Istituto MEME: DONNE, CRIMINE E disINFORMAZIONE
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Istituto MEME: DONNE, CRIMINE E disINFORMAZIONE
Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles DONNE, CRIMINE E disINFORMAZIONE Scuola di Specializzazione in: Scienze Criminologiche Relatore: dr.ssa Jacqueline Monica Magi Tesista Specializzando: dr.ssa Barbara Bargigli Anno di corso: Secondo Modena: 7 settembre 2013 Anno Accademico: 2012 - 2013 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 INDICE DEI CONTENUTI INTRODUZIONE pag. 3 PRIMO CAPITOLO Il ruolo sociale delle donne pag. 8 Le donne cri minali pag. 13 Donne e serial killer pag. 17 La vitti mologia e il sesso debole pag. 23 SECO NDO CAPITOLO Cri minalità e mass media pag. 27 I mass media e la fi gura della donna pag. 30 Dentro la noti zia pag. 33 TERZO CAPITOLO La donna nell’i mmagi nario collettivo: vittima o carnefice? pag. 36 Media e stereotipo di genere pag. 39 Infor mazione e disin for mazione pag. 41 CONCLUSIONI pag. 44 BIBLIOGRAFIA pag. 47 SITOGRAFIA pag. 49 ___________________________________________________________________ 2 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 INTRODUZIONE Il presente lavoro intende porre in evidenza il tema delle donne criminali correlato all’importanza dei mass media, intesi come quel contenitore d’informazione che quotidianamente viene riversato sulla popolazione al fine di influenzarne idee, posizioni psicologiche e opinioni. Nella nostra società il crimine è così spesso al centro della notizia da divenire l’estremo protagonista dei var i generi televisivi seriali, di attualità e di diffusione informativa. Basta fare un po’ di zapping per rendersi conto di come scomparse, sangue e omicidi siano oramai gli ingredienti principali di molti programmi, ridotti a quell’equazione vincente data d al connubio sangue-audience. Invero i mezzi di comunicazione quali la stampa e la televisione concorrono in maniera pressoché decisiva alla formazione dell’idea di cosa sia il reato e di quanto lo Stato faccia per reprimerlo, dando origine a sentimenti di fiducia o di sfiducia nelle capacità di reazione alla delinquenza da parte delle istituzioni nonché a un dato consenso o a una certa disapprovazione nei confronti delle scelte statuali in tema di giustizia penale. 1 Tali risposte nient’altro sono che la co nseguenza del modo con il quale viene presentata la notizia. La stampa, ad esempio, può non riuscire nell’intento di dire alla gente cosa pensare ma sicuramente è in grado di trasmettere ai suoi lettori le priorità attentive inerenti ai temi da focalizzare . Il punto chiave della presente tesi ruota attorno al gioco di parole informazione-disinformazione. Mentre la prima consiste nella divulga zione di elementi utili al fine di rendere edotti i suoi recettori riguardo 1 Forti G. e Bertolino M., La televisione del Crimine. Atti del Convegno “La rappresentazione televisiva del crimine”. 2005, Vita e Pensiero edizioni. Pag. 193. ___________________________________________________________________ 3 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 specifici argomenti, la seconda si verif ica in presenza di inesatta, scarsa o mancata propagazione di notizie. Il problema legato alla predilezione dei mass media per gli eventi di maggiore interesse e clamore si concretizza nella t endenza data dall’invertire i dati numerici della criminalità, r isultanti dal rilevamento giudiziario, a favore di alcuni reati gravi di scarsa frequenza. Tale inclinazione va a discapito di crimini più numerosi la cui gravosità sociale non è correlata al singolo evento criminoso ma alla somma degli stessi. 2 Pertanto, televisione e stampa tendono a non occuparsi del crimine come fenomeno criminale ma come fatto individuale, con una conse guente selezione distorsiva delle notizie. In Italia, come accennato in apertura, i fatti di cronaca sono da sempre l’ossatura dei con tenitori informativi. Quello che desta maggior interesse, e per il quale credo sia importante spendere qualche parola, è il cambiamento di tendenza che si è registrato dal 2010, anno nel quale è stato raggiunto l’apice delle notizie relative ai reati alla persona, con un particolare interesse rivolto alla vicenda della piccola Sarah Scazzi: da allora si preferiscono casi specifici e lunghi rispetto ai più generici .3 2 3 Forti G. e Bertolino M., La televisione del Crimine. Atti del Convegno “La rappresentazione televisiva del crimine”. 2005, Vita e Pensiero edizioni. Pag. 182 Come si evince consultando il sito http://www.demos.it/a00551.phpdove dove viene riportato il monitoraggio periodico, realizzato da Demos e Oss. di Pavia, inerente alle diverse facce dell’insicurezza. ___________________________________________________________________ 4 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 Le persone che si sentono più insicure rispetto al fattore criminal e sono soprattut to donne e casalinghe, travolte da un pervasivo senso di angoscia che le accompagna nella loro quotidianità. Donne considerate ancora una volta il sesso debole, fragile e sensibile. I fatti criminali garantiscono ascolto, interessano e attraggono gli italiani. Ne sono un esempio i format d’inchiesta, primo fra tutti il programma condotto da Salvo Sottile, Quarto Grado , in onda con successo ormai da qualche anno e che si occupa dei casi di cronaca nera che più hanno scosso e appassionato l’opinione pubblica . Quasi come fosse un serial tv, puntata dopo puntata vengono svelati dettagli mancanti, recenti sviluppi e nuove piste in una progressiva e continua ricostruzione del delitto capace di catapultare il pubblico nell’intimo della vicenda, tenendolo incollat o allo schermo fino alla soluzione del mistero. E’ in tale contesto che posso inserire il problema della criminalità femminile, da sempre posta al margine dell’interesse di criminologi e sociologi che, perlopiù uomini, hanno trovato e trovano difficile ___________________________________________________________________ 5 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 ammettere l’esistenza del crimine in rosa. La violenza è convenzionalmente considerata una peculiarità esclusiva dell’universo maschile: le donne e i bambini ne sono le vittime poiché, come da tradizione, non appartiene loro un’educazione improntata sull'aggressività bensì sulla passività. Donne, quindi, ritenute le vittime dell’informazione, coloro che vengono travolte dalla notizia in una tempesta emozionale procurata da quel vortice di rappresentazioni mediatiche del crimine che danno forma e modulazione emotiva alla nostra esperienza. L’ombra del rischio viene così proiettata all’esterno, riducendo l’informazione in disinformazione. Da tale concetto prende avvio il presente lavoro: nel primo capitolo sarà trattato il tema del ruolo sociale del cosiddett o sesso debole nonché del numero oscuro che ruota attorno al crimine al femminile, ovvero di quell’intervallo tra i reati denunciati e quelli realmente commessi che identifica l’atto criminale posto in essere ma non rilevato ufficialmente. Questo valore co stituisce il limite metodologico della ricerca criminologica avente per oggetto lo studio della devianza e della relativa percezione operante sull’opinione pubblica. L’uomo nasce dalla donna e l’idea che la stessa possa essere il nemico fa paura. Nel secondo capitolo sarà inserita la questione dei mezzi d’informazione. I mass media, soprattutto la televisione, incarnano nella società attuale la principale fonte di divulgazione di notizie sulla giustizia penale, con una conseguente visione distorta del prob lema sociale valutato in base allo spazio dedicato e occupato dalla notitia criminis. Nel terzo e ultimo capitolo, costruzione e decostruzione della realtà mediata inserita nell’ambito di reciprocità tra media e audience. ___________________________________________________________________ 6 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 Per il comune cittadino, non esse ndo possibile un costante controllo inerente all’esattezza della realtà proposta dalle agenzie d’informazione, diviene facile incorrere in un quadro manipolato del reale. Il tutto connesso al crimine in rosa, dove la donna è solitamente considerata vittima anziché carnefice. ___________________________________________________________________ 7 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 PRIMO CAPITOLO IL RUOLO SOCIALE DELLE DONNE L’evoluzione del ruolo e dello status della donna nel corso dei secoli ha mutato sensibilmente la nostra società nella sua struttura più intima e profonda. Quando parliamo di emancipazione femminile è bene soffermarsi sul significato etimo del termine. Dal latino, affrancamento dalla schiavitù , prende avvio un parallelo che vede le donne ridotte in una situazione di costrizione morale e fisica, animate di proprietà altrui. Lo schiavo, annichilito e privo di diritti, è soggetto al libero arbitrio del padrone circa il suo utilizzo, divenendo una vera e propria merce di compra-vendita. A fronte di tale illustrazione credo di poter affermare che la donna non si sia mai trovata in una simile condizione : gli usi e le leggi le hanno da sempre dato dei diritti/doveri e dei ruoli precisi. Invero, non poteva essere venduta o comprata ed era detentrice di rispetto, soprattutto in quanto madre. 4 Le donne, però, hanno e hanno avuto ruoli diver si da quelli degli uomini. In particolare si sono rese responsabili nel dare assistenza ai familiari, ai conviventi e agli amici, divenendo protagoniste autorevoli dello sviluppo sociale. Da sempre brave nel gestire famiglia e affari, già al tempo dell’et à della pietra stavano dentro le caverne occupandosi dei cuccioli nonché di tramutare quanto cacciato dall’uomo in qualcosa di commestibile, utilizzando 4 i prodotti degli animali come pelli per coprirsi http://www.giovannidesio.it/donne08.asp da “Il ruolo della donna nella storia delle società”. ___________________________________________________________________ 8 e ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 recuperando tutto quello che poteva risultare utile alla sopravvivenza. 5 Nell’excursus storico che ci ha condotto ai giorni d’oggi, quando pensiamo alla civiltà arcaica troviamo il matriarcato quale punto focale di tale realtà. La donna, infatti, era la regina della famiglia e della comunità, paragonata alla madre terra quale generatrice di vita e potente forza della natura. 6 Nell’antica Roma, ad esempio, erano le mogli degli imperatori le vere protagoniste della politica, tessendone le trame nell’ombra. Le donne erano potenti e libere fino all’avvento d el Medioevo, periodo nel quale l’essere femminile era visto in una dualità estrema: angelico e spirituale o stregonesco e maligno. Nel Seicento la paura della forza al femminile aveva dato origine a una sorta di persecuzione, fino a quell’estremo sacrific io perpetuato contro le streghe al rogo. Il Settecento vedeva le donne ancora racchiuse tra le mura domestiche o nelle corti a tessere trame: erano poche le occasioni che le vedevano protagoniste di un possibile ingresso in società con un ruolo diverso da quello di future spose e madri. Da quanto fin qui esposto, attraverso un seppur sintetico excursus storico e culturale, è stato possibile constatare come la condizione della donna nella società sia passata attraverso notevoli modifiche nel corso dei secoli. Influenzati dall’evoluzione giuridica e politica dei popoli e dalla diversità dei fattori geografici e storici, per molto tempo la donna è stata 5 6 Dalla seguente pagina web, trattante il tema delle donne viste nella loro forza e nel loro valore: http://www.intrage.it/rubriche/societaeistituzioni/repubblicaitaliana/m_diritti_doveri_cittadino/articol o387.shtml Dalla seguente pagina web, trattante il tema delle donne viste nella loro forza e nel loro valore, si evince come il ruolo della donna all’interno della società sia mutato nel corso della storia in un excursus che parte dall’età della pietra fino ad arrivare ai giorni nostri. http://www.intrage.it/rubriche/societaeistituzioni/repubblicaitaliana/m_diritti_doveri_cittadino/articol o387.shtml ___________________________________________________________________ 9 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 considerata inferiore all’uomo sul piano economico, civile e giuridico, rimanendo al margine di tutta una se rie di diritti e di attività ed esclusa dalla possibilità di amministrare il suo patrimonio senza il consenso del padre o del marito. Una svolta in tale campo si è avuta solo dopo la Rivoluzione Francese, quando Napoleone ampliò la sfera dei diritti delle donne, concedendo loro di mantenere il proprio cognome anche in caso di matrimonio e dando loro la possibilità di esercitare autonomamente attività commerciali. 7 Inoltre, degne di nota sembrano essere l’abolizione della disparità di trattamento nella divi sione dell’eredità del patrimonio familiare così come la non eliminazione della situazione d’inferiorità dell’universo in rosa dove la donna, anche se sposata, continuava a camminare all’ombra dell’uomo, non potendo intraprendere azioni giudiziarie senza l ’autorizzazione del marito. L’Ottocento ha segnato una svolta importante nel raggiungimento del suffragio universale femminile, reso possibile grazie ad uno dei primi movimenti che miravano alla libertà e al raggiungimento della parità dei diritti delle donne con quelli degli uomini. In un parallelo con la letteratura di fine Ottocento, possiamo rilevare come vi sia una nuova visione della donna tanto ribelle alla società quanto reale. Come sopra anticipato, il fenomeno sociale in questione ha avuto ripercussioni sul piano letterario, proponendo un nuovo modello femminile che si sostituiva alla figura topica della donna -angelo (tanto decantata da Dante), passando per la donna pia e devota del Manzoni, fino a giungere a una donna aggressiva, spesso priva di virtù morali, fatale e capace di succhiare via l’essenza dell’uomo. 7 https://sites.google.com/site/americanwomanandfashion/home/-american-woman-fashioning-anational-identity/la-condizione-della-donna-e-le-prime-rivendicazioni-femministe ___________________________________________________________________ 10 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 Il narrare la donna in termini gentili, alata di bellezza, umiltà e nobiltà, rimarrà pertanto, nel corso dell’Ottocento, solo un ricordo. Per rendere concreto questo importante cambiamen to letterario, vorrei citare il romanzo di Flaubert, Madame Bovary, dove la protagonista è una donna capace di porsi in contrasto con gli ideali romantici e con la realtà del suo paese, rendendosi artefice di amori extra -coniugali e di debiti così ingenti da condurla al suicidio. La figura della protagonista è descritta dall’autore in modo ambivalente, ridicolizzandola nel suo continuo alternarsi di sogni e di ansia d’amore, ma al contempo del tutto incapace di gestire la sua vita, illudendosi di essere fe lice solo attraverso relazioni pericolosi. Madame Bovary, essendo succube degli uomini e delle circostanze che in lei si succedono, ha solo due possibilità: essere fedele al marito, seppur per lei una non fonte di soddisfazione, o lasciarsi andare alla ric erca di amanti. Il suo libero arbitrio, che la condurrà a commettere adulterio, ci permette di capire l’estrema differenza tra la figura della donna di quest’epoca e quella delle età precedenti, a cui si attribuivano virtù angeliche e di fedeltà. 8 E’ proprio per questa ragione che ho deciso di citare il romanzo di Flaubert. Certo, ancora rimane tanto da fare per un riscatto funzionale del genere femminile, ma romanzi come quello appena riportato ci aiutano a entrare in quel mondo in cui l’altra metà del cie lo è stata per tanto tempo rilegata senza che la sua volontà di affermazione trovasse ascolto e accoglienza. A conclusione di quanto fin qui esposto, il Novecento può essere considerato come il secolo rosa. Cinque gli anni fondamentali da ricordare: 8 1946: estensione del voto alle donne; 1969: abolizione del reato di adulterio che puniva la moglie e non http://www.liceoimperia.it/pari_opp/lavori/elaborati/3A_CL_IT_Riflessioni_sull%27evoluzione_della_c ondizione_della_donna.htm ___________________________________________________________________ 11 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 il marito; 1970: introduzione del divorzio; 1978: introduzione del diritto all’aborto; 1996: approvazione della legge sulla violenza sessuale. A oggi la donna è rappresentata come libera, colta, emancipata e ambiziosa. Giovani donne in evoluzione, decise, sicure, indipendenti, dinamiche e forti. Aggettivi che solo in un tempo non troppo lontano erano impensabili da attribuire al genere femminile, al cosiddet to sesso debole. Mogli, madri ma anche lavoratrici aventi ruoli sociali importanti: due linee di tendenza opposte e complementari. Gli anni passano, la società si evolve e i singoli individui cambiano. E nella società attuale muta non solo il ruolo della d onna ma anche e soprattutto il ruolo di chi si pone di fronte alla figura femminile. La donna viene finalmente vista come membro della società in tutti i suoi aspetti, quelli di lode e quelli no. Ed ecco che inizia a essere accettata la figura dell’assas sina seriale, della sacerdotessa di Satana, della terrorista, della pedofila. Le ragazzine di una volta sognavano il principe azzurro, le ragazze di oggi vogliono essere come Lilith, la Dea del Male, o come Kalì, la Dea della forza femminile, o ancora com e Lady Machbet; insomma amano il male e sanno sicuramente come evocarlo. ___________________________________________________________________ 12 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 LE DONNE CRIMINALI Nel passato, la scarsa presenza di donne criminali era un dato di fatto che non suscitava particolare interesse: le teorie sulla delinquenza e le ricerche empiriche relative ai soggetti autori di reato erano infatti orientate alla spiegazione e all’analisi della sola criminalità maschile. L’inferiorità statistica di quella femminile era pertanto interpretata come la conseguenza logica di alcune car atteristiche bio -psichiche date per certe: debolezza, scarsa coscienza e incapacità di scelta. L’inizio del processo di cambiamento della condizione femminile nella società occidentale poteva far pensare a un correlato mutamento della donna vista come poss ibile autrice di condotte criminali. Questo particolare aspetto è invece rimasto latente e inalterato, con tassi di arresti molto bassi e una scarsissima presenza nelle prigioni del cosiddetto sesso debole. E’ in questo contesto che entra in gioco il numero oscuro del crimine in rosa, utile al fine di spiegare quanto finora esposto e dato dalla commissione di reati posti in essere soprattutto in situazioni ambientali tali da non permettere una facile e certa rilevabilità, anche solo come notitia criminis . 9 Nella realtà, al contrario di quanto la disinformazione auspicherebbe, le donne sono molto più criminali di quanto si possa pensare. Invero i loro crimini rimangono in larga parte nascosti o non denunciati. Fin dall’infanzia il genere femminile è pieno d i tutele poste in essere prima dalla famiglia poi dall’apparato preposto al controllo, e il modello di vita che viene loro trasmesso non richiede né competizione né scontri 9 Da un articolo consultabile sul sito http://w3.uniroma1.it/dcnaps/bisi/criminalit%E0.htm riportante la firma dell’autrice Simonetta Bisi e trattante il tema della criminalità femminile e della differenza di genere, si evince l’importanza del numero oscuro in criminologia e della donna autrice di reato in un excursus storico e di teorie passate e presenti. ___________________________________________________________________ 13 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 dimostrativi per l’affermazione della propria identità. Soprattutto nel passato, i l modello dominante di famiglia sanciva la passività della donna con una conseguente trasmissione d’idee preconcette e di subordinazione all’autorità maschile. Negli ultimi quarant’anni la condizione sociale della donna, anche sotto la spinta dei movimenti femministi, è stata al centro di importanti cambiamenti: il salto culturale, giuridico ed economico ha infatti portato il sesso debole ad ottenere di diritto il suo pieno ingresso nel corpo sociale. In questa cornice decorata da un mutamento profondo dell a condizione pubblica delle donne, come esposto in apertura, un dato è rimasto costante: il basso tasso di criminalità femminile. Lombroso, a tal proposito, sosteneva che i sentimenti “innati” fossero diversi per gli uomini e per le donne e che la delinqu enza derivasse proprio dalla trasgressione e dalla deviazione da tale massima. 10 Secondo il sopraccitato autore, infatti, il sentimento più forte attribuibile alle donne era la pudicizia. Pertanto, tutti gli atti posti in essere contro tale impulso erano d a considerarsi atti di delinquenza. Ecco spiegato il nesso stretto che si viene a delineare tra ruolo sociale e devianza: cambiando i ruoli e le aspettative sociali nei confronti dei due sessi, muta l’idea e l’attribuzione di “delinquenza”. E’ allora giusto porsi il seguente interrogativo: le donne criminali sono realmente così rare o, al contrario, se ne parla poco? Il tema della percezione è uno degli elementi di maggior interesse così come di grande ambiguità. Possiamo a tal proposito addentrarci verso un nuovo tema: il comportamento dei media nei confronti della criminalità in senso lato. Dal punto di vista della quantità, il numero di notizie relative ai fatti criminali diffuse dai telegiornali italiani è significativamente superiore 10 Come tratto da un articolo dal titolo “La criminalità femminile” dell'autrice Donatella Chicco su http://www.openstarts.units.it/dspace/bitstream/10077/7215/1/Chicco_PittaroScuolaPositiva.pdf ___________________________________________________________________ 14 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 rispetto a quello degli omologhi francesi, tedeschi, inglesi e spagnoli . 11 La conseguenza preoccupante di tale dato è da riscontrarsi nel pubblico e in una graduale ma significativa mancanza di fiducia verso gli altri e nelle relazioni sociali. Questo nient’altro è se no n l’amplificazione del timore che tutto quello che di brutto viene divulgato dai mass media possa accadere alla propria persona. Televisione e stampa modellano le opinioni, le attività e le identità dei singoli, interferendo nei rapporti sociali. Invero, una parte significativa della popolazione non risulta suscettibile al messaggio negativo, per cui non rimane condizionata da quello che vede, che sente o che legge. La restante parte, al contrario, è più sensibile rispetto alla notizia divulgata. E’ il caso di coloro che, ad esempio, hanno sperimentato sulla propria pelle il contatto con il crimine ed il delitto o che sono dotati di una particolare sensibilità. Uscire dagli stereotipi, vincere i pregiudizi e conoscere i problemi al fine di porne rimedio, dov rebbe essere la massima della nostra quotidianità, del nostro muoverci all’interno della società e dell’informazione. Il compito della cultura e della politica, inoltre, dovrebbe essere quello di cogliere sul nascere il crearsi di problemi, tendenze e fen omeni, riuscendo nella loro difficile soluzione ancora prima della loro concreta manifestazione. 12 Almeno fino alla fine degli anni Settanta, il problema della criminalità femminile ha interessato solo marginalmente la criminologia e la sociologia, impegna te a rivolgere la loro attenzione alla delinquenza maschile. Il ruolo a cui da sempre appare rilegata la donna negli episodi di criminalità è, nella maggior parte dei casi, quello della vittima o, al 11 Tale dato è stato ripreso dalla consultazione del sito: http://www.fisu.it/risorse/le-domande-dellasicurezza/ dove è presente un approfondimento del tema percezione sicurezza – mass media. 12 Tale dato è stato ripreso dalla consultazione del sito: http://www.fisu.it/risorse/le-domande-dellasicurezza/ dove è presente un approfondimento del tema percezione sicurezza – mass media. ___________________________________________________________________ 15 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 massimo, della complice. Pur consapevoli del già citato numero oscuro e pertanto dei limiti quantitativi dei crimini compiuti dal cosiddetto sesso debole, i giuristi hanno messo in discussione, nel corso dei secoli, l’opportunità dell’intervento penale contro le forme di devianza tipicamente femminili, propone ndo di affidare alla giustizia domestica del pater familias l’accertamento e la punizione dei comportamenti illeciti posti in essere. Appare problematico dimostrare empiricamente l’esistenza di un numero di reati commessi da donne così alto da eguagliare q uello degli uomini ma con caratteristiche talmente subdole da eludere il sistema di controllo sociale e legale. ___________________________________________________________________ 16 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 DONNE E SERIAL KILLER Che le donne si rendano autrici di delinquenza e che possano uccidere in modo efferato è ormai da tempo un dato di fatto. Nel corso degli anni siamo stati perlopiù portati, nonché ci siamo ostinati, a negare la presenza della donna criminale solo per paura, paura di subire il male da quella stessa persona capace di donare la vita e che dovrebbe accoglierci in ogni momento. Invero, diversi studi in campo sociologico e psicologico hanno cercato di scandagliare il perché dei bassi tassi del crimine in rosa. Le teorie classiche hanno indirizzato la loro attenzione al ruolo subalterno che la donna, ne l corso dei secoli, ha ricoperto all’interno della società. Di contro, le teorie attuali hanno analizzato il rapporto tra emancipazione femminile e criminalità, cercando di intravederne un ruolo passivo nel crimine. 13 La donna, per sua natura falsa, è r itenuta capace di fingere l’orgasmo e, in questa sua versione subdola, di istigare l’uomo alla devianza. Quando trattiamo una tematica quale quella del serial killer, è bene definirne il concetto: è considerato tale colui che uccide almeno due vittime in due eventi distinti e con un periodo di intervallo emotivo. La causa di tali delitti è spesso la necromania, intesa come perversione dell’istinto della vita che determina un interesse patologico per la morte. La criminologia femminista tende ad analizzare solo i casi in cui gli uomini uccidono sadicamente le donne. Tale filone va a sommarsi a tutti quegli studiosi e a quelle convinzioni che ho già avuto modo di trattare nella stesura del presente lavoro e che tendono a sottostimare l’entità 13 Come da consultazione dell'articolo dell'autrice Simonetta Bisi “Criminalità femminile e differenza di genere” pubblicato sul sito: http://w3.uniroma1.it/dcnaps/bisi/criminalit%E0.htm ___________________________________________________________________ 17 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 dell’omicidio femminile. Molti assassini seriali uccidono spinti da impulsi sessuali, ma è anche vero che non mancano coloro che si rendono autori di delitti per denaro, gelosia, potere, vendetta o dominio. 14 E’ proprio a quest’ultima cerchia motivazionale che possiamo ricondurre il comportamento omicidiario seriale femminile. Solitamente le donne optano per l’uccisione mediante sostanze venefiche o strangolamento, per ragioni di forza fisica e non solo. Non sono eccessivamente violente, non torturano le loro vittime pr ima di ucciderle ma agiscono stordendole. Al contrario degli uomini, le serial killer non vanno a caccia della preda, che spesso coincide con familiari o estranei scelti tra i più deboli e indifesi, ma preferiscono attirarla nella loro tana secondo una tec nica conosciuta in criminologia come tecnica del ragno. La maggior parte delle assassine seriali sono cresciute in famiglie multiproblematiche all’interno delle quali hanno subito una qualche forma di violenza nel periodo infantile o adolescenziale. Un ulteriore movente che spinge la donna ad uccidere in serie deriva da un sentimento di vendetta per i figli perduti o mai avuti. In questi casi le vittime sono i bambini di parenti, amici o sconosciuti e l’omicidio può essere determinato da uno dei seguenti f attori: – Sindrome di Munchausen per procura: la distorsione psicologica che sta alla base di questa patologia rende le responsabili molto brave a camuffare le prove. La particolarità di questa sindrome è data dal fatto che, anziché fondarsi sulla mancata c ura del minore, si basa su un’apparente ipercura. L’abusante, generalmente la madre, induce nel bambino sintomi che richiedono l’intervento dello specialista: la vittima viene così sottoposta ad analisi e a trattamenti 14 non necessari. La definizione più com pleta http://favisonlus.wordpress.com/2013/02/27/fenomenologia-del-serial-killer-e-dellomicidio-seriale/ ___________________________________________________________________ 18 e ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 aggiornata della sindrome in questione è quella di Vennemann (2005), ovvero “La MSbP è una grave forma di abuso, difficile da diagnosticare, caratterizzata da simulazione di malattia o aggravamento riferito o procurato nel corso di una malattia rea le o provocazioni di sintomi di una malattia in un bambino da parte di un adulto” . 15 Da un punto di vista criminologico, tutto ciò implica pianificazione, temporalità e monitoraggio. – Il complesso di Medea: prende il nome dal mito greco di Medea che uccise i suoi figli per vendicarsi del tradimento subito dal coniuge. Alcune donne, poste in una situazione di stress emotivo con il proprio partner, utilizzano i figli per scaricare la loro aggressività, arrivando a ucciderli per il solo scopo di far soffrire e dare una lezione al marito. La madre in crisi psicotica soffre di un delirio di onnipotenza omicida che sembra essere fomentato dalla frase: “così come ti ho dato la vita, posso togliertela!”. – Disturbo borderline di personalità: patologia caratterizzata da instabilità pervasiva dell’umore, delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e del comportamento nonché una più generale anomalia nella percezione della propria identità. Per i borderline l’azione non è valutata per le conseguenze che può causare all’esterno: il passaggio all’atto è spesso l’unico modo che queste pazienti hanno per sentire una propria valenza personale. – Disturbo dissociativo dell’identità: quest’ultima è il frutto di un lavoro di sintesi ed elaborazione di diverse esperienze che presuppone l’integrazione e l’integrità di funzioni quali memoria e coscienza. Questa unicità della personalità dell’individuo viene meno in tale disturbo, tanto da avere diverse entità personologiche che si vanno a sovrapporsi o ad alternarsi nello stesso soggetto. 15 Definizione ripresa dalla consultazione di un testo pubblicato all’interno della seguente pagina web: http://www.psicologiagiuridica.com/pub/docs/numero_14/pubblicazioni/recensioni/LA%20FAMIGLIA %20DISTRUTTIVA.pdf ___________________________________________________________________ 19 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 E’ tipicamente presente un’identità principale “ufficiale” spesso passiva, debole e permeata da vissuti di colpa o da sentimenti depressivi che, in determinate circostanze e condizioni, viene repressa e sostituita da una o più personalità mascherate e alternative. 16 – Istinto morfobiogeno pervertito: descrive le donne seriali aventi tale disturbo come coloro che sono caratterizzate da una perversione del comportamento materno: “ Invece di donare latte ai figli che non hanno, offrono veleno alla vitti ma di turno, uccidendola per bisogno di dominio e avidità di denaro. Sono donne che non amano nessuno, spesso incestuose, con un passato da prostitute” (De Pasquali, 55 -56). 17 A conclusione del presente paragrafo vorrei riportare le tipologie delle donne serial killer 18 che troppo spesso sono oscurate e messe a tacere all’interno delle notizie e della divulgazione informativa: La vedova nera , termine utilizzato in criminologia per indicare una categoria di serial killer che agisce soprattutto nell’ambito familiare. Questa definizione deriva dal ragno, la vedova nera appunto, che ha ispirato la loro denominazione. Tali donne sposano uomini ricchi e, dopo essersi appropriate delle loro proprietà, li uccidono, solitamente avvelenandoli o simulando incidenti domestici. Le vittime non sono esclusivamente mariti o amanti ma anche figli e parenti anziani. Rari i casi in cui le stesse siano donne: in tal caso l’assassina colpisce con la motivazione di eliminare una possibile rivale, tanto in amore quanto per benefici economici. In Italia possiamo identificare la vedova nera con la serial killer 16 Definizione ripresa dalla consultazione di un testo riportante la firma del dott. Gaspare Costa e pubblicato sul sito: http://www.disturbipsichici.info/mio%20sito/disturbodissociativodell'identità.html 17 Definizione ripresa dalla consultazione di un testo dell’AIPG pubblicato sul seguente sito web: www.webalice.it/filibertomaida/.../Donneserialkiller.rtf 18 Le tipologie delle donne serial killer sono state estrapolate dalla consultazione della seguente pagina web: http://www.psicologiadellavoro.org/?q=content/la-donna-killer ___________________________________________________________________ 20 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 Milena Quaglini. L’angelo della morte, detto anche angelo della misericordia, è un termine utilizzato in criminologia per indicare una categoria di serial killer, atipica e pi uttosto rara, che agisce nell’ambiente medico-ospedaliero, comprese le case di cura per anziani, e che è costituita perlopiù da donne, soprattutto infermiere. Solitamente ossessionate dal controllo delle vite delle persone di cui si occupano, tali assassin e uccidono in un irrefrenabile bisogno di dominio. Anziani e malati terminali sono quindi le vittime privilegiate di questa categoria di serial killer che si giustifica dicendo di agire per pietà, per non far più soffrire i loro pazienti. In Italia possiamo identificare l’angelo della morte con la serial killer Sonia Caleffi. La predatrice sessuale: è il tipo più raro di assassina seriale, seppur in aumento, che agisce spinta esclusivamente da pulsioni sessuali. E’ seducente, manipolatrice, astuta, solitam ente di mezza età e con una dislocazione geografica, quale scena del crimine, molto varia. L’assassina per profitto : è un’assassina organizzata, piena di risorse e attenta. Rivolge le sue attenzioni criminali a soggetti estranei, con i quali non ha alcun l egame di genere, ed è spinta e motivata da un tornaconto economico. Agisce sempre da sola e può essere affiancata alla figura della Vedova Nera seppur con un importante distinguo: l’assassina per profitto pone in essere un omicidio con il solo fine di lucr o. L’assassina in gruppo , detta anche Team Killer, ha solitamente un’età giovane e agisce in gruppi che possono essere o meno monosessuali. I suoi delitti sono di solito brutali, efferati e a sfondo sessuale. La vendicativa: pone in essere i suoi crimini s pinta da un’ira ___________________________________________________________________ 21 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 irrefrenabile, talvolta originata o comunque accentuata da disturbi psichici. Le vittime, perlopiù uccise in un lasso temporale relativamente breve (con pause talvolta nulle tra un delitto e l’altro), sono sovente familiari o conoscenti. L’assassina psicotica è colei che uccide in risposta a un delirio interiore accompagnato da allucinazioni. L’assassina per discepolato è colei che uccide quando viene a trovarsi sotto l’influsso di un leader carismatico che sceglie per lei la vittima sacrifi cale. Uno dei casi esemplari di tali assassine è quello che ha visto implicate le seguaci di Charles Manson. A fronte di quanto fin qui esposto, nonché da recenti statistiche, risulta che le donne serial killer siano più frequenti nei paesi industrializza ti e che solo raramente infieriscano sul cadavere con manifestazioni di overkilling, mutilazioni e aggressioni sessuali (peculiarità solite del genere maschile). La criminalità femminile, sia essa seriale o no, è un mondo in larga parte inesplorato e, pot rei persino osare dicendo, rifiutato da qualcuno. La donna, proprio come l’uomo, può delinquere ed è capace di macchiarsi di crimini tanto efferati quanto abnormi. Quello che però non è facile spiegare è il motivo per il quale i mass media e gli organi di divulgazione informativa tendano a far passare sotto silenzio dinamiche criminose così pericolose e sempre più frequenti. Nell’immaginario collettivo, supportato come appena accennato dai media e dalle serie tv, la figura dell’omicida seriale è generalment e maschile. La donna è perlopiù considerata una vittima, e solo raramente l’autrice. Eppure anche il gentil sesso delinque e uccide seppur con tecniche e meccanismi non improntati alla criminalità violenta. ___________________________________________________________________ 22 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 LA VITTIMOLOGIA E IL SESSO DEBOLE La vittimologia, quale scienza empirica applicata allo studio delle vittime di reati, coincide con la pubblicazione del libro The Criminal and His Victim (H. Von Hentig, 1948). Von Hentig è stato il primo autore a studiare la vittima in modo sistematico, in tutte le sue implicazioni personologiche, sociali, di relazione con il soggetto agente e di ruolo nella precipitazione del reato . 19 Per molto tempo gli studi effettuati in relazione al comportamento antisociale si sono concentrati esclusivamente sull’osservazione e sull’analisi degli autori di condotte criminali, delle motivazione che li inducevano a delinquere e delle modalità con le quali ponevano in essere i loro crimini. I reati erano pertanto considerati atti antisociali che coinvolgevano la società intera, i ncarnata quale vittima comune, a discapito del destinatario verso il quale l’azione era diretta ma che, al contempo, era visto come un componente trascurabile del fenomeno. A fronte di quanto fin qui esposto, posso definire la vittimologia quella disciplina che ha come oggetto di studio la sfera bio -psico-sociale della vittima. Nello specifico, essa analizza il rapporto che quest’ultima ha avuto con il proprio aggressore, il contesto ambientale (tanto fisico quanto psicologico) di quello che è la realtà, la fenomenologia della vittima entro la quale è stata posta in essere l’azione criminale nonché le conseguenze fisiche, psicologiche e sociali che si ripercuoteranno in caso di sopravvivenza. 20 Gli scopi della vittimologia sono pertanto diagnostici, preven tivi rispetto 19 Paolo di Martino, Criminologia. Analisi interdisciplinare della complessità del crimine. Prefazione di Pier Luigi Vigna, Terza Edizione, Bracigliano (SA), 2009, pag. 207. 20 Come da consultazione del testo dall'autore Gabriele Codini dal titolo”Studio delle vittime per prevenire il crimine” pubblicato sul sito: http://www.supportoallevittime.it/ita/html/vitt_studio.html ___________________________________________________________________ 23 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 al reato e riparativi poiché viene presa in considerazione in modo funzionale la parte lesa. Il tema attorno al quale ruota la presente trattazione è quello rappresentato dalla figura della donna, nell’immaginario collettivo identificata soventemente come vittima anziché carnefice. Invero, l’acquisita femminile consapevolezza all’interno delle data moderne dall’importanza società ha del ruolo contribuito a sensibilizzare tale fenomeno. I mass media, giorno dopo giorno, divulgano notizie inere nti al cosiddetto femminicidio, creando un vero e proprio allarme sociale. In realtà, almeno in Italia, i dati ufficiali mostrano che non esiste una tale emergenza. L’omicidio di donne da parte di partner o conoscenti non è diventata un’epidemia, come potrebbe sembrare seguendo i telegiornali o la carta stampata, e non è nemmeno in aumento: nel nostro paese si uccidono meno donne rispetto al resto d’Europa . 21 Informazione che diviene pertanto disinformazione. Politici, giornalisti e dati statistici, quanto m eno opinabili, hanno contribuito a diffondere una percezione del fenomeno in questione molto diverso dalla realtà. Il termine femminicidio non nasce per caso, né tanto meno a seguito dell’onda emotiva scaturita dai casi mediatici, ma traduce l’inglese “femicide”, termine usato per indicare gli omicidi ai danni della donna in quanto tale, ovvero basati sul genere. Per una serie di stereotipi legati alla nostra cultura e tradizione si è spesso portati a pensare alle donne come vittime. A scardinare tale preg iudizio sono però diversi studi che dimostrano come l’uomo e la donna abbiano le stesse identiche reazioni di fronte ad uno stimolo. Partendo dall’analisi del mito di Medea (del quale ho già parlato nella stesura della presente tesi e che vede la madre uc cidere i suoi figli per vendetta al marito) fino a giungere ai giorni nostri, dovrebbe risultare facile ripercorrere il doppio binario che vede la donna 21 Quanto riportato è stato ripreso dalla consultazione di un testo riportante la firma dell’autore Davide de Luca: http://www.ilpost.it/davidedeluca/2013/05/20/i-veri-numeri-sul-femminicidio/ e trattante la tematica dei veri numeri sul femminicidio. ___________________________________________________________________ 24 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 tanto vittima quanto carnefice. Eppure la vittimologia classifica le donne come una categoria a risch io. Ancora una volta è considerato il sesso debole, al pari di anziani e bambini. Cosa succede allora quando la donna diviene artefice di violenza? Queste le principali forme in cui tale aggressività si canalizza: – L’infanticidio: concepito come vendetta ne i confronti dell’uomo che si ama; – Lo stalking: ovvero, l’atteggiamento persecutorio che nelle donne diventa tanto subdolo quanto ossessivo; – L’omicidio seriale: argomento del quale ho avuto modo di parlare nel precedente paragrafo e che, seppur percentualme nte inferiore rispetto a quello messo in atto dagli uomini, non è certo meno efferato e degno di attenzione. Quando si parla di criminali seriali, le cronache ci hanno abituato a vedere incriminati nomi maschili. Non sono però mancati i casi al femminile, come quello di Leonarda Cianciulli, La Saponificatrice di Correggio, ricordata come la prima serial killer italiana. E non sono mancate, nella storia criminale del nostro paese, donne come Maria Bonvecchiato, che hanno ucciso per soldi, o come Caterina Fo rt, considerata la belva di San Gregorio, protagonista dell’uccisione della moglie e dei figli del suo amante. E ancora, donne come la contessa Pia Bellentani che uccise con un colpo di pistola, di proprietà del marito, l’amante Carlo Sacchi. Non posso inoltre non citare: Gigliola Guerinoni (La Mantide), Lucia Mansi (la Narcisita), Sonia Caleffi (l’Angelo della Morte) e donne -boss come Pupetta Maresca. Ecco quindi il delinearsi della figura della donna capace di schierarsi e rischiare in prima persona dim ostrando che, quando ritiene di mettersi in gioco per alte cause, giuste o sbagliate che siano, procede per quanto ha ___________________________________________________________________ 25 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 scelto, estremamente determinata anche al costo di impiegare violenza. La spinta al crimine in rosa, pertanto, esiste: invero è rappresen tato da una percentuale molto bassa rispetto alla totalità degli assassini (intorno al 10-15%) ma si deve tenere conto di quanto la maggior parte dei dati inerenti ai delitti si siano da sempre concentrati sugli uomini. L’atto violento, infatti, è in compl eta antitesi con il delicato ruolo del sesso femminile, al quale convenzionalmente non appartengono prerogative di aggressività, violenza e criminalità. Risulta evidente che molte interpretazioni sulla violenza fin rosa siano pertanto state condizionate da lla proiezione di come si pensasse fossero le donne più che su quello che realmente erano, finendo per analizzare solo marginalmente i cambiamenti delle condizioni sociali che hanno modificato la loro personalità. Spesso la criminalità femminile è definita come mascherata in quanto si cela dietro l’istigazione o il favoreggiamento, un modo quindi posto in essere al fine di non esporsi in prima persona. Secondo molti studiosi le donne commettono lo stesso numero di delitti degli uomini ma vengono solo raramente scoperte e perseguite. L’idea della donna che i mass media diffondono non è quella legata al suo ruolo nella società ma alla sua figura di soggetto di cronaca, identificata quale vittima, tanto giudiziaria quanto sociale, in un costante parallelo con la definizione di sesso debole. Combattere tali stereotipi molto probabilmente aiuterebbe a sconfiggere la violenza di genere. Tutto ciò, invero, dovrebbe essere supportato da una comunicazione tanto corretta quanto consapevole. Entra così in gioco il ruolo fondamentale dei mass media che dovrebbero dare maggior spazio ai progressi conquistati dalle donne, poco valorizzati e diffusi, piuttosto che a fornirne un’immagine bigotta e ormai superata. ___________________________________________________________________ 26 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 SECONDO CAPITOLO CRIMINALITA’ E MASS MEDIA Nella società moderna, dominata dal dover apparire per essere, i mass media tendono a divulgare un gran numero di notizie e d’immagini capaci di appannare sempre più la distinzione tra il virtuale, ciò che appare e non è, e il reale, ovvero ciò che non appare ma è. Una realtà costruita e fittizia si sta affiancando e pian piano sostituendo ai nostri affetti, alle nostre relazioni e interazioni. All’improvviso, tutto ciò che è creduto, esiste. La comunicazione di massa, sproporzionata e incontrollabile, distorce le normali regole che dettano la comunicazione umana producendo un sistema schizofrenico basato sulla produzione di doppi messaggi, perlopiù ambigui e contraddittori. 22 Il forte potere seduttivo della televisione è dato dalla capacità in essa intrinseca di offrir e nel medesimo format informazione e intrattenimento, conciliando la dimensione culturale con quella ludica e fondendo l’immaginario individuale e collettivo alla realtà. Il pubblico di massa è attratto da un tipo di programma che, apparentemente senza str uttura, maschera con astuzia la dissociazione tra il mondo televisivo e la quotidianità in cui lo spettatore ha l’illusione di partecipare direttamente. L’influenza delle comunicazioni di massa è mediata da una molteplicità di fattori tanto individuali qua nto sociali che possono innescare meccanismi proiettivi, identificativi e una sommaria perdita cosciente della realtà. I media infatti detengono un importante potere nella società occidentale, occupando un ruolo essenziale in tutti i settori del vivere civ ile come 22 http://www.silviacalzolari.com/pdf/Mass_media_e_crimine.pdf ___________________________________________________________________ 27 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 elementi indispensabili alla comunicazione globale. La loro funzione, se da una parte è necessaria e importante al fine della diffusione delle notizie, non è esente da effetti negativi causati dalla manipolazione di informazioni. Accade così che i n ogni delitto o crimine capace di suscitare terrore e angoscia si proceda alla spettacolarizzazione della notizia in un vortice fatto di riflettori e di caccia alle streghe. Per poter porre in rilievo solo il lato funzionale dei mass media, sarebbe auspicabile che ognuno imparasse a raccogliere autonomamente i dati inerenti ai fatti e cercasse di maturare una propria capacità critica al fine di entrare dentro la notizia, comprendendo il perché e il come delle cose. Quando giornali e televisione raccontano i fatti devianti e abnormi trattandoli come eventi che possono essere riportati senza tener conto della sensibilità e della peculiarità del pubblico con il solo scopo di raggiungere un determinato livello di audience, il bagaglio culturale degli spettatori rafforzano un viene modificato. I referente culturale per discorsi i mediatici comportamenti creano o condivisi, attivando l’attenzione sociale verso possibilità concrete: parlare di qualcosa tende a indicarne la reale esistenza come fatto. I mass media sono in grado di mutare il livello di paura del crimine e della criminalità obiettivamene rilevata in quanto trasmettono informazioni distorte tanto sui reati quanto sul controllo sociale. L’importanza fondamentale da attribuire a tali agenzie di divulgazio ne informativa è data dal loro potere di modellare le opinioni, i progetti nonché le identità dei singoli, interferendo nelle interazioni sociali e dando origine a una complessa istituzione che comprende organizzazioni, tecnologie e genti diverse in una so cietà pluralista, ambigua e contraddittoria che produce più di quel che può controllare . 23 Il successo dei mass media è pertanto da ricondursi alla loro capacità di imporre l’accettazione di taluni temi, indipendentemente dal fatto che 23 Quanto riportato si evince dalla consultazione del sito: http://www.agoravox.it/La-cronaca-nera-in-tvun-massacro.html dove è trattato il tema della cronaca nera in televisione in un parallelo tra processo mediatico e processo giudiziario. ___________________________________________________________________ 28 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 venga assunto un atte ggiamento positivo o negativo verso le informazioni e le valutazioni trasmesse. Televisione e carta stampata dipendono dalla società ma, soprattutto, dal potere politico ed economico (pur senza escluderne un’influenza reciproca) creando e diffondendo un ce rto significato degli avvenimenti della vita sociale pubblica. Nel rapporto con la criminalità, il ruolo della vittima rispetto a quello dell’autore viene dai media sotto -rappresentato, se non addirittura posto nell’oblio. Ne deriva una sostanziale esclusi one sociale della parte lesa, cui inconsciamente si imputa una corresponsabilità. Invero, le rappresentazioni mediatiche del crimine danno forma e modulazione emotiva alla nostra esperienza in conformità alla struttura e ai valori diffusi. Il fatto che la televisione selezioni i reati di cui parlare e trasmetta serial poco corrispondenti alla realtà, tende ad alterarne la percezione da parte del pubblico. Ecco che in tale contesto entra in gioco il tema della donna e della criminalità al femminile come inf ormazione e disinformazione. ___________________________________________________________________ 29 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 I MASS MEDIA E LA FIGURA DELLA DONNA Di solito quando si parla e s’interpreta il comportamento femminile sembra prevalere la scelta di considerare la donna un soggetto separato, un mondo a sé stante. Basta ricordare come il patriarcato, stabilendone il ruolo di moglie madre, abbia costretto per centinaia di anni le relazioni di genere e le norme sessuali su una strada obbligata, comprimendo e reprimendo il più possibile la sessualità femminile impostata sulla ve rginità, sulla castità, sulla fedeltà e sulla fecondità. Nel lungo percorso che ci conduce alla società odierna risulta sempre più svilente l’immagine della donna diffusa dai mass media: la figura femminile ridotta a mero oggetto, a un bene di consumo del quale i programmi televisivi e le pubblicità si cibano quotidianamente. L’universo in rosa, però, non è solo esteriorità, bellezza e desiderio. I riflettori dovrebbero essere puntati altrove, valorizzandone il ruolo nel mondo civile e sociale nonché la cre scita della donna all’interno della realtà lavorativa così come il rispetto dei suoi diritti costituzionali. Gli stereotipi di genere, sfruttati per fini consumistici, andrebbero smascherati e resi comprensibili al fine di eliminare la passività intellettuale del pubblico al quale i mass media si rivolgono, a favore di individui capaci di scegliere e valutare criticamente quanto visto e sentito. Questa la ricetta per riportare uomini e donne a percorrere il lungo binario della vita in una continua antitesi fatta d’informazione e di disinformazione. La donna non va riscoperta e festeggiata un solo giorno nel corso dell’anno ma il valore che possiede da sempre e per sempre deve essere riconosciuto quotidianamente in quanto essere privo di genere. Per millenni l’identità femminile è stata principalmente quella di madre, sganciata dalla sessualità al punto che la figura di Donna venerata nella ___________________________________________________________________ 30 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 religione cattolica è una madre vergine. Invero, il rapporto sessuale ha rappresentato nel corso della storia solamente il mezzo per raggiungere l’unica identità socialmente accettata . 24 Quest’ultimi anni hanno visto nascere un nuovo ideale dell’Io femminile che comporta il raggiungimento del potere, tanto personale quanto sociale. Una realtà in evoluzione che vede la donna come membro di spicco della società, combattente in prima linea e autrice responsabile delle proprie azioni criminali. Persone, quindi, non più uomini o donne con i loro ruoli ben definiti e netti ma un sostantivo capace di esprimere il concetto di essere umano e che racchiude al suo interno l’integrazione dell’Animus (la parte maschile) con l’Anima (femminile), della parte aggressiva con quella tenera. La donna, al fine di trovare la sua identità di persona libera da pregiudizi e costrizioni, deve saper e poter scegliere quale ruolo privilegiare, senza indossare una maschera o dover recitare la parte a lei assegnata. La cultura, infatti, ha finora impedito al cosiddetto sesso debole tanto un’autorealizzazione quanto una visione reale del suo essere, solitamente descritta nel suo candore e non capace di compiere atti crudeli ed efferati. Lo stereotipo dell’immagine femminile diffusa dalla televisione è un argomento da sempre indagato e dibattuto. La struttura di molti programmi televisivi, infatti, tende a r endere il ruolo della donna subalterno all’uomo, istigando inconsapevolmente una sorta di prevaricazione sociale. La continua esposizione del corpo femminile, fatto di dettagli fisici e spesso inappropriati poiché decontestualizzati dall’essenza e dalla pe rsonalità della donna, finisce per alimentarne la percezione come mero oggetto teso al soddisfacimento della fantasia sessuale maschile. 24 Jole Baldaro Verde, Donna Maschere e Ombre. Ontogenesi dell’identità femminile. Raffaello Cortina Editore. 1987 Milano. Pag. 3. ___________________________________________________________________ 31 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 Un altro problema del quale attualmente se ne rileva una data importanza è il rapporto tra femminicidio e mass media, argomento peraltro già affrontato nel presente lavoro. Donna ancora una volta al centro della notizia in quanto vittima, il sesso debole da difendere. Tale tema può essere molto delicato: fino a qualche anno fa, infatti, le donne uccise per mano di un uom o non trovavano lo spazio mediatico che quotidianamente occupano. Questo dato conferma quanto l’interesse attuale sia focalizzato e incentrato sul prodotto finale: non importa che la donna sia vittima di un omicidio ma che la donna ammazzata faccia notizi a. Un impegno di denuncia strumentale capace di creare e cavalcare l’onda emotiva con il solo scopo di aumentare ascolti e preferenze. Una nuova violenza posta in essere nei confronti delle donne, sfruttate fino al loro ultimo respiro e anche oltre. Il cosiddetto sesso debole ucciso per mano di uomini, non è un’invenzione dei media, esiste davvero, ma è necessaria una maggiore scientificità nella raccolta dei dati e un interesse giornalistico più partecipato e meno opportunistico. L’informazione, ancora un a volta, diviene disinformazione. ___________________________________________________________________ 32 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 DENTRO LA NOTIZIA I media sono stati definiti come “l’industria dell’immaginario” poiché non mettono lo spettatore in contatto con la realtà, in una sorta di esperienza funzionale di vita, ma lo rilegano a una condizione di bombardamento mediatico, raccontando tante storie, vere o inventate che siano. Quanto detto appare evidente nella narrativa, ovvero nei romanzi, nei films e nelle soap operas, meno nel giornalismo. Le notizie dei telegiornali o gli artic oli dei quotidiani, infatti, non sono propriamente la realtà ma un racconto di essa. L’intensità emozionale di un fatto riportato dai media è generalmente minore rispetto a quello osservato o vissuto in prima persona. Invero, la quantità di eventi percepit i tramite i mezzi mediatici è di gran lunga maggiore rispetto a quelli cui presenziamo direttamente. In pochi hanno assistito a un omicidio dal vivo ma sicuramente tutti noi ne abbiamo letti una infinità sui giornali e altrettanti ne abbiamo visti in telev isione. In quanto cittadini di stati democratici dobbiamo pretendere che i media operino per il bene collettivo e non solo per gli interessi di pochi, così come dobbiamo esigere un’informazione corretta, priva di inganno e di disinformazione. E’ però altre ttanto vero che lo spettatore dovrebbe impegnarsi nel fare un uso più attento e consapevole di tali mezzi. L’errore che più frequentemente viene posto in essere è quello di dare troppa valenza al processo mediatico a discapito di quello reale che si svolge nelle aule di un tribunale. Ogni collettività democraticamente organizzata ha il bisogno vitale di credere nella sua giustizia al fine di una funzionale tenuta sociale. 25 Un importante ruolo, a tal proposito, è rivestito dall’habitat culturale in 25 http://www.corteconti.it/_documenti/approfondimenti_studi/roma_21_22_novembre_2007/relazione_gi ostra_1.pdf ___________________________________________________________________ 33 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 cui opera l’informazione giudiziaria. Se il pubblico è consapevole della precarietà di alcune notizie e se è educato a cercare una risposta non superficiale e passiva alle vicende giudiziarie, vi sarà un incentivo a un costante miglioramento del prodotto informativ o. I media sono nel contempo influenzati e influenzano l’opinione pubblica, subendone e creandone le aspettative. L’unico serio antidoto a un’informazione inadeguata o manipolatrice delle coscienze, è un’informazione libera e plurale. La verità mediatica conta molto sull’opinione pubblica e ha un maggior impatto rispetto alla verità processuale che si stabilisce solo molto dopo, quando ormai l’interesse è calato e il fatto non fa più notizia. Il processo mediatico si concentra e si sviluppa nella fase del le indagini preliminari, una fase prettamente investigativa che affascina e cattura lo spettatore in un vortice che lo tiene rilegato allo schermo, in attesa di un apparente (quanto costruito) colpo di scena. Ciò comporta che l’immagine di un soggetto inda gato venga compromessa anche in caso di successiva assoluzione nelle sedi preposte ad emettere sentenza. E’ impossibile difendersi da tale meccanismo in quanto è la stampa a decidere quando gonfiare e sgonfiare una notizia nel lungo binario fatto di informazione e di disinformazione. Assodato, quindi, che la gente tende a valutare l’importanza di un problema sociale dallo spazio che i mass media gli dedicano, ne deriva una costruzione e decostruzione continua della realtà mediata nell’ambito della reciproci tà tra media e audience. I mass media e le istituzioni sociali con cui le persone hanno quotidianamente a che fare formano ciò che la gente ricorda, come lo ricorda e i motivi per i quali lo ricorda. Il pubblico, estraneo all’effettiva realtà giuridica (pr ocesso giudiziario), acquisisce come verità rivelata tutto ciò che viene enunciato attraverso i mezzi d’informazione, primo tra tutti la televisione (processo mediatico). Il caso di Cogne potrebbe essere l’esempio da fornire quando viene ___________________________________________________________________ 34 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 trattata una tematica come quella sopra esposta. Mass media – donna – crimine: una trilogia capace di far parlare di sé ancora dopo anni dal delitto. Il 30 gennaio 2002, a Montroz (Cogne), viene ucciso il piccolo Samuele Lorenzi. L’omicidio balza subito agli onori della cro naca, assumendo una notevole rilevanza mediatica fatta di programmi televisivi e talk show dedicati. Dall’inizio di febbraio 2002 al 27 aprile 2007 (data della conclusione del processo di appello), non cambia niente: il modo di presentarsi dei coniugi e della famiglia Lorenzi, gli articoli e i loro appuntamenti televisivi. Dopo ventitré udienze e dieci ore di camera di consiglio, il processo si conclude con una sentenza di colpevolezza per la madre di Samuele, Anna Maria Franzoni, seppur con la pena dimezza ta a anni sedici anziché trenta come le erano stati dati dal gup il 19 luglio 2004 . 26 Sono l’incredulità e lo stupore che pesano come macigni quando ci si trova davanti a un atto particolarmente efferato, soprattutto se commesso da una donna. Ed è breve il passo che ci conduce alla distribuzione di bigliettini numerati davanti all’aula di giustizia di Torino per assistere al processo che vedeva imputata una madre per il delitto di suo figlio. Da sempre una donna sospettata di omicidio colpisce l’immaginazion e della gente in un’alternanza che oscilla tra attrazione e ripulsione. E’ lunga la lista delle donne che potrebbero essere inserite in un’ipotetica classifica della cattiveria al femminile, in un continuum di complessità e di quel lato oscuro che storicam ente ha etichettato il sesso debole come creatura angelica capace di donare (e non privare) la vita. 26 http://cultura.biografieonline.it/delitto-cogne/ ___________________________________________________________________ 35 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 TERZO CAPITOLO LA DONNA NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO: VITTIMA O CARNEFICE? Perché le donne uccidono? Nonostante i mass media abbiano da sempre trattato tale tematica solo marginalmente, che le donne siano capaci di delitti efferati è oramai un dato di fatto, seppur resta una certa disparità numerica tra i due sessi. Invero, le donne che si rendono autrici di condotte criminali rappresentano una n etta minoranza. Simbolo di fertilità, di riproduzione e di perpetuazione della specie, il gentil sesso ha assunto nel corso del tempo un ruolo di primo piano nell’immaginario collettivo di tutte le società umane. Donna, ovvero colei che si è occupata e che si occupa del focolare domestico, dei figli e della preparazione dei cibi: tutte funzioni fondamentali a livello sociale. Proprio per il suo ruolo rilegato all’accudimento dei piccoli, parlare di fliglicido risulta aberrante per l’opinione pubblica. Un’interessante classificazione del figlicidio è stata proposta da Resnick 27 nel 1969 ed è strutturata sulla scorta delle motivazioni e delle cause che stanno a monte dell’impulso omicidiario. Le categorie individuate dal sopraccitato autore evidenziano come il periodo più a rischio per il minore sia circoscritto ai sei mesi di vita. Possiamo quindi parlare di: 1. Figlicido altruistico , che comprende il figlicidio associato a suicidio e quello per alleviare le sofferenze reali o immaginarie 27 Come da consultazione della seguente pagina web: http://www.psicologi-italia.it/psicologia/violenzasui-bambini/855/figlicidio.html ___________________________________________________________________ 36 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 del figlio; 2. Figlicidio da psicosi acuta, ovvero quello posto in essere dai genitori che uccidono i figli sotto l’influsso di allucinazioni e deliri; 3. Figlicidio del figlio non voluto , che comprende i figli non desiderati, illegittimi o non riconosciuti dal padre; 4. Figlicidio “accidentale”, chiamato così perché l’intenzione omicidiaria è assente ed è più di origine paterna che materna; 5. Figlicidio per vendetta sul coniuge . Dal già citato delitto di Cogne alla mamma di Grosseto, arrestata nell’estate del 2010 con l’accusa di aver ann egato il suo piccolo di sedici mesi durante una gita in pedalò, i casi di figlicidio occupano una percentuale in aumento nel crimine in rosa. L’evoluzione della personalità della donna, nonché il ciclo vitale, può incontrare delle difficoltà date dal dover rivestire il ruolo di madre, al quale da sempre è rilegata ma che non per questo è così scontato quando si parla di gentil sesso. Donna-madre, donna-regina del focolare, donna -lavoro… ma perché donna-oggetto? I mass media richiedono sempre più l’esaspe razione della propria femminilità, della propria seduttività al fine di rispondere ai canoni imposti dal mondo maschile. Questo processo di omologazione, con stereotipi di bellezza elevati e irraggiungibili, se da un lato soddisfa le richieste del marketin g dall’altro pone la donna in una posizione di non autonomia, rinchiudendola in un corpo non più suo. Donna quindi vittima della società, di quell’immaginario collettivo dato dall’apparire per essere: nel 2005, a tal proposito, l’ONU ha denunciato la tendenza a mercificare il corpo femminile propria della televisione o della pubblicità, rilegando il gentil sesso a ruoli tradizionali e ___________________________________________________________________ 37 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 stereotipati, e osservando che “questi atteggiamenti altro non sono che la causa della posizione svantaggiata delle donne ne l lavoro e nella politica” . 28 Nella società post -industriale il ruolo e il posto occupato dai mass media, capaci di coinvolgere direttamente o indirettamente tutti gli ambiti sociali, sono talmente importanti e onnipresenti da divenire un indicatore dei cam biamenti in atto nel contesto sociale. I messaggi trasmessi hanno un alto valore d’intrattenimento. Invero, non vengono diffusi solo codici comunicativi ma informazioni che coinvolgono e catturano il destinatario in una sorta di manipolazione mirata. I mass media, nella loro tendenza atta alla produzione di un pensiero e di una cultura globale, sembrano poter catturare facilmente cuore e raziocinio del pubblico con un importante impatto sulla nostra identità. In questo senso, la maggior parte degli uomini e delle donne proposte dai mezzi di divulgazione di massa, corrispondono in comportamento e in funzione a stereotipi socialmente prestabiliti. 28 Dato ripreso dalla consultazione della pagina web: http://ilquotidianoinclasse.corriere.it/2013/03/maperche-donna-oggetto/ trattante il tema della donna-oggetto. ___________________________________________________________________ 38 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 MEDIA E STEREOTIPO DI GENERE L’immagine della donna è cambiata drasticamente nel corso dei secoli tanto da arrivare a un’evoluzione dei concetti femministi che, seppur generici, sono stati accettati come idee non controverse all’interno dell’odierna opinione pubblica. Invero, considerando la diffusione della presentazione femminile nella divulgazione operata dai mass media, possiamo evidenziare come le donne idealizzate, con corpi e volti perfetti, prevalgano ancora tanto nelle pubblicità quanto in altre forme mediatiche. Lo stereotipo del gentil sesso così divulgato, definito come degradante e distorsivo della realtà, ha inciso negativamente nel tentativo di molte donne atto a ottenere la parità di genere sia dal punto di vista sociale che politico. Donna-oggetto, donna-vittima, donna-indifesa. E’ invece importante garantire e sostituire a questi preg iudizi una rappresentazione della donna fedele al suo essere. I mezzi di comunicazione, infatti, indirizzano l’individuo verso la ricerca di una propria identità e per questo possono essere ritenuti responsabili della diffusione d’idee, pensieri e convinzi oni che stanno alla base della nostra società. L’influenza sociale dei mass media è una delle questioni più rilevanti dell’era in cui viviamo. Gran parte di ciò che sappiamo, inerente a quanto avviene nel mondo, ci proviene dalle agenzie d’informazione da cui traiamo le notizie sul clima d’opinione riguardante eventi, questioni della scena pubblica e personaggi. Spesso, stampa e televisione si servono dello stereotipo di genere per condizionarci e indurci al consumo. Tale processo inizia da giovanissimi ed è pertanto necessario che ragazzi e ragazze imparino a sfatare i ___________________________________________________________________ 39 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 suddetti stereotipi al fine di divenire cittadini e cittadine più consapevoli e meno consumisti/e. Nel corso della storia la posizione della donna è stata spesso associata a un’immagine di s ottomissione all’interno della famiglia e d’inferiorità nella vita sociale. A oggi però, nel mondo occidentale, il gentil sesso ha raggiunto una quasi totale parità con gli uomini: vota, studia, lavora, occupa posti di alta responsabilità e, perché no, del inque. Trovandosi ad agire in una società ancora strutturata a misura d’uomo, la donna si deve dividere tra vecchi e nuovi ruoli, in una continua lotta contro quegli stereotipi che da sempre l’accompagnano, al fine di conquistare spazi maggiori di autonomi a. Alcuni modelli di femminilità proposti dai mass media, nonché alcuni pregiudizi, rappresentano ancor oggi la donna come un essere dipendente e responsabile solo della conduzione della vita domestica. Per quanto la televisione possa sforzarsi nel cercar e di presentare una donna in carriera, competente e determinata, mostra ed evidenzia in un continuum passato -presente quegli aspetti di dolcezza e affettività che il ruolo femminile detta. ___________________________________________________________________ 40 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 INFORMAZIONE E DISINFORMAZIONE Disinformare è il m odo più efficace per manipolare una data opinione e indirizzare le scelte del pubblico senza dover attuare costrizione alcuna. Il tema dell’informazione è vitale in democrazia. Il cittadino informato, infatti, può decidere con coscienza e cognizione di causa mentre il cittadino disinformato può solo credere di decidere. I giornalisti dei nostri telegiornali sono diventati presentatori e consulenti pubblicitari, ruoli che in realtà esulano dall’informazione obiettiva e sul campo. Invero, i servizi giornal istici sembrano creati e studiati al fine di mostrare alcune cose e nasconderne altre. In Italia, dati alla mano, sono sempre meno le persone che leggono i giornali e pertanto la notizia veicolata dal mezzo televisivo rappresenta per molti l’unica fonte d ’informazione. Le vicende che evocano emozioni sono oramai onnipresenti negli schermi che popolano le nostre case e nelle pagine dei nostri quotidiani. Suscitare associazioni emotive e commozione è diventato un must dei mezzi di comunicazione, a discapito di taluni fatti di cronaca che potrebbero mettere in pericolo il sistema nella trattazione di argomenti tanto scottanti quanto pericolosi per l’assetto che i politici hanno il compito di proteggere. I delitti contro i bambini, contro le donne e gli anziani finiscono così per essere ampliati, occupando uno spazio sempre più ampio all’interno dei telegiornali. Alcune notizie sono oggetto di trattazioni così importanti e ripetute da condurre lo spettatore a focalizzarne l’attenzione, veicolato da informazioni ripetitive che non spiegano davvero la questione e che anzi talvolta la manipolano. ___________________________________________________________________ 41 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 Paradossalmente il cittadino viene sommerso da dati fittizi per fare in modo che rimanga disinformato. La televisione è sempre più dominata da rotocalchi di una realtà che non è quella in cui viviamo, con l’obiettivo di emozionare, catturare l’attenzione e intrattenere anziché informare. E allora, cosa meglio del crimine? Il crime è un genere che, grazie alla potenza del mezzo televisivo, rende l’impatto con il pubblico mo lto potente. In questo periodo i network non possono permettersi di sbagliare poiché livelli bassi di audience porterebbero ad una esigua raccolta pubblicitaria per i canali commerciali. Si tende così ad affidarsi a un genere ben preciso e con alle spalle un’importante tradizione cinematografica e televisiva: il Crime Drama, ovvero una specie di genere eterno che vive in una realtà ambientata in quartieri e città riconoscibili ma allo stesso tempo impermeabili al mondo reale. Ecco quindi una televisione se mpre più criminale, all’interno della quale il crimine ne diviene il contenuto principale, declinato nei vari generi televisivi e d’informazione. In Italia, soprattutto negli ultimi quarant’anni, si è verificata una vera e propria rivoluzione procreazione culturale assistita alla ch e ha liceità toccato vari dell’aborto, ambiti: dal dalla divorzio all’abrogazione del reato di adulterio femminile (1970), dalla legge n. 903 che sancisce la completa parità di trattamento in materia di lavoro tra uomini e donne fino a giungere al 1991 e alla legge atta a promuovere azioni funzionali per la realizzazione della eguaglianza uomo -donna. Eppure, nonostante i sopraccitati e i numerosi passi in avanti fatti, i reati di violenza posti in essere dalle donne sono sempre p oco resi manifesti dai mezzi d’informazione. Tale repressione potrebbe essere data dalla difficoltà di conciliazione tra ___________________________________________________________________ 42 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 il fatto-reato e il concetto tradizionale di comportamento femminile. L’assassinio e altri atti violenti contro le persone fisiche, in fatti, sembrano in completa antitesi con il delicato, riservato e protetto ruolo del cosiddetto sesso debole. Ecco che i mass media continuano a passare un’immagine della donna quale vittima della violenza maschile, ridotta all’ormai tristemente celebre femminicidio , anziché carnefice nonché capace di compiere atti efferati in egual misura a quelli compiuti dagli uomini. ___________________________________________________________________ 43 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 CONCLUSIONI A fronte di quanto fin qui esposto risulta evidente come la nostra società sia tuttora ancorata a un’idea retorica di bontà femminile, di presunta non violenza. Eppure le donne, nonché le ragazze d’oggi, delinquono, aggrediscono, scippano, si rendono autrici di stalking, di diffamazione e di vere e proprie organizzazioni quali bande e gang. Generalmente, analizzando e interpretando il comportamento posto in essere dalla donna, sembra prevalere la scelta di considerarla come un soggetto separato, dotato di una propria specificità e realtà. A tal proposito, un importante cambio di tendenza è stato rec entemente registrato grazie alla ricerca di una nuova analisi del rapporto donna uomo e donna-collettività, capace di cogliere inedite valutazioni inerenti ai comportamenti storicamente definiti di genere. Invero nella nostra società, satura di incertezza e di apparenza, si vanno pian piano delineando valori e comportamenti tendenti all’eliminazione di quella netta distinzione che ha da sempre caratterizzato il ruolo di uomo da quello di donna. Nella modernità, infatti, si intravede la richiesta di qualc osa che prescinde dal distinguo sessuale. Ne sono un esempio il rispetto di ciascun soggetto come persona nonché la valenza emotiva e affettiva all’insegna della reciprocità. Il concetto di mascolinità comincia pertanto a perdere i suoi connotati più risaputi, volti a una nuova riscoperta del valore e all’importanza dell’intimità non più intesa come patrimonio esclusivo del ruolo femminile ma come un’inesauribile fonte di ricchezza e di vitalità per la persona in senso lato. ___________________________________________________________________ 44 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 Tornando alla criminalità, e n ella fattispecie alla realtà italiana, è interessante notare come non vi sia una tipicità femminile (piuttosto che maschile) dei reati posti in essere. Se in tale senso una distinzione può essere fatta, e che comunque è valida per entrambi i sessi, è la pr esenza di una data delinquenza tra le classi sfavorite sul piano sociale, economico e culturale. Un viaggio nel cuore del crimine in rosa che ci permette finalmente di parlare delle donne quali protagoniste dei loro atti criminali. Un cambiamento in tale d irezione, seppur radicale quanto diffuso, ha travolto le ragazze trasgressive di oggi che, per emergere e per dimostrare la loro forza, hanno abbattuto il muro sociale che le tratteneva un considerato passo un indietro. modo, seppur Anche questo distorto, di può essere dimostrare pertanto la propria femminilità. Un mutamento di cui però televisioni e stampa non parlano. Il potente schieramento dei mezzi di comunicazione odierni, capace di azzerare i tempi di divulgazione delle notizie e di annullare le dist anze, funge da cassa di risonanza per la diffusione di qualsiasi tipo d’informazione, sia essa anche criminale. La televisione, ma soprattutto la pubblicità, tende a svalutare le capacità femminili, rilegando la donna ad un oggetto sessuale secondo logich e di marketing ancora sotto monopolio maschile. Sin da piccole siamo così abituate allo stereotipo mediatico di donna, intesa come velina o modella, da essere condizionate nella successiva assunzione di un comportamento superficiale che ci impedisce di tr ovare una propria e funzionale identità e integrità. Il successo in rosa, infatti, non viene quasi mai collegato a talenti e a meriti, bensì al buon matrimonio e a canoni di bellezza estremi: il modello è pertanto quello della dipendenza della donna all’u omo. ___________________________________________________________________ 45 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 La pubblicità, nata per soddisfare una semplice funzione commerciale, è diventata una sorta di diffusione di nuove tendenze nonché la conferma di quelle vecchie e lo specchio di quelle attuali. Invero, essa non è più solo un insieme di consigli per g li acquisti ma un vero e proprio mezzo di promozione della società e delle relazioni umane. Ruoli femminili, nuovi e più moderni, non fanno crescere gli introiti pubblicitari né tanto meno fanno salire gli ascolti dei programmi televisivi o vendere i giorn ali. Il dramma è che a nessuno sembra interessare il far emergere la competenza femminile, il restituire alla donna la sua giusta dimensione. Quando si parla di violenza, ad esempio, la ripartizione dei ruoli sembra inequivocabile: l’uomo è il carnefice e la donna la vittima. L’idea che anche gli uomini possano essere vittime di violenza, così come le donne autrici di atti criminali tanto efferati quanto abnormi, è un qualcosa che non viene quasi concepito dalla nostra società. E i mass media non aiutano in tale intento, complici di una informazione che, il più delle volte, diviene disinformazione. ___________________________________________________________________ 46 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 BIBLIOGRAFIA Jole Baldaro Verde, Donna maschere e ombre: ontogenesi dell’identità femminile. 1987, Raffaello Cortina Editore. Milano. 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Ventuno storie di ragazze che ___________________________________________________________________ 47 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES Barbara Bargigli – SST in Scienze Criminologiche (secondo anno) A.A. 2012 - 2013 uccidono. 2011, Arnoldo Mondadori Editore. Milano. De Pasquali Paolo, Serial killer in Italia. Un’analisi psicologica, criminologica e psichiatrico -forense. Milano, Franco Angeli ___________________________________________________________________ 48 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. 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