Contraffazione e criminalità organizzata

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Contraffazione e criminalità organizzata
CONTRAFFAZIONE E CRIMINALITÀ ORGANIZZATA
Un’attività criminale che danneggia l’economia e ci espone a molti pericoli
Scuola di Specializzazione: SST in Scienze Criminologiche
Relatore: Dott. Daniele Bosi
Dirigente Servizio Ispettivo CCIAA Pistoia
Contesto di Project Work: La contraffazione dei prodotti
Tesista specializzando: Davide PACINI
Anno di corso: Secondo
Modena, 16 giugno 2007
Anno accademico 2006-2007
ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L BRUXELLES
DAVIDE PACINI – SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - SECONDO ANNO A.A. 2006/07
Indice dei contenuti
1 Introduzione ..................................................................... pag. 2
1.2 Produzione ................................................................... pag. 3
1.3 I settori industriali coinvolti nel fenomeno e gli effetti pag. 5
2 La contraffazione. Studio e analisi ................................. pag. 7
2.1 I canali di vendita della merce contraffatta.................. pag. 7
2.2 Gli effetti del fenomeno contraffazione....................... pag. 8
2.3 Il concetto di Criminalità Economica .......................... pag. 10
2.4 Tecnologie legali e illegali........................................... pag. 15
2.5 Un quadro d’insieme................................................... pag. 20
2.6 La filiera del “Falso” .................................................. pag. 26
3 I Prodotti contraffatti ...................................................... pag. 31
4 Conclusioni ....................................................................... pag. 45
5 Project Work e attività svolta......................................... pag. 46
6 Bibliografia ....................................................................... pag. 64
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1- Introduzione e Analisi
L’industria del falso non può essere più considerata un fenomeno marginale
dell’economia mondiale.
Studi elaborati dal World Trade Organization e dall’OCSE stimano che il
commercio di prodotti contraffatti corrisponde al 10% degli scambi
mondiali per un valore pari a 450 miliardi di dollari.
A questi risultati si arriva dopo un decennio di forte accelerazione del
fenomeno: molte analisi valutano che in soli 10 anni il fatturato
dell’industria del falso sia aumentato del 1600% .
La contraffazione interessa ormai quasi tutti i settori industriali.
Un’analisi della Commissione UE ha stimato che all’interno dell’Unione
Europea, le merci contraffatte rappresentano:
- dal 5% al 10% delle vendite di pezzi di ricambio di autoveicoli;
- il 10% delle vendite dei CD e di audiocassette;
- il 16% delle vendite di film (videocassette e DVD);
- il 22% delle vendite di calzature e articoli d’abbigliamento;
- il 25% del vendite di software;
- il 17% delle vendite di cosmetici alimentari e medicinali.
Il dato più preoccupante è il forte aumento delle contraffazioni di
medicinali: l'OMS, l’Organizzazione Mondiale della Salute, stima che il
10% dei medicamenti consumati nel mondo siano contraffatti, con punte
del 30% in Brasile e del 60% in alcuni Stati africani.
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L’Europa non è immune al fenomeno: gli uffici doganali dell’UE indicano
che il 10% degli oggetti falsi bloccati alle frontiere sono medicinali.
1.2 - Produzione
L’Estremo Oriente è indicato come la fonte principale delle contraffazioni.
La stima è che circa il 70% della produzione mondiale di contraffazioni
provenga dal Sud-Est asiatico con la Cina come primo produttore, seguita
da Corea, Taiwan, Thailandia, Pakistan, Malesia e altri Paesi dell'area.
La destinazione di questi prodotti è per il 60% l'Unione Europea. Il
rimanente 40% viene venduto in altri Paesi come America, Australia, ex
URSS, Paesi Arabi, ecc..
Anche in Europa l’industria del falso è notevolmente in crescita.
In Europa i Paesi “leader” nella produzione di merce “taroccata” sono
l'Italia, la Spagna, la Turchia, il Marocco, e i Paesi dell’ex blocco sovietico.
L’Italia è il primo paese dell’Europa per diffusione del fenomeno del lavoro
irregolare (12% del totale occupati), evasione fiscale (17% del PIL), e
dimensione dell’industria del falso, con un volume d’affari quantificato tra i
4 e i 7 miliardi di euro.
In Italia settore più esposto alla contraffazione è quello dei prodotti della
moda, che corrisponde a circa il 60% dei prodotti contraffatti in commercio,
il resto riguarda giocattoli, prodotti eno-gastronomici, orologeria,
componenti elettronici e meccanici, audiovisivi e software.
Le aree maggiormente interessate in Italia alla produzione di merci
contraffatte sono: Napoli, con particolare riferimento ai “quartieri spagnoli”
ed alle zone di Ottaviano, S. Giuseppe Vesuviano e Terzigno, l’hinterland
milanese e la provincia di Prato, dove la presenza di popolazione cinese ha
dato luogo ad una vera e propria “Chinatown” .
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Fra i Paesi europei “emergenti” in questa attività criminale, un posto di
particolare importanza viene occupato da Belgio ed Olanda attivi non solo
come aree di transito dei prodotti contraffatti ma anche come luoghi in cui
si pratica il confezionamento della merce.
Al di fuori dell’Europa dobbiamo segnalare gli Stati Uniti, dove l’industria
della contraffazione è presente in misura preoccupante. I prodotti più
contraffatti in questo Paese sono quelli
appartenenti ai settori della
profumeria, degli articoli di lusso e dell’elettronica.
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1.3 - I settori industriali coinvolti nel fenomeno e gli effetti
La contraffazione non è sempre sinonimo di impresa marginale.
Inchieste e studi sul fenomeno hanno permesso di identificare almeno due
macro-tipologie di imprese per la produzione del falso:
1) Le imprese marginali e destrutturate, ovvero, quelle imprese inesistenti a
livello legale, non censite da nessuna Banca Dati e delle quali possiamo
solo avere una quantificazione statistica del numero, peraltro sicuramente
grande, se si pensa che quelle iscritte alle Camere di Commercio ma
sconosciute a Inps e Uffici IVA sono oltre 400.000.
Sono “aziende” che lavorano con pochi macchinari nascosti in scantinati
e che sfruttano il lavoro di cittadini extracomunitari irregolari e spesso
anche di minori;
2) Le imprese ben strutturate e radicate, che combinano una attività regolare
con una produzione di beni contraffatti.
Spesso si tratta degli stessi operatori a cui le Case Madri affidano la
fabbricazione di prodotti di marca e che realizzando quantità in
eccedenza, non autorizzate. Questi prodotti, peraltro difficilmente
riconoscibili dall’originale se non per
numeri di serie, certificati di
garanzia o documenti commerciali, sono i più ricercati dal mondo della
contraffazione.
In molti casi queste imprese organizzano il processo produttivo
adottando il modello a rete tipico delle imprese regolari.
Ci sono imprese poi che non producono, ma si limitano solo
all’importazione e alla vendita di prodotti non conformi alle normative
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europee sulla sicurezza. In questo caso la “cosa” più contraffatta è
sicuramente la marcatura CE.
Queste aziende importano prodotti come giocattoli, materiale elettrico,
DPI (Dispositivi di protezione individuale), che sono stati costruiti senza
il rispetto di nessuna normativa. Vi applicano la marcatura CE falsa,
creano falsi certificati di conformità e li immettono in commercio con gli
stessi canali dei prodotti conformi. Possiamo trovare questi oggetti
ovunque, anche nei Grandi Magazzini, nei negozi e nei mercati. Molto
spesso il distributore finale pensa di commercializzare prodotti sicuri ed
è a sua volta anche lui una “vittima” del giro della contraffazione. Altre
volte la scelta di commercializzare prodotti con certificazioni false è una
scelta di “mercato” in quanto il prodotto non conforme ha un costo molto
inferiore al prodotto buono e il guadagno è enormemente superiore. Si
pensi a DPI come gli occhiali da sole, che spesso vengono acquistati a
costi irrisori, si parla di 10, 30 centesimi di Euro l’uno. Prodotti che poi
vengono commercializzati dai 3 ai 10 Euro, con guadagni anche del
10.000%.
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2 - La contraffazione. Studio e Analisi
2.1 I Canali di vendita della merce contraffatta
Esistono almeno tre canali attraverso i quali avviene la commercializzazione di prodotti contraffatti:
-
il primo, è costituito dai negozi, dove il prodotto contraffatto viene
venduto assieme agli articoli originali. Si tratta quasi sempre di quei
prodotti ben realizzati e quindi di difficile riconoscimento. Il
negoziante spesso è complice della frode o ne è l’autore diretto, ma
succede che anche lui possa a sua volta essere una “vittima”;
-
il secondo, è quello dei canali ambulanti, spesso controllati da vere e
proprie
organizzazioni
criminali
che
sfruttano
cittadini
extracomunitari;
-
il terzo, in fase di espansione, è quello del commercio elettronico che
garantisce anonimato ed elevata capacità di transazione.
E’ molto sfruttato per il commercio dei prodotti cosmetici e dei
prodotti farmaceutici.
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2.2 - Gli effetti del fenomeno contraffazione
Gli effetti negativi del fenomeno contraffazione sono molteplici e
interessano vari aspetti dell’ economica e della vita sociale di un paese.
A livello imprenditoriale basti pensare al danno economico per l’impresa
legale che la contraffazione può produrre nei suoi confronti.
Questa può essere misurata sia dalle mancate vendite, sia dalla perdita di
immagine e di credibilità del marchio, e non in per ultimo dalle spese legali
sostenute per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, o la riduzione del
ritorno di denaro speso negli investimenti di ricerca, innovazione e
marketing.
Ricordiamo sempre che un prodotto contraffatto non è mai un prodotto
sicuro. La sua produzione è determinata solo dallo scopo di ricavare denaro
in grande quantità. La salute e la sicurezza del consumatore non sono mai
prese in considerazione da chi produce un prodotto “taroccato”. Pensate
agli sciroppi per la tosse destinati ai bambini e realizzati con liquido
antigelo per auto. Ne sono state trovate migliaia di confezioni in Africa,
dove hanno causato la morte e l’intossicazione di centinaia di bambini.
Un
grave danno alla società titolare del prodotto
in quanto la
contraffazione deteriora la funzione tipica del marchio che è quella di
garantire all’acquirente le caratteristiche di sicurezza e qualità della sua
scelta di acquisto.
Possiamo quindi affermare che la contraffazione è una concorrenza sleale e
illegale alle industrie, che sono la forza economica di un Paese, portata
avanti con lo sfruttamento dei lavoratori, spesso cittadini extracomunitari
illegali, e non di rado, minorenni.
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Il lavoratore, inserito nelle filiere lavorative del
falso, subisce una
condizione lavorativa priva dei diritti e delle tutele previsti dalla leggi e dai
contratti di lavoro. Stipendi di 3/5 Euro l’ora, senza versamento di
contributi, senza ferie e giorni di riposo pagati. Nessuna garanzia
assicurativa in caso di incidenti sul lavoro, o malattie.
La contraffazione è stata, e lo sarà anche in seguito, la causa della perdita
del posto di lavoro e quindi di gravi crisi economiche familiari per molti
cittadini comunitari. Secondo INDICAM1 negli ultimi 10 anni sono 270
mila i posti di lavoro persi nel mondo, di cui 125 mila nell’Unione europea
e 40 mila solo in Italia, senza contare la sottrazione di risorse all’Erario
pubblico attraverso l’evasione delle imposte dirette ed indirette.
In Italia il falso ha determinato un mancato introito fiscale, pari all'8% del
gettito IRPEF e al 21% del gettito IVA, ovvero oltre 34 miliardi di Euro,
l’equivalente di una “finanziaria”.
1) Istituto di Contromarca per la lotta alla contraffazione. - Indicam rappresenta oltre 180 aziende, associazioni, enti, studi
professionali, organizzazioni impegnati nella lotta alla contraffazione dei prodotti di marca.
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2.3 - Il concetto di Criminalità Economica
Il criminologo americano Edwin Sutherland2 indicava già nel 1940, come
gli analisti tradizionalmente abbiano sempre poco preso in considerazione
la criminalità economica come oggetto di analisi.
"Gli economisti sono esperti nelle questioni concernenti gli affari, ma non
sono abituati a considerarle dal punto di vista della rilevanza penale,
d’altra parte la maggior parte dei sociologi prende in considerazione la
criminalità, ma non quella che è propria del mondo economico. Al
contempo però, l’oggetto trascurato si presenta per sua natura ambiguo
sotto molteplici profili” (Nelken 1994)3.
Il confine tra legalità e illegalità è in genere marcato in misura incerta. I
comportamenti di criminalità economica non sono codificati come criminali
in maniera omogenea tra i sistemi giudiziari dei vari Paesi, che spesso
legano questo tipo di violazioni al diritto civile o amministrativo come
avviene ad esempio per l’abuso di posizione dominante, o l’uso
ingannevole della pubblicità, la produzione e il commercio di prodotti con
marcatura CE contraffatta.
Inoltre nel caso in cui le condotte siano sanzionate penalmente, si registra
una notevole differenza tra la previsione di illiceità del Codice Penale e una
diffusa accettazione dei comportamenti illeciti in ampi strati del ceto
sociale, la corruzione prima di "Mani Pulite" o l’evasione fiscale possono
costituire un esempio emblematico della situazione in Italia.
2) EDWIN SUTHERLAND - Withe Collar Crime, Yale University Press, New Haven - London 1983; trad. italiana: Il
crimine dei colletti bianchi, Giuffrè, Milano, 1987.
3) DAVID NELKEN - Professore ordinario di Sociologia Generale - Dipartimento di Studi su mutamento sociale,
istituzioni giuridiche e comunicazione
Il Professor Nelken è uno dei massimi esperti mondiali della ricerca interdisciplinare in Sociologia del diritto e
Criminologia comparata. E Trusteee of the Law and Society Associatio USA: Vice President of the Research
Committee of sociology of law of the International Sociological Association.
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Ritornando all’esempio della contraffazione della marcatura CE, prima che
i mass-media si interessassero al fenomeno, poche persone se non gli
addetti ai lavori potevano avere una idea dei capitali mossi dall’industria
del falso.
In molti casi, quindi, per i crimini economici, viene a mancare del tutto nel
cittadino la consapevolezza che abbia avuto luogo un reato.
E’ infatti facilmente rilevabile che vittime e rei nei contesti dei reati
compiuti da una criminalità economica risultano generalmente più invisibili
rispetto alla facile percezione di altri delitti (Vincenzo Ruggiero 1996)3.
Il commercio di un giocattolo con marcatura CE contraffatta ad esempio
difficilmente crea in chi l’acquista il dubbio su cosa si “nasconda dietro”.
Pochi sanno, ma dovrebbero invece saperlo tutti, che dietro un semplice
giocattolo contraffatto si nasconde una o più organizzazioni criminali che
per la sua produzione hanno riciclato materie plastiche tossiche, utilizzato
coloranti nocivi ormai banditi da anni e realizzati con materie di scarto che
sarebbero dovute essere distrutte. Doppio guadagno, smaltimento di scorie
nocive e nessun costo per le materie prime. Criminali che sfruttano la mano
d’opera minorile e il lavoro “nero”. Bassissimo costo salariale, nessun costo
previdenziale e zero tasse da pagare.
Il prodotto finirà in vendita a prezzi oscillanti tra i 5 e i 10 Euro, ma sarà
costato al massimo 5, 10 centesimi di Euro. Il guadagno per chi lo ha
prodotto sarà enorme.
Le modalità di attuazione dei crimini economici (come per molte truffe)
tendono a creare sempre una separazione di tempi e di luoghi, tra chi
compie il crimine e chi ne subisce il danno.
Danno che spesso si materializza senza alcun esplicito collegamento
all’azione del criminale con il risulto di una difficile “risalita” al
responsabile dell’azione illegale.
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Forse per l’effetto ambiguo che fino ad oggi ha avuto la criminalità
economica sull’opinione pubblica e quindi della sua marginalità nel suo
studio tra le scienze sociali, solo recentemente la sua pericolosità e il suo
impatto sull’economia dei Paesi è stata pienamente percepita da tutti.
Fino a pochi anni fa, parliamo degli anni ’80 solo pochi “illuminati”
studiosi di economia lanciavano allarmi sulla ingerenza della criminalità
organizzata negli affari e nelle attività economiche.
"Non esiste una definizione generalmente accettata di criminalità
economica, né un distinto segmento di letteratura teorica e pratica sulla
criminalità economica" (Edmund Kitch 1983)4.
Il primo concetto elaborato dell’idea di criminalità economica, attribuita al
criminologo americano E.H. Sutherland, fa esplicito riferimento ai soggetti
che commettono crimini economici.
Nella sintesi del pensiero di Sutherland, diffusasi in letteratura, il crimine
economico viene visto come "delinquenza delle classi superiori o dei
colletti bianchi, cioè di professionisti rispettabili o almeno rispettati ...".
“Il crimine economico o crimine imprenditoriale, tra i differenti illeciti
messi in atto dai colletti bianchi, si qualifica quindi, in questa accezione,
come un comportamento illecito adottato da soggetti che operano
internamente a una organizzazione legittima, tipicamente un’impresa, in
congruità con gli obbiettivi di questa.” (Schrager, Short 1977)5.
Una seconda tipologia di definizioni a cui spesso fanno riferimento
esplicitamente o implicitamente i manuali di criminologia di scuola
americana, include sotto “l’etichetta di crimine” economico qualunque
reato compiuto con finalità di natura economica, spostando l’analisi dagli
3) VINCENZO RUGGIERO – Professore di sociologia presso la Middlesex University di Londra e presso l’Università
di Pisa Economie sporche: L’impresa criminale in Europa. - Bollati Boringhieri, Torino, 1996.
-
4) EDMUND KITCH – Professore Università di Chigaco – Facoltà di diritto “Crimine economico: Teoria, in Sanford
H. Kadish, ed., enciclopedia del crimine e giustizia 670 (la pressa libera, 1983).
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esecutori criminali alle loro funzioni rispetto all’obiettivo dell’azione
criminale. Risulta quindi un allargamento del contenuto della definizione di
criminalità economica a qualunque tipologia di crimine.
Allo stesso tempo si delinea un collegamento, per quanto implicito, all’idea
di “criminale razionale” (Gary Becker 1968)6, che usa le sue risorse tra
attività lecite ed illecite traendo il massimo il profitto derivante dalle une e
dalle altre, ammortizzando così i costi e i rischi dovuti all’attività anticrimine delle Autorità.
Un’ulteriore tipologia di definizioni rimanda, infine, alle modalità di
esecuzione dei crimini economici: comportamenti illeciti che presentano
significative analogie gestionali con attività economiche normali e del tutto
lecite (Kitch 1983). Questa definizione si articola in tre differenti categorie
di illeciti:
1) quelli commessi come attività all’ombra di business legali, sfruttando le
opportunità illegali che si aprono nel mondo degli affari;
2) quelli associati alla gestione con strumenti illeciti dell’offerta di beni e
servizi leciti ;
3) quelli, infine, tipici della gestione (ovviamente illecita) di beni e servizi,
essi stessi illeciti.
Tutte le definizioni, riconducibili alle precedenti tipologie, per quanto possano
lasciare insoddisfatti se considerate singolarmente, contribuiscono, nel loro
insieme, ad evidenziare gli elementi da combinare per la costruzione di un
concetto abbastanza reale di criminalità economica: la rispettabilità dei rei, la
loro tipica finalità all’arricchimento, la modalità
5) SCHRAGER, L.S., e SHORT, J.F., Toward a sociology of organza tional crime, in "Social problems", 1977, n. 25, pp.
407- 419.
6) GARY S. BECKER – Nobel nelle scienze economiche - Crimine e punizione: Un metodo economico Il giornale di
economia politica, volume 76, no 2. (Marzo - apr. 1968), pp. 169-217.
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"imprenditoriale" dell’azione criminale.
Resta vero tuttavia che una semplice contrapposizione dei tre elementi
lascia insoddisfatti ad un attenta analisi.
La rispettabilità non sempre è una caratteristica del reo, ma può divenirlo a
seguito del successo ottenuto nella professione di criminale economico. La
finalità di arricchimento può combinarsi ad obiettivi di acquisizione di
potere o di rispettabilità, e manifestarsi, non rispetto ad un singolo
comportamento criminale, ma ad un insieme concatenato di reati. La
modalità "imprenditoriale", può a volte concretizzarsi nell’utilizzo di
un’impresa formalmente legittima per la commissione del reato, come
invece può manifestarsi nella stabile organizzazione razionale del lavoro di
un gruppo di individui per la conduzione di un’attività criminale, senza per
questo assumere la natura formale di impresa.
Un
reato può quindi essere commesso usufruendo di strumenti resi
disponibili dal ruolo che il criminale ricopre all’interno di un’impresa
legittima, oppure organizzando parallelamente una forma di divisione del
lavoro tra individui, che, seppure di natura imprenditoriale, nulla ha a che
fare con l’impresa in cui il criminale, eventualmente assieme ai suoi soci,
opera.
Il problema centrale per la costruzione di una definizione di criminalità
economica è quindi quello di trovare una strada per "articolare" la
complessità
delle
numerose
possibili
combinazioni
delle
diverse
qualificazioni relative alle tre componenti: rispettabilità degli autori dei
reati, ruolo della finalità economica dei crimini, significato della natura
"imprenditoriale" della modalità di attuazione del crimine.
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2.4 - Tecnologie legali e illegali
Per districarsi in questa fitta rete di possibilità gli economisti moderni
utilizzano il concetto di "tecnologia", che è alla base degli studi sulla teoria
economica, nel suo significato più generale e astratto di capacità di
combinare fattori produttivi come lavoro, capitale, conoscenza, … etc, al
fine di realizzare un determinato obiettivo.
La criminalità economica può quindi essere individuata come un insieme di
attività che vengono gestite utilizzando tecnologie illecite.
Il successo nell’attività economica è, nelle società moderne, associato ai
percorsi della promozione sociale.
La “rispettabilità” del criminale economico sarà quindi il risultato della sua
capacità di utilizzare la tecnologia illegale per gestire la sua attività
economica.
La finalità del profitto non è attribuibile direttamente ad ogni singolo atto
criminale, ma è connessa alla gestione con tecnologia illegale dell’attività
economica nel suo complesso.
Il concetto di crimini economici e la gestione delle attività economiche è
fondato sulla valutazione del crimine come quella di una tecnologia che
lega i vari fattori di produzione.
In tal senso la forma imprenditoriale, nel suo aspetto legale, è molte volte,
lo strumento di gestione.
Il riferimento alla criminalità come "tecnologia" non è utile unicamente per
capire le definizioni tradizionali di criminalità economica, ma offre
l’opportunità di riportare ad una unica causa una serie di elementi emersi
dalla ricerca e dall’attività investigativa nel corso dell’ultimo ventennio e di
quelli che emergeranno dall’analisi della criminalità negli anni a venire.
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La gestione criminale del fattore lavoro ha assunto un’importanza sempre
più determinante sia per gli equilibri dei mercati illegali, come quello della
prostituzione o del traffico di stupefacenti, che per l’evoluzione di segmenti
di mercato legale totalmente o parzialmente sommersi.
La gestione criminale della manodopera ha superato negli ultimi anni la
dimensione strettamente locale e nazionale, per assumere una scala
transnazionale, sviluppando legami sempre più stretti con il traffico
internazionale di migranti (Savona, Lasco, Di Nicola, Zoffi 1997).
Nel management del fattore capitale, la rilevanza delle tecnologie illegali di
gestione è cresciuta di pari passo con lo sviluppo dei processi di
globalizzazione e con il diffondersi del loro impatto a livello locale.
L’evoluzione del riciclaggio internazionale evidenzia sempre più come tale
fenomeno non risponda unicamente alla logica di copertura dell’origine
illecita dei flussi finanziari, ma risulti governato dalla dinamica dei
rendimenti e della rischiosità dei diversi impieghi. Come le tecnologie
lecite di gestione, anche quelle illecite determinano cambiamenti e
mutamenti dei flussi internazionali in risposta alle variazioni delle politiche
di repressione e controllo, che ne alterano le convenienze relative (Savona,
De Feo 1997).
Anche sul piano delle strategie competitive, le tecnologie illegali si
caratterizzano come un’alternativa al management con strumenti leciti della
concorrenza di mercato. L’uso della violenza criminale costituisce lo
strumento concorrenziale estremo, per la possibilità che offre, a chi ne fa
uso, di competere con i concorrenti sulla definizione stessa dei diritti di
proprietà sulle risorse e sui prodotti oggetto dell’attività economica (Lasco
1997). Ma anche frodi (Levi 1981), contraffazione di marchi, corruzione
(Van Duyne 1997) costituiscono elementi di uno strumentario competitivo
criminale, la cui funzionalità può emergere nello svolgimento di attività
economiche sia illecite che invece perfettamente legali, almeno sotto il
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profilo formale. Le frodi possono assumere un ruolo importante anche nella
gestione dei rapporti con fornitori e clienti, costituendo un elemento
rilevante del meccanismo di regolazione dei legami tra i vari settori
industriali.
Analizzare il crimine economico come attività commerciale gestita
utilizzando tecnologie illecite mette a disposizione dell’analista gli
strumenti indispensabili per far luce su due fenomeni emergenti nello
scenario della criminalità economica: la progressiva sovrapposizione tra
criminalità organizzata e criminalità economica e lo sviluppo di crescenti
collegamenti di dipendenza tra i principali reati economici (Savona, Lasco,
Di Nicola, Zoffi 1997).
Le organizzazioni criminali convenzionali, tradizionalmente dedite allo
sfruttamento criminale del territorio in cui sono localizzate (tramite
l’estorsione generalizzata, il controllo degli appalti pubblici e dei mercati
illegali locali) o al traffico di stupefacenti, si muovono verso nuovi business
tipici della criminalità economica (frodi, contraffazione, … ecc.), tanto più
che le "tecnologie illegali", su cui è costituita la loro attività tradizionale
(violenza e corruzione), divengono strumenti utili a ridurre i costi di
gestione di tali nuovi business e per competere con gli altri concorrenti
illegali. Dobbiamo inoltre tenere conto che le nuove opportunità per i
criminali economici tradizionali sono ora caratterizzate da una più ampia
dimensione geografica delle attività (basti pensare alle frodi internazionali o
a quelle contro gli interessi della Comunità Europea) ma anche da una
maggiore complessità delle procedure necessarie ad attuare il crimine,
rendono indispensabile, per un loro efficace sfruttamento, una struttura
criminale organizzata in grado di operare su scala internazionale.
Similmente, l’accresciuta complessità delle opportunità di affari per la
criminalità economica rende necessario gestire concatenazioni anche
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complesse di differenti condotte illecite, nelle quali la frode, la corruzione,
il riciclaggio e la violenza costituiscono tasselli indispensabili per il
successo dell’intera attività. La combinazione di tali condotte illegali
interdipendenti può assumere la forma di transazioni tra differenti soggetti
criminali, generando veri e propri mercati di servizi illegali, oppure può
materializzarsi in accordi di cooperazione tra differenti soggetti criminali
più o meno stabili ed efficaci, ovvero ancora può portare alla creazione di
strutture organizzate in grado di governare al proprio interno le differenti
fasi dell’attività illecita.
Considerare la criminalità economica utilizzando il concetto di "tecnologia"
illegale per la gestione delle attività economiche, sollecita, rispetto
all’analisi dei due trend descritti sopra, due quesiti strettamente connessi tra
loro.
In quali condizioni la "tecnologia" illegale richiede organizzazione per
essere attivata efficientemente, ovvero in quali condizioni richiede una
divisione del lavoro criminale? Quali legami esistono tra differenti
"tecnologie" illegali (la frode, la corruzione, la violenza, … etc.) e a quali
condizioni tali legami si manifestano all’interno di una stessa struttura
organizzata, ovvero assumono la forma di transazioni tra strutture
differenti?
La teoria economica dell’organizzazione industriale ha costruito strumenti
analitici per rispondere a domande simili in relazione a tecnologie lecite,
ma tali strumenti, se opportunamente riconsiderati (Fiorentini, Peltzman
1995) possono fornire elementi di riflessione utili per analizzare le
"tecnologie illegali".
La nuova agenda per la ricerca in tema di criminalità economica è ancora
tutta da scrivere e richiede che gli economisti si abituino a considerare gli
affari anche dal punto di vista della rilevanza penale, e che i sociologi e i
criminologi prendano sempre più in considerazione la criminalità propria
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del mondo economico. Fare tesoro di quanto detto da Sutherland è, oggi più
che mai, una via obbligata!
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2.5 - Un quadro d’insieme
Con un volume d’affari annuo pari a 7 miliardi di euro, la contraffazione è
ormai nel nostro Paese, un vero e proprio “sistema industriale” e
commerciale con i suoi centri di produzione e di trasformazione, con i suoi
canali di vendita, le reti distributive e i suoi consumatori casuali o
affezionati.
Un settore che non conosce crisi che da pochi articoli “griffati” si è esteso,
in questi ultimi anni, a prodotti e merci di vario tipo compresi molti che
influenzano la vita e la salute delle persone, parliamo di giocattoli, alimenti
e bevande, medicinali e cosmetici, apparecchiature elettriche di uso
domestico, utensileria, ricambi per automobili e persino per aerei.
Un settore che agisce ormai nel mercato globale, spostando i centri di
produzione laddove i costi sono meno cari, avvalendosi di professionisti
dell’export, di mediatori internazionali, appoggiandosi a centri di transfert
money tanto da poter affermare che la contraffazione è l’altra faccia della
globalizzazione.
L’Italia, si conferma fra i primi Paesi coinvolti nell’affare sia per quanto
attiene la produzione sia per quanto riguarda la commercializzazione di
merci falsificate, con un costo altissimo per l’economia, che incide sulla
realtà sociale del Paese, penalizzando il made in Italy, la ricerca e la
produzione industriale ed intellettuale, la concorrenza e il mercato del
lavoro, con mancate entrate rilevanti in termini di evasione ed elusione
fiscale.
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Un settore in continua crescita come testimoniano le operazioni delle forze
di polizia e l’attività della Agenzia delle dogane, che pur aumentando in
maniera esponenziale, sembrano appena scalfire un fenomeno tanto esteso
quanto sommerso.
Nel 2006 solo la Guardia di Finanza ha effettuato oltre 15.000 interventi
anticontraffazione, con il sequestro di circa 89 milioni di articoli contraffatti
Se i prodotti legati alla moda rappresentano circa il 50% del valore
economico dell’insieme delle merci sequestrate, la quantità maggiore di
pezzi riguarda cd di videogiochi, dvd di film e cd di file musicali.
La pirateria musicale. tradizionale e on line, con un giro d’affari annuo
superiore a 80 milioni di euro, ha riportato l’Italia nuovamente tra i primi
10 del mondo ove il fenomeno risulta più esteso. Il primo in Europa.
Ma sono farmaci e giocattoli i prodotti che nel corso del 2005 e nel primo
semestre 2006 hanno conosciuto trend di crescita davvero impressionanti.
La contraffazione dei farmaci è cresciuta a livello mondiale dal 2004 al
2005 del +40%, arrecando un danno economico di oltre 2 miliardi di euro.
Nel 2005 le Dogane hanno bloccato oltre un milione giocattoli in ingresso
sul nostro territorio, mentre sono oltre sette milioni i giocattoli non
conformi alle norme di sicurezza sequestrati sul mercato dalle forze di
Polizia.
Si stima che il 12% dei giocattoli messi in commercio siano contraffatti.
A tal proposito è intuitivo immaginare quali siano i rischi per la sicurezza e
la salute dei cittadini e dei bambini che entrano in possesso di questi
prodotti, considerato che è altamente probabile se non certo che i beni in
questione siano realizzati in violazione delle più elementari norme di
sicurezza.
Nella varietà di merci contraffatte compaiano gli oggetti più disparati dalle
lamette da barba alle minimoto, dalle serrature ai personal computer.
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In tale ambito, la contraffazione può manifestarsi attraverso la violazione
dei diritti di marchio, del design, oltre che dei diritti d’autore.
Per quanto concerne specificamente la violazione del diritto d’autore, è
opinione consolidata, sia in giurisprudenza sia in dottrina, che il diritto
d’autore tutela il personaggio di fantasia come opera dell’ingegno.
Ne consegue che ai sensi dell’art. 12 legge n. 633/41, l’autore ha il diritto di
utilizzare il personaggio in ogni forma e modo e in particolare di sfruttarne
la notorietà innanzitutto a fini commerciali. Quindi, anche chi crea un
nuovo giocattolo, che riproduce le sembianze di un personaggio di fantasia
tutelato dal diritto d’autore, senza l’autorizzazione dell’autore del
personaggio riprodotto, incorre in una violazione del diritto d’autore.
Con il termine contraffazione, si intende fare riferimento a un insieme di
reati riconducibili alla produzione e commercializzazione di merci che
recano illecitamente un marchio identico ad un marchio registrato e a
produzioni di beni che costituiscono riproduzioni illecite di prodotti coperti
da copyright.
Tutti le azioni commerciali condotte in violazione di un diritto di proprietà
intellettuale e/o industriale come i marchi d’impresa ed altri segni distintivi,
i brevetti per invenzione, i modelli di utilità, l’industrial design,
le
indicazioni geografiche e le denominazioni di origine di molti prodotti
alimentari, i diritti d’autore, … ecc., indipendentemente dalle modalità con
cui si manifestano, sono pertanto ascrivibili al fenomeno della
contraffazione.
E’ la stessa Comunità Europea che all’ articolo 2 sub 1 lettera a) del
Regolamento CE n.1383 del Consiglio Europeo, del 22 luglio 2003, relativa
all’intervento dell’Autorità doganale nei confronti di merci sospettate di
violare taluni diritti di proprietà intellettuale e alle misure da adottare nei
confronti di merci che violano tali diritti, che fornisce una linea guida
dettagliata delle “merci contraffatte” e delle “merci usurpative”.
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Il valore stimato dal 2003 ad oggi, secondo numerose indagini svolte da
associazioni del settore e dalla Confesercenti e tenuto conto delle
operazioni compiute dalle Forze di polizia, si può affermare che il volume
d’affari
annuo
della
contraffazione
è
notevolmente
cresciuto
raddoppiandosi negli ultimi anni dai 3,5 del 2003 agli oltre 7 miliardi di
Euro del 2006.
Oltre il 50% del fatturato della contraffazione si riferisce a prodotti
d'abbigliamento e di moda (tessile, pelletteria, calzature), seguito da quello
derivante dalla pirateria musicale, audiovisiva e software, il resto da
giocattoli, beni di consumo, componentistica, cosmetici, senza tenere conto
della contraffazione dei prodotti alimentari e dei medicinali.
In Italia le aree maggiormente interessate dalla produzione di merci
contraffatte risultano concentrate nel napoletano.
La Regione Campania, con quasi la metà dei 74,7 milioni di prodotti
sequestrati su tutto il territorio nazionale, guida con largo margine la
classifica delle Regioni nelle quali il fenomeno si è maggiormente
manifestato. Segue la Lombardia con 25,3 milioni di pezzi sequestrati (in
special modo l’hinterland milanese) con a ruota la provincia di Prato (dove è
preponderante la presenza di cinesi).
E’
stato
rilevato
che
in
Lombardia
si
produce
principalmente
componentistica elettronica e profumi in Veneto occhialeria e calzature, in
Toscana e nelle Marche oggetti di pelletteria, in Campania Cd e DVD
nonché abbigliamento e beni di largo consumo, in Puglia Cd e giochi
elettronici.
Il 69% della produzione si concentra nelle Regioni del sud.
Una lettura attenta dei dati sui sequestri può consentire di sviluppare
un’analisi anche sui luoghi di commercializzazione dei falsi. Il fenomeno è
presente uniformemente su tutto il territorio nazionale con punte in
Lombardia, nel Lazio e nella riviera romagnola.
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Nel nostro Paese il fenomeno della contraffazione è strettamente legato
quello dell’abusivismo commerciale il cui giro d’affari annuo si attesta
intorno ai 13 miliardi.
I dati sopra riportati sono contenuti nella “Comunicazione sul fenomeno
della contraffazione” redatta dal Comando generale della Guardia di
Finanza.
Una recente indagine condotta sul “campo” dalle Confesercenti delle
province romagnole e marchigiane ha stimato il numero delle presenze di
postazioni abusive itineranti ed in sede fissa lungo la riviera adriatica.
Da questi dati e alle segnalazioni giunte dalle altre regioni su scala
nazionale si può stimare che gli abusivi impiegati nel commercio siano oltre
400.000, di cui 100.000 “stagionali” e facendo una stima prudenziale degli
incassi in 150 euro giornaliere, si può valutare in 13 miliardi il giro d’affari
annuo che ruota intorno all’abusivismo, una quota rilevante di questo
denaro finisce soprattutto nelle tasche delle mafie italiane e straniere che
controllano la produzione, la distribuzione e anche la vendita al minuto di
prodotti contraffatti.
Gli effetti del fenomeno sono molteplici e colpiscono interessi di diversa
natura.
La contraffazione provoca, infatti: un danno economico per le imprese
connesso alle mancate vendite, alla riduzione del fatturato, alla perdita di
immagine e di credibilità, alle rilevanti spese sostenute per la tutela dei
diritti di privativa industriale a scapito degli investimenti e di iniziative
produttive (numerose imprese si avvalgono dell’aiuto di agenzie
investigative); un danno e/o un pericolo per il consumatore finale, relativo
alla sicurezza intrinseca dei prodotti; un danno sociale legato allo
sfruttamento di soggetti deboli (disoccupati o, prevalentemente, cittadini
extracomunitari) assoldati attraverso un vero e proprio racket del lavoro
nero, con evasioni contributive e assenza di coperture assicurative ed alla
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conseguente perdita di posti di lavoro; un danno all’Erario pubblico
attraverso l’evasione dell’I.V.A. e delle imposte sui redditi. Un danno al
mercato consistente nell’alterazione del suo funzionamento attraverso una
concorrenza sleale basata sui minori costi di produzione; il re-investimento
degli ingenti profitti ricavati da questa attività illecita in altrettanto proficue
attività delittuose (edilizia, droga, armi) da parte di organizzazioni
malavitose.
Interi settori sono oggi vivono un profondo stato di crisi quello del tessileabbigliamento-calzaturiero, quello della ceramica, con cali del fatturato fino
al 40%, gravi anche le perdite nel settore agroalimentare soprattutto per le
aziende esportatrici di marchi tutelati.
Un danno rilevante ne consegue per l’intera industria del settore che,
investendo considerevoli risorse economiche nella ricerca e nelle
invenzioni, si vede usurpare una notevole fetta di mercato a causa del
regime di concorrenza sleale generato dai prezzi ridotti dei prodotti
contraffatti e/o piratati.
Specie in alcuni settori come quello farmaceutico, automobilistico e
alimentare, dove la contraffazione, inoltre, determina un ulteriore grave
danno ingannando i consumatori, svilendo la funzione tipica del marchio
che è quella di garantire la qualità e l’origine commerciale dei prodotti.
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2.6 - La filiera del “Falso”
Al pari del sistema produttivo e commerciale legittimo anche nel mercato
del falso è possibile individuare una filiera in cui distinguere i diversi
momenti della catena produttiva e distributiva.
L’attività di produzione in Italia, sino a poco tempo fa, era concentrata
soprattutto in alcune zone circoscritte del territorio.
In essa sostanzialmente agivano due soggetti uno essenzialmente criminaleocculto e l’altro in cui il confine tra attività legale e illegale era molto
sottile.
Si trattava molte volte di imprese e imprenditori che avevano acquisito un
know how produttivo elevato, spesso nell’indotto delle grandi marche in
qualità di terzisti, con capacità ed esperienze nel settore industriale che
mettevano a disposizione sia del mercato legale che di quello delle
falsificazioni.
Oggi siamo di fronte a cambiamenti notevoli, il mercato si è globalizzato, le
produzioni si sono spostate nei Paesi asiatici ed in quelli dell’est Europeo e
quindi la gran parte delle merci passa attraverso le dogane come prodotti
finiti o semilavorati.
Spesso nei centri di falsificazione Italiani i prodotti vengono semplicemente
etichettati.
I controlli alle frontiere sono insufficienti a fermare l’ondata di prodotti che
giornalmente arriva nei nostri porti e alle nostre frontiere a bordo di 15.000
conteiners (sono oltre 5 milioni all’anno). Di questi conteiners, per
convenzione internazionale ne vengono ispezionati solo il 3% provenienti
dai paesi extra U.E. e il 5% di quelli provenienti dalla Cina e dal sud-est
asiatico.
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Esiste ora un processo di delocalizzazione produttiva alla base dello
sviluppo di questa industria, che ha saputo avvantaggiarsi dei nuovi
processi produttivi e dell’uso di sofisticate tecnologie di comunicazione.
L’acquisto della merce direttamente all’estero abbassa i rischi e i costi delle
“imprese a rete” che operano nel campo del falso che non hanno quindi
bisogno di centri di produzione, di grandi magazzini di stoccaggio o di
manodopera che per quanto “a nero” e per quanto “sottopagata” costa
sempre più di un lavoratore orientale.
Acquistano e vendono su “catalogo”, rendono immateriale la loro attività e
dimezzando i rischi d’impresa, soprattutto quelli derivanti dall’azione
investigativa.
Facendo un raffronto tra il valore delle merci contraffatte e le persone
arrestate e denunciate i rischi penali nei quali può incorrere un criminale
economico, sono praticamente nulli.
Per quanto riguarda la distribuzione si rileva che, pur restando
fondamentalmente
due
i
canali
attraverso
i
quali
avviene
la
commercializzazione dei prodotti contraffatti e/o piratati, si va anche in
questo caso verso alcune trasformazioni.
Resta prioritario l’impiego di cittadini extracomunitari, in particolare
senegalesi e nordafricani, presenti in maniera massiccia su tutto il territorio
nazionale, ma la diffusione di internet, ha creato nuovi canali di
distribuzione per i prodotti contraffatti, specie per quei beni facilmente
veicolabili sulla rete.
Questa modalità si va sempre più affermando. Infatti diminuiscono i
sequestri a carico degli ambulanti abusivi (che nel 2004 rappresentavano il
74% del totale contro il 58% nel 2005), mentre aumentano quelli effettuati
a privati (20% nel 2004, 16% nel 2005), soggetti spesso attivi anche sulla
rete internet o con offerte abusive su siti di aste on line.
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Si stima che complessivamente il 30% dei prodotti venduti via internet sia
contraffatto.
Infine un terzo canale è quello che utilizza la rete distributiva tradizionale
imponendo ai commercianti l’acquisto di merce contraffatta con minacce e
ricatti tipici della criminalità organizzata.
Questa attività si va affermando sempre più nelle aree a “controllo mafioso”
affiancando o sostituendo il pagamento del pizzo.
Il commerciante non ha il coraggio di opporsi o trova meno “devastante”
rischiare il sequestro della merce e pagare una grossa multa piuttosto che
opporsi al ricatto criminale.
L’insieme di questi canali sono gestiti da organizzazioni criminali che
hanno trasferito nel settore della contraffazione canali e tecniche di
diffusione già collaudati con successo nel campo del contrabbando di
tabacchi lavorati esteri e dello spaccio di stupefacenti.
Il peso ed il ruolo della criminalità organizzata in questo nel campo è
rilevante. Gran parte dei 7 miliardi di Euro finiscono ad organizzazioni
criminali di stampo mafioso.
Secondo il Comandante Provinciale della GdF di Roma i margini di
guadagno della contraffazione sono più alti di quelli derivanti dal traffico di
sostanze stupefacenti.
Il commercio elettronico (E-commerce), infatti, offre ai contraffattori ed ai
distributori elevate garanzie di anonimato nonché un’elevata capacità di
transazione.
Negli ultimi anni le organizzazioni criminali hanno cambiato il loro modo
di agire creando un collegamento sempre più stretto tra organizzazioni
mafiose nostrane, Camorra e ‘Ndrangheta per prime, e criminalità straniera,
soprattutto le Triadi Cinesi, riuscendo a creare reti organizzative occulte.
Attraverso un meccanismo di “scatole cinesi” riescono a riciclare i denari
creando società fittizie, le cosiddette “cartiere” che hanno sedi anche in
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Italia e che sono intestate a nullatenenti o a nomi di fantasia. All’estero,
soprattutto nei paesi off-shore vengono utilizzati spesso conti correnti aperti
attraverso banche e finanziarie compiacenti.
Un intreccio fra criminalità nostrana e straniera che opera nel mercato del
falso delle holding criminali internazionali.
Tutto ciò spiega la crescita quantitativa e qualitativa del fenomeno
nonostante l’intensa attività normativa in materia di proprietà intellettuale
che ha interessato di recente l’ordinamento comunitario e quello nazionale e
gli sforzi delle forze dell’ordine e dell’Autorità delle Dogane, come ad
esempio il già citato Regolamento n. 1386/2003 del Consiglio del 22 luglio
2003, relativo all’intervento dell’autorità doganale nei confronti di merci
sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale e alle misure da
adottare nei confronti di merci che violano tali diritti e alla Direttiva
2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sul
rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, direttiva intesa a rafforzare gli
strumenti di lotta alla contraffazione e a definire un quadro generale per lo
scambio di informazioni e la cooperazione amministrativa.
Ciò è dovuta alla forte diversificazione dell’industria del falso, ormai estesa
a quasi tutti i settori manifatturieri, allo sviluppo dell’innovazione
tecnologica applicata anche a questa attività, alla capillarità dei canali e
delle reti di commercializzazione, e all’ abitudine consumatori italiani di
comprare questi tipi di prodotti.
A livello nazionale, oltre alle disposizioni di recepimento della normativa
comunitaria di armonizzazione, si segnalano alcuni recenti interventi
normativi, come ad esempio le misure a sostegno del settore agricolo e dei
prodotti nazionali contenute nella legge Finanziaria del 2004, la quale ha
introdotto un marchio “Made in Italy” a tutela delle merci integralmente
prodotte sul territorio italiano. L’uso illecito di tale marchio è penalmente
sanzionato ai sensi del libro secondo, titolo VII, capo II, del Codice Penale.
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E’ stato inoltre prevista l’istituzione presso le sedi dell’Istituto per il
Commercio con l’Estero (ICE) e presso le rappresentanze diplomatiche e
consolari, di uffici di consulenza per la tutela del marchio Made in Italy.
Altre normative specifiche vengono continuamente varate per tutelare i
diritti delle imprese, come il Decreto Legge n. 72/2004 noto come “Decreto
salva cinema”, approvato dal Consiglio dei Ministri il 22 marzo 2004 e
convertito nella legge n. 128 del 21 maggio 2004.
Tale decreto, che all’art. 1 reca misure di contrasto alla diffusione
telematica abusiva di opere cinematografiche ed assimilate, costituisce allo
stato attuale la normativa antipirateria audiovisiva più severa d’Europa.
Essa arriva infatti a colpire con sanzioni amministrative anche i singoli
utenti, dunque i consumatori, che attraverso programmi di file-sharing
diffondono via Internet opere cinematografiche o assimilate, protette dal
diritto d’autore.
Altra importante normativa è il Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30,
conosciuto come il “Codice della proprietà industriale”.
Si tratta di un corpus normativo che riunisce tutte le disposizioni legislative
in materia di proprietà industriale ed in particolare quelle concernenti
brevetti per invenzioni, modelli di utilità, disegni e modelli, nuove varietà
vegetali, topografie dei prodotti a semiconduttori, marchi d’impresa ed altri
segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine,
informazioni aziendali riservate.
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3 - I prodotti contraffatti
Se guardiamo i resoconti delle operazioni condotte dalle Forze di Polizia,
possiamo vedere come la contraffazione colpisca su tutti i fronti.
Anche tra i prodotti “più semplici” possiamo trovare merce contraffatta.
Come ad esempio quando a giugno 2006, a seguito di un incidente accorso
ad un agente della GDF, rimasto ferito dall’utilizzo inconsapevole di una
lametta “clonata” le Fiamme Gialle di Ascoli Piceno hanno sequestrato in
più depositi una fornitura di 140.000 lamette false di marca Gillette, pronte
per essere vendute al dettaglio a ignari acquirenti, potenziali vittime di
irritazioni, dermatiti e infezioni.
Qualche giorno prima, 35.000 prodotti di illuminazione con marchi
contraffatti e non conformi agli standard di sicurezza comunitari e nazionali
sono stati sequestrati sull’intero territorio nazionale. L’iniziativa, diretta tra
l’altro a scongiurare rischi di incendio, shock elettrico o termico, è stata
condotta dal ministero dello Sviluppo Economico in collaborazione con la
GDF, attraverso l’operazione “Luce Gialla”.
Oggetto dell’operazione impianti e apparecchi elettrici pericolosi per la
salute e l’incolumità dei consumatori.
Nel 2006, sono oltre 2.000.000 i prodotti con marcatura CE contraffatta
sequestrati dalla Camera di Commercio di Pistoia. Gli ispettori hanno
accertato l’assenza sulle confezioni dei prodotti, principalmente giocattoli,
materiale elettrico e occhiali da sole, la totale assenza della marcatura
comunitaria che viene posta a garanzia dei prodotti e dei consumatori. Al
suo posto si trovava un ingannevole marchio che viene utilizzato come
abbreviazione di China Export.
Ma vediamo nel dettaglio quali altri prodotti in attesa di distruzione hanno
riempito i magazzini delle Forze dell’Ordine.
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Un settore che lambisce quello dei giocattoli e che ad esso viene
impropriamente ricondotto è quello delle mini-moto. Solo nel 2005,
denuncia la Commissione europea,
si sono registrati cinque incidenti
mortali in Gran Bretagna e uno in Svezia nel 2006. In Italia nel marzo
scorso ha perso la vita un bambino di 7 anni che era in sella ad una
minimoto. Ad aprile sono state sequestrate nel porto di Genova-Voltri oltre
4.000 moto con marcature CE contraffatte, di fabbricazione cinese
contenute in 13 container, oltre a 2.200 pezzi di ricambio. Le mini-moto
arrivano in Italia a un costo di 50 euro per essere rivendute al consumatore
finale ad un prezzo attorno ai 300/400 Euro, creando un grave danno a
quelle di produzione nazionale, certificate e conformi alla normativa
europea e quindi italiana sulla sicurezza, ma il cui costo si aggira attorno ai
1000 euro.
Bruxelles ha invitato tutti gli stati membri “a informare d’urgenza i loro
consumatori dei rischi potenziali rappresentati da questi manufatti, e a
rafforzare i test al fine di ritirare dal mercato i prodotti contraffatti che
presentano seri rischi per la salute”.
Nel novembre del 2006 è stato scoperto un laboratorio nella provincia di
Roma che produceva articoli cosmetici e profumi ad imitazione delle più
note griffe internazionali. La GdF ha sequestrato oltre 600.000 confezioni
di prodotti contraffatti. Oltre alla contraffazione del marchio, questi
prodotti, nascondo una grave insidia per la salute. Non si sa con quali
componenti chimici siano stati realizzati e molto spesso se non sono
direttamente tossici possono essere la causa di pericolose reazioni
allergiche.
A dicembre 2006 sempre la Guardia di Finanza di Alcamo ha sequestrato
138 tonnellate di oli minerali contraffatti già confezionati in fusti e lattine
da 1 e 5 litri perfettamente identici a quelli usati da note marche produttrici.
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Cresce anche il commercio di farmaci falsi. Nel 2004, esso rappresentava il
10% circa del commercio mondiale dei medicinali.
L'anno scorso, sono state sequestrate alle frontiere europee oltre 800.000
confezioni di prodotti farmaceutici contraffatti. La maggior parte erano
destinati verso i paesi più poveri del mondo.
Complessivamente nel 2005 sono stati ben oltre 11 milioni i prodotti
contraffatti sequestrati dall’Agenzia delle Dogane.
La contraffazione dei farmaci è cresciuta dal 2004 al 2006 del +60%, e ciò
verosimilmente costituisce una sottostima di un fenomeno preoccupante.
Secondo
l’Organizzazione
Mondiale
della
Sanità,
questi
prodotti
provengono principalmente dalla Russia, seguita da Cina, Corea del Sud,
Perù, Colombia, Stati Uniti e Regno Unito.
Oltre a provocare la perdita di 17.000 posti di lavoro, ivi compreso l’indotto
farmaceutico, e un danno economico pari a oltre 2 miliardi di euro, il
fenomeno reca in sé uno dei rischi più insidiosi per la salute dei
consumatori.
Si tratta di un commercio molto lucrativo. Stando infatti ai dati di un
Rapporto del Centro sui Farmaci statunitense, il giro d’affari atteso per il
2010 è pari a 75 miliardi di dollari, con un aumento vertiginoso:
esattamente del 92% rispetto al 2005.
A condurre la lista dei farmaci più contraffatti, in Europa e in America sono
il Viagra e il Prozac, il famoso antidepressivo della Lily.
Nei Paesi in via di sviluppo ad essere contraffatti sono prodotti come gli
antiretrovirali contro l’Hiv, gli antibiotici, gli antipertensivi, i cortisonici, i
sedativi e persino gli antitumorali, con conseguenze di facile intuizione.
Il successo nella lotta alla contraffazione dei farmaci è riposto
principalmente nello sviluppo di una banca dati multimediale dei prodotti
autentici integrata nel sistema informativo doganale (progetto FALSTAFF)
e da un costante dialogo con tutti i portatori di interessi sui diritti di
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proprietà intellettuale attraverso un comitato tecnico (tavolo “impresaconsumatori-dogane”) che con frequenza pressoché mensile discute sulle
implementazioni delle procedure di controllo e sui connessi sviluppi
tecnologici.
Una ricerca presentata nel mese di febbraio 2006 dal Movimento
Consumatori, oltre a confermare i dati sopra riportati, segnala che i casi in
cui la contraffazione si traduce nella semplice assenza di qualsiasi principio
attivo del farmaco ammontano a poco più della metà, la rimanente
percentuale è divisa tra componenti di dosaggio errato o componenti
totalmente diverso e spesso tossico.
Pastiglie di Viagra apparentemente identiche all’originale reclamizzate
tramite “spam” a mezzo di internet, dove a cambiare può essere un dettaglio
quasi impercettibile della confezione, come un colore di tonalità diversa o
la grandezza di un carattere. Il principio attivo è però nella totalità dei casi
assente e le false pastiglie contengono il più delle volte solo borotalco
compresso. Non dissimile è il caso di altri farmaci, come gli antibiotici, che
in Paesi dove le modalità di spedizione e stoccaggio, sono spesso caotiche e
precarie, impediscono di distinguere tali prodotti in base alle differenze che
possono esserci tra le confezioni.
Tuttavia, spiega in una circolare il Vice Direttore Generale dell’ OMS, pur
trattandosi di falsi sofisticati, la contraffazione dei farmaci non richiede
come viene da credere, mezzi tecnologicamente all’avanguardia, né una
rete criminale particolarmente complessa. I contraffattori spesso preparano i
prodotti in casa o in garage.
Come spiegato il problema dei farmaci contraffatti è un dramma che
riguarda principalmente i Paesi poveri, ma gli oltre 500.000 medicinali
contraffatti sequestrati dalle autorità doganali europee, ci avverte che il
fenomeno batte alle porte dell’Europa.
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Per quanto riguarda il nostro Paese, desta preoccupazione l’incremento
degli acquisti on-line, per cui ogni cittadino riceve via e-mail mediamente
tre proposte di acquisto alla settimana che hanno ad oggetto
prevalentemente farmaci funzionali al miglioramento delle prestazioni
fisiche e mentali.
L’operazione dal nome emblematico “Farmacista fai da te”, alla quale
hanno lavorato dieci Procure italiane, ha consentito, nel corso di numerose
perquisizioni di sequestrare oltre 15.000 pasticche di Stamina Rx, un
afrodisiaco definito “naturale” ed alla denuncia di 16 persone.
Erano invece rivolte essenzialmente al mercato dei cittadini Cinesi in Italia
le 46 mila confezioni di farmaci sequestrate dalla GdF di Catania, con
etichettatura ed istruzioni in lingua orientale. Erano pronte per essere
distribuite in tutta Italia, aggirando qualsiasi tipo di autorizzazione.
L’operazione che ha portato alla denuncia di 312 persone, avrebbe portato
oltre 50 milioni di Euro nelle tasche di una fitta rete sotterranea di
distributori e ambulatori che forniscono medicinali commercializzati in
Cina, ma assolutamente fuori norma in Italia.
Cambiando completamente genere di prodotto, vediamo che ancora oggi,
uno delle attività principali della criminalità economica, è rivolta alla
contraffazione del denaro, sia questo in forma metallica che cartacea.
Stando ai dati diffusi dalla Banca Centrale Europea, è stato ritirato dalla
circolazione un totale di 565.000 banconote in Euro contraffatte.
Il biglietto da 20 euro è quello che ha fatto registrare il più elevato numero
di contraffazioni superando in questa particolare classifica le banconote da
€50 e €100. Nella seconda metà del 2006 i tagli da €20 e €50
rappresentano, insieme, l’67% del totale dei falsi individuati in circolazione.
Va rilevato che il livello di contraffazione si mantiene stabile da oltre due
anni.
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Per quanto riguarda le monete quelle ritirate nel 2006 sono state 164.000,
nel 2005 erano 100.000. Le monete da 2 euro sono di gran lunga le più
falsificate con oltre 141.000 pezzi ritirati.
Un altro comparto produttivo particolarmente danneggiato dal fenomeno
contraffazione è quello dell’elettronica (CD o DVD, computer, supporti
materiali sui quali vengono fissate opere dell’ingegno, programmi software,
ecc.). Il settore (oltre 10 milioni di pezzi sequestrati dalla GdF nel biennio
2003 - 2004) appare il più colpito a livello mondiale.
Secondo alcune indagini svolte da associazioni di categoria, la percentuale
dei prodotti contraffatti sarebbe pari al 25% nell’industria degli audiovisivi,
al 35% nell’industria informatica.
Tale indice salirebbe addirittura al 46% su scala mondiale nel settore del
software.
Recentemente è' stata annunciata dal Dipartimento del Commercio USA la
lista annuale, nota come "Special 301", degli Stati che - a causa delle
inadeguate misure adottate in tema di lotta alla pirateria e alla
contraffazione – procurano gravi danni alle imprese titolari di diritti di
proprietà intellettuale. Russia e Cina sono i Paesi dove il fenomeno desta
maggiore allarme. Secondo il rapporto americano, il nostro Paese mantiene
alti livelli di pirateria e contraffazione di software, musica e film ben oltre i
livelli medi degli Stati dell'Europa Occidentale. Il rapporto ne individua le
origini nella mancata o inadeguata efficacia deterrente delle sanzioni
previste dalla legislazioni vigente.
In Russia, in particolare, oltre alla tradizionale contraffazione di cd e dvd,
va
segnalata
l'attività
abusiva
del
sito
di
download
musicale
http://www.allofmp3.com che le autorità russe non hanno ancora
efficacemente contrastato. Tale caso rischia di mettere in serio pericolo i
negoziati di accesso della Russia al WTO.
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Ancora più recente è la pubblicazione da parte di IFPI (International
Federation of Phonographic Industry) del Piracy Report 2006, che individua
i 10 paesi ove il fenomeno della pirateria musicale risulta più esteso.
La classifica dei priority countries è stilata in base a tre criteri: l’importanza
del mercato legale, i trend locali e il grado di efficacia dell’azione dei
governi intrapresa contro il problema della pirateria musicale. I Paesi che
figurano nella top ten sono: Brasile, Canada, Cina, Grecia, Indonesia, Italia,
Corea, Messico, Russia e Spagna.
Per quanto riguarda l’Italia, che risulta purtroppo nuovamente tra i primi
posti della classifica dopo alcuni segnali incoraggianti manifestatisi nel
2005, si evidenzia il ruolo di guida che il crimine organizzato continua a
ricoprire in seno al mercato illegale, che dell’intero comparto rappresenta il
26% con un giro d’affari annuo pari a 80 milioni di dollari.
I dati processuali e l’esperienza acquisita dai comparti operativi delle Forze
dell’ordine del nostro Paese confermano che la criminalità organizzata ha
consolidato nel settore un ruolo di primo piano, attraverso la gestione della
fase di produzione e della successiva distribuzione dei beni illecitamente
riprodotti, fasi nelle quali sono impegnati prevalentemente venditori
extracomunitari, da dove ricavano facili guadagni che finiscono per essere
utilizzati per finanziare altre attività criminali
Secondo i dati diffusi dalla Federazione contro la Pirateria Musicale nel
2005 sono stati sequestrati 1.675.349 di CD musicali pirata, oltre 6 milioni
di supporti vergini pronti per la riproduzione illegale e quasi 900 mila DVD
musicali masterizzati.
Cambiano, sia pure in misura non consistente, i canali utilizzati per
smerciare i prodotti abusivi: diminuiscono i sequestri a carico degli
ambulanti abusivi (che nel 2004 rappresentavano il 74% del totale contro il
58% nel 2005), mentre aumentano quelli effettuati a carico di privati (16%
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nel 2004, 20% nel 2005), soggetti talvolta protagonisti di offerte abusive su
siti di aste on line.
Colpite molte centrali e laboratori di masterizzazione (6% del totale nel
2004, 15% nel 2005) anche se cala il numero complessivo di duplicatori
sequestrati (-10%). Nel 2005, rispetto all'anno precedente, sono aumentate
anche le denunce (+ 36%) e gli arresti (+7%).
La Campania si conferma la capitale italiana nella produzione e diffusione
di prodotti musicali contraffatti con 1.334.701 sequestri, seguono il Lazio
(532.570), la Sicilia (364.968), la Lombardia (205.754), la Toscana
(42.450) e
l' Emilia Romagna(44.784).
I dati comunicati dalla Guardia di Finanza testimoniano la notevole
incidenza del fenomeno della pirateria informatica ed elettronica nel mare
magnum della contraffazione, e al contempo del primato che il sud del
nostro Paese continua a detenere nel settore, come risulta confermato dal
numero di sequestri operati nel corso del 2005.
Dall’analisi comparativa dei risultati conseguiti nel contrasto alla
contraffazione posto in essere dalla GDF negli anni 2004/2005, è
interessante osservare come il comparto della pirateria informatica,
ascrivibile alla voce elettronica, registri lo scorso anno un incremento pari
addirittura al 300% rispetto all’anno precedente. Ciò a fronte di una
flessione del numero complessivo di prodotti sequestrati che scende dagli
oltre 95 milioni del 2004 ai 75 milioni del 2005.
E’ facile individuare la principale causa dell’espansione del fenomeno dei
CD contraffatti, nell’elevata differenza di prezzo tra questi prodotti e i
prodotti originali. La comparazione fra gli elementi che compongono il
prezzo del CD pirata con quello originale indica che l’uscita di un nuovo
CD musicale costa in media dai 18 ai 21 euro, mentre quello pirata dai 4 ai
6 euro.
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Il prezzo di quest’ultimo è essenzialmente costituito da:
-
costi di produzione pari a 0,50 euro (prezzo del supporto vergine +
copia della copertina e bustina di plastica);
-
guadagno dell’abusivo pari a 2 euro;
-
margine dell’organizzazione criminale pari a 3,50 euro.
Il prezzo del CD originale, invece, è dato dalla somma di molteplici voci.
Secondo la Federazione Italiana Strumenti Musicali Elettronici Dischi
(FISMED-CONFESERCENTI), per l’uscita di un nuovo CD musicale solo
i costi di registrazione variano dai 100.000 ai 250.000 euro. Ad essi si
aggiungono i costi di realizzazione della copertina che oscillano fra i 20.000
ed i 40.000 euro, quelli di marketing e pubblicità che vanno dai 50.000 ai
400.000 euro ed infine le royalties corrisposte dalle case discografiche agli
artisti, calcolate in misura percentuale al prezzo di vendita e che, a seconda
dell’importanza dell’artista variano dai 36.000 al 1.500.000 euro. A questi
costi occorre poi sommare l’IVA pari al 20%.
Per quanto concerne l’Ue, le statistiche aggiornate sulla contraffazione e
sulla pirateria informatica sono rinvenibili al seguente indirizzo web:
http://europa.eu.int/comm/taxation_customs/customs/customs_controls/cou
nterfeit_piracy/statistics/index_en.htm
La legge 31 marzo 2000, nr. 78, per il riordino delle Forze di Polizia, ed i
successivi decreti di attuazione hanno confermato e rafforzato il ruolo della
Guardia di Finanza quale polizia economica e finanziaria a competenza
generale, ai fini della prevenzione, della ricerca e della repressione delle
violazioni in danno del bilancio dello Stato, delle Regioni, degli Enti locali
e dell’Unione Europea.
Inoltre, un ulteriore punto a “vantaggio” del CD pirata è rappresentato dal
rischio d’impresa, di fatto assente nella produzione clandestina, dal
momento che sono clonate soltanto le opere di successo.
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Infine occorre osservare che gli incessanti sviluppi dei new media sono alla
base della preoccupante diffusione che il fenomeno della criminalità
informatica ha conosciuto negli ultimi anni.
L’information technology agisce sulla criminalità modificando forme
delinquenziali classiche, introducendo forme criminali nuove e alterando i
processi di percezione del crimine.
L’avvento di internet e dell’informatica ha così portato a rinnovare il modus
operandi di molte attività criminali da tempo radicate nel tessuto sociale
come i furti di informazioni e spionaggio, truffe e frodi, gioco d’azzardo,
prostituzione, traffici vari (armi, droga, organi), molestie, minacce,
pedofilia (adescamento, pornografia), pedofilia organizzata, criminalità
organizzata (riciclaggio, comunicazioni), terrorismo, proselitismo delle
sette sataniche, usufruendo a pieno delle potenzialità illegali del nuovo
mezzo tecnologico.
La diffusione di internet ha favorito l’affermarsi di nuove forme di attività
criminale, capaci di diffondersi solamente all’interno dei nuovi sistemi di
comunicazione digitale: cyberpedofilia (scambio di pedopornografia),
cyberterrorismo, hacking, diffusione di virus informatici, truffe telematiche
via email, spamming, violazione della privacy da parte di aziende, netstrike, on-line gambling, diffusione di informazioni illegali on-line
(violenza, razzismo, esplosivi, droghe, sette sataniche, pedofilia).
Caratteristica peculiare delle nuove forme criminose è la “distanza” tra i
cybercriminali e le loro vittime potenziali.
La condotta delittuosa può concretizzarsi in più azioni svolte in tempi
diversi o contemporaneamente, da più soggetti o da uno solo, in luoghi
diversi o in uno spazio virtuale. La condotta innesca più processi elaborativi
e di trasferimento di informazioni che passano, in tempi lunghi o in tempo
reale, attraverso spazi indeterminati.
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Se l’era digitale ha dato notevole impulso al fenomeno della contraffazione,
l’innovazione tecnologica ha anche messo a disposizione dei titolari dei
diritti di proprietà intellettuale nuovi strumenti per arginare la pirateria.
Si tratta di dispositivi tecnici volti a proteggere e garantire l’autenticità dei
loro prodotti o servizi, come il watermarketing, che aggiunge una sorta di
tatuaggio digitale o di marchio digitale all’opera, le tecniche di criptografia,
che consentono la fruizione dell’opera solo a chi è in possesso della chiave
per effettuare la decriptazione, il metering sysetm che registra
gli utilizzi dell’opera, ecc.
È anche vero però che i professionisti della contraffazione riescono non
solo a rimuovere agevolmente tali dispositivi, ma sono anche in grado di
riprodurli. Questo è il motivo per il quale si è avvertita la necessità di
tutelare adeguatamente questi dispositivi introducendo il divieto di
violazione, manipolazione o neutralizzazione degli stessi. Così, in seguito al
recepimento della direttiva n. 2001/29/CE, sono state inserite nella legge n.
633/41 sul diritto d’autore gli artt. 102-quater e 102-quinquies al fine di
disciplinare le misure tecnologiche di protezione e le informazioni sul
regime dei diritti.
Un capitolo a parte riguarda la contraffazione dei prodotti alimentari: qui il
danno economico e quello alla salute dei consumatori è legato a filo doppio.
Il fenomeno che è veramente imponente non si limita solo alla
falsificazione e contraffazione, ma anche alla imitazione del prodotto e più
complessivamente dalla utilizzazione illecita di simboli e nomi del “Made
in Italy”.
A differenza del “mercato del falso” nel quale ci confrontiamo con un
consumatore spesso consapevole del suo acquisto, in questo crimine il
consumatore è sempre raggirato e messo in pericolo.
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E’ necessario distinguere il mercato mondiale dell’agro alimentare piratato,
da quello interno.
E’ infatti all’estero e soprattutto nel nord America, che da solo rappresenta
il 70% del mercato della pirateria agro-alimentare, che si concentra il
maggior danno per le imprese italiane.
Il fenomeno delle contraffazioni delle produzioni agroalimentari italiane e
dell'uso improprio dei marchi di indicazione geografica (DOP, DOCG,
IGT, DOP etc.) ha assunto negli ultimi anni una dimensione preoccupante.
Secondo stime dell'Ismea - Federalimentare (dati 2003) il valore dell'export
di prodotti di imitazione italiana nel mondo è stato di circa 13.945 milioni
di euro, mentre il loro valore al consumo è stato di circa 53.500 milioni di
euro.
Questi dati trovano riscontro nell'area NAFTA (Canada, Stati Uniti e
Messico) all'interno di uno studio condotto dalle Camere di Commercio
Italiane di New York, Montréal e Città del Messico nel corso del triennio
2003-2005 per conto dell'INDIS (Istituto sugli Studi del Settore della
Distribuzione Commerciale). Da questo studio emerge che la percentuale
dei prodotti italiani contraffatti sul totale delle esportazioni sul mercato
americano è di circa il 70%, per un valore 1,2 miliardi di dollari. In
sostanza, le vendite di prodotti che imitano o utilizzano un qualsiasi
riferimento all'Italia "Italian sounding" superano di circa dieci volte quelle
dei prodotti effettivamente italiani.
Il motivo principale per i quali i prodotti italiani vengono imitati è legato al
fatto che l'utilizzo, in un prodotto di qualità media, di un nome, marchio o
qualunque cosa che richiami l'Italia, consente di posizionare tale prodotto
sul mercato con un prezzo superiore di circa il 50%. Basta pensare ad una
confezione di pasta prodotta negli USA, che viene venduta con un prezzo al
pubblico di 1 dollaro. Se sulla confezione vi è un riferimento all'Italia, il
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prezzo sale a 1 dollaro e 50 cent. Una confezione di pasta realmente
prodotta in Italia viene venduta intorno ai 2 dollari.
Un altro problema è che negli USA i marchi di indicazione geografica,
essendo equiparati a dei marchi ordinari, non godono di una specifica tutela
come succede invece nell'UE, dove la registrazione di questi è consentita
solo a soggetti collettivi (consorzi di tutela e associazioni di produttori).
Dallo studio effettuato dalla Italy-America Chamber of Commerce, i marchi
ad indicazione geografica registrati correttamente presso l'USPTO sono 12,
su un totale di 149 prodotti DOP e IGT. Vi è quindi una larga parte di
marchi non ancora registrati, e, di conseguenza, "a rischio".
Viene stimato che il fatturato dell’Italian souding, cioè dei prodotti
percepiti dai consumatori come italiani, sia pari a 6 miliardi di euro e che
solamente 2 derivano da prodotti effettivamente italiani. Nel mondo intero
su 5 prodotti presenti nei supermercati si stima che solo 1 sia autentico
mentre gli altri traggono in inganno i consumatori sfruttando immagini,
simbologia e denominazioni italiani.
Federalimentari e CENSIS hanno quantificato in 50 miliardi di euro il
fatturato mondiale delle imitazioni alimentari italiane su 56 miliardi
complessivi di giro d’affari dell’export agroalimentare.
Diversi i prodotti tutelati oggetto di contraffazione e imitazione. L’esempio
più noto è quello del “Parmesan”, conclusasi con una sentenza che ha
messo fine all’utilizzo di questo termine, ma non alla sua vendita effettiva.
Oppure il Gorgonzola venduto come “Cambozola”, o il Prosciutto di Parma
venduto come “Parma Ham”. Ma in giro per il mondo possiamo trovare di
tutto. Dai pomodori “San Marzano” coltivati in Argentina, ai vini Chianti e
Barbera prodotti in California.
Anche in Italia il fenomeno, è in crescita, anche se non ha le dimensioni
del mercato internazionale.
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Nel 2005 sono state 37.330 le ispezioni delle varie Autorità di polizia
impegnate nella repressione delle frodi. 12.800 le persone segnalate alla
Magistratura, oltre 55 milioni e mezzo le confezioni di prodotti sequestrati
per un valore di circa 110 milioni di euro.
Più di un terzo delle Notizie di Reato riguardano il sud. Tra le categorie più
colpite sono i sughi pronti per la pasta (97%), i pomodori in scatola (76%),
il caffè (51%), la pasta (28%), l’olio di oliva, le mozzarelle, specialmente
quelle di “bufala” o “fior di latte”.
Le organizzazioni dei coltivatori denunciano cifre allarmanti. Sono oltre 2
miliardi di chili il latte e la crema di latte importate dall’estero, formaggi e
latticini venduti con marchi italiani appiccicati nei porti. Ettolitri di olio di
sansa o di colza che si trasformano in olio extavergine di oliva.
I cinesi sono da sempre, i campioni del prodotto contraffatto. Sono 35.000
le confezioni i funghi sott’olio di venduti come italiani, ma anche funghi e
tartufi essiccati, noccioline, e aglio, quest’ultimo risultato alle analisi anche
tossico, mentre per quanto riguarda i pomodori conservati dopo l’obbligo di
indicare in etichetta l’origine, le importazioni sono calate drasticamente del
40%.
La frutta e verdura proviene quasi elusivamente dai paesi nordafricani.
L’olio, oltre che dalla Turchia che ci invade con le sue nocciole, arriva dal
Cile e dal Sud America, così come il vino.
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4 - Conclusioni
E’ evidente che sono sempre più necessarie politiche di maggior tutela delle
aziende con conseguente garanzia di tutela per i marchi e i design depositati
ed un investimento di risorse mirato all’informazione sul fenomeno e sulle
sue conseguenza sulla crescita del Paese rivolto ai cittadini perché si
rivolgano ad una scelta di prodotti che porti ad un consumo più
consapevole.
Non è utile innalzare barriere protezionistiche che a loro volta
scatenerebbero altre guerre commerciali, ma occorre tolleranza zero nei
confronti della concorrenza sleale fondata sulla falsificazione e sul dumping
sociale
e
lavorare
in
funzione
della
trasparenza,
della
qualità,
dell’innovazione.
E’ infatti una vecchia consuetudine italiana quella di presentare la
“contraffazione” solo come una “frode” nei confronti di consumatori.
Il 70% di questi acquistano consapevolmente merce contraffatta,
giustificando la scelta per il prezzo, ovvero di accontentandosi di un
similvero, assolutamente incurante non solo dei danni economici che un tale
prodotto crea, ma anche del fatto che i suoi denari andranno a finanziare
altre attività criminali.
In Italia la contraffazione è in grande crescita perché c’è una sua forte
richiesta sul mercato, che purtroppo e “tollerato” dalle autorità.
Viene quindi dato all’opinione pubblica, grazie anche ai mass media che
non affrontano mai il problema dal fronte della sicurezza, l’immagine di un
fenomeno con caratteristiche principalmente di impatto sociale piuttosto
che l’insieme di gravi reati penalmente perseguibili.
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5 - Project Work e attività svolta
In qualità di Ispettore per la sicurezza dei prodotti e la tutela del
consumatore in servizio presso la Camera di Commercio di Pistoia, mi sono
fatto promotore con la mia Amministrazione per una campagna informativa
da portare presso i consumatori e gli studenti della provincia pistoiese.
Saranno quindi tenuti presso istituti scolastici pistoiesi dei seminari
informativi sui pericoli e le conseguenze della contraffazione.
Per l’evento ho predisposto il pieghevole, di sotto riportato che verrà
distribuito nelle scuole e presso centri commerciali e mercati della
provincia.
E’ stata da me realizzata inoltre una presentazione in Power Point, di
seguito riportata, che verrà proposta durante il seminario nelle scuole.
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Articolo dell’iniziativa anticontraffazione apparso sul quotidiano LA NAZIONE in data 18 maggio 2007
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Pagine esterne ed interne del pieghevole realizzato per essere diffuso presso Centri commerciali, mercati e
scuole della provincia di Pistoia
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PRESENTAZIONE IN POWER POINT
La seguente presentazione verrà profetata nelle scuole durante i seminari informativi
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Osservatorio sui costi della criminalità per le imprese e sulla sicurezza dei servizi
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http://www.rm.camcom.it/page/rapporto_finale.pdf
GUARDIA DI FINANZA
http://www.gdf.it/GdiF__Informa/Studi_e_ricerche/index.html
COMUNITA' EUROPEA
Sistema RAPEX di allerta rapido per i prodotti pericolosi
http://ec.europa.eu/consumers/dyna/rapex_archives.cfm
MINISTERO DELLE ATTIVITA' PRODUTTIVE
http://www.uibm.gov.it/contraffazione/
HELP CONSUMATORI
http://www.helpconsumatori.it/
ARTIGIANINET
http://www.artigianinet.com/NOTIZIE/DOSSIER/CinaDelocalizzazione/d
w_19_2144_7740.html
GLP - Studio Proprietà Intellettuale
http://www.glp.it/it/legal/index.php
IPI - Istituto per la Promozione Industriale
http://www.ipi.it/inside.asp?id=905
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AGENZIA DELLE DOGANE
Normativa anticontraffazione
http://www.agenziadogane.it/wps/wcm/connect/ed/Agenzia/Lotta+alla+con
traffazione/Normativa+contraffazione+dal+1+luglio+2004/
PRGETTO FALSTAFF
http://www.agenziadogane.it/wps/wcm/connect/ed/Servizi/F.A.L.S.T.A.F.F
./
BREVETTI INDUSTRIALI
http://www.infobrevetti.camcom.it/disc_contraf.php
PROPRIETÀ INTELLETTUALE E LOTTA CONTRO LA
FALSIFICAZIONE
Lotta alla contraffazione e alla pirateria nel mercato interno
http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l26057.htm
ANSA
FARMACI: ECCO GLI 007 ANTI-CONTRAFFAZIONE
http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/altrenotizie/visualiz
za_new.html_2129445087.html
UNITED NATION - OFFICE ON DRUGS AND CRIME
Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata
transnazionale
http://www.unodc.org/palermo/theconventionIta.html
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