare
Tra le indagini per la valutazione dello stato nutrizionale del soggetto obeso,
l'analisi delle abitudini alimentari è considerata il primo approccio diagnostico, a
completamento della storia ponderale e delle esperienze pregresse per la gestione
del peso. Essa viene associata alle analisi della composizione corporea, del
metabolismo e di laboratorio. L'efficacia di un programma per il calo ponderale
deve essere misurata non soltanto in base all'entità dei chili persi, ma anche
attraverso l'analisi dell'evoluzione dei parametri psicologici e comportamentali.
Uno degli scopi del trattamento dell'obesità è il miglioramento della qualità della
vita, intesa come sensazione soggettiva di benessere (fisico e psicologico) dei
pazienti; periodiche valutazioni della qualità della vita sono quindi utili per
migliorare e rendere più efficace la terapia nel singolo. La conoscenza del
comportamento alimentare dei singoli pazienti è, quindi, una premessa
indispensabile al trattamento dell'obesità. Tra gli obesi, si possono riconoscere
molteplici pattern di comportamento alimentare e di atteggiamento verso il cibo.
Di conseguenza, l'approccio terapeutico deve essere differenziato da un paziente
all'altro, in base al singolo comportamento alimentare. In una buona parte dei
___________________________________________________________________
14
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
soggetti obesi, che si sottopongono a programmi per il controllo del peso
corporeo, si evidenzia la necessita di specifici trattamenti psicoterapici e/o
psicofarmacologici e da qui la necessità di inviarli ad altre figure professionali o
di inserirli in un team multidisciplinare. Ad esempio:
‐
Binge Eating Disorder o Disturbo da Alimentazione Incontrollata. Questo
disturbo, caratterizzato da ricorrenti episodi di perdita di controllo sul
cibo.
‐
Bulimia nervosa: in questi pazienti l'eccessiva restrizione alimentare (la
dieta ferrea) favorisce i successivi episodi di perdita di controllo,
contribuendo al mantenimento della sintomatologia.
‐
Emotional eating: è la tendenza ad alimentarsi in risposta a stimoli emotivi
‐
Distorsione dell'immagine corporea.
3.3. Diario Alimentare
Riguardo all'analisi delle abitudini alimentari, si possono ottenere informazioni
interessanti attraverso l'automonitoraggio dell'assunzione di cibo, cioè facendo
compilare un diario alimentare. Questo strumento
viene proposto come mezzo diagnostico per
indagare il comportamento alimentare; ma risulta
anche
di
grandissima
utilità
nella
terapia
dell'obesità. Anche se attualmente non conosciamo
l'esatto meccanismo biologico e/o psicologico
attraverso il quale la dieta porta allo sviluppo di
emozioni negative, è bene tenere sempre a mente
che queste possono essere la conseguenza della
dieta e che molti sintomi psicologici (depressione,
Figura 1- Diario Alimentare
isolamento sociale, ansia) possono essere dovuti
___________________________________________________________________
15
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
alla restrizione esagerata di cibo e/o alla volontà rigida di conseguire un peso
irrealizzabile. Per tali ragioni il diario alimentare diventa uno strumento non solo
per lo studio del bilancio energetico nutrizionale, ma anche per fornire
informazioni importanti su eventuali problemi alimentari e per aiutare l'obeso nel
processo di cambiamento. Nell'auto compilazione del diario, il paziente dovrebbe
imparare a trascrivere il cibo e le porzioni assunte quotidianamente e, inoltre, a
descrivere gli eventi che influenzano la scelta alimentare (Figura 1).
Se tenuto in modo corretto e con costanza, il diario stesso assolverà a due
compiti:
 permetterà al Nutrizionista la quantificazione calorica e nutrizionale della
dieta abituale, dato essenziale per stimare la qualità della dieta stessa
(bilancio e ripartizioni di macro e micro nutrienti) e sarà utile per la
disamina dei fattori inibenti o favorenti l'adesione al regime dietetico,
indispensabile
per
iniziare
lo
studio
degli
eventuali
disturbi
comportamentali associati (screening);
 permetterà al paziente, con l’aiuto del Nutrizionsita, di riflettere sulle
proprie abitudini alimentari, di analizzare le proprie emozioni e/o
compulsioni, di rilevare le situazioni ad alto rischio e di imparare a
distinguere tra fame nervosa e biologica.
L'automonitoraggio spesso è già sufficiente a modificare il comportamento
alimentare: il paziente che sta compilando un diario alimentare tende a ridurre il
numero di episodi di perdita di controllo ed a regolarizzare il proprio pattern
alimentare. La mia esperienza mi ha mostrato che alcuni pazienti perdono peso
quando iniziano a compilare il diario, anche in assenza di altri interventi
terapeutici.
___________________________________________________________________
16
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
3.4. Analisi della Composizione Corporea
Sono disponibili numerosi studi sulla composizione chimica e tissutale del corpo
umano che permettono non solo una valutazione della struttura corporea in toto e
delle sue componenti ma anche delle modificazioni che si verificano in
condizioni di patologia. Tali conoscenze sono finalizzate alla stima delle
necessità energetiche e nutrizionali per la corretta impostazione del fabbisogno
nutrizionale nel breve e nel lungo termine. L'esatta conoscenza della
composizione corporea permette una migliore valutazione dell'eccedenza, o del
difetto ponderale, e nel contempo permette l'individuazione del peso desiderabile
in
funzione
dello
stato
nutrizionale. Oggi
sono
disponibili
numerose
metodologie, impieganti tecniche sofisticate, differenti per costi, complessità e
invasività. Tra tutte un breve accenno alle metodologie da me impiegare in
ambulatorio.
Impedenziometria (Body Impedence Assessment O Bia)
É una metodica non invasiva che consente di analizzare la composizione
corporea in pochi secondi grazie alla rilevazione dell'impedenza, ovvero della
"resistenza" opposta dall'organismo al passaggio di una corrente elettrica
alternata di bassa frequenza (Battistini e Bedogni, 1998). In ordine a una precisa
sequenza metodologica l'analisi impedenziometrica consente le seguenti
valutazioni:
 Stato di idratazione: stima dell’acqua corporea totale (TBW) e dell’acqua
intra ed extra cellulare (ICW e ECW).
 Massa Magra e Massa Grassa (FFM e FM).
 Fabbisogno Basale (MBR).
 Componenti metaboliche (BCM o massa metabolicamente attiva).
 Stato elettrolitico.
 Peso desiderabile (definizione del peso ideale a partire dallo stato
nutrizionale).
___________________________________________________________________
17
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
 Idratazione, Adiposità e muscolarità degli arti e del tronco.
Oltre 3000 lavori scientifici confermano la validità del metodo BIA e grossi
sforzi sono stati rivolti alla standardizzazione ed alla ripetibilità dell'analisi in
ambito clinico e ambulatoriale (Battistini e Bedogni, 1998).
Antropometria
L'antropometria è la scienza che si occupa di misurare il corpo umano nella sua
totalità o nelle sue componenti a fini statistici. Le metodiche e gli strumenti
utilizzati sono strumenti semplici, veloci e non invasivi quali: calibro, metro,
bilancia, statimetro, plicometro. Questi strumenti sono utili non solo per la stima
dei compartimenti, ma anche per la definizione del somatotipo, della
distrettualità adiposa, muscolare, e della struttura scheletrica. In particolare
attraverso questi strumenti vengono misurate le circonferenze, le pliche cutanee,
le ampiezze e i diametri, le lunghezze. Oltre un secolo di produzione scientifica,
nell'area antropometrica, ha contribuito ad arricchire la metodica di centinaia di
tabelle di riferimento, relative alla composizione corporea, suddivise per fascia di
età, sesso, fisiologia speciale, patologia ed etnia (Bedogni, Battistini e Borghi,
2001).
Per stimare la quantità di massa grassa e la
distribuzione del tessuto adiposo nel corpo si può
utilizzare la misurazione delle pliche cutanee (Figura
2), metodica che richiede un elevato grado di
addestramento, quella della circonferenza della vita,
presa a metà tra l’arcata costale e la cresta iliaca
Figura 2 - Plicometro
(utile per identificare l’obesità addominale) e quello del rapporto tra la
circonferenza della vita e dei fianchi (WHR).
Indici Antropometrici: La Circonferenza Vita
Secondo l’OMS la circonferenza vita per gli uomini non dovrebbe superare i 102
___________________________________________________________________
18
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
cm e nelle donne gli 88 cm.
Circonferenza vita: classificazione per sesso e fattore di rischio
Indice di rischio sostanzialmente
aumentato
Indice di rischio aumentato
Uomini
≥ 102 cm
≥ 94 cm
Donne
≥ 88 cm
≥ 80 cm
Tabella 2 - Circonferenza Vita.
Indici Antropometrici: Il WHR
Il WHR esprime il rapporto tra la circonferenza della
vita e la circonferenza dei fianchi. Questo indice
viene utilizzato in campo nutrizionale per valutare la
distribuzione corporea del tessuto adiposo. È un
indice semplice e veloce da
Figura 3- WHR
calcolare.
La modalità di distribuzione del grasso
corporeo si correla al rischio di patologie
cardio-vascolari. Diversi studi hanno
dimostrato che l'obesità di tipo androide
o a mela (massa adiposa concentrata nel
Figura 5 - Obesità di tipo
Androide
viso, nel collo, nelle spalle e soprattutto
nell'addome al di sopra dell'ombelico) si
Figura 4- Obesità di
tipo Ginoide
associa a livelli più alti di glicemia, trigliceridi e pressione arteriosa. Nei maschi
prevale l'obesità di tipo androide mentre nelle femmine prevale l'obesità di tipo
ginoide o a pera (massa adiposa concentrata nelle anche, nelle natiche, nelle
cosce e nell'addome al di sotto dell'ombelico), meno pericolosa per la salute.
Indici Antropometrici: Il BMI
L’indice più comunemente utilizzato è il Body Mass Index (BMI) o Indice di
Massa Corporea (IMC) che si ottiene dal peso (in kg) diviso per la statura (in
___________________________________________________________________
19
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
metri) elevata al quadrato (kg/m²). Il BMI è un indice caratterizzato da una buona
correlazione con la quantità di grasso corporeo, anche se non misura direttamente
la massa grassa del soggetto, né come questa è distribuita nel corpo. Gli atleti,
per esempio, possono avere dei valori di BMI elevati, pur non avendo un eccesso
di grasso corporeo, ma una massa muscolare molto sviluppata. A parità di BMI
l’accumulo di tessuto adiposo a livello dell’addome, inoltre, è associato a un
maggior rischio di malattie cardiovascolari e ad anomalie metaboliche come
l’iperinsulinemia e la dislipidemia. Nonostante i limiti, il BMI viene considerato
un indice semplice da calcolare ed è internazionalmente accettato per la
valutazione dello stato nutrizionale negli adulti e nei bambini.
3.5. Analisi Bioumorali
Lo stato nutrizionale di qualsiasi persona è legato al mantenimento di un
equilibrio costante tra apporto e fabbisogno. Negli alimenti di consumo
quotidiano sono presenti i principi nutritivi, cioè le sostanze che, trasformate dai
processi digestivi e metabolici, verranno poi utilizzate dall'organismo ai fini
costruttivi, energetici e regolatori. Questi nutrienti, proteine, lipidi, glucidi,
minerali e vitamine, assunti con l'alimentazione, in forma di sostanze più o meno
complesse, vengono trasformati in principi nutritivi semplici (aminoacidi,
monosaccaridi, acidi grassi, oligoelementi minerali) e come tali passano
dall'intestino al sangue e, in seguito, dal sangue agli organi utilizzatori dove
verranno degradati con produzione di energia e accumulati come riserve, oppure
potranno essere riutilizzati per i processi di sintesi. Le diverse condizioni
fisiologiche e/o patologiche intercorrenti nella vita (accrescimento dell'età
evolutiva, pubertà, gravidanza ed allattamento, invecchiamento, patologie
cronico-degenerative a sfondo dismetabolico) sono alla base delle variazioni del
fabbisogno energetico e nutrizionale. Ogni variazione dell'apporto nutrizionale
sia di carattere quantitativo, sia di carattere qualitativo, comporta l'accumulo o la
___________________________________________________________________
20
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
deplezione a livello dei compartimenti tessutali e cellulari di metaboliti chiave
per il mantenimento dell'omeostasi corporea. È attraverso la misura accurata e
precisa di alcuni specifici parametri ematochimici che il medico ha la possibilità
di valutare lo stato nutrizionale di un soggetto e quindi dare opportune
comunicazioni al Nutrizionista con il quale collabora.
3.6.
Il Sovrappeso e l’Obesità
Il Sovrappeso e l’Obesità negli Adulti
Negli adulti, sovrappeso e obesità vengono definiti in base ai valori di BMI
seguendo una specifica classificazione unificata per genere ed età (Tabella 3). Il
valore soglia del BMI per il sovrappeso è 25 e per l’obesità è 30, stabiliti in base
al rischio di comorbidità, rispondendo quindi alla definizione data dall’Oms.
Tabella 3 - Classificazione Sovrappeso e Obesità negli Adulti.
Il Sovrappeso e l’Obesità nei Bambini e negli Adolescenti
Nei bambini e negli adolescenti la massa grassa non solo aumenta in valori
assoluti con l’età, ma il suo rapporto con il peso e l’altezza cambia
fisiologicamente nel tempo e in maniera diversa fra i due sessi, rendendo la
diagnosi di sovrappeso e obesità più problematica. Di conseguenza in queste
fascia di età non esiste e non può esistere un unico valore soglia di BMI che
___________________________________________________________________
21
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
definisca il sovrappeso o l’obesità, indipendentemente dall’età e dal sesso, come
avviene per gli adulti.
___________________________________________________________________
22
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
4. L’INTERVENTO
PER
IL
TRATTAMENTO
DELL'OBESITÀ
Può essere articolato in vari modi ed avere diversi obiettivi.
Durante il primo colloquio vengono chieste informazioni personali e, soprattutto,
si cerca di capire come vive il paziente il suo problema di obesità, come intende
affrontarlo o come intende conviverci, come può cercare di superarlo e cosa si
attende dal trattamento; è importante, perciò, capire in questa fase, quanto sia
motivato ed ottimista o sfiduciato nelle aspettative di successo.
Dopo questa fase di analisi e definizione del problema si passa alla formulazione
degli obiettivi che, innanzitutto, consistono in una corretta informazione
sull'assunzione dei cibi e degli effetti che essi comportano nel nostro organismo.
È attraverso l’attività di Counselling Nutrizionale che il counsellor co-costruisce
insieme al paziente un percorso che aiuti il paziente stesso nel comprendere
quanto sia importante saper riconoscere nella maniera corretta le proprie
sensazioni fisiche (caldo, freddo, fame, sete, sonno, dolore, etc.) e le proprie
emozioni (rabbia, ansia, tristezza, gioia, etc.) e quanto queste sensazioni ed
emozioni influiscono sulla sua condotta alimentare.
I mass media enfatizzano da sempre il ruolo della dieta come strumento
indispensabile non solo per il calo ponderale ma anche per il mantenimento di un
buono stato di salute. È stato condotta un’indagine nell’anno 2004 sulle 15 riviste
a maggior tiratura secondo i dati Audipress per valutare lo spazio dedicato agli
schemi
dietetici
e
all’idoneità
nutrizionale
delle
diete
pubblicate.
Complessivamente, tra settimanali e mensili sono stati esaminati 336 fascicoli e
lo strumento dieta è risultato particolarmente diffuso e pubblicizzato già nella
copertina delle riviste stesse: ben 1/3 dei fascicoli esaminati (104/336)
pubblicava infatti schemi dietetici e nel 28% dei casi (94/336) erano presenti in
___________________________________________________________________
23
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
copertina titoli che ne annunciavano la presenza (Tinozzi et al, 2005).
Ma l’interesse per le diete non riguarda solo il target dei grandi mezzi di
comunicazione. Anche fra gli esperti si accendono spesso dibattiti sull’efficacia
di diverse tipologie di dieta, con esito tuttavia il più delle volte improduttivo
perché il problema dell’efficacia degli schemi dietetici non è tanto legato al loro
valore intrinseco, quanto piuttosto all’aderenza agli stessi. Questo concetto
emerge da uno studio pubblicato recentemente su JAMA da alcuni ricercatori del
Tufts-New England Medical Center (Dansinger et al, 2005). La ricerca ha messo
a confronto i risultati ad un anno di 4 diversi regimi dietetici, assegnati con
modalità random a 160 soggetti con fattori di rischio cardiovascolare: a 40
soggetti è stata proposta la dieta Atkins (a basso apporto di carboidrati, limitati a
20 g/die in una prima fase e incrementati gradualmente fino a 50 g giornalieri), a
40 la dieta Ornish (vegetariana a basso intake lipidico, pari al 10% delle kcal
giornaliere), a 40 la dieta Weight Watchers (ipocalorica bilanciata, con apporti
energetici giornalieri compresi tra 1200 e 1600 kcal) e a 40 la dieta Zona (con
percentuali caloriche giornaliere da proteine, lipidi e carboidrati rispettivamente
del 30, 30 e 40% delle kcal/die). Il lavoro non ha evidenziato differenze
sostanziali tra i diversi regimi dietetici in termini di efficacia sul calo ponderale,
che appariva al termine dell’anno di osservazione abbastanza sovrapponibile per
le 4 tipologie di dieta (2,1 kg con la Atkins, 3 kg con la Weight Watchers e
3,2/3,3 kg rispettivamente con la dieta Zona e la Ornish). Va però sottolineato
che un calo ponderale superiore al 5% si verificava in una minoranza dei casi,
circa 1/4, indipendentemente dallo schema dietetico assegnato, perché in realtà la
maggior parte dei soggetti esaminati non seguiva la dieta assegnata, peggiorando
nell’anno di osservazione lo status ponderale e i fattori di rischio cardiovascolari.
Anche in età pediatrica la compliance alla dieta appare alquanto problematica.
Uno studio multicentrico condotto in Italia su 1383 bambini di 10 anni, seguiti da
11 ambulatori pediatrici per eccesso ponderale, ha evidenziato già dopo la prima
visita un 32% di drop out che saliva addirittura al 64% se si consideravano solo
gli obesi escludendo i sovrappeso. A due anni i drop out rappresentavano il 92%
___________________________________________________________________
24
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
(Pinelli et al, 1999).
Che cosa non funziona? In Italia i centri partecipanti all’Obesity Day hanno
provato a rivolgere la domanda ai
pazienti che avevano sperimentato
l’insuccesso di una terapia dietetica e i
risultati, riportati nel report Obesity
Day 2004, sono schematizzati in Figura
1
Figura 6 - Motivazioni riferite dell’insucesso della dieta.
(Obesity
Day
report
2004).
Emergono, nella maggior parte dei casi,
limiti intrinseci alla dieta stessa, quali il dover consumare alimenti diversi
rispetto agli altri componenti della famiglia, il dover pesare i cibi a crudo, prima
di cucinare, le preparazioni poco gustose, ma è riportata nel grafico una grossa
fetta di “altro” dove verosimilmente la sfera dei consumi alimentari incrocia
quella delle emozioni.
Quando nella compliance alla dieta entra in gioco in modo preponderante la sfera
legata a cibo ed alle emozioni si può agire più efficacemente tecniche con quali la
terapia cognitivo-comportamentale o il counselling, che si pongono come
strategie adiuvanti o alternative alla dietetica tradizionale nel trattamento
dell’obesità. I dati di letteratura riportano come target della terapia cognitivocomportamentale soprattutto i binge eating disorders, mentre le strategie di
counselling appaiono rivolte prevalentemente a situazioni di obesità in cui il
contesto emozionale non è francamente patologico, ma i confini dell’una o
dell’altra tecnica spesso sfumano tra loro se si analizzano nel dettaglio i singoli
studi (McTigue, 2003, US National Library of Medicine, 2010). Quello che è
certo è che per entrambe le strategie l’interesse del mondo scientifico è in
costante aumento, basti vedere l’incremento negli ultimi anni dei riferimenti
riportati su Medline. Digitando sulla banca dati Pubmed le parole chiave
“cognitive-behavioural therapy obesity” dall’ottobre 1989 al luglio 2010
___________________________________________________________________
25
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
troviamo 57 lavori di cui quasi la totalità condotti negli ultimi 10 anni; lo stesso
accade per il counselling (“counselling therapy obesity”) per il quale troviamo
circa 1117 pubblicazioni (dall’aprile 1966 al luglio 2010), di cui oltre 500
realizzate negli ultimi 10 anni (US National Library of Medicine, 2010).
Anche nell’obesità infantile la letteratura sul counselling risulta particolarmente
fiorente. Dati di 2 surveys statunitensi condotti nel 1993 e nel 2002 su casistiche
ambulatoriali (National Ambulatory Medical Care Survey, NAMCS, e National
Hospital Ambulatory Care Survey, NHAMCS) indicano un aumento del ricorso
al counselling nel trattamento dell’obesità in età pediatrica. Nel 1995 solo il 4,3%
degli incontri ambulatoriali includeva infatti tali strategie, contro il 19,0% nel
2001 e il 15,4% nel 2002 (Rao, 2005).
Nel 1950 un esperimento (Keys et al, 1950) dimostrò come un periodo di forte
restrizione alimentare in soggetti sani inducesse comportamenti anomali nei
confronti del cibo, che persistevano anche con la successiva ripresa di una
normale alimentazione. Un altro aspetto della dietetica tradizionale a lungo
discusso riguarda proprio l’opportunità o meno di una dieta fortemente
ipocalorica, in particolare nelle obesità di secondo grado e nelle grandi obesità:
per quanto una rapida perdita di peso iniziale sia incoraggiante per il paziente, e
sembri improrogabile negli obesi con patologie associate, vi è tuttavia il forte
rischio che, terminato il periodo di restrizione calorica e senza sostanziali
cambiamenti nello stile di vita del paziente, il peso iniziale sia abbondantemente
recuperato e con incremento della circonferenza addominale (Cuppini, 2004).
La Task Force Obesità Italia, che si è costituita nel 1996 ed è composta da 36
rappresentanti della comunità scientifica, di discipline diverse e appartenenti ai
principali istituti e associazioni, ha prodotto le Linee Guida Italiane Obesità
(Task Force Obesità Italia, 1999). Scopo delle Linee Guida è di individuare,
attraverso una revisione sistematica della letteratura scientifica presente in
Medline dal 1980 al 1997, i diversi gradi di efficacia dei metodi di trattamento
del sovrappeso e dell’obesità. Con riferimento agli interventi rivolti a modificare
___________________________________________________________________
26
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
lo stile di vita, le Linee Guida concludono che «esiste una forte evidenza a
sostegno del fatto che la combinazione delle dieta ipocalorica, l’incremento
dell’attività fisica e la terapia comportamentale costituisce la terapia di
maggiore successo per la perdita e il mantenimento del peso corporeo».1
Secondo le LiGIO ’99, l’obiettivo iniziale della perdita di peso non dovrebbe
essere superiore al 10%, da raggiungere gradualmente e cioè nell’arco di circa
dodici mesi (AA.VV, 2003). Vi è consistente evidenza infatti che per i soggetti in
sovrappeso/obesi tale perdita di peso è un obiettivo realistico, e che un calo
ponderale anche modesto può ridurre significativamente i rischi associati
all’obesità, qualsiasi sia il peso di partenza. Dopo di che gli sforzi devono
concentrarsi sul mantenere il peso perduto: se questo avviene per almeno 5 anni
ci sono alcune probabilità che sia dovuto a cambiamenti comportamentali
consolidati. Tuttavia è esperienza comune che molte persone si aspettano una
dieta restrittiva che porti a una perdita di peso rapida, per poi riprendere lo stile
di vita precedente. Cambiare gradualmente e stabilmente viene visto come un
sacrificio molto più grosso e che richiede tempi lunghi per ottenere i risultati
sperati. Del tutto cruciale, ai fini dell’efficacia dell’intervento nel suo complesso,
è la valutazione della reale motivazione al cambiamento dei pazienti,
motivazione che inizialmente sembra molto forte nella maggior parte delle
persone, ma che non è sempre basata sulle necessarie conoscenze e sulla
disponibilità all’impegno concreto. Un secondo scoglio da superare è ottenere
l’effettiva adesione alla dieta, o comunque ai cambiamenti richiesti/concordati,
che possono consistere ad esempio nella regolarizzazione dei pasti,
nell’alimentazione più variata, nel controllo delle porzioni, nella maggiore
attività fisica (De Pergola, 2004). Molte persone si aspettano il divieto assoluto di
assumere determinati alimenti o bevande ipercalorici (ad esempio il cioccolato, le
bibite): effettivamente per perdere peso è importante privilegiare alimenti a
minore densità energetica, senza considerare che molti prodotti del commercio
forniscono solo “calorie vuote”, quindi il Nutrizionista si trova a dover scegliere
1
Linee Guida Italiane Obesità . LiGIO 99..Task Force Obesità Italia, 1999.
___________________________________________________________________
27
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
tra un atteggiamento rigido (“il salame non lo può più mangiare, può mangiare la
bresaola”) e uno più permissivo (“sappia che contiene il 30-40% di grassi, ma se
ne ha voglia lo mangi, dipende poi dalla quantità… cerchi di limitarsi magari ai
giorni di festa”). A questo proposito ci può aiutare la conoscenza del fenomeno
della “reattanza psicologica”, che è stato teorizzato e studiato a partire dagli anni
Sessanta: si tratta cioè della tendenza che ha ciascun individuo a difendere la
propria libertà minacciata, quindi nel caso specifico a desiderare soprattutto
l’alimento d’ora in poi proibito (Brehm e Brehm, 1981).
In conclusione, i limiti della dietetica tradizionale hanno portato alla nascita di
nuove strategie terapeutiche che vanno dalla revisione dello strumento dieta di
per sé alla sfera più complessa del cibo e delle emozioni. È importante conoscere
queste diverse tecniche e imparare a modularle caso per caso sul singolo
paziente, gestendo in modo flessibile il nostro bagaglio di conoscenze ed
esperienze con la consapevolezza che la comunicazione e la relazione possono
giocare un ruolo strategico sulla compliance ai suggerimenti
4.1 La Motivazione e gli Stadi del Cambiamento
Perché le persone cambiano? Cos’è che le induce ad intraprendere un percorso di
cambiamento? Cos’è che le rende più disponibili a cambiare?
Valutare la motivazione al cambiamento al momento dell’accoglienza è un nodo
fondamentale poiché cambiare costa
“fatica” e sapere quali sono le spinte che
governano questo processo può aiutare a
costruire
particolare,
interventi
rispetto
efficaci.
alla
In
questione
nutrizionale, normalmente si utilizzano
schemi dietetici dove è importante
Figura 7 - Stadi del Cambiamento.
___________________________________________________________________
28
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
l’aderenza agli stessi, al di là dell’efficacia più o meno dimostrata di un metodo
rispetto ad un altro. In più una motivazione, che inizialmente sembra molto forte,
nella maggior parte delle persone non coincide con una disponibilità all’impegno
concreto per cambiamenti graduali ma stabili e che necessitino di tempi lunghi
per ottenere i risultati sperati. La reale disponibilità al cambiamento può quindi
essere indagata all’interno di una comunicazione significativa che permetta di
scambiarsi le necessarie informazioni, di comprendere l’uno il punto di vista
dell’altro e che allo stesso tempo riduca le resistenze al cambiamento stesso.
Il modello degli stadi del cambiamento di Prochaska e Di Clemente, illustrato in
Figura 7, è un tentativo di descrivere questa disponibilità e il modo in cui le
persone si muovono nei processi decisionali che portano a cambiamenti nella
propria vita quotidiana. Entrano allora in gioco due fattori: l’importanza – perché
dovrei cambiare? – e la fiducia – come farò? – che modulano i tempi di
passaggio attraverso i vari stadi e che devono essere tenuti in conto dal
Nutrizionista poiché pazienti che hanno gradi diversi di disponibilità al
cambiamento hanno bisogni diversi e non necessitano dello stesso tipo di aiuto.
Il modello fotografa il meccanismo di cambiamento senza prendere in
considerazione tutto ciò che può influenzare in maniera significativa la reale
disponibilità al cambiamento, come per esempio le caratteristiche di personalità
dell’individuo stesso, i fattori socio-ambientali (genere, status socio-economico,
etnia), il contesto sociale di appartenenza. Questo significa che esso si concentra
in modo particolare sulla natura dinamica del comportamento dando una
spiegazione al suo divenire nel tempo, benefici generati dall’intraprendere o
meno il cambiamento stesso.
Questo modello può essere applicato in modo relativamente semplice, attraverso
l’uso di domande, e può aiutare a stabilire in che situazione si trova il soggetto
che si ha di fronte, modulando così l’intervento tenendo in considerazione
l’intenzione del soggetto di modificare il comportamento nel periodo di tempo
dei 12 mesi successivi al momento della valutazione. Il modello si caratterizza
per tre dimensioni fondamentali:
___________________________________________________________________
29
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
• gli stadi del cambiamento;
• i processi del cambiamento (che descrivono le strategie messe in atto per il
cambiamento);
• i fattori, come il senso di autoefficacia e la bilancia decisionale, che
determinano il passaggio da uno stadio ad un altro.
Ogni stadio del cambiamento è caratterizzato da elementi peculiari che
rispecchiano la disponibilità al cambiamento della persona:
 Nello stadio di Precontemplazione la persona non contempla l'idea di
smettere; non sospetta neppure di avere un problema che richiede un
cambiamento. Perciò generalmente i soggetti in questo stadio non si
presentano spontaneamente al trattamento, ma più spesso vengono inviati
da congiunti, amici, medici e altri specialisti. In questo stadio l’assessment
rileva una carenza di frattura interiore, quindi la persona attribuisce scarsa
importanza al cambiamento e esprime spesso un alto livello di
autoefficacia: “Posso cambiare quando voglio…”. A qualsiasi spinta del
Counsellor Nutrizionista verso il cambiamento corrisponde un aumento
della resistenza da parte della persona. I precontemplatori non vogliono
delle lezioni o che vengano indicate “azioni” tecniche quando non sono
pronti a cambiare. Il primo passo verso il cambiamento è che ne sia
riconosciuta la sua necessità. Se la motivazione resta estrinseca, ovvero se
è data da altri senza che la persona per prima senta il bisogno di cambiare,
non se ne farà niente. Ad esempio una donna che si mette a dieta solo su
richiesta del proprio partner, che possibilità avrà di successo? Se non sarà
lei a riconoscere di avere un problema, non lo risolverà mai.
 Nello
stadio
di
Contemplazione
la
persona
è
caratterizzata
dall'ambivalenza. Considera il cambiamento e in pari tempo lo rigetta.
Durante i colloqui va avanti e indietro tra le ragioni di preoccupazione e le
giustificazioni per non preoccuparsi, tra le ragioni per cambiare e quelle
___________________________________________________________________
30
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
per seguitare in quello stile di vita. In questo stadio spesso accade che il
soggetto richieda una consultazione e provi ad attuare un cambiamento; il
ruolo del Counsellor, in questa circostanza, può essere decisivo.
“…sarebbe importante per me cambiare ma non mi sento in grado
farlo…”. Il Counsellor, di fronte a questi tentennamenti,
non deve
schierarsi a favore del cambiamento otterrebbe solo il risultato di far
schierare la persona sul fronte del non-cambiamento. Ad ogni argomento
portato a favore del cambiamento verrà sistematicamente opposto un “si,
ma…” o un “è vero, però…”. In questa fase la persona è consapevole che
qualcosa della sua vita non va, ma non sa come modificarlo, in che
direzione spendere le sue energie. Questa fase può durare anche molto
tempo, ad esempio una persona in sovrappeso che crede di non poter
riuscire a dimagrire: quanto tempo può passare prima che decida di
cominciare una dieta?
 Nello stadio della Determinazione, la persona apre, per un periodo, una
finestra di opportunità in cui viene attivamente ricercata una soluzione al
problema. Lo stadio di determinazione è di breve durata: se questa
opportunità viene colta, si passa all'azione e il soggetto sperimenta in
concreto un cambiamento; altrimenti la disponibilità sfuma e la persona
scivola indietro nello stadio della contemplazione. La persona, in questo
stadio si “apre” all’idea concreta di intraprendere il cambiamento pur
permanendo elementi di ambivalenza. Importante è non pensare che la
persona sia arrivata con la soluzione già “in tasca” e che non ci siano altri
problemi correlati che meritino di essere presi in considerazione ed,
all’opposto, che la persona sia pronta ad affrontare un cambiamento anche
in altre aree che potrebbero essere ipotizzate nella lettura della domanda
indiretta e magari vissute come prioritarie rispetto alla situazione solo dal
Nutrizionista.
 Nello stadio dell’Azione, il soggetto si impegna in azioni concrete volte al
conseguimento di un cambiamento. In questa fase il cambiamento viene
___________________________________________________________________
31
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
concretamente messo in pratica. Questa fase costa dolore e fatica, perché
ciò a cui si rinuncia potrebbe essere ancora importante. Questa è la fase in
cui il cambiamento è ancora una novità: non c’è nessuna abituazione. Può
durare anche molti mesi e in questo tempo sarà normale avere dei
ripensamenti e sarà normale fare molta fatica a tenere insieme i risultati
raggiunti.
 Lo stadio del Mantenimento è caratterizzato dal consolidamento del
cambiamento raggiunto e dalle attività di prevenzione delle ricadute. Il
cambiamento è stato attuato, ora deve essere consolidato. Questa fase è
tutt’altro che scontata: il rischio di scivolare è molto alto. Questa fase può
portare a due esiti: la ricaduta oppure l’uscita definitiva.
 Il percorso descritto non è lineare bensì ciclico, in quanto in qualsiasi
punto può verificarsi una Ricaduta che riporta la persona ad uno degli
stadi precedenti determinando così la necessità di un rientro nel ciclo degli
stadi e quindi di un approfondito processo di assessment. Durante la
ricaduta è importante aiutare la persona a vedere la crisi come
un’opportunità per imparare piuttosto che come un fallimento. Per prima
cosa è importante capire quale delle fasi precedenti non è stata affrontata
nel modo corretto. Il problema non è stato contemplato correttamente? La
motivazione non era sufficiente? Abbiamo usato le giuste strategie? Il tipo
di cambiamento era ben tarato sulla persona? Abbiamo agito
sufficientemente a lungo? Il mantenimento è durato abbastanza? Una
ricaduta non è inutile: attribuendo le giuste cause al fallimento, si sarà in
grado di evitarlo in futuro.
Ovviamente le persone non avanzano né indietreggiano “a scatti” attraverso gli
stadi ma scivolano attraverso di essi fluttuando in avanti o indietro.
I processi di cambiamento sono tutte quelle attività che permettono di passare da
uno stadio all’altro e che possono essere intraprese autonomamente dalle persone
___________________________________________________________________
32
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
quando cambiano modo di pensare e di comportarsi riguardo ad un
comportamento a rischio, ma soprattutto possono essere sostenute dai
Nutrizionisti nei loro interventi. Prochaska e Di Clemente hanno identificato 10
principali processi indipendenti tra loro, tra i quali i processi cognitivi ed emotivi
facilitano soprattutto il passaggio dalla precontemplazione alla contemplazione,
mentre i processi maggiormente incentrati sui comportamenti sono necessari per
i passaggi agli stadi successivi (Tabella 4).
Processi che facilitano il passaggio dalla
precontemplazione alla contemplazione
Processi necessari per i passaggi agli stadi successivi
aumento della consapevolezza sul problema e sui
autoliberazione: impegnarsi pubblicamente e accettare la
benefici di un eventuale cambiamento;
responsabilità del cambiamento;
attivazione emotiva: sperimentare e analizzare le
controllo dello stimolo: creare, alterare, evitare stimoli
reazioni emotive a tali informazioni e in generale sullo
che scatenano o incoraggiano il comportamento da
status quo o sull’eventuale cambiamento;
modificare;
autorivalutazione: considerare come e quanto lo status
quo e il cambiamento sono in accordo o in contrasto con
i valori personali;
rivalutazione ambientale: riconoscere e valutare gli
effetti che lo status quo e il cambiamento hanno
sull’ambiente, compresa anche la consapevolezza di
poter essere un modello positivo o negativo per altri;
controcondizionamento: sostituire i comportamenti da
modificare con nuovi comportamenti e attività;
gestione del rinforzo: gratificarsi con un rinforzo
positivo dopo aver attuato i nuovi comportamenti
salutari;
liberazione sociale: analizzare con il soggetto e
relazioni d’aiuto: saper cercare e ricevere supporto da
incrementare le occasioni e le norme sociali che possono
altri per cambiare il comportamento.
supportare il cambiamento
Tabella 4- Processi che favoriscono il passaggio tra i diversi stadi.
Il senso di autoefficacia, definito come la convinzione nelle proprie capacità di
organizzare e realizzare le azioni necessarie a gestire le situazioni per
raggiungere i risultati prefissati, entra particolarmente in gioco nella fase volitiva
del cambiamento e può essere sostenuto da diverse fonti. Le principali sono
naturalmente le pregresse esperienze di gestione efficace, ma anche
l’osservazione di modelli e la persuasione possono influire sul senso di
autoefficacia e possono essere tenute in forte considerazione dagli operatori
poiché diventano strumento per sostenere i processi di cambiamento.
Naturalmente particolari stati emotivi e fisiologici possono diminuire o
___________________________________________________________________
33
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
aumentare il proprio senso di autoefficacia: anche questo fattore è da tenere
presente da parte poiché può essere particolarmente rilevante quando si chiedono
forti cambiamenti a persone con patologie conclamate.
Gli obiettivi perseguibili con le persone nei diversi stadi del cambiamento si
possono così riassumere come indicato in Tabella 5.
Mantenere il contatto
Precontemplazione
Evocare la consapevolezza ed i dubbi
Fornire informazioni
Contemplazione
Determinazione
Comprendere l’ambivalenza
Esaminare i pro ed i contro di quel comportamento.
Fornire opportunità praticabili
Aiutare a determinare le scelte
Azione
Sostenere i cambiamenti effettuati
Mantenimento
Prevenire le ricadute
Ricaduta
Facilitare il rientro nel ciclo
Tabella 5 - Obbiettivi perseguibili nei diversi stadi.
___________________________________________________________________
34
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
5. COUNSELLING
La prima attestazione dell'uso del termine counselling per indicare un'attività
rivolta a problemi sociali o psicologici risale al 1908 da parte di Frank Parson.
Negli Stati Uniti notizie su attività di counselling si trovano fin dai primi anni del
1900, quando alcuni operatori sociali adottarono il termine per definire l'attività
di orientamento professionale rivolta ai soldati che rientravano dalla guerra e che
necessitavano di una ricollocazione professionale. Nel 1951 la parola counselling
fu usata da Carl R. Rogers per indicare una relazione nella quale il cliente è
assistito nelle proprie difficoltà senza rinunciare alla libertà di scelta e alla
propria responsabilità. Il counselling arriva in Inghilterra negli anni ‘70 come
servizio nell'ambito pedagogico, dei servizi sociali e del volontariato. In Italia si
possono rintracciare attività affini al counselling nella storia dell'assistenza
sociale all’inizio degli anni ‘20.
Il termine counselling deriva dal latino dalla parola counsel, la cui origine,
consilium, significa giudizio, consultazione. Dal termine latino deriva il termine
inglese counselling (da to counsel): si tratta di un termine che non ha un esatto
corrispondente nella lingua italiana, potrebbe essere tradotto in “restituire le
competenze alle persone”. L’OMS definisce il counselling come un processo che
attraverso il dialogo e l’interazione aiuta le persone a risolvere e gestire i
problemi e a prendere le decisioni. Il Counselling è una forma di rapporto
interpersonale in cui un individuo che ha un problema, ma non possiede le
conoscenze o le capacità per risolverlo, si rivolge a un altro individuo, il
counsellor che, grazie alla propria esperienza e preparazione, è in grado di
aiutarlo e a trovare una soluzione. Il rapporto è limitato nel tempo e generalmente
relativo ad uno specifico problema. Il counselling si esplica in diversi ambiti:
clinico, lavorativo, sociale, militare, scolastico, all’interno della famiglia, della
coppia, nel gruppo, nelle organizzazioni pubbliche e private.
___________________________________________________________________
35
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
Il rapporto di counselling coinvolge un "cliente" e un "counsellor": il primo è il
soggetto che sente il bisogno di essere aiutato, il secondo è una persona esperta,
imparziale, non legata al cliente, addestrata all’ascolto, al supporto e alla guida. 5.1. Il Counselling Sistemico
Quali sono gli strumenti che mette in azione un counsellor?
L’intervento che svolge si basa su qualità personali, su conoscenze apprese in
specifici percorsi di studio e di formazione, in grado di sviluppare la capacità di
creare relazioni efficaci e utilizzare abilità e tecniche di comunicazione
professionale.. Le possibilità di cambiamento sono legate alle numerose relazioni
che attraversano l’individuo. L’osservazione delle relazioni e delle descrizioni di
un problema risulta utile per sostenere la persona nella ricerca di possibili ipotesi.
Le comunicazioni che si scambiano le persone sono considerate come scambi
all’interno di un sistema. «Partendo dalla teoria dei sistemi e dalla elaborazione
del pensiero di Gregory Bateson, la visione sistemica del counselling vede
l’azione di ogni individuo non come azione isolata ma come azione collocata
all’interno di sistemi e sottosistemi di riferimento: in essi qualsiasi cambiamento
operato da un elemento del sistema produce cambiamenti a carico di tutti gli
altri sistemi, e agisce pertanto sull’equilibrio del sistema stesso»2.
L’intervento di counselling sistemico si pone l’obiettivo di stimolare un
movimento nelle relazioni che la persona vive attraverso la ricerca di percorsi
alternativi che sono unici per ogni individuo; l’intervento del professionista tiene
conto dei possibili cambiamenti e azioni concrete per ogni situazione. Non si
tratta di suggerire comportamenti ma di farli emergere dalle ipotesi che la
persona inizia ad elaborare e che solo lei potrà suggerire o intravedere, così come
gli ostacoli, i limiti, le non possibilità nella sua famiglia o nei suoi sistemi di
riferimento.
2
Parole di medici, parole di pazienti. Counselling e narrativa in medicina. Bert G., Quadrino S., 2002
.
___________________________________________________________________
36
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
La lettura sistemica delle relazioni permette la consapevolezza delle complessità
che attraversa ogni tipo di interazione: si concentra prima sul rapporto tra gli
autori della relazione e in particolare su aspetti della comunicazione legati al tipo
di scambi e regole che rendono possibili quegli scambi, ai loro effetti nei
comportamenti, all’andamento della relazione, al contesto entro cui si sviluppa.
Nel ricercare possibili e concreti percorsi di cambiamento si deve tenere conto
anche di altri elementi che non sono fisicamente presenti in quella relazione ma
che inevitabilmente influenzano le relazioni della persona che appartiene anche
ad altri sistemi: il sistema famigliare, il sistema lavorativo, il sistema curante,
ecc.
5.2. Le Abilità di Counselling in ambito Ambulatoriale
In particolare nell’ambito nutrizionale l’uso delle abilità di counselling da parte
del Nutrizionista si concretizza in alcuni specifici momenti: l’accoglienza delle
richieste e dei bisogni, la formulazione di ipotesi e di obiettivi da raggiungere,
l’esplorazione di possibili cambiamenti e delle relative motivazioni che li
supportino.
Ma cosa rende possibile in una persona l’adozione di un nuovo comportamento
di salute? Tra la persona e l’ambiente esiste un flusso continuo di scambi: in
modo sistemico i bisogni, le esigenze e le aspettative sia fisiche sia mentali
dell’individuo si muovono e ricercano nuovi equilibri in relazione alle risposte
che l’ambiente offre. Esistono le risorse di cui la persona deve disporre ma
esistono anche capacità e modalità differenti per utilizzare le risorse e, in
relazione ai cambiamenti ricercati dal soggetto, si sviluppano le risposte di chi
vive intorno: durante il colloquio è bene considerare anche il sistema famigliare
in cui quella persona dovrà modificare alcune relazioni. Esistono anche una
cultura, una tradizione, un contesto sociale che danno valore alle relazioni e alle
comunicazioni che le persone si scambiano.
___________________________________________________________________
37
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
Il counsellor mette in campo l’uso di abilità per entrare nei processi decisionali
della persona, senza giudizio o consiglio o indicazione ma come un facilitatore
nell’attività di esplorazione: cosa è possibile attuare, quali ostacoli vengono
vissuti come maggiormente presenti, quali motivazioni potrebbero sostenere le
scelte, quali benefici deriverebbero da alcune azioni, quali timori o rischi si
immagina di dover affrontare a seguito del cambiamento. Sostenere le persone
nell’ipotesi di un cambiamento attraverso la gestione professionale dei loro
racconti, delle loro narrazioni, è il primo passo per iniziare a parlare di possibili
strade da percorrere e rappresenta un piccolo movimento dall’impossibile al
possibile: essere aiutati nel vedere i piccoli progressi, nel valorizzarli e
soprattutto nel consapevolizzare la presenza di risorse proprie è lo stimolo
iniziale ad un percorso di cambiamento.
L’espressione Counselling Nutrizionale non è molto diffusa e comunque viene
intesa come colloquio in cui il Nutrizionista fornisce consigli e offre soluzioni al
paziente affinché modifichi lo schema alimentare. In realtà l’intervento che
utilizza le abilità di counselling è un intervento comunicativo che gestisce le
informazioni necessarie al paziente partendo dalla raccolta informativa attraverso
un ruolo attivo del paziente che, stimolato da adeguate domande, offre al
professionista le informazioni di cui già dispone, riflette sui tentativi già condotti,
sugli insuccessi e sulle piccole conquiste, riesce ad esprimere dubbi. A fianco di
quest’attività, il Nutrizionista accosta e inserisce le informazioni utili e mancanti
per proseguire nel colloquio verso fasi più operative e di preludio all’azione di
cambiamento.
Il Contesto
Il contesto non è solo lo spazio in cui avviene il colloquio con i relativi arredi, il
telefono che squilla e che interrompe, l’uso o meno del camice durante la
comunicazione con il paziente ma è costituito anche da altri fattori non fisici ma
che inevitabilmente interferiscono come ad esempio le aspettative, i timori, le
___________________________________________________________________
38
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
speranze del paziente, i pregiudizi, il tempo a disposizione, la stanchezza e
l’umore del professionista, il suo stile comunicativo.
Ogni colloquio rappresenta una relazione che si sviluppa in un determinato
contesto e quest’aspetto influenza l’andamento della relazione. Non si può
pensare di dover adeguare il contesto alla relazione; l’abilità che ci può venire in
aiuto è la consapevolezza che questi aspetti hanno un’influenza e davanti a
situazioni che si sviluppano in modo diverso da come si pensa o si desidera, può
essere utile riflettere su un’eventuale interferenza del contesto per ipotizzare
possibili cambiamenti per i successivi colloqui. Una risorsa delle abilità di
counselling è data proprio dal valore della consapevolezza delle nostre relazioni:
la capacità di attuare riflessioni consapevoli, grazie all’osservazione di qualcosa
che non ha funzionato, in una logica che non ricerca colpevoli ma tiene conto
della complessità degli elementi in gioco, è una grande risorsa per facilitare i
cambiamenti.
Il Colloquio ed i suoi Tempi
Un altro elemento è la capacità di gestire il colloquio tenendo presenti i tempi di
cui si dispone. In particolare esistono alcune fasi che facilitano lo sviluppo delle
comunicazioni, che forniscono quasi una guida al flusso delle informazioni. È
fondamentale offrire un momento di accoglienza, dedicare poi del tempo alla
raccolta del bisogno e dei tentativi svolti dal paziente, sviluppare una parte di
novità e di apertura a nuove possibilità per poi passare ad una fase di definizione
concreta di obiettivi. Molto utile è la sintesi finale che concretizza il senso del
colloquio, fornisce alcuni elementi di riflessione al paziente dopo l’incontro e
può lasciare al paziente impegni concreti da attuare per l’incontro successivo. Le
fasi sono:
 descrivere il problema/bisogno in termini concreti;
 esplorare i tentativi già svolti e quelli possibili da sviluppare;
 valutare l’importanza che il paziente attribuisce al cambiamento;
 definire gli obiettivi minimi;
___________________________________________________________________
39
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
 attivare nel paziente ipotesi in termini di comportamento per applicare
l’obiettivo minimo;
 fare una sintesi dei punti importanti del colloquio;
 chiudere il colloquio con un obiettivo per il prossimo incontro.
In particolare nella fase di accoglienza, in cui circolano alcune informazioni che
serviranno da cornice alle successive e che ne caratterizzeranno il valore, è utile
stabilire un contratto tra l’operatore e il paziente. Va chiarito il proprio ruolo e
può essere utile presentare la struttura. Nel momento iniziale dell’accoglienza
può trovare spazio prezioso l’esplorazione delle aspettative e conoscenze in
possesso del paziente e del suo sistema famigliare.
Il Colloquio: Aspetti Verbali e non Verbali
Non basta essere chiari e usare lo stesso linguaggio perché si verifichi
comprensione. È utile avere bene in mente questa consapevolezza per evitare di
andare alla ricerca di colpevoli e cause di incomprensione. La comunicazione ha
una caratteristica di circolarità poiché sempre nei messaggi sono presenti due
aspetti: uno di contenuto, che è dato dall’informazione che si sta passando, e uno
di relazione, che accompagna il contenuto e dà informazioni su come le persone
si vedono in quella relazione. Gli aspetti non verbali e paraverbali indicano come
la relazione si sta sviluppando, come i due interlocutori si vedono, come l’uno
vorrebbe essere visto dall’altro, chi vuole avere il potere relazionale. Gli aspetti
non verbali riguardano tra gli altri le espressioni del volto, la direzione dello
sguardo, la postura, la mimica, l’intonazione della voce.
È interessante saper cogliere non solo nelle parole ma soprattutto nel non verbale,
cosa l’altra persona ci vuole comunicare: molte delle difficoltà relazionali
sembrano giocarsi su contenuti, ma in realtà sono relazioni che non trovano un
accordo. La tecnica di counselling può essere efficace se viene spesa in una
relazione autentica, in cui c’è la volontà del Nutrizionista di entrare in empatia
con la persona che ha davanti: occorre ricordare che il non verbale è la modalità
che viene recepita prima e che tra due messaggi discordanti si tende a dare più
___________________________________________________________________
40
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
valore al non verbale. Per esempio se comunichiamo una frase di accoglienza con
un non verbale che in realtà comunica poco interesse, con un tono distaccato,
nella persona che ascolta potranno nascere dubbi, interpretazioni o altro ancora e
nasceranno ipotesi spontanee. Tutto ciò può portare momenti di incertezza
all’intesa comunicativa ed è possibile che occorra dedicare del tempo per
ristabilire un certo clima relazionale.
Accoglienza
È la capacità di accogliere quanto il paziente ci porta e di partire dalla sua
narrazione per inserire le informazioni necessarie alla relazione. Questa abilità
facilita la nascita della relazione entro cui si sviluppano i messaggi necessari per
la costruzione del cambiamento. Osservare e rilevare eventuali dubbi, timori e
portarli ad un livello di possibile dialogo rappresenta un buon inizio. In questa
fase possiamo collocare anche l’aspetto “contrattuale” della relazione. Dopo aver
ascoltato il paziente, il Nutrizionista definisce e chiarisce cosa è in grado di fare,
con quali tempi e ridefinisce con il paziente un obiettivo concreto e realizzabile.
Feedback
Il feedback è la capacità di osservare nell’altra persona come viene accolta una
comunicazione; prestare attenzione al feedback vuol dire prestare attenzione alle
comunicazioni non verbali espresse dal nostro interlocutore. Se il paziente,
attraverso il non verbale, esprime una comunicazione di dubbio o incertezza, il
Nutrizionista può verificare la comprensione attraverso una domanda che
permette all’interlocutore di esprimere il suo punto di vista, un eventuale
disaccordo o semplicemente un chiarimento.
Metacomunicazione
Comunicare sulla comunicazione significa dare e ricevere le informazioni che
servono per rendere maggiormente comprensibile il tipo di relazione che si sta
vivendo e per ridurre le ambiguità. Quando la relazione prende una direzione
___________________________________________________________________
41
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
difficile o conflittuale, il Nutrizionista può attuare un intervento comunicativo
che descrive la comunicazione: “Mi sembra che ci stiamo bloccando sul discorso
peso, mentre forse sarebbe utile che riprendessimo il filo del discorso…”.
Questo tipo di abilità permette di parlare della relazione e facilita sovente l’uscita
da situazioni tese che rischiano di diventare improduttive; utilizzare il pronome
“noi” inoltre segnala che la relazione lega entrambi i soggetti che diventano
entrambi autori e responsabili. È come se si stesse giocando: per un attimo si esce
dal gioco, ci si osserva e si descrive dall’esterno il gioco; dedicare del tempo e
dello spazio alla metacomunicazione è un’utile risorsa per verificare l’efficacia
dei messaggi, chiarire incomprensioni, per ridefinire il contratto con il paziente.
Ascolto Attivo
Saper ascoltare un’altra persona in modo attivo vuol dire instaurare una relazione
di accettazione e di empatia senza pregiudizi o luoghi comuni tipici del contesto;
la persona deve poter vivere un’esperienza in cui qualsiasi cosa dica non verrà
giudicata. È impossibile che colui che ascolta non abbia convinzioni e valori
propri: l’importante è avere consapevolezza che esistono questi elementi e che
non interferiscano nelle comunicazioni che si svilupperanno con il paziente
soprattutto nella fase iniziale del colloquio, dove si pongono le basi dell’incontro
e delle sue possibilità future. Non bisogna dare per scontato di aver compreso ma
utilizzare domande aperte che permettano al paziente di definire meglio in
termini concreti cosa intende esprimere. A volte si dà per scontato che un termine
o un’espressione abbia un valore o significato condiviso, poi si scopre a metà
colloquio che il paziente attribuiva significati diversi da quelli implicitamente
acquisiti dal Nutrizionista. Quando ascoltiamo inevitabilmente creiamo delle
sintesi, delle categorie, incaselliamo i racconti: è importante tenere a bada questo
meccanismo, evitando di attribuire un senso in base a quanto ci aspettiamo da
quella persona, in relazione all’idea che ci siamo fatti, in base all’esperienza che
ci porta a pensare che “quasi sempre quando il paziente dice così è perché fa
così”. Una buona dose di curiosità crea l’ascolto attivo: di fronte a narrazioni
___________________________________________________________________
42
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
inusuali, pittoresche, incredibili del paziente, l’abilità del Nutrizionista valorizza,
esplora e coglie il senso all’interno di quel sistema che ha davanti e soprattutto
mantiene efficace e viva la relazione.
Per diventare “attivo”, l’ascolto deve essere disponibile non solo verso l’altro e
quello che dice, ma anche verso se stessi, per ascoltare le proprie reazioni, per
essere consapevoli dei limiti del proprio punto di vista e per accettare il non
sapere e la difficoltà di non capire. La modalità dell’ascolto attivo esclude ogni
tipo di intervento che porta il Nutrizionista ad esprimere affermazioni che non
facilitano il flusso delle comunicazioni ma creano resistenza o la rinforzano,
soprattutto nelle fasi del colloquio in cui si elaborano con il paziente possibili
percorsi per il cambiamento.
Nella mia esperienza frasi da evitare perchè non facilitano l’ascolto possono
essere:
 “Se seguisse lo schema alimentare che abbiamo concordato, anche i suoi
reni starebbero meglio”;
 “Ma perché non chiede aiuto ai nonni per i bambini e va in palestra?”;
 “Possibile che non riesca a ritagliarsi un’ora al giorno per lei?”;
 “Lo sa, vero, che in menopausa se non diminuisce il sale le aumenta…?”;
 “Io le ho prescritto la dieta, ora tocca a lei”;
 “È normale avere fame, non è la prima persona che ha iniziato un
percorso… stia tranquilla”.
Riformulazione
È una tecnica che permette di praticare l’ascolto attivo e consiste nel ridire con
altre parole o in modo più breve e chiaro ciò che il paziente ha espresso: questa
tecnica permette di verificare la comprensione e di introdurre interpretazioni
nella narrazione ascoltata. “Se ho capito bene lei mi sta dicendo che…”. “Provo a
dirle cosa ho compreso dal suo racconto…”.
___________________________________________________________________
43
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
Riassunto
Nello sviluppo del colloquio è utile creare momenti in cui si elabora una sintesi
di quanto emerso, per evitare di parlare a lungo e scoprire solo alla fine che il
Nutrizionista e il paziente hanno intrapreso strade diverse e occorre riprendere il
filo del discorso per rimettere a posto i pensieri.
Domande Aperte
Le domande aperte sono utili per permettere al paziente di aggiungere elementi
ad una prima definizione data, ad una narrazione svolta, per collocare all’interno
del proprio sistema di riferimento le ipotesi che con il Nutrizionsita si stanno
valutando. Servono per agevolare l’esposizione altrui, migliorare la propria
comprensione ed evitare di dare per scontata la comprensione di termini o
espressioni.
“Quando dice che è a dieta cosa intende? … Intende dire che…? Provi a farmi
capire”. “Abbiamo visto insieme che bisognerebbe ridurre l’assunzione di dolci:
lei cosa pensa di poter fare? Cosa proverebbe a cambiare?”.
Non Contrapposizione
Molte delle energie dei colloqui vanno spese per dimostrare all’altro chi ha
ragione; è evidente che il Nutrizionista conosce e propone un comportamento
corretto e che funziona: ma dove? Nella teoria, quando un paziente fa e si
comporta secondo una serie di parametri e indicazioni. Nella realtà esistono tante
persone, ognuna con la sua storia, tanti pazienti quindi, con le proprie verità,
dense di quotidianità, di abitudini, convinzioni, affetti.
Diventa strategico ed efficace partire da quanto ci viene detto evitando frasi che
giudichino, moralizzino, banalizzino, offrano soluzioni pronte. Non contrapporsi
ad affermazioni in apparenza contrastanti o “non vere”, espresse dal paziente,
può rappresentare un’efficace abilità nella gestione di momenti impegnativi del
colloquio.
___________________________________________________________________
44
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
Indicazioni Generali E Comportamenti Concreti
Quasi sempre il Nutrizionista conosce tecnicamente la soluzione scientifica ai
problemi posti dal paziente ma sovente le indicazioni non riescono a produrre
effetti concreti nelle singole persone. Durante il colloquio è utile, attraverso
messaggi che esplorano abitudini, conoscenze e possibilità del sistema
famigliare, stimolare nel paziente possibili ipotesi per rendere pratiche le
indicazioni e i messaggi di comportamento generali. Nella mia esperienza questa
modalità facilita i pazienti a intraprendere cambiamenti secondo nuovi stimoli
individuati durante la visita.
Indicazione generale: “Bisognerebbe che lei mangiasse meno grassi, altrimenti…
Provi per la prossima volta a ridurre i grassi”.
Comportamento concreto: “Dobbiamo tentare di ridurre i grassi… da quanto mi
ha detto prima si potrebbero ridurre le patate fritte… oppure non mangiare
formaggio tutti i giorni. Lei cosa ne dice?”. “Io preferisco ridurre il formaggio
perché le patate fritte piacciono molto ai bambini…”.
Difficoltà dei Pazienti nei Cambiamenti
Le comunicazioni tipiche dell’ambulatorio nutrizionale si concentrano su
obiettivi che il paziente deve raggiungere attraverso la modificazione di
comportamenti; la tipologia dei pazienti che si presentano in ambulatorio è
composta da persone sane in sovrappeso o obese, donne in gravidanza o persone
sofferenti di malattie croniche. In tutti questi casi la relazione si gioca su
modifiche che occorre attuare per mantenere o migliorare lo stato di salute;
spesso, però, si hanno pazienti passivi, non motivati o al contrario convinti della
loro impossibilità di cambiare. Le modificazioni comportamentali maggiormente
richieste sono mangiare meno, variare l’alimentazione, regolarizzare i pasti,
iniziare e/o aumentare l’esercizio fisico.
Gli elementi che influenzano le persone nel non aderire alle indicazioni possono
essere legati alle convinzioni che la persona ha sviluppato attraverso la propria
rete di conoscenze, a volte si tratta di comportamenti o indicazioni mediche che
___________________________________________________________________
45
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
hanno funzionato per un parente o un amico. Altre volte intervengono fattori di
ordine economico o di tempo che possono interferire nella gestione quotidiana e
rendere meno praticabili le indicazioni, così come le paure o le ansie che si
sviluppano dopo l’incontro con il nutrizionista, prodotte anche da dubbi non
chiariti o fraintendimenti o incomprensioni non esplicitati durante il colloquio.
Infine, altra variabile è rappresentata dalla percezione che le persone hanno
dell’importanza del cambiamento di cui devono occuparsi: maggiore sarà questa
sensazione, più facilmente il paziente potrà essere aiutato ad esplorare nel
concreto le azioni da svolgere per intraprendere un processo di cambiamento.
___________________________________________________________________
46
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
6.
L’AMBULATORIO
DI
COUNSELLING
NUTRIZIONALE
Il counselling nutrizionale, come già detto, è un processo nel quale un
professionista della salute, un Nutrizionista nel mio caso, lavora con una persona
per verificare l’introito alimentare giornaliero e identificare le aree dove è
necessario operare dei cambiamenti. Il counsellor nutrizionista provvede a
fornire informazioni, materiale educativo, supporto e follow up per aiutare
l’individuo a fare e, successivamente, mantenere i necessari cambiamenti nelle
abitudini alimentari.
Il primo incontro di counselling nutrizionale abitualmente inizia con un’intervista
nella quale il counsellor pone domande alla persona sulle sue abitudini
alimentari. Il counsellor nutrizionista può usare differenti strumenti per verificare
le abitudini alimentari:
 Il diario delle 24 ore: una lista dei cibi e delle bevande assunte dalla
persona nelle 24 ore precedenti l’incontro. Il counsellor poi calcola
l’ammontare stimato, calorico e qualitativo, dei cibi e delle bevande
assunte. Questo tipo di diario può essere usato per
stimare l’intake
giornaliero di energia e nutrienti. Tuttavia le persone tendono a
sottostimare l’intake di certi alimenti, e in ogni caso l’introito di cibo di
una sola giornata non può essere considerato rappresentativo delle
abitudini alimentari della persona.
 Un questionario della frequenza può, a volte, darci un quadro più accurato
delle abitudini alimentari della persona. Il counsellor nutrizionista può
chiedere alla persona quanto spesso consuma un certo alimento/bevanda:
per esempio quante porzioni di frutta, verdura, cereali, carne o pesce, e
grassi la persona consuma in una giornata tipica, in una settimana o in un
mese. Anche in questo caso le persone tendono a sottostimare l’introito
___________________________________________________________________
47
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
degli alimenti e spesso c’è confusione sulla esatta quantificazione del
termine “porzione”.
 Il diario alimentare giornaliero è spesso utilizzato per monitorare le
abitudini alimentari. La persona segna sul diario l’ammontare di ogni
alimento/bevanda consumata nella giornata, indicando anche l’orario, il
luogo, la compagnia e le eventuali sensazioni. Il counsellor nutrizionista
usa queste informazioni per analizzare l’introito di energia e di nutrienti
della persona. Il diario può venire compilato per periodi variabili da un
minimo di tre giorni fino alle due settimane o anche più.
Il counsellor nutrizionista poi passa alle valutazioni antropometriche per definire
il peso corporeo, l’indice di massa corporea e il WHR del paziente.
6.1. Identificazione dei Cambiamenti da effettuare
La valutazione iniziale della dieta abituale e l’intervista del primo colloquio
insieme alle valutazioni antropometriche e alle eventuali indicazioni comunicate
dal medico o specialista inviante, forniscono le basi per identificare i
comportamenti che necessitano di cambiamento. Il counsellor nutrizionista e il
paziente lavorano insieme per identificare le aree che necessitano di
cambiamento, per definire quali cambiamenti devono essere prioritari e per
risolvere i problemi che si potrebbero manifestare lungo il percorso.
I cambiamenti nell’alimentazione devono avvenire in modo graduale. Un
individuo può iniziare con una o due facili modificazioni della dieta per le prime
settimane e poi gradualmente aumentarne il numero e la difficoltà nelle settimane
e mesi seguenti. Ad esempio un facile cambiamento per una persona potrebbe
essere quello di scegliere il latte parzialmente scremato invece di quello intero,
oppure quello di prendersi il tempo per mangiare almeno uno yogurt a colazione
___________________________________________________________________
48
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
invece di saltarla, ecc. Modificazioni più impegnative possono essere, invece,
imparare a sostituire i cibi altamente calorici con altri meno calorici, oppure
introdurre un maggiore numero di porzioni di verdura e frutta nell’arco della
giornata, o ancora variare il più possibile la scelta degli alimenti seguendone ad
esempio la stagionalità, ecc.
Nell’apportare cambiamenti alimentari si deve tenere conto che ogni individuo
vive una propria situazione e ha un proprio background; sono fattori importanti
l’etnia e la religione, lo stato socio-economico, la visione del mondo, la
situazione familiare e lavorativa.
6.2. Identificare gli Ostacoli al Cambiamento
Nel momento in cui viene identificato un bisogno di cambiamento il paziente e il
counsellor nutrizionista devono pensare ai potenziali problemi che possono
sorgere durante il percorso. Ad esempio cambiare le abitudini alimentari spesso
significa coinvolgere anche altre persone (i famigliari ad esempio), comprare
alimenti differenti (e quindi “perdere tempo” per leggere le etichette),
programmare come comportarsi durante le occasioni sociali, portarsi il cibo già
pronto sul luogo di lavoro, ecc.
L’elenco che segue riporta un elenco degli ostacoli più comuni che mi vengono
indicati nel corso dei colloqui in ambulatorio:
 impegni sociali;
 preferenze alimentari;
 mancanza di conoscenza;
 mancanza di tempo;
 costi.
___________________________________________________________________
49
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
6.3. Obbiettivi del Counselling Nutrizionale
Il counsellor nutrizionista e il paziente devono fissare insieme gli obbiettivi da
raggiungere e i comportamenti da tenere. Gli obbiettivi devono essere focalizzati
sui comportamenti necessari per raggiungere i cambiamenti alimentari, non come
valore assoluto ma come raggiungimento e/o mantenimento di un certo peso
corporeo. Per una persona, ad esempio, può essere importante lavorare per
prevenire un aumento di peso associato all’assunzione di certi farmaci; in questo
caso l’obbiettivo potrebbe essere quello di aumentare la quantità giornaliera di
frutta, verdura e cibo integrale. Questi cambiamenti possono contribuire ad
evitare un aumento di peso dando però l’importanza non tanto al peso reale
quanto ai comportamenti necessari per non aumentare il peso.
6.4. Mantenimento
La sfida più importante resta comunque non la co-costruzione dei cambiamenti
dietetici iniziali ma nel loro mantenimento nel lungo termine. Il monitoraggio, le
aspettative realistiche e il follow up continuato possono aiutare una persona a
mantenere i cambiamenti raggiunti.
L’automonitoraggio implica un controllo regolare delle abitudini alimentari e
lascia una traccia dei comportamenti alimentari tenuti. La compilazione del
diario alimentare quotidiano o periodico aiuta l’individuo ad essere più
consapevole dei propri comportamenti e fornisce uno strumento immediato per
analizzare le abitudini alimentari e gli eventuali errori.
Il paziente e il counsellor nutrizionista non si devono aspettare una perfetta
compliance alla dieta, le scivolate sono inevitabili. L’obbiettivo è di mantenere
queste scivolate piccole, ad esempio mangiare alcuni biscotti extra, per prevenire
le scivolate più grandi, ad esempio un completo abbandono dei cambiamenti
___________________________________________________________________
50
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
alimentari per un’intera giornata “… ormai ho rovinato la giornata… tanto vale
che mangi anche questo…”. Il counsellor può aiutare il paziente ad identificare
le situazioni che possono portare alle scivolate e progettare in anticipo i modi per
affrontare le varie situazioni.
Nella sessione di follow up nutrizionale il paziente e il counsellor analizzano
insieme il diario alimentare e, sempre insieme, cercano le soluzioni per affrontare
i comportamenti a rischio. Il follow up dà anche l’opportunità di rivedere gli
obbiettivi e le strategie adottate per raggiungere tali obbiettivi.
___________________________________________________________________
51
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
1.
ESPERIENZE DI COUNSELLING NUTRIZIONALE
Questa esperienza formativa mi ha permesso di sistematizzare alcune conoscenze
teoriche e leggere con strumenti di comunicazione consapevole le esperienze
condotte in ambulatorio. Ho iniziato da pochi mesi a cercare di mettere in pratica
le abilità di counselling che sto apprendendo quindi non sono ancora in grado di
presentare un percorso completo. Ne ho iniziati diversi con diversi pazienti e
quindi riporto di seguito i brevi percorsi fino ad ora condotti, in corsivo sono stati
riportatati alcuni brani ritenuti significativi.
CASO A
E.C., donna di 50 anni obesa, con familiarità per obesità. Coniugata e senza
prole. Le analisi bioumorali sono perfette, ha fissato un appuntamento perché
consigliata da un’amica già seguita da me. Al momento della prima visita pesa
115 kg (altezza 172 cm) ed ha un indice di massa corporea di 38,9 (francamente
obesa); riferisce di essere sempre stata sovrappeso ma negli ultimi dieci anni è
aumentata parecchio. Ha le gambe edematose (la circonferenza della caviglia è di
40 cm!). Durante il colloquio emerge un profondo disagio nei confronti del
proprio corpo del quale dice “non è mio… è una parte di me che non accetto, che
non mi piace assolutamente”. Non svolge alcun tipo di attività fisica perché
afferma “mi vergogno a farmi vedere in tuta dalla gente, la gente mi guarda”,
ama il mare e il sole ma si rifiuta di andare “mi vergogno, non posso farmi vedere
così”. Gli abiti che indossa, e che si ripresentano come forma e colore anche nei
successivi incontri, sono larghi e scuri, con le maniche lunghe nonostante le alte
temperature (siamo nel mese di luglio 2010, temperatura 30-35°C). Afferma di
avere già provato diverse diete “ma tutto ciò che funziona con gli altri con me
non funziona… mai”. Svolge un’attività sedentaria (con soddisfazione) ed ha
un’intensa attività di volontariato nel sociale.
La paziente inizia il colloquio affermando di volere dimagrire perché non si
___________________________________________________________________
52
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
piace, ma non ha tempo, ha tante cose da fare e soprattutto è convinta di non
farcela perché con lei le diete non funzionano, deve avere qualcosa che non va
nel suo corpo “che si rifiuta di perdere peso”. Si siede con difficoltà, si accomoda
sulla punta della sedia come se dovesse andare via da un momento all’altro. Il
non verbale comunica la poca voglia di essere lì.
“Tanto, guardi, so già dove sbaglio, mi informo, leggo tanto i giornali… Diete ne
ho provate tante… Ma sì, proviamo, tanto so già che con me non funzionerà”
La voce ha quasi un tono di sfida
“Così ha già provato a fare una dieta?”
“Sì, qualsiasi dieta lei mi nomini”
“Potremmo prendere in considerazione di nuovo la dieta, oppure capire come lei
potrebbe consumare più calorie facendo attività fisica o ancora prenderle
entrambe in considerazione”
“Quando ero più magra andavo sempre in piscina e in bicicletta, ma non so se
posso trovare il tempo e non mi piace farmi vedere dalla gente grossa come
sono”
“Se ho ben capito lei vuole farlo ma non è sicura di riuscirci?”
“Sì, forse potrei fare qualcosa solo se fossi sicura che nessuno mi vede. Magari a
casa, ma le ginocchia mi fanno male se provo a correre”
Il tono di voce è più tranquillo, si siede meglio sulla sedia con una postura che
comunica la volontà di parlare.
“Da quanto ho capito potremmo pensare a qualche esercizio da fare a casa che
però non implichi la corsa”
“ Sì, però non ho tanto spazio in casa, l’appartamento è su due piani e nelle
stanze non ho posto per degli attrezzi. “
“Potremmo considerare un’attività senza attrezzi. Pensa sia possibile salire e
scendere le scale qualche volta in più nella giornata oppure pulire i vetri tutte le
settimane? “
Ci accordiamo per salire e scendere le scale almeno 5 volte al dì. Poi affrontiamo
il problema dell’alimentazione:
___________________________________________________________________
53
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
“Io sono sempre a dieta, non mangio mai il pane e la pasta. Mangio solo i
crackers (nomina una nota marca di cibo iperproteico), a volte salto i pasti o
mangio solo la frutta per stare più leggera..”
Prendendo spunto da queste affermazioni faccio un po’ di educazione alimentare
per quanto riguarda il salto dei pasti e i pasti a base di sola frutta. Per il momento
non affronto l’argomento carboidrati e proteine, è la parte del discorso dove
recepisco una maggiore resistenza al cambiamento.
Il primo incontro termina con l’accordo per una maggiore attività fisica e il
cercare di non saltare i pasti per la settimana successiva.
Nel corso del secondo incontro dopo i saluti e un breve riepilogo del colloquio
precedente passiamo insieme a verificare la compliance all’accordo raggiunto. Si
dice soddisfatta di quello che ha fatto, si sente più sgonfia.
“Come sta andando con l’attività fisica?”
“Per i primi due giorni l’ho fatta sempre, ho salito le scale 5-6 volte al giorno.
Poi mi sono pesata ed ho visto che non calavo e ho smesso. Con me non funziona
neanche l’attività fisica..”
Tono di sfida e contraddizione con quanto ha affermato all’inizio del colloquio.
“Quindi se ho ben capito non è riuscita a fare l’attività fisica giornaliera come ci
eravamo prefissate”
“Sì è vero, ma non ho avuto tempo. Pero non ho saltato neanche un pasto, e ho
quasi sempre iniziato i pasti mangiando verdura cruda. Non ho fatto pasti di sola
frutta”
“Possiamo allora dire che si sente più sgonfia perché ha cambiato qualcosa nelle
sue abitudini alimentari”
“Sì, sono riuscita a seguire le cose che ci eravamo dette la scorsa settimana.”
A questo punto ho fatto un po’ di educazione riguardo l’attività fisica e l’aumento
di massa magra rispetto alla massa grassa quando si inizia una attività. Poi ho
proposto la compilazione di un diario alimentare e dell’attività fisica per i
seguenti 15 giorni.
___________________________________________________________________
54
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
Al terzo incontro la paziente pesava 109 kg e si è mostrata soddisfatta anche se
“… all’inizio perdo sempre peso però poi lo riprendo. Stavolta però l’ho perso
senza seguire una dieta… non so...” “ho provato a fare un poco di attività fisica
ma mi stanco… possiamo vedere se è aumentata la massa magra con
quell’apparecchio (n.b. l’impedenziometro già utilizzato nel corso della prima
visita)?”
Rivediamo insieme alla paziente i vari punti già discussi precedentemente e
concordiamo di continuare con il diario e l’attività fisica anche per le prossime
settimane (ora ci sono le ferie e quindi il prossimo controllo avverrà a distanza di
4 settimane). La paziente comunque riferisce settimanalmente via mail i
progressi/dubbi che incontra.
CASO B
P.P., donna di 52 anni, separata da 2 anni, vive sola. In menopausa da 2 anni,
analisi bioumorali nella norma. È inviata dal medico ginecologo perché
dall’inizio della menopausa è ingrassata 8 chili e non si sente a suo agio; al primo
incontro pesa 76,7 kg (altezza 170 cm), indice di massa corporea 26,5
(sovrappeso). La signora lavora a turni in un supermercato e quando rientra è
affamata apre il frigo e mangia quello che trova; ha anche smesso di fare le
passeggiate perché si sente stanca quando rientra dal lavoro. La paziente di getto
si presenta, mi parla della sua separazione e del suo peso.
“Guardi io sono sempre stata magra, poi tra una cosa e l’altra, il matrimonio, la
separazione, la menopausa… ho provato a fare mille diete da sola, perdevo
qualche chilo ma poi li ho recuperati… “
“Mi sembra di capire che abbia già svolto alcune diete e sia riuscita a perdere
peso. È corretto? Ha voglia di raccontare?”
La paziente mi elenca le diete che ha seguito e prosegue “Comunque non mi dia
quegli schemi dove c’è scritto cosa mangiare giorno per giorno, o peggio ancora
quegli schemi dove c’è tutto da pesare grammo per grammo.”
___________________________________________________________________
55
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
“Quando dice che non vuole gli schemi cosa intende? Provi a raccontarmi cosa è
successo quando li ha seguiti”.
“Non riuscivo a pesare, a ricordarmi cosa dovevo mangiare. Insomma non ce la
facevo. Mi dia qualche cosa di diverso”
A questo punto, dopo una breve educazione alimentare, abbiamo valutato
insieme quali cambiamenti si potevano apportare alle sue abitudini.
“Quindi mi pare di capire che il suo scopo è di perdere peso ma non vuole
schemi dietetici con grammature perché la impegnano troppo. Quale pensa
possa essere la strategia migliore?”
Ho proposto diverse soluzioni alla paziente ed insieme abbiamo optato per uno
schema dietetico che prevede come unità di misura le mani e il pugno. Abbiamo
fatto un po’ di esempi e il colloquio si è concluso con l’impegno di ritrovarci a
distanza di 15 giorni per verificare la compliance alle indicazioni.
Al secondo incontro la paziente si è mostrata soddisfatta, il peso in sole due
settimane era calato di 2 kg e senza troppa fatica. A questo punto ho proseguito
con l’educazione alimentare proponendo alla paziente di provare a sostituire
alcuni alimenti o di iniziare a fare attività fisica per poter arrivare allo scopo della
perdita di peso.
“Mi sto chiedendo che cosa potrebbe essere meglio per lei a questo punto:
curare di più la sua alimentazione magari sostituendo il dolce che mangia prima
di andare a dormire con la frutta oppure possiamo prendere in considerazione
l’idea di ricominciare a camminare?”
“Potrei provare a fare un po’ di attività fisica, forse potrei andare a camminare
verso sera prima di cena. Al dolce prima di andare a dormire non so se riuscirei
a rinunciare, non ora…”
Prepariamo insieme un protocollo di attività fisica graduale che la signora
proverà a seguire nelle prossime due settimane unitamente allo schema dietetico
___________________________________________________________________
56
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
CASO C
Questo è un caso che già seguo da tempo e che ha avuto andamento altalenante.
Utilizzando le tecniche di counselling nel corso degli ultimi 3 mesi si stanno
vedendo risultati notevoli.
C.D., 43 anni, donna, separata con due figlie. È seguita in ambulatorio da ottobre
2007: presenta dislipidemia, e obesità di primo grado (pesa alla prima visita 77
kg per un’altezza di 157 cm, indice di massa corporeo 31,2). Adora mangiare
(“sono una buongustaia, mi piace tutto…”) soprattutto in compagnia e dopo la
separazione le uscite a cena sono molto frequenti e per lei sono una grande
tentazione. Negli anni ha seguito diverse diete ma tutte senza successo nel lungo
termine. Lavora come parrucchiera e il venerdì e il sabato fa orario continuato.
Abbiamo ottenuto un calo di circa 10 kg nel primo anno, ripresi con gli interessi
nei mesi seguenti in occasione delle pratiche di divorzio. Il peso poi si era
stabilizzato sugli 82 kg per diversi mesi. La paziente ha continuato a venire in
ambulatorio in cerca di una soluzione al suo problema. Negli ultimi mesi siamo
riuscite ad individuare quelle che per lei sono le situazioni ad alto rischio, cioè le
uscite sociali, ed abbiamo adottato una strategia per limitarne i danni (mangiare
un’insalata prima di uscire di casa o limitarsi ad un succo di pompelmo anziché
un aperitivo classico). Attraverso il colloquio abbiamo anche trovato il modo per
fare più attività fisica: la mattina fa colazione insieme alle figlie e poi per tre
giorni la settimana prima di andare al lavoro va a camminare per un’ora circa.
Con queste poche modifiche comportamentali siamo arrivati ad un peso di 68 kg,
la paziente è soddisfatta e non sente come un impegno troppo gravoso stare alle
poche regole che abbiamo via via adottato.
___________________________________________________________________
57
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
2.
CONCLUSIONI
L’epidemia di obesità è spiegata in larga misura dalla contemporanea presenza di
inattività fisica e dieta inadeguata. Circa due terzi degli adulti non praticano
attività fisica ai livelli raccomandati e presentano abitudini alimentari
caratterizzate da elevata densità energetica e scarso potere saziante. L'apporto ed
il dispendio energetico individuale sono influenzati da un'ampia gamma di fattori
ambientali, tra cui abitudini familiari, politiche e procedure scolastiche, politiche
di pianificazione urbana e dei trasporti, attività di marketing commerciale,
politiche sulla distribuzione del cibo e l'agricoltura. Le persone sono a contatto
con molti aspetti dell’ambiente che sono obesogenici, in quanto incoraggiano
schemi alimentari o di attività fisica che aumentano il rischio di obesità. Questa
molteplicità di fattori rende difficile il trattamento dell’obesità.
Un obeso può passare anni in mano a inesperti nel settore, che non danno le
indicazioni giuste di trattamento, secondo il tipo e il caso specifico, e per questo
troviamo persone frustrate, depresse, con bassa autostima e difficoltà nell’
inserimento della vita lavorativa e sociale. II comportamento alimentare errato
viene considerato come espressione di un malessere più generalizzato che trova,
spesso, le sue radici in una bassa auto stima, nella mancata, parziale o totale
realizzazione dei propri interessi esistenziali, nella sensazione di solitudine,
nell'incapacità di creare e mantenere dei legami affettivi soddisfacenti, nel suo
senso di auto inefficacia, nella visione negativa del mondo e del futuro, nel non
sentirsi considerati a sufficienza e via dicendo. Tutto ciò porta alla tristezza e
quindi ad uno stato depressivo. Inoltre l'eccessiva percezione di pericolo e di
difficoltà ad affrontare un compito o, comunque, alcune situazioni di vita
quotidiana, predispone a stati d'ansia. Inoltre, sia a causa dell'eccessivo peso
corporeo, sia per pigrizia, l'obeso tende ad economizzare molto il movimento
fisico mentre è importante capire che uno stile di vita più dinamico che va dal
cercare di usare l'automobile il meno possibile ad evitare l'ascensore, evitare di
___________________________________________________________________
58
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
sedersi durante i tragitti effettuati coi mezzi pubblici, aiuta a perdere calorie.
Tutto ciò, comprese le emozioni positive, come gioia e piacere, possono essere
erroneamente codificate dall'obeso come fame.
La figura del Counsellor Nutrizionista gioca un ruolo molto importante in questo
contesto perché nel processo relazionale che sviluppa con il suo paziente che si
caratterizza nell’accoglienza autentica dell’altra persona e delle sue difficoltà,
attraverso un atteggiamento di comprensione empatica, permette la nascita di un
dialogo autentico che mette in condizione le persone di esplicitare le proprie
convinzioni o idee e le motivazioni di comportamenti non corretti, da cui partire
per ricercare insieme nuovi comportamenti.
Nella mia breve esperienza come Counsellor Nutrizionista mi sono resa conto
delle enormi potenzialità di questo tipo di relazione d’aiuto ma anche delle
enormi difficoltà da affrontare per operare in modo corretto. Le abilità necessarie
ad esempio per un ascolto attivo necessitano ancora di un grosso lavoro anche
perché tanto è ancora il condizionamento derivante dalla mia formazione.
Sicuramente tutto ciò è una spinta ad approfondire ulteriormente le mie
conoscenze di counselling.
___________________________________________________________________
59
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
9. Bibliografia:
‐
AA.VV. Obesità, sindrome plurimetabolica e rischio cardiovascolare.
Consensus sull’inquadramento diagnosticoterapeutico. Centro di Studio e
Ricerca sull’obesità. Università degli Studi di Milano, Dipartimento di
Scienze Precliniche. LITA Vialba, Ospedale L. Sacco, Milano, 2003.
‐
Battistini N.C. e Bedogni G. Impedenza Bioelettrica e Composizione
Corporea. Edra, 1998.
‐
Bedogni G., Battistini N.C. e Borghi A. Manuale di valutazione
antropometrica dello stato nutrizionale. Edra, 2001.
‐
Bert G. e Quadrino S. Parole di medici, parole di pazienti. Counselling e
narrativa in medicina. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2002.
‐
Bert G. e Quadrino S. Le basi del counselling sistemico. Change, Torino,
2005.
‐
Bosello O. Obesità.Un trattato multidimensionale. Kurtis ed., 1998.
‐
Brehm S. e Brehm J.W.. Psychological Reactance. New York, Academic
Press, 1981.
‐
Cole T.J., Bellizzi M.C., Flegal K.M., Dietz W.H. Establishing a standard
definition for child overweight and obesity worldwide: international survey.
BMJ,320:1240-1243, 2000.
‐
Cuppini A. Obesità e Weight Cycling Syndrome. Atti del convegno Obesità:
nuovi percorsi dalla clinica alla terapia integrata. Bologna, 22 maggio
2004.
‐
Dalle Grave R. Question and answers. What are useful strategies for
treatment of binge eating disorders in the obese patient? Eating disorders.
The Journal of treatment and Prevention, 2: 176-177, 1996.
‐
Dansinger M.L., Gleason J.A., Griffith J.l., Selker H.P., Schaefer E.J.
Comparison of the Atkins, Ornish, Weight Watchers, and Zone Diets for
___________________________________________________________________
60
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
Weight Loss and Heart Disease Risk Reduction. A Randomized Trial. JAMA,
293, 2005.
‐
De Pergola G. Macro-micronutrienti nelle varie formulazioni dietetiche
ipocaloriche nel trattamento del paziente obeso. ADI magazine, 8, 2004.
‐
Keys, A., Brozek, J., Henschel, A., Mickelsen, O. & Taylor, H. L. The
Biology of Human Starvation.. University of Minnesota Press, Minneapolis,
MN, Vols. I–II, 1950.
‐
Kopelman P.G. Obesity as a medical problem. Nature, 404: 635-643, 2000.
‐
Goldstein D.J. Beneficial effects of modest weight loss. International Journal
of Obesity, 16:397-415, 1992.
‐
Mannucci E., Ricca V., Rotella C.M. Il Comportamento Alimentare
nell’Obesità. Fisiopatologia e clinica. EDRA Medical Publishing & New
Media, 2001.
‐
McTigue K.M., Harris R., Hemphill B., Lux L., Sutton S., Bunton A.J.,
Lohr K.N. Screening and Interventions for obesity in Adults. Summary of the
Evidence for the U.S. Preventive Services Task Force AHRQ. Pub. No. 040528B, 1-49, 2003.
‐
Pinelli L., Elerdini N., Faith M.S., Agnello D., Ambruzzi A., De Simone
M., Leggeri G., Livieri C., Monetti N., Peverelli P., Salvatoni A.,
Seminara S., Uasone R., Pietrobelli A. Childhood obesity: results of a multi
center study of obesity treatment in Italy. J Pediatr Endocrinol Metab, 12
Suppl. 3: 795-799, 1999.
‐
Rao G. Pediatric Obesity-Related Counselling in the Outpatient Setting.
Ambulatory Pediatrics 5(6): 377-379, 2005.
‐
Ravussin E. Metabolic differences and the development of obesity.
Metabolism, 9 Suppl 3: 12-14, 1995.
‐
Stunkard A.J. An overview of current treatments for obesity. Treatment of
the serioysly obese patient. Wadden T.A. & Van Itallie, T.B. Editors, 33-34,
1992.
___________________________________________________________________
61
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Emanuela Casini - SST in Counselling Scolastico (primo anno) A.A. 2009/2010
‐
Task Force Obesità Italia. LiGIO ’99. Linee Guida Italiane Obesità.
Identificare, valutare, trattare. Pendragon, Bologna, 1999.
‐
Tinozzi T., Bo C., Bioletti L., Cossai S., Fanzola I.E., Sciancalepore M.,
Valla A., Spagnoli T.D., Sculati O. Carta stampata e diete: rischi per la
salute?? ADI Magazine, 4: 669. 2005.
‐
WHO. Obesity. Preventing and managing the global epidemic. Report of
WHO consultation on Obesity, 3-5 June – Geneve, 1997.
10. Sitografia
‐
http://www.minddisorders.com/Kau-Nu/Nutrition-counselling.html
‐
http://www.lanutrizione.it/Fattori.asp accesso il 09/08/2010 ore 15,00
‐
http://www.obesityday.org/popups/2004.html accesso il 16/08/2010 ore
12,00. Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica. Report
Obesity day 2004.
‐
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/query.fcgi?CMD=search&DB=pubmed.
Accesso il
18/08/2010 ore 10,00. US National Library of Medicine.
Pubmed.
___________________________________________________________________
62