Istituto MEME: Il Counselling come sostegno alla genitorialità nelle
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Istituto MEME: Il Counselling come sostegno alla genitorialità nelle
Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles IL COUNSELLING COME SOSTEGNO ALLA GENITORIALITÀ NELLE FAMIGLIE CON FIGLI DISABILI Scuola di Specializzazione: Relatore: Contesto di Project Work: Tesista Specializzando: Anno di corso: Counselling Scolastico Dott.ssa Roberta Frison Centro diurno per disabili Giuseppina Pompili Secondo Modena: 9 settembre 2012 Anno Accademico: 2011 - 2012 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 Indice dei Contenuti Introduzione ....................................................................................................... 5 Capitolo 1 ANALISI E STUDI SULLA FAMIGLIA 1.1. La famiglia come sistema ………………………………………………….. 7 1.2. Le caratteristiche della famiglia sistemica ……………………..………..…. 9 1.3. La struttura della famiglia ……………………..………………………….. 11 1.4. Il ciclo vitale della famiglia nell’approccio sistemico …………...….......... 13 1.5. La crisi della famiglia …………………………………..………………… 15 1.6. La famiglia resiliente …………………………..…………………………. 17 Capitolo 2 LA FAMIGLIA CON FIGLIO DISABILE 2.1. La nascita di un figlio disabile …………………………..………………... 20 2.2. Il disabile adolescente .……………………………………………………. 22 2.3. Quali supporti per i figli disabili e le loro famiglie? ................................... 23 Capitolo 3 IL CASO DI D. 3.1. La storia di D .…………………………………………………...………... 27 3.2. D. in difficoltà ……………………………………………………...……... 29 3.3. Primo colloquio con la famiglia ……………………………………...…... 30 3.4. Riflessioni dopo il primo colloquio ……………………………...……….. 34 3.5. Secondo colloquio con la famiglia ………………………………...……... 35 3.6. Riflessioni dopo il secondo colloquio ………………………………...…... 37 3.7. Terzo colloquio con la famiglia …………………………………...……… 38 3.8. Riflessioni dopo il terzo colloquio …………..……………………………. 40 3.9. Quarto incontro con la famiglia ……………………..……………………. 40 ___________________________________________________________________ 2 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 3.10. Riflessioni dopo il quarto colloquio …………………………..………… 43 Conclusioni ……………………..…………………………………………….. 45 Bibliografia e Sitografia ……………………………..………………………. 47 ___________________________________________________________________ 3 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 Si può togliere tutto a un uomo, tranne l’ultima delle libertà umane - scegliere il proprio atteggiamento in qualunque serie determinata di circostanze, scegliere il proprio comportamento. [Viktor Frankl] ___________________________________________________________________ 4 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 INTRODUZIONE L’idea di approfondire il tema dell’essere genitori di figli disabili e di sperimentare come il counselling può essere sostegno alla genitorialità in questi casi, nasce dall’incontro professionale tra me, queste famiglie e le loro problematiche. Essere genitori è un’esperienza molto complicata che non si acquisisce solo con un dato biologico (mettere al mondo un figlio) ma è un percorso di formazione continua che può durare anche tutta una vita. L’esperienza è la materia principale. Oggi il continuo e veloce cambiamento dei modelli familiari ha modificato anche il modo di essere genitori. I modelli genitoriali del passato sono superati, l’autorevolezza e l’autorità sono sempre più insicure ed incerte; tra genitori e figli si crea a volte un’interdipendenza affettiva che dà luogo a forme di lassismo e di fuga dal ruolo genitoriale. In questi casi sarebbe importante avere la possibilità di un supporto che possa aiutare la coppia a far emergere le proprie competenze genitoriali. Il counselling, per sua natura, indirizza il proprio intervento verso questa direzione. Il sostegno all’essere genitori è da intendersi anche nell’ottica di prevenzione nei giovani degli eventuali comportamenti a rischio e favorire il benessere emotivo dei figli e dell’intero nucleo familiare. Quanto più i genitori saranno in grado di attivare nei confronti dei figli un processo di differenziazione/individuazione dal nucleo, tanto più questi ultimi saranno capaci di costruire la propria personalità. I genitori devono avere degli atteggiamenti positivi nei confronti dei figli, essere disponibili all’ascolto, aiutarli con discrezione a risolvere i loro problemi indirizzandoli comunque, come si diceva, verso un processo di differenziazione ed individuazione. Per i genitori di figli disabili i problemi sono più complessi e la necessità di sostegno più pressante. Non sempre però, come anche avviene per i genitori di figli normodotati, c’è la volontà di chiedere un supporto alla genitorialità. ___________________________________________________________________ 5 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 Nel lavoro da me prodotto ho raccolto l’esperienza di una famiglia con figlio disabile che ha accettato il sostegno tramite una serie di incontri. Il lavoro è suddiviso in tre parti: la prima ripercorre brevemente l’analisi sistemica della famiglia rifacendosi agli assunti di Bateson, in seguito la famiglia viene delineata tramite le fasi del suo ciclo vitale per analizzare poi la crisi della famiglia e il modello di famiglia resiliente di fronte alla crisi. La seconda parte del lavoro analizza nello specifico la famiglia con figlio disabile, i vissuti rispetto un evento così complesso, le risorse che la nostra regione (Emilia Romagna) mette in atto per supportare simili situazioni. Nella terza ed ultima parte viene proposto sommariamente, un breve percorso di sostegno condiviso con una famiglia la cui figlia frequenta il centro diurno per disabili Iride. ___________________________________________________________________ 6 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 CAPITOLO 1 ANALISI E STUDI SULLA FAMIGLIA 1.1. LA FAMIGLIA COME SISTEMA Sono molti gli studiosi che si sono occupati della famiglia del suo funzionamento e delle relazioni tra suoi componenti. Nel corso degli anni le teorie che cercavano di spiegare e delineare il funzionamento della famiglia sono cambiate e si sono evolute di pari passo con i cambiamenti che hanno caratterizzato il “sistema famiglia” stesso. Bateson è stato il primo studioso a parlare di famiglia come “sistema” intendendo il sistema come una struttura complessa di elementi tra loro interdipendenti per cui modificando uno degli elementi si modifica l’intero sistema; ogni sistema inoltre si pone sempre in relazione con altri sistemi per costituire sistemi di universi sempre più complessi. In quest’ottica ne consegue che la famiglia è un sistema complesso e aperto e che ogni suo componente non può essere considerato come elemento a sé, indipendente dalle relazioni intrasistemiche che egli vive, stabilisce o subisce all’interno della rete familiare. Allo stesso modo ogni sistema-famiglia deve essere considerato alla luce delle relazioni intersistemiche con altri sistemi: altre famiglie, le istituzioni, i servizi, ecc. ___________________________________________________________________ 7 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 SCHEMA DELLE RELAZIONI INTRASISTEMICHE PADRE MADRE FIGLIO FIGLIA Si è considerato lo schema base della famiglia nucleare ma possono essere compresi nella famiglia anche altri vincoli di parentela (nonni, cugini, zii, …) ciò che occorre tenere presente è che qualsiasi membro stabilisce o subisce vincolo all’interno della rete familiare. SCHEMA DELLE RELAZIONI INTERSISTEMICHE SCUOLA SERVIZI SANITARI FAMIGLIA ATTIVITA’ DEL TEMPO LIBERO QUARTIERE ASSOCIAZIONI SPORTIVE PARROCCHIA ___________________________________________________________________ 8 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 A scopo esemplificativo sono stati indicati alcuni sistemi socio - territoriali con i quali la famiglia si rapporta creando l’opportunità per i medesimi di entrare in relazione anche tra di loro. Ciò che si evince da questi schemi è sicuramente la ricchezza relazionale intrinseca in ciascuno di essi. Nel sistema famiglia l’attenzione viene rivolta alle relazioni reciproche che legano gli elementi del sistema piuttosto che alle loro individualità infatti ogni singolo componente influenza ed è a sua volta influenzato dagli altri. Ogni cambiamento di un membro del sistema comporta modificazioni agli altri e al sistema stesso. Ogni cambiamento non si esaurisce nel sistema famiglia ma riguarda anche le interazioni con il mondo esterno. Le relazioni tra i sistemi poi, non sono qualcosa di astratto, ma avvengono attraverso i soggetti stessi: ognuno entra in relazione quotidianamente con uno o più soggetti di altri sistemi extrafamiliari, soggetti che, a loro volta, sono in relazione intrasistemica all’interno del sistema di appartenenza. Le relazioni che caratterizzano la famiglia, mutano con il tempo, con il trasformarsi dei soggetti e mutano anche nello spazio (si passa dalle relazioni nello spazio interno: la casa, il nido, lo spazio che protegge, che rappresenta l’intimità, allo spazio esterno la città, il quartiere) in una dialettica interno/esterno. Il sistema delle relazioni interne infatti, e il modo di porsi dei soggetti nelle relazioni con gli altri sistemi sociali, interagiscono continuamente creando una sorta di interdipendenza tra sistemi che genera il cambiamento dei medesimi. 1.2. LE CARATTERISTICHE DELLA FAMIGLIA SISTEMICA Secondo l’orientamento sistemico, vengono riconosciuti alle famiglie alcuni aspetti che le caratterizzano: ___________________________________________________________________ 9 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 1. la non sommatività cioè la famiglia costituisce un sistema diverso dalla somma delle sue parti/individui che deriva dall’interconnessione dei suoi membri; 2. la causalità circolare cioè le azioni comunicative dei familiari si influenzano reciprocamente. Ogni azione è anche, a sua volta, un effetto o una reazione di un’altra azione; 3. l’omeostasi cioè la ricerca di meccanismi stabilizzatori che tendono a riportare i comportamenti dei singoli elementi della famiglia dentro una fascia contenuta di oscillazioni ad evitare dei cambiamenti particolarmente destabilizzanti; 4. la morfogenesi cioè la capacità della famiglia di proporre cambiamenti organizzativi stabili e profondi relativi ad esempio alle regole e all’organizzazione di base; 5. l’equifinalità (intesa come imprevedibilità) cioè un risultato finale non è rigidamente determinato dalle condizioni iniziali infatti a partire da condizioni simili due famiglie possono evolvere verso stadi finali molti differenti e viceversa condizioni di funzionamenti iniziali molto differenti tra di loro possono dar luogo a famiglie con funzionamenti simili; 6. l’essere un sistema in costante trasformazione cioè possiede la capacità di adattarsi alle differenti esigenze che vengono esplicitate dalla fase di sviluppo che attraversa allo scopo di assicurare continuità e crescita psicosociale ai membri che la compongono.1 Il processo di continuità e crescita, avviene attraverso un equilibrio dinamico tra due funzioni apparentemente contraddittorie “tendenza omeostatica e capacità di trasformazione” queste tendenze sono entrambi indispensabili per mantenere un equilibrio dinamico all’interno del sistema stesso in un continuum circolare2; 1 2 M. Andolfi, La terapia con la famiglia, Astrolabio - Ubaldini editore, Roma, 1977 pg. 13 e seg. Ivi pg. 15. ___________________________________________________________________ 10 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 7. autogoverno cioè la capacità di esplicitare regole che si sono definite e modificate nel tempo tramite tentativi ed errori. La funzione di suddette regole è quella di consentire ai membri della famiglia di sperimentare ciò che nella relazione è permesso e ciò che non lo è fino ad arrivare ad una definizione stabile del rapporto familiare; 8. essere un sistema aperto in relazione con altri sistemi (vedi paragrafo precedente “relazioni intersistemiche”) consente alla famiglia di vivere in modo equilibrato e dinamico le relazioni a livello socio-territoriale favorendo il cambiamento, l’arricchimento, la crescita intersistemiche3. Alla luce di quanto esplicitato, è facile comprendere come nell’approccio sistemico alla famiglia, la problematicità di un singolo non è mai da circoscrivere all’individuo in sé, ma viene sempre letta all’interno di un contesto che attribuisce significati e l’eventuale superamento del problema del singolo, attraversa sempre l’intero nucleo familiare e le modalità di relazione tra tutti i singoli che lo compongono. Il cambiamento del “singolo problematico” richiede il cambiamento dell’intero nucleo familiare. 1.3. LA STRUTTURA DELLA FAMIGLIA La struttura familiare è caratterizzata dall’insieme delle richieste funzionali che determinano i modi in cui i componenti della famiglia interagiscono tra loro. La famiglia è un sistema che opera attraverso “transazioni” (scambi) che regolano il comportamenti dei suoi membri. Ad esempio una madre che dice al figlio di mangiare e lui obbedisce, delinea una interazione in cui si definisce chi è lei rispetto a lui; simili operazioni ripetute nel tempo delineano un modello di transazione. Alla famiglia poi, viene chiesto di adattarsi se le situazioni cambiano e affinché essa possa sopravvivere deve possedere diversi modelli transazionali 3 Ivi pg. 17. ___________________________________________________________________ 11 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 alternativi e deve essere sufficientemente flessibile nel mobilitarli quando è necessario. La famiglia entra in “crisi” quando i suoi modelli transazionali non mostrano una “flessibilità” tale da adeguarsi alla nuova situazione che la famiglia deve affrontare. Ogni sistema familiare si differenzia e svolge le sue funzioni attraverso “sottosistemi”; ciascun individuo rappresenta un sottosistema della famiglia ed appartiene a sua volta a diversi sottosistemi (es. figlio e genere maschile/femminile) in cui ha diversi gradi di potere e capacità differenziate. I confini di un sottosistema sono definiti dalle regole che determinano chi partecipa e come al sottosistema stesso. Affinché la famiglia funzioni bene, i confini tra i sottosistemi devono essere “chiari” e sufficientemente “flessibili” in modo da consentire un nuovo assestamento quando le situazioni interne ed esterne alla famiglia cambiano. Rispetto i confini, si possono delineare due differenti tipi di famiglie: Famiglie disimpegnate – quando i confini sono eccessivamente rigidi al punto da compromettere la comunicazione tra i sottosistemi; i legami sono deboli ed è presente uno scarso senso di responsabilità. Famiglie invischiate – quando la distanza tra i suoi membri diminuisce e i confini tra una generazione e l’altra si confondono. La differenziazione del sistema familiare si indebolisce. All’interno di questi due estremi, disimpegno e invischiamento, ogni famiglia può essere collocata in un continuum posizionato tra i due poli estremi: confini diffusi o eccessivamente rigidi4. La tendenza eccessiva verso il disimpegno o l’invischiamento può dar luogo alla manifestazione di un “sintomo” da parte di uno dei suoi membri. Compito del counsellor, in questo caso, è quello di aiutare a ridefinire ed eventualmente costruire confini, chiarificando quelli invischiati e sciogliendo quelli eccessivamente rigidi. 4 Minuchin S., Famiglie e Terapia della famiglia, Astrolabio, Roma, 1976. ___________________________________________________________________ 12 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 1.4. IL CICLO VITALE DELLA FAMIGLIA NELL’APPROCCIO SISTEMICO Come per l’identità individuale, anche la famiglia che si forma deve affrontare fasi molto delicate che portano ad una progressiva differenziazione tra famiglie di origine e i sottosistemi presenti in essa. Queste fasi vengono definite “fasi del ciclo vitale” e, come per i processi evolutivi individuali, sono caratterizzate da specifici compiti di sviluppo, con tappe ben stabilite. Tali fasi si susseguono in modo naturale, completando un percorso di crescita che si compie alternando periodi di stabilità e momenti di transizione. Le fasi di passaggio sono quelle più delicate, perché comportano un riadattamento che coinvolge tutti i membri della famiglia; quelle più importanti da considerare sono, secondo Carter e Mc Goldrick5: la formazione della coppia con il distacco dalle famiglie d’origine; la nascita dei figli con l’assunzione del ruolo di genitori; le progressive fasi di crescita dei figli (dai primi anni all’età scolare); i figli adolescenti e tardo adolescenti; i figli adulti; la famiglia nella fase del pensionamento e della vecchiaia. In ciascuno di questi momenti, come anche in tutti gli eventi imprevisti che sembrano modificare questo percorso “ideale”, la famiglia è chiamata ad attivare le proprie risorse per fronteggiare i cambiamenti, definendo un nuovo equilibrio che resterà tale fino alla fase successiva. La prima tappa del ciclo, la formazione della coppia con il distacco dalla famiglia di origine, è caratterizzata dalla scelta del partner. In questa fase è importante riuscire a conciliare i vecchi impegni con i nuovi: ogni partner è portatore di modelli e cultura del proprio nucleo familiare di origine; primo compito evolutivo della coppia è quello di negoziare il modo di stare insieme 5 Carter E., Mc Goldrick M., The family life cycle: a framework for family therapy, Gardner Press, New York, 1980. ___________________________________________________________________ 13 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 integrando aspettative e stili di comunicazione ereditati dalle famiglie, l’obiettivo è quello di creare un proprio modello, unico e nuovo. L’appoggio e il sostegno delle famiglie di origine è fondamentale affinché la nuova coppia si costituisca in modo armonico ed equilibrato. Se la/le famiglie di origine reclamano “vincoli di fedeltà”, possono manifestarsi problemi all’interno della coppia ed insorgere conflitti con i genitori o i suoceri anche su questioni banali. E’ possibile però rendersi consapevoli del modo in cui la famiglia di origine influenza la nuova relazione di coppia e grazie a tale consapevolezza si possono costruire relazioni migliori. Ciò consente di gettare le basi per la fase successiva. La nascita dei figli con l’assunzione del ruolo di genitori, rappresenta una vera e propria rivoluzione per la coppia. Il nuovo ruolo genitoriale che si viene ad assumere modifica i ruoli precedenti. Si deve imparare ad essere figli, coniugi e genitori. E’ fondamentale il lavoro di differenziazione dalle famiglie di origine e di negoziazione di un modo nuovo di stare insieme avvenuto nella fase precedente. I membri della coppia saranno in accordo relativamente alle aspettative che ciascuno ripone nell’altro, rispetto le modalità di interazione e la costante ricerca di un nuovo equilibrio. Avrà un punto di forza quando entrambi le parti sanno prendersi cura l’uno dell’altra in modo equilibrato ed efficace. Nella coppia devono essere presenti elementi di flessibilità che garantiscono la reciprocità nella relazione. Nel terzo stadio del ciclo, quello della famiglia con bambini piccoli, le attenzioni dei genitori saranno concentrate sul processo emotivo dell’accettazione dei nuovi membri all’interno del sistema. Il ruolo coniugale si deve riassestare per lasciare spazio ai figli e per riformulare una famiglia “trigenerazionale” in cui i ruoli dei genitori e dei nonni vanno ridefiniti. Nella famiglia con figli adolescenti (quarto stadio del ciclo della famiglia), la flessibilità dei confini della famiglia verso l’esterno deve aumentare per consentire l’indipendenza dei figli. In questo caso i figli si sentiranno liberi di entrare ed uscire dal sistema famiglia senza condizionamenti o costrizioni favorendo così il loro processo di responsabilizzazione. ___________________________________________________________________ 14 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 Il quinto stadio, quello della famiglia con figli adulti, è caratterizzato da un numero maggiore di movimenti in entrata ed uscita dei figli dal sistema famiglia. La coppia concentrerà i suoi sforzi sull’accettazione emotiva di tali movimenti. Le relazioni si devono ridefinire, potrebbero includere nipoti, generi/nuore e le relazioni genitori-figli diventano relazioni alla pari tra genitori e figli adulti. Il sottosistema dei coniugi potrà avere nuovi interessi. Nel sesto stadio, quello relativo alla fase del pensionamento e della vecchiaia, si assiste al mantenimento del funzionamento di copia e al riconoscimento come ruolo più centrale alle generazioni di mezzo (ai figli) che in futuro offriranno supporto alle generazioni più anziane. Ciascuna delle fasi di vita della famiglia, vede come indispensabile, una buona flessibilità riferita ad ogni singolo membro; sarà tale flessibilità che consentirà il cambiamento della “struttura” della famiglia per arrivare ad un nuovo equilibrio che sappia fronteggiare la trasformazione. 1.5. LA CRISI DELLA FAMIGLIA Si parla di crisi del ciclo vitale della famiglia quando si verifica il blocco di una delle tappe evolutive. A volte è il prevalere dell’istanza omeostatica (ricerca di un equilibrio statico ma rigido) su quella del cambiamento o quando uno dei membri esprime un sintomo. Quando nel nucleo familiare è presente un problema che interferisce con il suo funzionamento generale, il sistema stesso produce un tentativo autonomo di soluzione. A volte la soluzione adottata non è però in grado di risolvere il problema e dare benessere alle persone in questo caso, il persistere di condizioni di disagio psicologico, può rappresentare un fattore critico e determinare situazioni a rischio psicopatologico. Le manifestazioni sintomatologiche possono riguardare disturbi dell’umore, d’ansia, dell’alimentazione, del sonno, problematiche affettivo-relazionali, scolastiche, lavorative, … ___________________________________________________________________ 15 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 Nei processi evolutivi che si verificano transitando da una fase del ciclo vitale della famiglia alla successiva, se il nucleo familiare non riesce a ristrutturare il suo sistema di funzionamento, non si da’ vita al cambiamento e il processo si “blocca” interrompendo l’evoluzione e generando disagi che si possono manifestare, come si diceva poc’anzi, in comportamenti sintomatici di uno o più dei suoi membri. Ogni fase di sviluppo è caratterizzata da un “evento critico” da intendere però non nella sua accezione negativa bensì in termini positivi in quanto: portatore di nuove variabili; attivatore di processi evolutivi; configura nuovi compiti di sviluppo; richiede la messa in atto di strategie di problem solving; la sua soluzione segna il passaggio ad un nuovo stadio del ciclo di vita. L’evento critico, può essere di tipo normativo o paranormativo. L’evento critico normativo (o prevedibile) ha a che fare con eventi come matrimoni o nascite; l’evento critico paranormativo (o imprevedibile) ha invece a che vedere con separazioni, morti premature, crisi economiche, malattie. La crisi del ciclo di vita della famiglia si genera quando il processo “evolutivo” si incaglia e il nucleo non riesce a mettere in campo i necessari cambiamenti per la conquista di un nuovo equilibrio funzionale al benessere di tutti i suoi membri. In questo casi gli eventi normativi o paranormativi diventano veri e propri scogli da superare. Anche nella conflittualità che si genera nei momenti di crisi la famiglia può evolvere, crescere e passare ad una fase di sviluppo più matura ma se il conflitto non è ammesso, negato, temuto, represso, diviene elemento negativo e genera stati di crisi. A volte per superare i momenti di “empasse” è necessario l’intervento di un esperto esterno alla famiglia che focalizzi l’attenzione non solo sul/sui membro/i sintomatico della famiglia, ma sull’intero nucleo sempre nell’ottica dell’approccio sistemico-relazionale alla famiglia. Il portatore del sintomo infatti, ___________________________________________________________________ 16 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 esprime un disagio che non è solo suo, ma dell’intero nucleo ed è generato da un’organizzazione disfunzionale del sistema stesso. Il compito dell’esperto (il terapeuta) sarà quello di consentire alla famiglia di affrontare in modo competente e cooperativo i compiti e le necessità vitali di quella famiglia in quel particolare momento, deve sollecitare e sostenere il riemergere delle competenze e risorse familiari utili per il superamento “dell’empasse”. 1.6. LA FAMIGLIA RESILIENTE La famiglia che riesce a superare la momentanea difficoltà e riprende il naturale corso di sviluppo ed evoluzione, si può definire resiliente. Il termine resilienza viene preso in prestito dalla metallurgia e sta ad indicare la capacità di un metallo di resistere alle forze che gli vengono applicate; per il metallo la resilienza rappresenta il contrario della fragilità (il metallo si deforma ma è in grado di tornare allo stato iniziale senza subire particolari conseguenze). Così anche in campo psicologico la persona resiliente è l’opposto di una facilmente vulnerabile. L’individuo resiliente è colui che sopravvive ad eventi fortemente stressanti e traumatici: gravi lutti, pesanti trascuratezze o rifiuti, violenze, malattie, ecc.; tali eventi vengono a volte collegati dai clinici alle successive eventuali tragedie della vita adulta delle persone e dei loro familiari (disturbi mentali, suicidi, omicidi, …) delineando alcune “catene intergenerazionali di trasmissione della sofferenza”. Ma non sempre è così. Molto spesso si incontrano persone che hanno vissuto drammi enormi o deprivazioni consistenti ma che appaiono serene, normali o addirittura particolarmente creative. Queste sono le persone resilienti che non rappresentano un’eccezione. L’interrogativo che ci si pone è: come fa il resiliente a sopravvivere o addirittura a prosperare? Molto probabilmente i “fattori di resilienza” sono quelli che in ambito psicologico vengono chiamati “fattori di protezione” cioè quelle ___________________________________________________________________ 17 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 caratteristiche individuali o relazionali che nell’approccio del counselling si cerca di valorizzare, riscoprire, co-costruire. Il concetto di “resilienza familiare” si riferisce sia alla qualità della struttura relazionale di una famiglia (quelle qualità che permettono il superamento delle crisi), sia alla forza dei legami tra i suoi membri6. Le famiglie resilienti riescono, anche nei momenti di crisi, a mantenere chiari i confini dentro e fuori dal loro sistema (dentro rispetto i ruoli dei suoi membri, la gerarchia, ecc.; fuori rispetto ad esempio le modalità di comunicazione dei vari membri con gli ambiti sociali). Tali famiglie conservano un sentimento di chiarezza rispetto gli impegni e la partecipazione alla vita familiare stessa, mantengono modalità di comunicazione con l’esterno “assertive”, manifestano un maggiore sviluppo delle competenze comunicative perché hanno maggiore dimestichezza con la risoluzione di problemi e con i processi decisionali, attribuiscono significati positivi alle situazioni (anche quelle problematiche), evidenziano una certa flessibilità nel trasferimento di ruoli e mansioni secondo le necessità, l’impegno e la coesione familiare sono focalizzati sul benessere di tutti i suoi membri. La famiglia resiliente permette lo sviluppo di individui resilienti. I momenti di crisi posseggono un enorme potenziale maturativo che viene attivato attraverso un funzionamento psichico nuovo rispetto al precedente. Il cambiamento avviene se non c’è una frattura radicale rispetto l’assetto precedente. La famiglia risolve il dilemma aperto dalla crisi se riesce a negoziare nuove risposte senza abbandonare del tutto i vecchi modelli. I processi di resilienza, secondo Newman e Blackburn, si sviluppano su tre differenti livelli: individuale, che riguarda cioè la singola persona con le sue caratteristiche distintive di tipo cognitivo, affettivo, espressivo e le sue specifiche esperienze di vita; 6 Scabini E., e Cigoli V., Il famigliare, Milano, Cortina, 2001. ___________________________________________________________________ 18 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 comunità prossima, in particolare la famiglia e la scuola. Si inseriscono qui i processi di socializzazione primaria e secondaria rispetto i ruoli e la loro valorizzazione; comunità sociale più estesa. A questo livello appartengono le variabili economiche e sociali che possono ostacolare o promuovere i processi di crescita degli individui: la povertà, la presenza o meno di servizi assistenziali, l’isolamento sociale, … Parafrasando le parole di Edith Grotberg7 relativamente ad una ricerca condotta in Canada verso la metà degli anni 90 e che cercava di comprendere i processi della resilienza, la persona resiliente viene identificata come colei che di sé può dire: ‘I HAVE………….…people I trust and love’ ‘I AM……………………..a loveable person’ ‘I CAN…………find ways to solve problems’ Non tutte le persone che superano gravi difficoltà possono però definirsi resilienti infatti bisogna distinguere tra funzionamento competente e resilienza. Quest’ultima implica il raggiungimento di un certo grado di benessere emotivo e relazionale. La famiglia resiliente è dunque la famiglia che supera i momenti di crisi attivandosi per un nuovo equilibrio in cui ciascun membro del sistema sia tutelato e possa, assieme agli altri membri, godere di benessere emotivo e relazionale. 7 E. Grotberg, The International resilience project. In M. John, A charge against society: the child’s right to protection, ed. J. Kingsley, London, 1997. ___________________________________________________________________ 19 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 CAPITOLO 2 LA FAMIGLIA CON FIGLIO DISABILE 2.1. LA NASCITA DI UN FIGLIO DISABILE L’esperienza di avere un figlio è di per sé un elemento che altera gli equilibri presenti in una coppia e in una famiglia. Oggi poi la procreazione è il risultato di una scelta, generalmente condivisa, e del desiderio di autorealizzazione dei membri della coppia. Le fantasie, i bisogni, le aspettative che ruotano attorno alla maternità hanno a che fare con il desiderio di prolungare la propria vita nel figlio, con la voglia di trasmettere oltre all’eredità biologica, anche un’identità culturale. Tuttavia tali fantasie vengono disattese quando nasce un figlio con disabilità. La relazione di coppia viene messa a dura prova, sorgono conflitti che amplificano il disagio e si può giungere alla separazione. Di fronte ad un evento così improvviso e traumatico, anche i sistemi familiari più stabili sarebbero in difficoltà a reagire e gestire in modo adeguato i cambiamenti che tale evento comporta. La scoperta che il bambino nato non corrisponde a quello che ci si aspettava rappresenta una grave ferita narcisistica per la coppia: si cerca una spiegazione medica, si ricorre alle figure sanitarie nella speranza di guarire o quanto meno spiegare l’accaduto. Ma anche quando viene acquisita una spiegazione eziologica, la famiglia non si sente sollevata dal senso di disperazione che la pervade poiché la nascita di un figlio disabile provoca ___________________________________________________________________ 20 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 sicuramente stress al nucleo ed il modo in cui questo affronta l’evento influirà notevolmente sullo sviluppo futuro del bambino e della famiglia stessa. La modalità ideale per fronteggiare tale situazione sarebbe quella dell’accettazione o quanto meno di un adattamento consapevole. Ma non sempre si raggiunge questa necessaria consapevolezza anzi, le reazioni più frequenti possono prevedere: il rifiuto che si esplicita con la richiesta di istituzionalizzazione o con il “correre da uno specialista all’altro”; un comportamento di iperprotezione verso il figlio e di iperesigenza verso se stessi che prevede la dedizione assoluta al figlio come “modalità di espiazione”; la negazione dell’handicap e minimizzazione del danno; la rivendicazione e aggressività nei confronti dell’ambiente che manifesta un atteggiamento di “richiesta di risarcimento” (inteso come supporto e sostegno nella gestione del figlio). Quando non si riescono a superare adeguatamente le difficoltà si possono sviluppare reazioni disadattive come la colpevolizzazione di se stessi o del coniuge o ancora proiettare la colpa sui medici per ciò che riguarda le cure al momento del parto, la tempestività e la correttezza della diagnosi. La ricerca del colpevole però, pur avendo in alcuni casi un fondamento reale, è un atteggiamento inadeguato perché tende a “cristallizzare” la situazione e a non configurare un progetto di vita. Se il dolore iniziale non viene superato, la relazione stessa con il figlio può esserne compromessa e si possono evidenziare, come si diceva in precedenza, atteggiamenti di rifiuto o all’opposto di iperprotezione (si impedisce al figlio di crescere). La totale negazione dell’handicap esprime una negazione della realtà intesa come minimizzazione del danno, ma quest’ultimo comportamento è generalmente transitorio. ___________________________________________________________________ 21 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 2.2. IL DISABILE ADOLESCENTE Dopo lo shock e le difficoltà iniziali, un altro momento di grave difficoltà, si manifesta quando il figlio diventa adolescente. I genitori non interrompono o concludono le attività di cura e di allevamento come invece nel normale ciclo di vita dovrebbe verificarsi; non si raggiunge cioè il processo di separazioneindividuazione e la costituzione dell’autonomia con la relativa definizione dell’identità reciproca (del figlio ma anche della coppia genitoriale). In questa fase si spengono le speranze di possibili miglioramenti, termina la scuola dell’obbligo il figlio e la famiglia sono posti di fronte a nuove e determinanti scelte (proseguire il percorso scolastico, accedere a nuovi contesti di vita, lavorare, …). A fronte di atteggiamenti di svalutazione del figlio (non sarà mai in grado di fare qualcosa) che a volte ne impediscono il reale potenziamento delle abilità presenti, possono manifestarsi vissuti di ipervalutazione delle abilità del disabile (può fare qualsiasi cosa: lavorare, università, …) che potrebbero generare in lui gravi frustrazioni. I genitori vivono nuove ansie e nuove angosce soprattutto rispetto il pensiero del futuro del loro figlio. La difficoltà di non concepirlo più come un bambino nasconde a volte il timore di dover fare i conti con le difficoltà esistenziali che adesso sono innegabili. Il periodo dell’adolescenza come per ogni ragazzo comporta cambiamenti fisici e psicologici. Se il ragazzo disabile non manifesta evidenti cambiamenti psicologici a causa di eventuali problemi cognitivi sicuramente andrà incontro a cambiamenti fisici rispetto i quali potrebbe agire comportamenti non mediati da un’adeguata competenza cognitiva. Rispetto gli interessi e le problematiche di carattere affettivo-sessuale mancano a volte informazioni e riferimenti; i genitori possono vivere difficoltà nell’affrontare tali tematiche per cui vengono spesso ignorate o, qualora siano vissute ed agite, c’è la tendenza a censurarle. Sembra che al ragazzo disabile non sia possibile crescere o costruire una propria identità. Nel passaggio adolescenziale del ragazzo disabile nuovi interrogativi si ___________________________________________________________________ 22 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 presentano alla famiglia: come faremo quando saremo vecchi? Chi si occuperà di nostro figlio? I suoi fratelli/sorelle saranno presenti nella sua vita? Chi controllerà il suo stato di salute? Questi interrogativi ricadono sull’intero nucleo famigliare al quale va comunque riconosciuta una complessità gestionale rispetto la quale chiunque sarebbe in difficoltà. E’ necessario per questo motivo offrire un buon supporto e sostegno alla famiglia in ogni fase del ciclo che deve affrontare. 2.3. QUALI SUPPORTI PER I FIGLI DISABILI E LE LORO FAMIGLIE? Il primo grande bisogno delle famiglie alle quali nasce un figlio disabile è quello dell’ascolto. A volte non è chiesto, a volte rifiutato, a volte è ritenuto inutile ma offrire a queste famiglie spazi di ascolto può indirizzarle alla riflessione circa i propri vissuti e conseguentemente a maturare la decisione di accettare l’aiuto offerto in termini di sostegno, supporto, ascolto. I bisogni delle persone disabili si possono distinguere in bisogni legati all’età evolutiva e bisogni tipici dell’età adulta. Le risorse attivate per rispondere a tali differenti bisogni devono dunque tenere conto anche della fase evolutiva che la persona sta vivendo. I bisogni delle persone disabili, soprattutto per ciò che riguarda l’età evolutiva, a volte coincidono con i bisogni dei genitori. Queste alcune esigenze emerse: - la necessità di una corretta informazione sulle cause e la natura del deficit e sulle eventuali tappe di riabilitazione e di socializzazione; - interventi psico-sociali sui genitori al fine di evitare o contenere reazioni di depressione e di iperprotezione (che potrebbero ostacolare eventuali possibilità di autonomia del figlio); - interventi per prevenire il distacco o l’isolamento della famiglia dal contesto sociale, evitando la gestione privata dell’handicap o il ricorso a comportamenti ___________________________________________________________________ 23 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 deleganti nei confronti delle istituzioni socio-assistenziali; - consulenza interdisciplinare per le possibili terapie di recupero, per le problematiche scolastiche, per le eventuali possibilità di lavoro assistito, per le problematiche sessuali, per le possibilità di partecipazione alla vita sociale in condizioni di crescita ed indipendenza. Per poter rispondere anche solo ad alcune delle esigenze sopra esposte, sarebbe importante mettere in atto modalità di lavoro di equipe in cui tutti i professionisti coinvolti sul caso possano confrontarsi ed analizzare, ciascuno secondo il proprio ambito di competenza, le eventuali problematicità (sanitarie, sociali, educative, ecc.) in modo da restituire al disabile e alla sua famiglia un approccio unitario alla situazione evitando ai soggetti coinvolti eventuale senso di frammentazione, distorsione, confusione, contraddizione. Riguardo la disabilità in età adulta, le esigenze emerse riguardano: - necessità di servizio di assistenza domiciliare; - servizi per emergenza assistenziale o di sollievo; - presenza di centri diurni; - presenza di servizi residenziali socio-assistenziali; - prestazioni di socializzazione. Anche per ciò che riguarda l’età adulta è fondamentale un approccio unitario alla persona da parte degli specialisti che dovranno adesso affrontare anche le problematiche legate all’invecchiamento fisico del disabile ma soprattutto all’invecchiamento dei genitori che progressivamente saranno sempre più impossibilitati a svolgere compiti assistenziali. Dovranno supportare e sostenere le persone verso l’inevitabile separazione e distacco esistenziale. A fronte di tanti bisogni evidenziati, i supporti possono differenziarsi sulla base di molte variabili: luogo in cui la famiglia risiede (nazione, città, regione, …), status sociale della famiglia (possibilità economiche), livello culturale della medesima, grado di resilienza, ecc. . Sarebbe comunque e in ogni caso opportuno offrire un sostegno all’essere genitori in generale e nello specifico genitori di figli disabili. Il mondo moderno sta facendo i conti con nuove modalità genitoriali ___________________________________________________________________ 24 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 determinate dai cambiamenti della famiglia cui si accennava nel capitolo precedente. Alle coppie vengono richieste competenze genitoriali che non sono state trasmesse dalle famiglie di origine perché rispondenti a modelli familiari che nel passato non esistevano (es. famiglie ricomposte) da qui la necessità di “educare alla genitorialità” cioè aiutare padre e madre a crescere come persone, a scoprire le proprie risorse ed i propri limiti per imparare continuamente dai propri errori. Questo tipo di sostegno sarebbe importante anche per i genitori di figli disabili che di punto in bianco si trovano immersi in una realtà sconvolgente, non desiderata, a volte rifiutata ma inevitabile. Le leggi nazionali e quelle regionali prevedono forme di sostegno e supporto alle famiglie con figli disabili ma le risorse che vengono messe a disposizione possono variare anche di molto ad esempio in base alla regione italiana di provenienza. Sotto questo punto di vista la regione Emilia Romagna (come diverse altre regioni d’Italia) da sempre si è mostrata sensibile a tali tematiche offrendo ai cittadini disabili differenti supporti a partire dall’età infantile fino a quella adulta pur consapevole che, in un mondo come quello della disabilità, i sostegni offerti potrebbero non essere mai sufficienti a causa delle diverse e complesse situazioni di vita. Fin dalla nascita di un bambino disabile è possibile accedere a percorsi sanitari con specialisti, in modo gratuito (come per qualsiasi cittadino in stato di necessità), segue la presa in carico dal servizio di neuropsichiatria infantile che funge da referente sia per gli aspetti sanitari (possono essere presenti anche altre figure sanitarie di riferimento pubbliche o private) che educativi. Il neuropsichiatra cura e dispone l’eventuale presenza di figure educative di sostegno a scuola o in orario extra scolastico, può consigliare e predisporre attività riabilitative di varia natura, indirizza assieme alla famiglia il progetto di vita del bambino/ragazzo. Al termine del periodo di scolarizzazione obbligatoria ed eventualmente facoltativa, è possibile accedere a strutture diurne (centri ___________________________________________________________________ 25 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 diurni) o residenziali oppure intraprendere percorsi lavorativi presso servizi idonei ad accogliere le persone in difficoltà. Sono anche presenti sul territorio regionale servizi pubblici e privati che possono supportare i ragazzi e gli adulti disabili nei percorsi di socializzazione al fine di consentire una loro maggiore integrazione sul territorio e consentire l’accesso alle agenzie pubbliche ricreative. E’ possibile, durante tutto l’arco della vita, accedere a percorsi di sostegno psicologico o psichiatrico secondo le necessità. Per le famiglie è possibile anche la consulenza presso centri appositi. Il quadro descritto però può variare anche da provincia a provincia e le offerte possono essere differenti. ___________________________________________________________________ 26 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 CAPITOLO 3 IL CASO DI D. 3.1. LA STORIA DI D. D. è una ragazza di 27 anni che frequenta un centro diurno socio riabilitativo (centro Iride di Modena) per disabili da 9 anni. La diagnosi formulata parla di “ritardo cognitivo grave, epilessia, microcefalia e dimorfismi” cui si aggiungono problemi di intolleranze alimentari e soprattutto ad alcuni farmaci. A questo quadro sanitario già complesso si aggiungono gravi problematiche comportamentali che negli anni hanno causato disagi al nucleo familiare in particolar modo alla mamma che da sempre si occupa della ragazza in prima persona. Dopo la scolarizzazione obbligatoria D. è stata iscritta ad un istituto superiore che ha frequentato fino al 3° anno tra mille difficoltà perché “l’ambiente scolastico non rispondeva alle reali necessità di D. neanche rispetto il bisogno di socializzazione” (parole della mamma). Contemporaneamente al periodo di scolarizzazione superiore la ragazza ha iniziato a frequentare, durante i pomeriggi, un gruppo di ragazzi disabili guidato da educatori della NPI (neuropsichiatria infantile) con l’obiettivo di potenziare le autonomie presenti e favorire percorsi di socializzazione. Nonostante l’esperienza scolastica proseguisse, come si diceva, con molte difficoltà, il rapporto con il gruppo della NPI si andava consolidando nel tempo e per la prima volta D. ha potuto iniziare a sperimentarsi rispetto le autonomie legate alla quotidianità. Al termine del 3° anno di scuola superiore la ragazza, su ___________________________________________________________________ 27 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 richiesta della famiglia, viene inserita presso il centro diurno. Tale passaggio è stato fonte di lunghe e travagliate riflessioni da parte della famiglia (della mamma in particolare) molto timorosa di privare la figlia di occasioni normalizzanti e di apprendimento. L’inserimento presso il centro diurno è stato agevolato e supportato dagli educatori della NPI che hanno accompagnato la ragazza per tutto il periodo di avvicinamento e conoscenza della struttura. Questa modalità ha contribuito a tranquillizzare la famiglia che ha trovato in queste figure un elemento di continuità tra il prima e il dopo, hanno percepito l’uscita dalla scuola non come il termine di un’opportunità ma come un passaggio verso una nuova esperienza. I contatti quotidiani tra gli educatori della NPI (che accompagnavano D. al centro diurno e restavano con lei per un tempo variabile e progressivamente sempre più breve) e gli operatori del servizio, hanno agevolato in percorso di inserimento che non ha presentato problemi particolari. La famiglia pur manifestando la propria preoccupazione per il cambiamento cui la figlia e loro stessi andavano incontro, si è da subito mostrata disponibile e collaborativa, disponibile a mettere in discussione il proprio modo di rapportarsi con la ragazza e pronta ad accettare consigli e suggerimenti. Agli incontri di pianificazione dell’inserimento che hanno coinvolto la famiglia, la neuropsichiatra, gli educatori della NPI, l’assistente sociale, la coordinatrice del centro diurno e l’educatore del medesimo, si sono susseguiti incontri di verifica in cui i vari referenti si sono confrontati circa l’andamento del percorso che, come accennato in precedenza, si è svolto senza problemi particolari. Negli anni D. ha costruito e consolidato relazioni con gli operatori del centro diurno, ha scoperto e potenziato diverse autonomie, ha sperimentato e si è sperimentata in contesti di socializzazione parzialmente protetti, ha appreso il rispetto delle regole della vita di comunità al cui interno ha trovato una propria dimensione e un proprio spazio. Con regolarità (almeno due volte all’anno) si sono svolti incontri con la famiglia e l’a.s. di riferimento per condividere il progetto educativo di D. . ___________________________________________________________________ 28 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 La famiglia ha sempre vissuto con serenità questi momenti di scambio ed ha manifestato più volte il desiderio di trovare momenti di condivisione con altri familiari circa le problematiche che quotidianamente le famiglie di ragazzi disabili devono affrontare. Una parziale risposta a questo bisogno è stata data attraverso alcuni incontri (due all’anno) aperti a tutti i familiari degli utenti del centro diurno in cui si condivide la progettualità del servizio e ci si confronta su eventuali problematiche sollevate dalle famiglie. Oltre alle famiglie a questi incontri sono presenti alcuni referenti istituzionali (un rappresentante del comune di Modena e un rappresentante dell’ente che gestisce il servizio) e il coordinatore del servizio. In un contesto di questo tipo non è naturalmente possibile entrare nella specificità dei singoli casi ma rappresenta comunque un’opportunità offerta alle famiglie anche per socializzare tra di loro e creare un gruppo che all’occorrenza possa “supportare” e “sostenere” chi ne ha bisogno. La famiglia di D. nel corso degli anni non ha mai mancato un solo appuntamento (sia di gruppo che singolarmente) a conferma del desiderio e della disponibilità a relazionarsi in gruppo e a chiedere sostegno e supporto. 3.2. D. IN DIFFICOLTÀ Dopo un ottimo inserimento presso il centro diurno e dopo aver costruito e consolidato relazioni con il personale della struttura, D. inizia a mostrare alcuni segni di insofferenza alle regole comunitarie che prima accettava di buon grado, diventa oppositiva, “capricciosa” (termine usato dalla mamma per descrivere alcune modalità della ragazza) e purtroppo aggressiva verso gli altri. Le attività proposte vengono rifiutate, si oppone alle uscite (sia per le passeggiate che per svolgere attività di altra natura), il momento del pasto diventa occasione per urla e rifiuti: non vuole mangiare il secondo ma solo il primo e il contorno8, 8 La famiglia aveva chiesto di somministrarle prima il secondo e dopo la pasta in quanto a casa la ragazza accettava di mangiare solo pasta e questo creava un disequilibrio alimentare che i genitori vivevano in modo faticoso e preoccupato. Al centro aveva accettato senza problemi questa nuova regola. ___________________________________________________________________ 29 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 se non viene accontentata lancia il piatto, il bicchiere e occasionalmente tenta di ribaltare il tavolo. Anche la più piccola frustrazione (es. se ha terminato di mangiare la merenda) causa pianti disperati, crisi di rabbia, forme di aggressività. Gli operatori del centro diurno la controllano a vista perché senza preavviso può scagliarsi fisicamente contro qualcuno (sia altri utenti che personale del servizio) e fare del male con calci, schiaffi, graffi, tirando i capelli. Gli altri utenti la temono e … “stanno alla larga da lei” nel timore di diventare bersaglio della sua aggressività. Nell’equipe settimanale il gruppo si è confrontato ripetutamente su ciò che accadeva e si sono condivise la modalità per tentare di arginare le manifestazioni di aggressività: quando D. manifesta i primi segnali di agitazione l’operatore che la affianca cambia situazione proponendole spazi alternativi con stimoli e/o attività alternative. Se la crisi comportamentale è già in atto le viene proposta la stanza morbida con luce soffusa e musica adeguata (D. ha da subito manifestato un grande amore per la musica). Sempre in sede di equipe la coordinatrice ha condiviso con il gruppo l’intenzione di convocare la famiglia per aggiornarla sulla situazione e chiedere un rimando circa la vita di D. a casa. 3.3. PRIMO COLLOQUIO CON LA FAMIGLIA Di seguito viene riportata una parte del colloquio con i genitori di D. . Con la lettera A viene indicato l’intervento di chi scrive, B sono le parole della mamma, C quelle del papà. La coppia arriva puntuale all’appuntamento e ci si accomoda nell’ufficio attorno ad un tavolo rotondo. A- “Benvenuti e grazie per aver accolto l’invito a questo colloquio. Mi rendo conto che essere qui è una scelta solo in parte libera perché siete stati convocati per parlare di vostra figlia e qualsiasi genitore vorrebbe parlare del proprio figlio in un contesto diverso da quello del centro diurno ma l’essere adulti e genitori ci ___________________________________________________________________ 30 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 porta a dover accettare delle condizioni di vita che non sempre scegliamo e desideriamo…” B- “… è vero, noi (si riferisce anche al marito) non abbiamo scelto la condizione di D. ma l’abbiamo accettata e amata da sempre. Non vogliamo un’altra figlia ma vorremmo trovare il modo di vivere e farla vivere serenamente… (la signora si commuove)” A- “Avere chiaro un obiettivo di vita così importante mi sembra un ottimo punto di partenza.” B- “ma è così difficile… (la signora cerca di trattenere le lacrime e smette per un momento di parlare)” A- “Anche l’obiettivo del centro diurno è quello di dare a D. gli strumenti per poter vivere con serenità assieme alla sua famiglia e qui al centro. Vorremmo che D. e voi poteste godere di una buona qualità di vita e per fare questo dobbiamo condividere gli obiettivi, le modalità di lavoro, … le difficoltà. Proprio di questo volevo parlarvi”. “A” mette al corrente la famiglia della situazione che la figlia vive al centro e chiede come si comporta a casa. B- “… a casa è intenibile, tutti i giorni sono capricci, lacrime, schiaffi, calci … io cerco di accontentarla come posso. Tutti i giorni dopo il centro io e mio marito la portiamo fuori, le prendiamo la pizza che lei ama tanto; l’altro giorno c’era la banda al parco che suonava le ho detto che l’avrei portata li e lei rideva felice ma quando siamo arrivati dopo 10 minuti ha iniziato a piangere e ad urlare le abbiamo preso la pizza e dopo averla mangiata a continuato con una “piazzata” in mezzo alla gente … (di nuovo si commuove) … cercavo di tranquillizzarla le parlavo con dolcezza ma lei mi ha dato uno schiaffo sul viso che mi ha fatto malissimo… (adesso piange e si asciuga le lacrime)” C- “ non riuscivamo più a spostarla da quel posto. Non sapeva neanche lei cosa voleva. Solo quando ho fatto la voce grossa siamo riusciti a portarla via” B- “… vede, mia figlia è capricciosa e non tollera niente! A casa vuole tutto e subito e poi non è comunque contenta. Tutte le sere c’è la crisi di turno. Per ___________________________________________________________________ 31 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 motivi inspiegabili di punto in bianco inizia ad urlare. Prima picchiava solo me adesso alza le mani anche con suo padre anche se lo teme un po’ di più. Riesco a volte a farla calmare mettendola a letto e dandole uno “straccetto” di stoffa che lei mette in bocca e tira con i denti. Se volete vi porto uno “straccetto” anche per il centro…” A- “Dovremmo cercare di capire che cosa può disturbare D. al punto da farla diventare aggressiva, ammesso che ci sia davvero qualcosa nell’ambiente o nel comportamento di chi la circonda che la infastidisce” B- “secondo lei potrebbe non essere colpa mia e di mio marito se D. si arrabbia? Io penso che lei diventi aggressiva quando a casa non riusciamo a capire cosa vuole…” A- “ ma… innanzitutto non parlerei di colpe. D. è così e le persone che la circondano fanno di tutto per comprenderla e cercare di darle gli strumenti affinché possa soddisfare o, ancora meglio, imparare a controllare i propri desideri o impulsi. D. come ogni ragazza giovane deve apprendere che non sempre è possibile soddisfare nell’immediato i propri desideri e che un mancato soddisfacimento nell’immediato non vuol dire dover rinunciare per sempre a qualcosa” C- “ sa che è vero, mia figlia non sopporta neanche il più piccolo no. Noi le diciamo, quando ad esempio è brutto tempo, che non si può andare al parco o a prendere la pizza al taglio le facciamo vedere dalla finestra che piove e che fa freddo ma... non c’è verso. Sapesse quante volte sotto l’acqua l’abbiamo caricata in macchina e siamo andati a prendere la pizza pensando di farla contenta e poi… ha lanciato la pizza dentro la macchina e picchiava mia moglie arrabbiatissima … (il papà si interrompe)” A- “Secondo voi, se in una di queste giornate di freddo quando non è possibile uscire, proponeste a D. qualcosa da fare in casa assieme a voi come reagirebbe vostra figlia?” B- “… non saprei… non ho idea di cosa si possa fare con lei in casa…” Si crea un breve silenzio di attesa. ___________________________________________________________________ 32 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 A- “e il papà cosa dice?” C- “(si rivolge alla moglie) … ma dai ti ricordi che quando era piccola stava un sacco di tempo ad ascoltarti mentre suonavi il pianoforte? Le piaceva tanto e ti ascoltava in silenzio… ogni tanto batteva le mani per accompagnarti al ritmo della musica…” La signora sorride al ricordo. Si crea di nuovo un momento di silenzio. A- “pensate sia proponibile oggi una cosa del genere a D.?” B- “si… certo… sono un po’ fuori allenamento ma non importa. E’ da tanto tempo che non suono più il pianoforte” A- “se entrambi siete d’accordo possiamo definire questo primo, chiamiamolo così, piccolo impegno da mettere in atto a casa in quei momenti di difficoltà. Poi vediamo come va.” I genitori acconsentono fiduciosi ma poi si crea nuovamente il silenzio. A- “C’è qualche altra situazione con D. che a casa vi mette in difficoltà?” B- “a dir la verità si. Quando devo andare in mansarda a stendere il bucato e sono da sola non so come fare perché D. non vuole fare le scale io devo trascinarla a forza ma poi devo tornare giù a prendere il bucato e sono in pena a lasciarla sola anche se per poco tempo perché temo che cada dalle scale nel tentativo di tornare in casa… mi rendo conto che sembra una sciocchezza ma per me è un grande disagio come anche andare a fare la spesa al supermercato. Lei non tollera di dover fare la fila alla cassa o di dover girare lungo le corsie; vorrebbe prendere solo ciò che le interessa (la pizza o la focaccia) e andarsene. Varie volte mi è capitato che alla cassa scoppiasse a piangere e mi dava calci e schiaffi… io ero molto imbarazzata li davanti a tutti e qualcuno a volte si è impietosito e mi ha lasciato passare. Ma io non voglio questo, vorrei che D. fosse un po’ più tollerante … (si commuove)“ A- “queste mi sembrano difficoltà reali è non sciocchezze. Per questo pensavo che anche qui al centro potremmo prenderci un piccolo impegno con D. . Dal momento che anche noi abbiamo tutti i giorni le tovaglie da stendere potremmo definire che questo è il compito che D. svolgerà con un operatore cercando di ___________________________________________________________________ 33 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 renderla autonoma il più possibile nelle varie fasi dell’attività e potremmo anche proporre a D. l’attività di spesa che ogni settimana i ragazzi e gli operatori del centro fanno al supermercato …” Viene esposta in modo dettagliato la proposta di attività. B- “… guardi… sarebbe una cosa meravigliosa. Io non so se D. vi darà retta ma voi siete bravi e forse ci riuscirete …” A- “il vero obiettivo è che in futuro D. possa aiutarla a casa a stendere il bucato e venire con lei a fare la spesa senza creare problemi e magari dandole anche una mano”. Ci congediamo e prendiamo appuntamento per il mese successivo (dopo circa 4 settimane). 3.4. RIFLESSIONI DOPO IL PRIMO COLLOQUIO Nell’idea iniziale, era mia intenzione mettere al corrente la famiglia della situazione di D. al centro, ascoltare un loro rimando rispetto la vita a casa ed eventualmente proporre ed ascoltare possibili soluzioni. In realtà, fin dalle prime battute dell’incontro è emersa molto chiaramente la grande sofferenza presente nel vissuto relazionale dei genitori (in particolar modo della mamma) con la loro figlia. Ho pensato quindi durante il colloquio di lasciare un tempo adeguato (ma non eccessivamente lungo) affinché potessero raccontarsi nella quotidianità con la loro figlia. Ritengo infatti che il raccontarsi oltre ad avere una funzione liberatoria possa contribuire ad incrementare la capacità comunicativa dei membri permettendo al contempo di perseguire un’idea condivisa delle vicende familiari. Ho cercato di attivare la figura paterna che mi sembrava più sullo sfondo delle vicende ma lasciava trasparire un profondo coinvolgimento ed infatti è stato lui che in un momento di empasse ha sbloccato la situazione con una proposta attuabile e costruttiva per l’intero nucleo familiare (proposta del pianoforte). ___________________________________________________________________ 34 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 Ho reputato di secondaria importanza le difficoltà del centro diurno che può in ogni caso contare su più risorse umane e altri strumenti di supporto al proprio lavoro (supervisione, equipe settimanale, formazione, …). Mi è sembrato importante però sottolinearne la presenza e l’impegno a supportarli nel difficile compito genitoriale attraverso la proposta di attività che potessero andare a vantaggio anche delle dinamiche familiari (es. spesa, stendere il bucato, …). Ho reputato importante consolidare “l’alleanza” con il centro nella gestione della ragazza in quanto attualmente è l’unica presenza significativa che affianca la famiglia in questo delicato compito. 3.5. SECONDO COLLOQUIO CON LA FAMIGLIA La famiglia arriva puntuale all’appuntamento e ci si accomoda nel solito ufficio attorno al tavolo rotondo. A- “Benarrivati. Come state?” B- “Non c’è male grazie anche se siamo preoccupati per D. perché continua ad essere molto agitata ed aggressiva …” La signora racconta episodi simili a quelli raccontati nell’incontro precedente. A- “…e siete riusciti a proporle l’ascolto della mamma che suona il pianoforte?” B e C (insieme) - “si, si” B- “sa, per me è stato un momento molto emozionante. Per un po’ mi è sembrato di tornare indietro nel tempo a quando D. era piccola. All’epoca non avrei mai immaginato che da grande sarebbe stato così complicato gestirla” C- “secondo me è stata una bella proposta. D. non se lo aspettava quando la mamma a cominciato a suonare. Sembrava una cosa nuova per lei. … siccome non potevamo uscire perché la nonna non stava bene9 abbiamo subito visto che iniziava ad innervosirsi così le abbiamo proprio detto che c’era una bella sorpresa 9 La nonna cui si fa riferimento è quella materna che in passato viveva autonomamente in un appartamento attiguo al loro ma adesso a causa di un processo di demenza senile, vive assieme al nucleo familiare. Anche questo elemento appesantisce il carico dei coniugi che a volte non sanno come dividersi gli impegni di cura. ___________________________________________________________________ 35 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 per lei, “guarda la mamma” le ho detto e lei quando ha sentito le prime note ha cambiato espressione del viso. Era meravigliata… è rimasta li in piedi per un po’. Quando si è seduta sulla poltrona vicina, ha accavallato le gambe ed ha iniziato a battere le mani a ritmo di musica. Quasi non ci credevamo!!! … Lo abbiamo fatto altre volte di proporle la musica e per il momento sembra che funzioni …” A- “sua moglie ha parlato di agitazione ed aggressività che continuano ad essere presenti, anche lei rileva queste modalità in D.?” C- “non è più la crisi tutte le sere, un po’ si sono diradate ma ci sono ancora. Veramente c’è stato un brutto episodio accaduto proprio davanti al neurologo che segue la terapia per D.10. Eravamo li con l’esito degli esami del sangue per verificare il dosaggio dell’antiepilettico e mia moglie raccontava al dottore del comportamento di D. di quanto è aggressiva e agitata…“ La signora si sovrappone al marito e prende la parola continuando il racconto. B- “avevo l’impressione che il dottore non mi prendesse neanche più di tanto sul serio, non mi guardava neanche in faccia. Io insistevo nel raccontare le difficoltà che abbiamo; quando D. in modo inaspettato ed imprevedibile mi ha dato un calcio nello stomaco che mi ha scaraventato contro il muro facendomi poi cadere a terra (alla signora si riempiono gli occhi di lacrime). Poi il dottore ha prestato più attenzione, mi hanno fatta sdraiare su un lettino mentre D. ha iniziato a piangere. Quando stavo meglio è stato proprio il dottore che ci ha proposto di somministrarle delle gocce che dovrebbero aiutarla ad essere più tranquilla. Io sono contraria ai farmaci ma proprio non ce la faccio più. Pensavamo di provare e volevamo chiedere se ci aiutate a tenerla monitorata sulle possibili reazioni. Qualsiasi cosa di diverso dal solito notiate sia come comportamento che dal punto di vista fisico per favore comunicatecelo… a volte questi farmaci non vanno bene con gli antiepilettici…” 10 Poiché la ragazza soffre di crisi epilettiche assume alcuni farmaci che le tengono sotto controllo. La famiglia si è rivolta al servizio sanitario di un’altra città della regione per le cure antiepilettiche e a scadenze precise deve recarsi li per il monitoraggio dei farmaci o eventuali altri problemi. Il fatto di doversi spostare in un’altra città per queste cure viene oggi vissuto con un certo disagio ma la signora ha più volte affermato di non avere referenti sanitari vicini ai quali poter sottoporre le problematiche della figlia. ___________________________________________________________________ 36 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 A- “per questo state tranquilli, riferirò agli operatori del centro le novità dal punto di vista farmacologico e osserveremo attentamente D. riferendovi ogni cambiamento perché è vero che a volte i farmaci che agiscono sul comportamento hanno un’interazione negativa con gli antiepilettici. Ma ribadisco, state tranquilli anche perché D. ha sempre un operatore con lei. Vi chiedo solo di avvisarci quando inizierete con la nuova somministrazione”. Il colloquio prosegue con ulteriori approfondimenti da parte della famiglia sulle questioni sanitarie. A- “se potreste cambiare qualcosa dal punto di vista delle cure sanitarie che cosa cambiereste?” B- “… sicuramente avere una figura sanitaria qui in città che conosce bene mia figlia e la sua storia sarebbe un grande aiuto perché tutte le volte che c’è un problema o si deve fare una visita dover andare in un’altra città, lasciare la cura di mia madre all’altro figlio (D. ha un fratello maggiore sposato che vive fuori casa) che deve prendere un giorno di ferie… è tutto complicato poi D. non sempre vuole salire in macchina…” Il padre annuisce e conferma tutto. A- “so che è possibile avere un referente anche qui a Modena. Se siete d’accordo proviamo a coinvolgere anche l’a.s. chiedendole a chi ci si può rivolgere…” La famiglia accetta di buon grado la proposta e ci diamo appuntamento a dopo 4 settimane. 3.6. RIFLESSIONI DOPO IL SECONDO COLLOQUIO L’idea iniziale di riprendere da dove ci eravamo lasciati la volta precedente e cioè verificare come era andata rispetto i piccoli impegni che la famiglia e il centro avevano concordato, è stata superata quasi subito perché ho percepito che l’episodio accaduto dal neurologo aveva una portata emotiva importante per entrambi i coniugi, in particolare per la mamma. Ancora una volta era impellente il bisogno di raccontare, quasi per rielaborare, l’accaduto. Temevo che la signora ___________________________________________________________________ 37 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 si lasciasse prendere dall’emotività e che il colloquio si impantanasse in un circolo vizioso di autocommiserazione, per questo motivo ho pensato che l’azione perturbante più sensata in questo racconto potesse agganciarsi alle problematiche sanitarie. Ho quindi indirizzato una riflessione su aspetti pratici, fattibili e soprattutto utili qual’ora si fossero concretizzati. La signora stessa è riuscita ad esprimere il bisogno di cercare un referente sanitario più vicino (forse non solo in senso spaziale). Ancora una volta ho lasciato in secondo piano gli eventuali approfondimenti sulla progettualità intrapresa dal centro, concordata e condivisa con la famiglia. Gli scambi più o meno quotidiani tra gli operatori del servizio e la famiglia (che si verificavano quando accompagnavano e venivano a prendere la figlia al centro) mi davano un rimando positivo circa le relazioni tra casa e centro. Nell’incontro di equipe settimanale il gruppo di lavoro riceveva gli aggiornamenti necessari per un miglior monitoraggio della situazione dal punto di vista comportamentale e sanitario. Veniva portata avanti, rivista, discussa nuovamente, la progettualità condivisa con la famiglia. 3.7. TERZO COLLOQUIO CON LA FAMIGLIA Ci accomodiamo nel solito ufficio e noto la famiglia particolarmente sorridente e rilassata. A- “come state?” B- “sapesse!!! Da quando abbiamo iniziato con il nuovo farmaco va molto meglio. La nostra vita è cambiata radicalmente! D. è molto più tranquilla!” A- “devo confermare che qui al centro le cose vanno molto meglio. Non solo D. è più tranquilla ma è anche più recettiva. Risponde bene a tutte le attività, ha voglia di “fare”. In questi mesi abbiamo continuato con il progetto del bucato da stendere ed è diventata abbastanza autonoma così come con la spesa. Adesso aspetta alla cassa il proprio turno senza lamentarsi, assieme all’operatore spinge il carrello ed esegue gli acquisti che ha sulla lista: indirizzata prende gli oggetti e ___________________________________________________________________ 38 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 li depone nel carrello. Al termine dell’attività fa uno spuntino con il resto del gruppo con il quale accetta di condividere persino la pizza! Le manifestazioni di aggressività si sono sempre più diradate ed è da un paio di settimane che non si manifestano più…” B- “avevo capito che stavate lavorando sullo stendere perché già diverse volte quando le dicevo “vieni che andiamo a stendere” lei senza batter ciglio prendeva autonomamente il catino e si dirigeva verso la lavatrice e in solaio, senza che io lo chiedessi, mi allungava il bucato da stendere. Con la spesa fa ancora qualche capriccio di troppo quando alla cassa deve aspettare mentre invece vorrebbe subito mangiare la focaccia o la pizza che le compero come premio. Ma va bene lo stesso così. Non tenta neanche di farmi del male adesso… Dopo tanto tempo ho riprovato il piacere di stare con mia figlia, di suonare il pianoforte per lei… e lei è felice, lo apprezza…” A- “… ho anche contattato l’a.s. per chiederle a chi ci si può rivolgere per avere il nominativo di un referente sanitario cui far riferimento qui a Modena. Mi ha parlato di una psichiatra, la dott. M. che ha già in carico altri casi di utenti disabili. L’idea è quella di proporre un incontro con lei, l’a.s. e il medico di base qui al centro per fare il punto della situazione e predisporre per l’eventuale presa in carico sanitaria qui a Modena…” La famiglia apprezza la proposta ma si mostra subito scettica sulla riuscita dell’incontro. Afferma che il medico di base è sempre stato latitante rispetto le problematiche della figlia per questo loro, anche per il certificato più banale, si sono sempre rivolti allo specialista fuori città. Manifestano perplessità anche circa la disponibilità di tale specialista a passare il caso con la relativa documentazione (la famiglia parla di documenti sanitari di una vita intera) ad un eventuale collega. Si impegnano comunque a contattarlo e verificarne la disponibilità. Prima di concludere l’incontro comunico alla famiglia l’idea del centro di portare D. alcuni giorni in montagna assieme ad un piccolo gruppo di utenti. Ancora una volta la signora si commuove accetta volentieri, ringrazia dicendo ___________________________________________________________________ 39 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 che mai avrebbe immaginato che sua figlia potesse fare tanti progressi da essere pronta per allontanarsi da casa senza genitori. Rimando con la famiglia i dettagli del viaggio ad ulteriori momenti di scambio. Saluto dicendo che dopo l’estate li contatterò per comunicare loro la data dell’”incontro allargato”. 3.8. RIFLESSIONI DOPO IL TERZO COLLOQUIO L’introduzione di un farmaco adeguato ha consentito una svolta nella gestione di D. da parte della famiglia e del centro diurno. Il disturbo comportamentale è risultato strettamente legato alla patologia (risultato emerso dalle consultazioni con i sanitari) e questo ha liberato la famiglia dal peso del senso di colpa che in particolar modo si attribuiva la mamma sentendosi “non capace di comprendere” le richieste della figlia. La coppia sembra aver trovato una nuova serenità. I visi non sono più tirati, tristi, sconfortati. In questo momento è la svolta attesa. A riguardo rifletto sull’importanza dell’apporto delle figure sanitarie e rinforzo l’idea dell’incontro allargato. Solo l’integrazione tra i diversi saperi può indicare la strada per la comprensione del comportamento di D. e fungere da fondamento per la costruzione di nuove modalità di interazione con lei. Effettivamente i primi risultati di questa inconsapevole e involontaria integrazione ha già dato i suoi frutti in quanto l’assunzione del nuovo farmaco ci ha consentito di sperimentare altre forme di apprendimento con D. e costruire nuove possibilità per lei (es. la partecipazione al soggiorno estivo). 3.9. QUARTO INCONTRO CON LA FAMIGLIA Ci rivediamo dopo l’estate. Il breve soggiorno con D. è andato molto bene; al centro siamo molto felici del risultato raggiunto, anche la famiglia è soddisfatta. ___________________________________________________________________ 40 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 L’incontro, come previsto, coinvolge diversi referenti del caso: il centro diurno, l’a.s. di riferimento, la psichiatra indicata dall’a.s. come possibile nuovo referente sanitario: dott.ssa M. . L’incontro inizia con circa 45 minuti di ritardo perché la psichiatra tarda ad arrivare. Con la lettera A sono indicati gli interventi della sottoscritta, B e C sono rispettivamente le parole della mamma e del papà, D è l’a.s. ed E la psichiatra. E. arriva trafelata e si scusa del ritardo giustificandolo con un’emergenza verificatasi presso il CSM (Centro di Salute Mentale). Il resto delle persone la giustifica cortesemente. A- “… mi preme ricordare il perché di questo incontro e chiedo aiuto ai genitori di D. visto che hanno espresso un bisogno… (mi rivolgo alla coppia) volete esprimervi direttamente voi in modo da circostanziare e precisare la natura della vostra richiesta?” B- “si, mi sembra opportuno…” La signora racconta ai presenti della necessità di un referente sanitario in città per il monitoraggio farmacologico della figlia. Sottolinea la scomodità di doversi recare in un’altra città ogni qualvolta insorge qualche problema o semplicemente per i controlli di routine. E- “ma che farmaci prende sua figlia?” La signora sottopone alla psichiatra lo schema dei farmaci assunti da D. . E- “… mi dispiace ma le dico subito che io non posso essere il referente che lei cerca… vede… i farmaci che io prescrivo agiscono negativamente con gli antiepilettici che prende sua figlia. Io non posso aiutarla. Lei deve rivolgersi al medico di base che cura sua figlia anzi, oggi dovrebbe essere qui anche lui…” D- “il medico è stato convocato, l’ho chiamato io ma non si è dato disponibile per l’incontro affermando di non conoscere bene il caso e di non poter essere di aiuto…” C- “non mi meraviglio noi lo avevamo già detto che probabilmente non si sarebbe reso disponibile” ___________________________________________________________________ 41 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 D- “il tentativo andava comunque fatto…” Tutti concordano. A- “(mi rivolgo alla psichiatra) crede sia possibile cercare di rispondere in questa sede o quanto meno indirizzare questa famiglia anche se non è presente il medico di base?” E- “(un po’ imbarazzata) si, certo ma io non posso fare molto” A- “cerchiamo allora di comprendere meglio la situazione di D. almeno dal punto di vista sanitario. (Mi rivolgo ai genitori). Dovendo descrivere sinteticamente le principali problematiche sanitarie di vostra figlia da dove partireste?” La signora parla con precisione e competenza di problemi epilettici, di anemia, di carenza di calcio, di intolleranze alimentari e non, di problemi comportamentali. La psichiatra si mostra interessata e fa domande sull’insorgenza delle prime problematiche di D. I genitori (anche il papà interviene) fanno adesso un lungo racconto ripercorrendo la vita di D. dalla nascita. E- “vedo che i problemi sanitari di vostra figlia sono diversi e questo conferma la necessità di rivolgersi al medico di base affinché diventi elemento di raccordo tra i vari specialisti di cui vostra figlia ha bisogno…“ D- “sarebbe una buona idea avere il medico come elemento di raccordo ma nello specifico questa persona non è intenzionata a collaborare…” A- “(Mi rivolgo nuovamente ai genitori). Conoscete un altro medico di base non lontano da casa vostra?” B- “a dir la verità… no, ma adesso che ci penso la mamma di S. (è una ragazza che frequenta lo stesso centro diurno di D.) mi ha parlato del suo medico ed effettivamente mi sembra, da ciò che lei dice, molto capace e soprattutto disponibile verso i ragazzi con problemi come i nostri…” C- “… a questo punto ci conviene cambiare medico di base… tanto il nostro non conosce per niente D. … forse un nuovo medico ci può dare qualche indicazione in più…ed essere un po’ più presente…” D- “se volete (rivolta ai genitori) posso contattare io questo nuovo medico ed ___________________________________________________________________ 42 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 avvisarlo che vi rivolgerete a lui per vostra figlia…” B- “… magari… Sarebbe comunque un aiuto in più. Grazie! Speriamo che questo nuovo medico ci sappia poi indirizzare dagli specialisti giusti… Noi avevamo anche chiesto al professore che segue D. da quando è nata (è lo specialista dell’altra città che loro vorrebbero lasciare) se era disponibile a passare la documentazione su nostra figlia ad un altro specialista. Gli avevo poi spiegato delle nostre difficoltà e che la richiesta non metteva assolutamente in discussione il suo operato ma… mi è sembrato seccato dalla richiesta. Abbiamo capito chiaramente che non ha nessuna intenzione di trasmettere tutti questi anni di documentazione… Adesso non sappiamo come è meglio fare…” A- “(ai genitori) l’idea di cambiare in medico di medicina generale è già un punto di partenza. Fatto questo primo passo con l’aiuto dell’a.s., potremmo insieme costruire un percorso assieme al nuovo medico. Ogni referente che conosce D. può portare il proprio contributo per costruire insieme una conoscenza condivisa e “ricca” su D. . Per la storia sanitaria possiamo per il momento contare sul materiale che abbiamo qui al centro e quello che avete voi a casa (la famiglia annuisce convinta). Possiamo stabilire che una volta fatto questo passaggio “burocratico” (cambio del medico) ci rivediamo qui al centro contando sulla presenza del medico di base e di tutti noi per proseguire con l’idea di condividere e costruire la conoscenza su D. . Chiedo in particolare alla dott.ssa M. la possibilità di rimanere “agganciata” sul caso ben consapevoli che ogni suo eventuale intervento va costruito assieme ad altre figure sanitarie…” La dott.ssa M. acconsente. Ci salutiamo con l’impegno di un giro di telefonate per fissare la data di un nuovo appuntamento. 3.10. RIFLESSIONI DOPO IL QUARTO COLLOQUIO Non è stato facile organizzare l’incontro perché gli psichiatri generalmente tendono a non farsi carico dei soggetti disabili estremamente complessi da gestire perché le normali prassi di cura adottate con gli altri pazienti si rivelano ___________________________________________________________________ 43 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 fallimentari così come l’eventuale gestione dei farmaci, che deve tenere conto di possibili interazioni con medicinali somministrati da altri specialisti11. Durante il colloquio mi sono resa conto che i 45 minuti di ritardo della psichiatra (senza neanche una telefonata che avvisava di ciò) avevano creato in me una sorta di pregiudizio nei suoi confronti. Ho cercato, soprattutto all’inizio dell’incontro, di tenere sotto controllo questo sentimento anche se ho percepito da parte sua un atteggiamento di rifiuto nei confronti della famiglia e della situazione stessa. La competenza acquisita dalla famiglia rispetto le questioni sanitarie ha, a mio avviso, ribaltato la situazione catturando l’attenzione della professionista e interessandola al caso. Alla ritrosia iniziale infatti (la prima cosa che la dott.ssa ha chiarito era che lei non avrebbe potuto in alcun modo aiutare D.) si è sostituito un interesse sincero che ha portato i genitori a raccontare le vicende sanitarie della figlia (durante questa fase del colloquio la dott.ssa M. era molto attenta al racconto ed ha preso diversi appunti). Ho provato un sentimento di ammirazione verso questi genitori che pur nella difficile situazione che vivono non hanno perso di vista mai, neanche per un momento, l’obiettivo legato al benessere per la loro figlia. Nonostante il ritardo, nonostante il poco interessamento iniziale, hanno mantenuto la lucidità per portare avanti l’obiettivo privi (almeno apparentemente) di risentimento. L’obiettivo dell’incontro era quello di trattare gli aspetti di cura sanitaria di D. e anche se non è stata trovata una soluzione definitiva, la strada intrapresa porta verso quella direzione. Allo stato delle cose non è ancora possibile dire se il percorso intrapreso darà gli esiti sperati (individuazione di un nuovo, o più, referenti sanitari per D. che si attivino all’occorrenza evitando il disagio per l’intero nucleo di doversi recare in un’altra città), credo che molto dipenda dalla volontà dei referenti sanitari. 11 Questa riflessione condivisa dall’a.s. di riferimento è stata esplicitata da un referente sanitario con ruolo di responsabilità e profondo conoscitore della realtà sanitaria locale. ___________________________________________________________________ 44 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 CONCLUSIONI Il percorso intrapreso con la famiglia di D. è nato dal bisogno di accrescere la collaborazione centro diurno e famiglia soprattutto (ma non solo) per ciò che riguarda la gestione delle situazioni critiche. La famiglia di D. da subito si è mostrata collaborativa, desiderosa di condividere la problematiche inerenti la figlia e pronta ad accogliere (e dare) suggerimenti e consigli. Questi genitori, a mio avviso, affrontando la difficile quotidianità con la figlia hanno maturato una competenza genitoriale non comune in queste situazioni. Hanno saputo riconoscere i loro ambiti di difficoltà nella gestione della figlia ma non si sono fatti schiacciare dalla situazione hanno reagito chiedendo aiuto e raccontando gli eventi. Il concetto di resilienza affrontato nei capitoli precedenti (Cap. primo, par.1.6), trova un esplicativo esempio nel comportamento di questa famiglia. In uno dei colloqui, la mamma stessa afferma di non desiderare una figlia diversa (assenza di problemi) ma di voler trovare il modo di convivere in modo costruttivo con lei. Questo è l’assunto base del concetto di resilienza: non solo sopravvivere ai problemi, ma cercare di convivere con quelli insolubili continuando a lottare per costruire un’esistenza “ricca” e vitale. In quest’ottica nessuna sofferenza risulta irrimediabile, ma può essere trasformata e vissuta come occasione di cambiamento e di miglioramento di se stessi e della propria esistenza. Nel caso analizzato l’elemento di fragilità che ho riscontrato nel percorso effettuato con la famiglia è rappresentato dalla difficoltà che è emersa nella richiesta di collaborazione con le figure sanitarie. Mi è sembrata evidente l’intenzione, delle diverse figure sanitarie che si è cercato di coinvolgere, di prendere le distanze dal caso o comunque di non essere intenzionati a ___________________________________________________________________ 45 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 condividere le eventuali conoscenze sanitarie sul caso con altri professionisti. In questi comportamenti ho letto più l’intenzione di tutelare interessi personalistici o di categoria contrastando al mandato di una professione a servizio dei cittadini, soprattutto di quelli in difficoltà12. Penso comunque che questa famiglia abbia dato una “lezione di umanità e competenza” alle persone coinvolte nel percorso. Gli incontri successivi purtroppo non hanno dato gli esiti attesi. Ancora una volta le figure sanitarie si sono rese latitanti e la famiglia ha dovuto affrontare una nuova grave crisi comportamentale della figlia. In una situazione così difficoltosa si è comunque ulteriormente consolidata l’alleanza tra la famiglia e il centro diurno. 12 Preciso che i sanitari coinvolti sono tutti dipendenti del servizio pubblico. ___________________________________________________________________ 46 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Giuseppina Pompili - SST Counselling Scolastico (Secondo anno) A.A. 2011 - 2012 Bibliografia - Albisetti V., Genitori e figli, Ed. Paoline, Milano, 2002. - Ammaniti M., Crescere con i figli, Mondadori, Milano, 2001. - Andolfi M., La terapia con la famiglia, Astrolabio-Ubaldini ed., Roma, 1977. - Bion W. 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