Il laboratorio dei giochi musicali: il ruolo della

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Il laboratorio dei giochi musicali: il ruolo della
Istituto MEME
associato a
Université Européenne
Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles
IL LABORATORIO DEI GIOCHI MUSICALI
Il ruolo della creatività nello sviluppo psico - affettivo del bambino
Scuola di Specializzazione: Arti Terapie
Relatore: Dott.ssa Roberta Frison
Contesto di Project Work: Azienda Sanitaria Locale di Ancona
Servizio Unità Multidisciplinare
Età Evolutiva
Tesista specializzando: Dott.ssa Francesca Polverini
Anno di corso: Primo
Modena, 26-05-2007
Anno accademico 2006-2007
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
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FRANCESCA POLVERINI – SST in ARTI TERAPIE – PRIMO ANNO A.A. 2006-2007
INDICE
Premessa……………………………………………………………………..
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1. Introduzione: quadro teorico di riferimento sulle Arti Terapie………
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1.1 Le Arti Terapie: presupposti teorici e metodologici……………………...
1.2 Le competenze relazionali e comunicative nei contesti di aiuto e il
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linguaggio non verbale………………………………………………….
1.3 Il setting, i metodi e le tecniche in Arte Terapia………………………...
1.4 La figura dell’arte terapeuta e il suo ruolo………………………………
1.5 L’Arte Terapia con i bambini……………………………………………
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2. Il ruolo della creatività nello sviluppo psico – affettivo del bambino.
Teorie e metodi di riferimento………………………………………...
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2.1 Il bambino e il disegno…………………………………………………
2.1.1 Arno Stern e il Closlieu……………………………………………….
2.1.2 Altre attività espressivo-figurative……………………………………
2.2 Il bambino e il suono…………………………………………………..
2.3 Il gioco nello sviluppo intellettivo ed affettivo del bambino ………….
2.4 Il bambino e il movimento…………………………………………………
2.4.1 La Pratica Psicomotoria……………………………………………….
2.4.2 La Pedagogia del corpo………………………………………………..
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3. Strumenti di osservazione e valutazione della seduta di arte terapia..
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4. Ipotesi di Project Work: “Il laboratorio dei giochi musicali”……….
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4.1 Premessa………………………………………………………………..
4.2 Setting…………………………………………………………………..
4.3 Attività………………………………………………………………….
4.3.1 Attività espressivo- figurative………………………………………..
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4.3.2 Attività con la musica: percorso di sensibilizzazione alla musica…….
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4.3.3 Attività di esplorazione sonoro-motoria: musica e movimento………
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4.3.4 Attività miste: “le Storie”…………………………………………......
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5. Conclusioni e sviluppi……………………………………………………
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Bibliografia ………………………………………………………………...
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“Ho coltivato nel mio spirito un giardino di rose;
L’ho nascosto dentro una scorza dura.
Fuori ho messo un cartello
per vietare l’ingresso ai cattivi”…
Giovanni Allevi
Premessa
Penso che una delle maggiori potenzialità delle Arti Terapie sia proprio quella di
facilitare enormemente la riscoperta “di quel giardino di rose” presente in ognuno
di noi, riscoperta che può aiutare a ritrovare o scoprire la serenità e l’armonia nella
propria vita. Ognuno di noi crea una “scorza dura” dentro alla quale difendersi,
difendere i propri sentimenti e il proprio fragile Sé. Credo fermamente che l’arte, in
tutte le sue espressioni e la creatività in generale, possa dare un contributo di
fondamentale importanza alla guarigione e a maggior ragione se si tratta di
bambini, che hanno naturalmente sviluppati al massimo grado queste capacità e
desideri, ma a volte purtroppo non hanno lo “spazio” per esercitarle e poterne così
trarre beneficio.
Ciò che mi ha spinto ad intraprendere la strada dell’Arte Terapia sono stati la
mia passione per l’espressività, la creatività, “il fare” con materiali e colori, la
musica, che mi ha sempre accompagnato fin da bambina e della quale, crescendo
ho saputo scoprirne sulla mia pelle le valenze terapeutiche ed è stato anche il
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bisogno di dedicarmi agli altri ed essere di sostegno e aiuto nelle situazioni di
sofferenza e disagio.
La decisione di iniziare ad occuparmi dei bambini in situazione di disagio (e
non), è stata maturata a partire dalla convinzione che tutto ciò che di buono si
trasmette loro contribuirà a formare gli adulti di domani, che potranno essere così
più felici o infelici, più sani o più malati. Quindi è importante, soprattutto in questa
società, competitiva, complessa e nella quale il disagio assume sempre di più forme
asintomatiche, trasmettere ai bambini il valore che assume l’espressione delle
proprie emozioni e sentimenti, del proprio vissuto interiore e sentire profondo,
perché questo li accompagnerà nella vita, contribuendo a renderli persone più
serene. Inoltre il bambino che siamo stati, è sempre in noi ed è bello (anche se
talvolta difficile, ma comunque sempre utile) riscoprirlo attraverso quello che
riescono a trasmette i piccoli.
Nel primo capitolo ho tracciato un quadro teorico di riferimento sia sulle arti
terapie in generale, in quanto a presupposti teorici e metodologici e al tipo di
competenze richieste all’arte terapeuta, nonché al suo ruolo, sia sull’arte terapia
rivolta ai bambini.
Nel secondo capitolo ho effettuato un’analisi delle principali teorie di
riferimento nel campo della creatività infantile, che ho trattato suddividendo le
quattro aree fondamentali, espressivo-figurativa, suono, gioco e movimento.
Nel terzo capitolo ho trattato il tema centrale dell’osservazione e della
valutazione nell’ambito delle sedute di arte terapia.
Infine nel quarto capitolo ho delineato un’ipotesi di Project Work di prossima
realizzazione.
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1. Introduzione: quadro teorico di riferimento sulle Arti Terapie
1.1 Le Arti Terapie: presupposti teorici e metodologici
I principi base dell’Arte Terapia si identificano nella compresenza di:
9 ambiente relazionale
9 materiali artistici come mediatori
9 processo creativo
9 risorse emotive e relazionali
Uno degli obiettivi generali dell’Arte Terapia consiste nel favorire forme di
integrazione, sia tra l’individuo-persona e il gruppo e sia tra i tre livelli
dell’esperienza, l’emozione, l’azione e il pensiero.
Tra gli obiettivi specifici dell’Arte Terapia troviamo:
9 fornire strumenti per gestire le proprie emozioni, paure e desideri
9 condivisione delle esperienze
9 favorire fiducia e autostima
9 sviluppare le risorse creative, espressive e relazionali
9 favorire il dialogo mente-corpo
9 favorire l’integrazione attraverso la valorizzazione delle differenze
9 prevenire l’insorgere di psicopatologie e le condizioni di emarginazione
sociale.
L’essenziale in Arte Terapia, non sta nel prodotto, ma nel processo creativo, che
coinvolge globalmente la persona e le sue emozioni. Con processo creativo si
intende tutto quello che avviene nel corso della produzione artistica, compreso
quali materiali usiamo, che cosa avviene nel tempo, come siamo presenti nella
situazione, se ci sentiamo bloccati, in difficoltà o se viceversa ci sentiamo in una
situazione piacevole.
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Quindi sono molti gli aspetti che l’arteterapeuta deve osservare mentre il
processo si sta svolgendo (cnfr. Cap. 3), ad esempio l’approccio ai materiali, il loro
utilizzo, come viene affrontato lo spazio del foglio, dove è stato lasciato il primo
segno, quale forma è emersa, quali colori sono stati usati, con quale stato d’animo
si affronta l’esperienza.
Familiarizzare con questo processo e con i livelli di coscienza che convivono in
esso è il nostro primo compito e vale come introduzione alla capacità di sentire e
sensibilizzarsi ad una diversa forma di comunicazione pre-verbale.
L’ Arte Terapia deve contribuire a costruire una nuova narrabilità di sé stessi
traducendo le emozioni in immagini, le immagini in metafore e le metafore in
nuove narrazioni del proprio vissuto emotivo ed esperienziale.
Una delle importanti funzioni dell’espressione artistica è quella di dare corpo al
proprio sentire, tenendo conto del fatto che il sapere e la conoscenza sono, in
primis, di tipo visivo e sensoriale. Tra noi e il mondo fisico c’è sempre un “filtro
creativo” e dunque
l’Arte Terapia si basa anche sulla consapevolezza che la
fantasia non rinnega la realtà, ma anzi la completa.
1.2 Le competenze relazionali e comunicative nei contesti di aiuto e il
linguaggio non verbale
Le competenze relazionali e comunicative rivestono un’importanza cruciale in
ogni relazione di aiuto. Negli anni ’60 l’approccio sistemico-relazionale inizia a
considerare il ruolo del sistema/organizzazione come centrale per comprendere le
dinamiche umane. Dunque si inizia a diffondere l’idea del contesto come matrice
dei significati (Bateson).
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Dal momento che si è consolidata l’idea secondo cui ciò che ciascuno apprende
si basa sulle premesse epistemologiche che possiede, viene ad essere importante in
un contesto di (arte)terapia venire in contatto con tali premesse.
La comunicazione non si può imporre, essa deve instaurarsi spontaneamente e
sarà compito del terapeuta creare i presupposti che favoriscano il suo nascere.
Le Arti Terapie si collocano nell’ambito della comunicazione non verbale,
analogica. Secondo teorie ormai consolidate, gran parte della comunicazione tra
individui viaggia sul canale analogico. La componente non verbale della
comunicazione
riveste
un
ruolo
predominante
rispetto
allo
svolgersi
dell’interazione e all’efficacia della comunicazione.
La presa in carico del paziente comporta un’assunzione di responsabilità e
l’accettazione di prendersi cura della sua interiorità.
1.3 Il setting, i metodi e le tecniche in Arte Terapia
E’ importante per prima cosa definire cosa si intende per setting in attività di
psicoterapia e quali elementi fondamentali lo compongono. Infatti esso non
comprende solo elementi “strutturali” e materiali, ma anche le relazioni che si
instaurano tra il terapeuta e i pazienti. Dunque l’elemento comunicativo e
relazionale viene ad essere essenziale e caratterizzante un setting di terapia.
Possiamo immaginarlo come un contenitore, che accoglie quanto sta avvenendo
nello spazio-tempo, una cornice contenitiva degli stati emotivi che si sviluppano
durante le attività e nella relazione tra paziente e terapeuta. I rituali di inizio e fine
hanno la funzione di delimitare il tempo, contribuendo così a creare quella cornice
e fanno parte integrante del setting.
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Entrando più nello specifico di un setting di arteterapia, questo è caratterizzato
dai materiali presenti, dalla loro disposizione nello spazio e dalle regole del gioco
in parte stabilite in partenza ed in parte contrattate di volta in volta. L’utilizzo di
materiali creativi ha la finalità anche di gettare un ponte comunicativo tra le parti e
vengono ad assumere la funzione di “oggetti transizionali” (Winnicott), oggetti
mediatori, né del tutto interni né esterni, ma aventi valore simbolico e attraverso i
quali è più facile esprimere un senso del proprio Sé e del proprio vissuto emotivo,
quando tale esperienza non si presta ad essere verbalizzata.
I materiali e le attività che vengono svolte hanno l’importante funzione di
mediare nella comunicazione paziente-terapeuta, evitando il confronto troppo
diretto e facilitando sia l’uscita del paziente dal suo isolamento che la crescita della
sua fiducia nei confronti del terapeuta, creando un clima di prevedibilità,
rassicurante per il soggetto fragile. Occorre che il terapeuta sia consapevole della
lentezza con cui può avvenire il processo, in quanto spesso si rende necessaria la
ripetizione prolungata delle attività, per creare un clima di familiarità. A volte,
naturalmente si presentano periodi di regressione, che poi scompaiono.
Ciascun materiale ha un suo linguaggio e caratteristiche specifici, che possono
avere valenza di contenimento o di facilitazione. Importante osservare l’approccio
ai materiali, ad esempio capiterà che qualcuno abbia paura di sporcarsi e rifiuti
l’idea di dipingere con le mani.
Ad esempio i materiali fluidi hanno un potenziale di espansione e facilitano la
regressione, soprattutto se bagnati o usati senza strumenti, mentre i materiali
resistenti, che richiedono nel loro utilizzo un maggior impiego di energia, aiutano
a rinforzare la consapevolezza dei confini corporei, la struttura, il proprio Io.
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Anche le diverse tecniche hanno lo scopo di favorire alcuni processi mentali ed
emotivi e rispondono a specifici bisogni, ad esempio la tecnica del collage
permette di lavorare sulla frammentazione e ricomposizione ed aiuta a sviluppare
una maggiore flessibilità, in quanto gli oggetti possono essere riciclati ed osservati
da altri punti di vista. Nelle situazioni più complesse l’offerta di stimoli deve
essere graduale.
In una seduta di arte-terapia è interessante osservare ogni movimento, a partire
dalla scelta del materiale, soprattutto quando ce ne sono molti a disposizione, anche
se non tutte le situazioni si prestano ad esperimenti del genere, in quanto in alcune
particolari circostanze, soprattutto relative a determinate condizioni patologiche,
non è opportuno mettere a disposizione molti materiali troppo presto e creare una
sovrabbondanza di stimoli. Infatti nelle situazioni complesse, patologiche, che
spesso si esprimono graficamente attraverso le stereotipie, stessi oggetti ripetuti
ossessivamente all’infinito, dovuti anche alla povertà di risorse espressive, una
sovrabbondanza di materiali può risultare destabilizzante.
E’ fondamentale (soprattutto nelle sedute di gruppo), dare delle regole precise
da rispettare. E’ bene mettere in evidenza, qualora vi siano presenti degli
accompagnatori che non si tratta di attività di intrattenimento, ma di attività con
precise regole, contenuto ed obiettivi.
La valutazione delle caratteristiche estetiche ed espressive deve essere usato dal
terapeuta al solo fine di individuare lo stile e le tendenze di ciascuno e stimolare
nuove e possibili esplorazioni del linguaggio espressivo.
Il fatto di lasciare la libertà nella scelta dei materiali, nella sperimentazione e
nella scelta del tema del proprio disegno è fondamentale per rafforzare la
motivazione e l’autonomia del bambino.
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Il setting in Arte Terapia ha anche la funzione di “risvegliare” il processo
creativo che è strettamente connesso con il processo terapeutico, in quanto è un
processo di trasformazione e di elaborazione della propria esperienza. Affinché si
realizzi questa trasformazione è fondamentale l’esperienza del piacere, che sta alla
base della motivazione. E’ molto importante che l’arte terepeuta sappia favorire la
motivazione anche nei soggetti con maggiori difficoltà di espressione e per fare
questo deve riuscire a coinvolgere la persona, il bambino nel processo artistico e
rendere l’esperienza artistica adattabile e percorribile. Il piacere che si prova
facendo, è fattore di motivazione essenziale, ciò fa sì che l’esperienza artistica
abbia un enorme potere di motivare le persone a superare i propri limiti,
coinvolgendole emozionalmente.
Ci muoviamo sempre in un contesto di complessità, in cui non si può controllare
il processo, ma lo si può solo osservare e descrivere.
Nel momento in cui si va a definire un programma di arte Terapia, ci sono
alcuni principi base a cui attenersi, quali:
9 la definizione precisa dei limiti di spazio- tempo
9 l’analisi del proprio stato d’animo ed essere presenti nella seduta,
ascoltando, osservando e facendo da specchio
9 la risposta a quello che viene portato dal paziente, accettando,
incoraggiando, rassicurando e gratificando
9 la flessibilità, incoraggiando la creatività e l’indipendenza.
1.4 La figura dell’Arte Terapeuta e il suo ruolo
Durante la seduta, l’arte terapeuta non può essere neutrale, nessuno di noi può
esserlo in quanto parte del contesto in cui si sta svolgendo il processo creativo, ma
può e deve far sì che il processo nel suo insieme lo sia, creando le condizioni
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perché le risonanze che sente in sé vengano trasformate in empatia e non in
proiezione. E’ necessario che sia ben consapevole di queste risonanze e dei
pregiudizi che ognuno di noi inevitabilmente porta con sé, così da poter osservare il
processo in maniera neutrale.
Il ruolo dell’arte terapeuta consiste principalmente nel:
-
difendere il setting ogni qual volta emergano elementi di conflitto/ giudizio, al
fine di rendere sempre possibile l’ascolto reciproco
-
non dare soluzioni al paziente, ma aiutarlo a vedere, discriminare, pensare
(Bion)
-
attenzione a tutto ciò che si sta svolgendo, le storie ci dicono qualcosa nell’hic
et nunc (Bateson).
L’arte terapeuta possiede specifiche competenze attinenti sia la dimensione più
prettamente artistica, sia quella relazionale e psicodinamica, che riguardano gli
stadi dello sviluppo evolutivo, la comunicazione non verbale, le componenti
emotive e relazionali del processo creativo e le metodologie artistiche e
relazionali.
1.5 L’Arte Terapia con i bambini
Le sedute di Arte Terapia si fondano sui principi teorici che riguardano gli stadi
dello sviluppo del bambino e dei benefici terapeutici del fare e del creare.
E’ dunque fondamentale che l’arte terapeuta abbia sufficienti conoscenze sullo
sviluppo psicologico del bambino, sulle dinamiche del comportamento, sulle
caratteristiche dell’ambiente sociale, al fine di integrare gli aspetti cognitivi con
quelli affettivi, durante il processo artistico.
Man mano che il bambino costruisce una relazione di fiducia con il terapeuta,
inizierà anche a comunicare le sue difficoltà e potrà essere aiutato:
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- ad imparare ad accettare i propri prodotti artistici, “belli o brutti” che siano,
accettando così le parti “buone e cattive” di sé, senza che queste ultime debbano
essere negate in quanto possono annullare gli aspetti positivi
- ad aprirsi all’universo simbolico, imparando a riconoscere ed accettare la
differenza tra fantasia e realtà.
Nella fase iniziale è bene incentrare le sedute sull’esplorazione dell’ambiente e
dei materiali, attraverso esperienze tattili (usando materiali e tecniche diverse) e
visive (di colore e di luce).
Quando ci si trova in presenza di una creazione che disturba “esteticamente” o
di un comportamento distruttivo (come la perdita di controllo e distruggere o
rovesciare i materiali) li si può riorganizzare e far loro acquisire nuova forma e
significato, si può creare una nuova narrazione.
2. Il ruolo della creatività nello sviluppo psico-affettivo del bambino.
Teorie e metodi di riferimento.
Di seguito verranno analizzate quattro aree fondamentali in cui si articola
l’ampio e complesso campo della creatività, nell’ambito delle quali si svolgono la
maggior parte delle attività importanti per lo sviluppo equilibrato del bambino e
della sua identità. Queste aree sono il disegno, il suono, il gioco ed il movimento.
Verranno accennate le principali teorie di riferimento relative a ciascun ambito,
ferme restando le numerose interrelazioni tra di essi, soprattutto quando si tratta di
fare delle attività. Queste importanti e strette connessioni emergeranno chiaramente
quando si andranno ad illustrare alcuni metodi e tecniche (connessioni tra gioco e
movimento, movimento e suono o immagine e suono).
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Nell’atto della creazione, senza finalità estetiche, si sprigiona energia e se ne
riceve. E’ l’atto stesso del creare ad essere terapeutico e non il prodotto finito.
Questo fatto deve sempre essere tenuto presente dal terapeuta, così da poter
osservare attentamente il processo creativo e coglierne tutti gli elementi utili e
significativi, evitando di formarsi ed esprimere giudizi di valore sulle opere
compiute e sulle loro “qualità”.
Ho suddiviso questo capitolo in quattro sezioni che secondo me sono quelle
fondamentali in cui si articola ed esprime la creatività, soprattutto nel bambino e
che a mio parere meritano una introduzione separata, per quanto concerne le
principali teorie di riferimento.
2.1 Il bambino e il disegno
Le immagini hanno già di per sé una valenza terapeutica, in quanto offrono la
possibilità di dare forma ad una emozione (figurabilità), di entrare ed uscire
dall’immagine che la rappresenta, facilita il processo di differenziazione tra sé e
l’oggetto, tra realtà interna ed esterna, gettando le basi per il processo di
simbolizzazione.
Il disegno per il bambino è gioco, espressione e comunicazione e soddisfa
bisogni ludici, affettivi ed emotivi.
I bambini utilizzano una gamma molto ampia di linguaggi ed espressioni,
parlano con il corpo e anche (a volte soprattutto) con i silenzi.
I colori, le forme, il riempimento del foglio, la pressione esercitata dal
pennarello sono tutti aspetti di meta-comunicazione che possono aiutare ad
interpretare questo silenzio.
Ci sono due aspetti fondamentali da considerare nel disegno infantile:
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- il primo di tipo evolutivo: lo sviluppo del tratto grafico del bambino riproduce
la sua crescita psichica, emotiva ed affettiva
- il secondo di tipo psico-pedagogico: il disegno è uno strumento educativo e
psicologico e offre la possibilità di analizzare caratteristiche specifiche della
personalità e della vita del bambino (es. test della famiglia e dell’albero).
Il disegno del bambino diventa metafora e parafrasi al tempo stesso, della nostra
relazione con chi sta crescendo. Lo sguardo che posiamo sul suo disegno è di
importanza fondamentale, se ad esempio ci si limita a valorizzare il disegno usando
categorie “adulte”, in futuro i bambini, probabilmente, cercheranno di fare “la cosa
giusta” e di assolvere alle aspettative degli adulti che li educano e utilizzeranno il
disegno soprattutto per acquisire il consenso e l’approvazione di coloro dai quali
voglio ottenere stima e affetto.
Sapendo osservare il modo di espressione grafica del bambino, si riuscirà ad
accoglierla per quello che è, cioè un modo originale per raccontarsi a noi e
testimoniarci parti di lui segrete
e apparentemente irraggiungibili. Il disegno
racconta l’uomo all’uom.
Il meccanismo psicologico che sta alla base del disegno spontaneo e che lo rende
un utile mezzo per capire la personalità e lo stato emotivo dell’autore, è quello della
proiezione. Si proiettano le proprie emozioni e percezione del mondo sul foglio di
carta. Soprattutto il bambino, lasciato disegnare liberamente, presto si comporterà
con il foglio di carta come farebbe nel mondo, in quanto il foglio rappresenta per
lui l’ambiente e il contesto nel quale esprimersi.
Tantissimi sono gli elementi da osservare per avere un’idea della personalità del
bambino e dei suoi sentimenti del momento, a partire da come e dove inizia a
tracciare il disegno, dallo spazio che occuperà, dalla forza o meno del tratto e dai
colori utilizzati. L’interpretazione del disegno infantile riveste un ruolo
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fondamentale, anche perché il bambino non possiede tutte le difese dell’adulto,
quindi saperlo osservare può svelarci molto.
Occorre sempre ribadire che è indispensabile procedere con molta cautela nelle
interpretazioni e soprattutto raccogliere quante più informazioni possibile sul
bambino, la sua famiglia, il contesto di riferimento, prima di poter trarre qualche
tipo di conclusione. Occorre quindi saperne cogliere le infinite potenzialità senza
pensare che possono esserci interpretazioni univoche ed inconfutabili dei disegni
infantili.
I test del disegno infantile di tipo proiettivo, più accreditati ed adottati in
contesto diagnostico-terapeutico sono quelli relativi al disegno della figura umana,
della famiglia/casa e dell’albero.
2.1.1 Arno Stern e il Closelieu
Arno Stern è considerato il primo esperto di educazione creatrice, una pratica
da lui inventata nel 1946, nell’immediato dopo guerra, in Francia, una pratica che
continua tutt’ora ad esercitare. Dopo essere stato educatore in un istituto per orfani
di guerra, apre a Parigi nel 1949 un suo Atelier di pittura per bambini, il Closlieu,
che si caratterizzò subito per la formula inedita in quel tempo e per l’allestimento
del tutto originale nel quale si trova ancora a lavorare. Si occupa ancora di
divulgare il più possibile la propria pratica avviando al suo lavoro dei praticiens
attraverso appositi stages di formazione.
All’interno del Closlieu Arno Stern ha fatto una straordinaria scoperta, la
Formulazione. Attraverso tale scoperta ha permesso di prendere una distanza dalla
credenza che il disegno infantile fosse esclusivamente il prodotto di una fervida
immaginazione ed introdurre il concetto che in realtà esso deriva da una necessità
di natura organica e si compie secondo delle specifiche leggi.
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Il disegno serve a raccontare storie?. Questo è ciò che generalmente si pensa ed
ecco perché si chiede ai bambini di illustrare storie. In questo ambito le buone idee
non servono e non hanno molto senso, perché per disegnare non servono “buone
idee”, in quanto non dovrebbe essere la mente, o la razionalità a guidare la nostra
espressività, anzi sarebbe bello esercitarsi a disegnare con la parte destra del
cervello, cioè con la parte estranea al ragionamento logico, ma attinente alla sfera
espressiva e sensoriale.
Arno Stern fa una distinzione tra il Gesto, la Traccia e la Formulazione, che
corrispondono a specifiche fasi che si vivono durante l’esperienza nel Closelieu.
Un’altra evoluzione da osservare nel disegno infantile è quella che va dalla
rappresentazione di Figure Primarie a quella di Oggetti e poi di Immagine ed
infine di Figure Essenziali.
2.1.2 Altre attività espressivo-figurative
Oltre il disegno, ci sono molte altre attività espressivo-figurative interessanti da
realizzarre con i bambini, che consistono nel creare, nel modellare, nel plasmare,
nel costruire, senza finalità estetiche, in quanto come già detto è l’atto stesso del
creare ad essere terapeutico e non il prodotto finito. Saranno a disposizione dei
bambini materiali di vario genere, argilla, plastilina, cartone colorato, forbici ,
colla, vari materiali di recupero, stoffe, bottoni, tappi, bottiglie, legno, sassi,
conchiglie, foglie e fiori secchi, e tanto altro ancora.
Nel § 4.3, verranno illustrate alcune attività da realizzare nell’ambito di “giochi
e storie musicali”.
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2.2 Il bambino e il suono
Negli anni ’70 un fondamentale contributo scientifico alle conoscenze sullo
sviluppo delle capacità sonore e uditive del bambino viene portato da Alfred
Tomatis, otorinolaringoiatra e musicista, il quale sulla base di esperimenti da lui
condotti cominciò a capire che l’orecchio iniziava a funzionare già nella vita
prenatale, e quindi il bambino è già in grado di udire prima della nascita.
Successivamente queste scoperte rivoluzionarie furono avvalorate dai risultati di
altri studi fino a che a tutt’oggi risulta essere una conoscenza ormai acquisita dalla
comunità scientifica. L’apparato uditivo inizia a funzionare intorno alla 24esima
settimana e il feto reagisce ai suoni dell’ambiente interno-intrauterino ed esternoestrauterino. Già in epoca fetale è possibile indurre il fenomeno dell’abituazione a
determinati stimoli sonori.
I suoni sono intimamente legati allo sviluppo di alcune importanti capacità
dell’uomo. Essi risultano fondamentali nel fornire loro alcuni strumenti per
esplicitare il proprio mondo e per comunicare il loro modo di vedere, ascoltare e
percepire la realtà: i bambini uniscono in modo molto stretto suono e movimento
nelle loro azioni.
Il territorio sonoro è ricco di possibili percorsi esplorativi, in cui i suoni e i
movimenti si coniugano felicemente con i ritmi, i tempi e gli spazi, e dove
l’esperienza sonoro-musicale può attivare e sviluppare capacità psicomotorie e
cognitive. Secondo Edgar Willems (musicologo e studioso di pedagogia musicale)
l’uomo sviluppa, anche grazie alla sensibilizzazione dell’orecchio, tre capacità
fondamentali, la sensorialità (ritmo-udire), l’affettività (melodia- ascoltare) e la
razionalità (armonia -intendere).
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Una funzione importante dell’ascolto musicale consapevole è anche quella di
abituare/educare alla capacità di ascolto di sé stessi e degli altri, capacità
fondamentale in ogni relazione umana.
Nelle attività che ho progettato, da proporre ai bambini, anche in base alle loro
inclinazioni (tenendo conto della loro specificità ed unicità), il tema del suono e
della musica è un elemento comune ed unificatore. L’utilizzo che è nelle mie
intenzioni farne, va da un approccio più ricettivo ad uno più attivo. Quindi
l’elemento sonoro-musicale verrà dapprima introdotto come sottofondo allo
svolgimento di varie attività con l’obiettivo di osservare gli stati d’animo suscitati
da vari generi musicali e brani diversi e verrà utilizzato per favorire
l’apprendimento e la creatività del bambino.
In seguito si cercherà di introdurre ad un ascolto più attivo e consapevole,
conducendo l’attenzione sempre di più sulla musica, utilizzandola come elemento
evocativo di emozioni ed immagini. L’intenzione è quella di avvicinarsi sempre di
più alla sfera ritmico-sonora, attraverso la costruzione di semplici strumenti
musicali, utilizzando materiali naturali e di recupero, che verranno alla fine
utilizzati per giocare producendo suono e per rappresentare storie ed emozioni
attraverso suoni e ritmi.
Un esempio dell’interconnessione tra elemento sonoro e corporeo-sensoriale è
rappresentato dal metodo Orff-Schulwerk molto diffuso in ambito musicoterapico,
in particolare rivolto a bambini affetti da handicap senso-motori, ideato e
sperimentato da Carl Orff, uno dei personaggi a cui si devono, insieme a Paul
Nordoff, Edith Lecourt, Rolando Benenzon, le prime ricerche che in Europa
contribuirono ad affrancare la musicoterapia dall’empirismo per dare accredito al
suo valore scientifico.
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La musicoterapica Orff è una terapia multisensoriale dove l’impiego dei mezzi
musicali è strutturato in maniera da corrispondere a tutti i sensi. Proprio questa
prerogativa gli consente l’applicazione e l’intervento in quei casi dove viene a
mancare o è danneggiato un importante organo di senso. Il metodo Orff è stato
sperimentato dall’autore e dai suoi allievi nel corso di molti anni, sia con bambini
normodotati che handicappati e si sono sviluppato modelli, da cui poter trarre
determinati ed utili principi.
Lo strumentario Orff, il materiale strumentale adottato dall’Orff-Schulwerk è il
punto chiave della terapia, grazie alle sue caratteristiche intrinseche.
Lo si deve considerare secondo tre importanti aspetti, ossia, tattile, ottico ed
acustico, i quali consentono di giungere ad un possibile triplice esito terapeutico,
mostrando come in caso di deficit sensoriali, uno di essi possa compensare
efficacemente o sostituire altri compromessi.
Per quanto riguarda l’uso tattile degli strumenti, si deve porre l’attenzione su
alcune loro caratteristiche:
- calore
- struttura della superficie
- durezza
- tonalità
- elasticità
- vibrazione
Riguardo invece l’uso ottico, vengono ad assumere rilevanza la forma e la
grandezza degli strumenti.
Passando invece all’uso acustico degli strumenti, è possibile sperimentare il timbro
specifico di ciascuno, tenendo come punti fermi che:
9 lo strumentario funge da sostegno dei sensi
9 lo strumentario non deve venire alterato nella sua natura
9 gli strumenti vanno usati con parsimonia
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9 lo strumento può assumere funzione di segnale
9 il materiale è suscettibile ad un uso interscambiabile.
Ogni strumento ha una funzione pluridimensionale, una tattile, una ottica ed una
acustica e tutto ciò va tenuto presente in seduta.
2.3 Il gioco nello sviluppo intellettivo ed affettivo del bambino
La vita di oggi ci offre sempre meno spazio per giocare con i bambini ed inoltre
questa non è sempre una cosa facile in quanto ci mette in contatto con la nostra
infanzia e non è detto che questo ci renda felici.
Inoltre è difficile trovare un adulto che sappia giocare veramente, così come
sono capaci i bambini, tuttavia si può sempre imparare e riscoprire la naturale
capacità di giocare che è dentro di noi. Per fare questo è necessario fare spazio alle
emozioni e a ciò che non è “produttivo”.
Il gioco non è affatto un’attività banale e ingenua, in quanto ha a che fare con la
nostra conoscenza del mondo e la costruzione dell’identità. E’ un fenomeno
articolato che si allaccia a concetti quali la socializzazione, la formazione della
cultura, il pensiero simbolico, la capacità di fare astrazione, la logica, le regole.
Secondo Piaget (1969) il gioco ha una funzione fondamentale per lo sviluppo
cognitivo del bambino e dunque per la maturazione dell’intelligenza e individua tre
fasi fondamentale nello sviluppo del bambino:
1. il gioco percettivo-motorio è un tipo di gioco non orientato socialmente (12- 18
mesi) ed ha la funzione di dare al bambino la sicurezza di poter apportare piccoli
cambiamenti esterni, attraverso il suo agire,
2. l’integrazione del gioco simbolico alle attività percettivo-motorie (18 mesi – 5
anni) ha la funzione di consentire la rappresentazione di eventi fantastici, di
esercitare il linguaggio verbale e di scoprire l’attività creativa (fabulazione),
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3. la terza fase è caratterizzata dalla capacità di giocare rispettando le regole (7- 8
anni).
Anche per Vygotskji (1933)1, che si è occupato della funzione del gioco nello
sviluppo
psichico/
intellettivo
del
bambino,
concentrandosi
soprattutto
sull’importanza dei giochi intellettuali, motori individuali e sociomotori,
nell’evoluzione affettiva del bambino, il gioco è il mezzo più adeguato nel facilitare
il processo di astrazione. Inoltre, secondo Bruner (1976)2 “il gioco offre
un’eccellente opportunità di provare combinazioni di comportamenti che non
sarebbero mai sperimentate in condizioni di pressione funzionale e offre un modo
per minimizzare le conseguenze delle azioni e quindi apprendere in una situazione
meno rischiosa”, funge così da palestra in cui poter sperimentare azioni e
comportamenti diversi.
Il gioco ha una funzione di importanza fondamentale nelle situazioni di disagio
infantile e di sofferenza emotiva, in quanto permette di riscrivere la propria storia
personale, guardarla con occhi nuovi, creare una diversa narrazione di sé, ridefinire
le proprie categorie mentali e la propria identità segnata dal trauma.
Infatti, come messo in luce da Melanie Klein3, l’importanza del gioco deriva
dall’essere una via privilegiata per accedere all’inconscio del bambino, in quanto
attraverso di esso è possibile osservare le sue fantasie inconsce e l’angoscia ad esse
legata, ed è da considerarsi equivalente alle libere associazioni degli adulti. Il gioco
gli consente di crescere e di alimentare il pensiero simbolico, di imparare a
padroneggiare il mondo esterno, a dominare e mediare l’angoscia del proprio
mondo interiore, proiettando all’esterno angosce e conflitti. Anche Freud aveva
1
Vygotskij L. (1933), "Il gioco e la sua funzione nello sviluppo mentale del bambino", in Vygotskij (193033), Immaginazione e creatività nell'età infantile, trad.it.1990, Editori Riuniti, Roma.
2
J.S.Bruner, A.Jolly, K.Silva, Il gioco: ruolo e sviluppo del comportamento ludico negli animali e
nell'uomo, 4 voll., Armando, Roma, 1981.
3
Klein M. (1932), Psicoanalisi dei bambini, Martinelli, Firenze, 1969.
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osservato che il gioco consente al bambino di rimettere in atto esperienze psichiche
dolorose, infatti attraverso il gioco può essere espressa una grandissima varietà di
stati emotivi, frustrazione, gelosia, sentimenti ambivalenti, angoscia legata a
maltrattamenti e abusi sia fisici che psicologici, senso di colpa e bisogno di
riparazione.
Si possono così riassumere le dimensioni/ funzioni fondamentali del gioco:
9
esplorativa: consente al bambino di ampliare le sue conoscenze, sulla spinta
della curiosità
9
catartica: consente al bambino di sottrarsi momentaneamente alla situazione
reale
9
simulativa: consente al bambino di fare esperienze svincolato dallo stretto
controllo degli adulti e di sviluppare competenze sociali
9
normativa: consente al bambino di prendere parte attiva alla costruzione delle
regole.
Secondo il padagogista Laeng “il gioco insegna a muoversi, a immaginare e a
pensare”, e per queste sue caratteristiche costituisce un’importante fonte di
apprendimento, impegnando i tre piani successivi della prassi, dell’immagine e del
simbolo. Il gioco viene ad assumere forza creativa e trasformativa in quanto
consente al bambino di costruire e sentire la sua realtà, lo rende in grado di fare suo
il mondo che lo circonda, di pensare ed elaborare i suoi concetti.
2.4 Il bambino e il movimento
Il ruolo del movimento per lo sviluppo psico-affettivo del bambino è
strettamente connesso al gioco ed inoltre gran parte dei giochi e delle abituali
attività dei bambini implicano movimento. Il corpo è uno strumento di esplorazione
e comunicazione fondamentale per il bambino, ma anche per l’adulto.
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In ogni tipo di relazione umana, educativa o terapeutica, il saper osservare e
cogliere
i
messaggi
provenienti
dal
corpo,
costituisce
uno
strumento
importantissimo e ricco di potenzialità e offre molte opportunità aggiuntive di
ascolto e comprensione.
Nel corso dei decenni si è assistito ad un’evoluzione degli approcci al corpo e al
movimento, passando da una concezione che possiamo definire funzionale o
strumentale del corpo ad una relazionale. Il passaggio fondamentale è stato quello
di rinunciare a vedere il corpo esclusivamente in termini fisiologici, come semplice
serbatoio di energia repressa, luogo di conflitti e tensioni e quindi “pericoloso” ed
iniziare a considerare la sua valenza positiva, in quanto strumento primario di
conoscenza ed espressione, centrale per avere un
rapporto equilibrato con il
contesto in cui ci muoviamo, con noi stessi e nelle relazioni con gli altri.
Partiamo dal presupposto che il bambino impara a riconoscere ed esprimere le
emozioni attraverso l’osservazione e l’imitazione, questo sta ad indicare che le
emozioni hanno radici corporee ed è dunque attraverso una piena sintonizzazione
corporea che si possono ottenere importanti risultati a livello di processi di
apprendimento, in quanto ci consente di imparare che gli altri possiedono differenti
stati interiori e modi diversi di esternarli e comunicarli, che esiste sia un vissuto
interno che uno esterno e che la comunicazione viene resa possibile lavorando sulla
giusta distanza da porre tra noi e gli altri, mantenendo al contempo la relazione.
Possiamo considerare due prospettive fondamentali da cui considerare l’ascolto
e la comunicazione corporea:
- una prima ritiene il linguaggio del corpo come denotativo di stati interiori in una
sorta di rapporto causa-effetto; questa concezione rientra nel campo della
comunicazione non verbale, secondo cui un determinato gesto o espressione
corporea esprime un preciso, quasi inequivocabile stato interiore;
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- una seconda prospettiva, che ritiene in parte troppo riduttiva la precedente, si
concentra maggiormente sulle “funzioni relazionali” del linguaggio corporeo, nella
consapevolezza che il corpo non è soltanto un “produttore di segnali” indici di
emozioni e stati d’animo, ma è il contesto stesso in cui viene resa possibile la
conoscenza (di sé, degli altri da sé e dell’ambiente) e la comunicazione.
Un altro concetto importante, anche per le sue implicazioni a livello psichico, è
la distinzione tra schema corporeo ed immagine corporea. Infatti con schema
corporeo si intende il “corpo reale” dell’individuo, la rappresentazione unitaria ed
immediata che ciascuno possiede del proprio corpo (che si matura all’età di circa
dodici anni).
L’approccio fenomenologico rivede il concetto di schema corporeo ed introduce
quello, che sembrò più appropriato, anche alla luce dei contributi dati dalla
psicoanalisi, di “immagine corporea”, all’interno della quale trova maggior spazio
la dimensione emozionale ed esistenziale del soggetto, mutevole e aperta ai
processi di costruzione dell’identità.
Mentre lo “schema corporeo” viene inteso come il reale corpo costruito sulle
nostre percezioni, l’”immagine corporea” comprende il soggetto, la sua storia e il
suo vissuto interiore. Da qui le notevoli potenzialità insite nell’utilizzo
dell’elemento corporeo nell’ambito di interventi terapeutici e riabilitativi.
L’immagine corporea fonde il vissuto relazionale del soggetto ad un assunto
percettivo del corpo quale è e quale ci appare. Ciò che è più importante osservare è
ciò che avviene nell’immagine del corpo internamente percepita.
2.4.1 La pratica psicomotoria
La Psicomotricità si basa sul presupposto della capacità di “movimento
spontaneo” del bambino. Nel suo nascere, fu destinata solo a bambini in situazioni
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di disagio, ma oggi ha acquisito una valida proposta a fini preventivi, educativi e
terapeutici.
L’attuale concezione di psicomotricità è il risultato di una lunga evoluzione che
ha origine dalla pratica pedagogica, ma anche da diverse correnti di pensiero che si
concentrano sulla concezione di corpo e movimento e la loro utilizzazione a fini sia
educativi, che terapeutici. Il pensiero psicomotorio tende a superare il tradizionale
dualismo tra mente e corpo e riunificarli in una relazione dialettica, grazie anche ai
progressi della medicina psicosomatica, della neurofisiologia e dell’etologia.
Già nella prima metà del ‘900 si iniziarono a trasferire in ambito educativo i
principi riguardanti le concordanze tra motricità e intelligenza, con l’obiettivo di
stimolare l’attività di relazione tramite il gioco. Tra il secondo dopoguerra e gli
anni ’70 venne dato nuovo impulso alle pratiche psicomotorie, dagli studi del
neuropsichiatria Julien de Ajuriaguerra che portò un interessante risultato
scientifico che riguarda la sindrome psicomotoria, sostenendo che va considerata
come legata all’affettività e al soma e non in corrispondenza ad una lesione
cerebrale. Viene così introdotto il principio dell’unità psicosomatica della persona,
nella sua completezza di psiche e corpo.
La Pratica Psicomotoria poggia su basi semplici e di valenza universale: il gioco
spontaneo, movimento corporeo e piacere del vissuto relazionale.
E’ una disciplina che riconosce e si rivolge alla persona nella sua globalità ed
unicità e si sviluppa a partire dalle linee scientifiche del prof. Bernard Aucouturier,
in Francia (Tours) negli anni ’60,
ma viene ormai applicata in diversi Paesi
europei. Aucouturier, professore di educazione fisica, dopo un’esperienza di lavoro
con bambini sordi, nel 1962 inizia a lavorare presso il Centro di Rieducazione
Fisica di Tours occupandosi di bambini con disturbi morfologici e funzionali e in
alcuni casi gravi disturbi del comportamento.
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In Francia esistono numerose scuole che applicano la pratica psicomotoria, oltre
ad Aucouturier, anche Lapierre, Vayer, Le Boulch, facendo proprie le concezioni
del collegamento della dimensione affettiva e psichica con il corpo, la sensorialità
e la motricità. Un contributo teorico al legame esistente tra corpo e sviluppo
cognitivo viene dato anche dagli studi di Jean Piaget.
Le esperienze positive vissute a livello tonico-emozionale, grazie alle relazioni
createsi attraverso il movimento e il gioco, favoriscono uno sviluppo armonico di
tutte le qualità e potenzialità del bambino, un equilibrio affettivo basilare per lo
sviluppo delle capacità intellettive come il linguaggio, la capacità di
concentrazione, il ragionamento, la comprensione, l’esposizione a concetti astratti
importanti negli anni a seguire.
La sala adatta ad ospitare attività di psicomotricità dovrebbe essere spaziosa,
luminosa e pulita, come, d’altra parte dovrebbe esserlo ogni ambiente in cui si
svolgono attività di arte terapia. Attrezzata con diversi materiali “poveri”, che
grazie proprio alla loro semplicità e naturalità risultano ideali a stimolare il gioco
spontaneo dei bambini e a favorirne la manifestazione della loro creatività,.
Nello specifico si articola in due ambienti distinti, uno spazio per l’espressività
motoria e per il gioco “simbolico”, nonché rassicurante e un altro, con funzione di
decentramento.
Materiali specifici sono i cuscini di gommapiuma di diverse forme e colori che
essendo appunto di materiale morbido, leggero e malleabile, si adattano a
molteplici trasformazioni, dando occasioni ai bambini di esprimere la propria
emotività e fantasia, costruendo scenari e storie (possono rotolarsi, tuffarsi,
utilizzarli per costruire una casa, un castello, un muro da distruggere e ricostruire,
una strada, per diventare un cavallo, un’automobile e quant’altro la fantasia del
bambino possa voler creare). E’ importante che ci siano anche altri materiali
semplici che possano essere utilizzati dai bambini e che stimolino la loro creatività,
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come tessuti colorati di cotone con cui travestirsi, tubi di plastica, corde tamburi,
secchielli.
Nello spazio di decentramento, invece, verrà favorita l’espressività plastica,
grafica e il linguaggio, e sarà attrezzata con tavoli, carta, matite, pennarelli e cubetti
di legno per le costruzioni.
Gli incontri di attività psicomotoria si strutturano in tre fasi successive, ciascuna
delle quali favorisce diversi livelli di espressività; una prima in cui si esercita
l’espressività motoria e il gioco libero, una seconda in cui si racconta una storia,
per creare un certo distacco dalle emozioni forti vissute dai bambini durante i
giochi e una terza in cui verrà favorita l’espressività grafica, plastica e la
verbalizzazione.
Il compito del terapeuta, in qualità di partner simbolico del gioco, è quello di
creare una cornice di senso, dare significato all’espressività motoria del bambino al
fine di offrire risposte adeguate ai suoi bisogni unici e profondi.
2.4.2 La Pedagogia del corpo
Il modello relazionale, già introdotto in precedenza, si basa sull’idea di “corpo”
come insieme di relazioni e in grado di esprimere vissuti in cui si intrecciano
aspetti cognitivi, percettivi nonché motori.
Riallacciandoci al concetto di schema corporeo, ricordiamo che esso coincide
con tutte le parti del corpo “fisico”, e spesso il bambino non utilizza tutte le parti
del corpo, perché non consapevole di esse, ma non coincide invece con
l’immagine corporea, che consiste nella percezione che ciascuno di noi ha
internamente (es. di discrepanza tra schema corporeo e immagine corporea
nell’anoressia, pesare 30 chili e vedersi “davvero” grasse).
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Vi sono alcuni esercizi utili da proporre allo scopo di far prendere
consapevolezza del proprio schema corporeo,giochi di esplorazione corporea, da
fare all’inizio degli incontri, (es. gioco di spolverarsi le parti del corpo perché è
tanto che non ci puliamo più, oppure colorarsi di un colore scelto tutto il corpo e
nominare tutte le parti).
Volendo descrivere una delle possibili sedute di attività di movimento creativo,
in questo caso adatte a bambini dai 4 ai 6 anni, gli elementi fondamentali
riguardano:
9 esplorarazione delle dinamiche (le principali sono il camminare, lo
strisciare, il saltare e il rotolare);
9 dopo aver esplorato le diverse modalità di movimento, i bambini si
metteranno più facilmente in connessione con l’aspetto più creativo ed
emozionale, così si possono introdurre altre tematiche, attinenti alle
relazioni ed alle emozioni, per consentirne l’esplorazione e nello specifico
si esploreranno vari contrasti, quali fuori/dentro, vicino/lontano, sotto/
sopra, lento/veloce;
9 può risultare importante l’introduzione di oggetti/strumenti esterni e
materiali di vario tipo, aventi funzione di “appendici del movimento” al
fine di raggiungere una “rappresentazione più realistica” delle proprie
emozioni (es. per rappresentare la “rabbia” è utile utilizzare una carta molto
rumorosa da accartocciare e strappare o gomma piuma da lanciare e
percuotere, oppure un fazzoletto nero per rappresentare la paura, o
fazzoletti colorati per rappresentare la gioia).
Le attività relative alle dinamiche, hanno l’obiettivo di accrescere la
consapevolezza del proprio corpo, così è molto utile stimolare i bambini a trovare
altre modalità ed introdurre varianti (vengono fuori di solito cose molto belle dai
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bambini) e inoltre attraverso di esse vengono forniti al bambino tutti gli elementi e
gli strumenti necessari al passaggio alle emozioni.
Il passo successivo, che consiste, appunto, nel passare al piano delle emozioni e
degli stati d’animo, può essere introdotto attraverso fiabe (es. paura, provata nel
momento di entrare nella tana del lupo, rappresentare con il corpo e con il
fazzoletto nero, in quanto questo oggetto che in quel momento per il bambino si
identifica “con il problema reale”, si può osservare e poi mettere via, mettendo
così via la paura reale da affrontare, rabbia, gioia, allegria, ecc.).
E’ importante proporre esercizi che permettano di acquisire consapevolezza
dello spazio circostante e delle forme. Un esercizio utile a questo fine è quello di
dare forme prima al proprio corpo (unica e irripetibile) e ai corpi dei compagni.
E’ utile proporre anche l’utilizzo della voce, ad esempio un bambino emette un
suono di voce e l’altro dà movimento a quel suono (tra adulti risulta complicato).
Con i bambini di solito si osserva che ognuno interpreta il suono in modo diverso.
Credo sia importante, nel corso degli incontri con i bambini, dare spazio all’uso
della voce e all’espressione tramite essa. La voce è uno strumento prezioso che
ciascuno di noi possiede come qualcosa di innato e assolutamente “proprio” ed è
collegata direttamente alle nostre emozioni e al nostro sentire. Ho appreso anche
grazie ad esperienze personali, che il riuscire a scoprire ed esprimere la propria
voce è estremamente liberatorio, come se stessimo compiendo qualcosa di
assolutamente normale per noi, quasi fisiologico, ma che al contempo non
conoscevamo. Riuscire ad esternare la propria voce, con tutte le sue sfumature è
un’esperienza ricca di significato, sconosciuta a molti.
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Per fare un esempio più immediato, basti pensare a quanto possa risultare
liberatorio l’urlo, il buttar fuori qualcosa d’impeto, e il canto, con la sua melodia e
armonia, può esserlo molto di più.
Essendo il tema della fiducia, un tema su cui è necessario lavorare in modo
particolare, può essere utile fare esercizi in cui un bambino viene bendato e l’altro
lo accompagni (si vedranno reazioni interessanti).
3. Strumenti di osservazione e valutazione della seduta di arte terapia
Partiamo dal presupposto che il concetto di osservatore eterno è ormai
considerato un errore epistemologico, perché egli non può essere esterno, in
quanto inevitabilmente parte della scena relazionale che si sta svolgendo e dunque
è un osservatore partecipante.
Le interpretazioni che l’osservatore-terapeuta dà della situazione sono
influenzate dalle sue premesse epistemologiche e dai propri pregiudizi, non ci si
può esimere da questo, solo si può e si deve esserne consapevoli, coscienti del
fatto che noi vediamo ciò che conosciamo. Da qui l’importanza di procedere per
ipotesi nell’ambito del contesto terapeutico e della relazione d’aiuto, procedere
cioè ponendosi “le giuste domande” e verificare attraverso i feedback che si
ricevono, pronti a cambiare le proprie ipotesi appena sia necessario, per giungere
alla comprensione delle dinamiche relazionali che stanno dietro al problema
portato dal paziente o da chi per lui. Infatti quasi mai il problema portato, cioè la
richiesta, corrisponde al reale bisogno, che è compito del terapeuta far emergere,
procedendo appunto per ipotesi.
E’ dunque fondamentale saper porre le giuste domande anche al paziente,
bambino o adulto che sia, per poter trovare insieme una narrazione comune.
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Volendo schematizzare, le domande possono essere ipotetiche (se succedesse
questo cosa faresti?), lineari (causa effetto: se fai questo accade quello) o triadiche
(mettondo in relazione la persona a cui ci si sta rivolgendo, con altre: come pensi
reagirebbe lui se tu dicessi questo?). Queste ultime sono domande importantissime
in contesto terapeutico, in quanto rendono più facile l’esternazione dei propri
sentimenti, trasmettendo un senso di deresponsabilizzazione rispetto a ciò che si
dirà e introducendo una circolarità nella relazione.
E’ importante dare un compito da svolgere perché anche se venisse disatteso, ci
fornisce comunque molte importanti informazioni. E’ fondamentale chiedersi che
funzione svolge il sintomo in quel contesto familiare e cercare di esplicitare il
paradosso. Occorre tener presente che situazioni di conflitto possono costituire una
risorsa, in quanto producono differenza, il che rende possibile il cambiamento e
cercare di suggerire una connotazione positiva degli eventi.
Oltre all’osservazione attenta di ciò che avviene durante il processo creativo, il
terapeuta deve sempre preoccuparsi di chiedere cosa è stato provato, quali
emozioni, altrimenti si andrà inevitabilmente ad interpretare ciò che è avvenuto
secondo i propri schemi mentali e pregiudizi.
Per condurre l’ osservazione delle sedute che andrò a fare con i bambini e
poterne dare una valutazione nel tempo,
nello specifico per attività di tipo
espressivo-figurativo, trovo utile seguire questa traccia
9 annotare tono, atteggiamenti, presenza fisica del paziente e motivi
precedenti all’incontro se ritenuti di particolare rilevanza
9 descrivere un’interazione significativa avvenuta, sottolineando elementi
della relazione, qualità emotive dell’incontro, le vostre sensazioni, gli
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obiettivi e le motivazioni del vostro intervento (che cosa è successo?,
avete rispecchiato, confortato, sostenuto? e se sì come? e perché?)
9 descrivere come l’interazione ha avuto luogo attraverso il lavoro
artistico, gli elementi del processo prima (come la scelta dei materiali),
durante e dopo la produzione
9 prendere in esame l’immagine, il suo contenuto manifesto e simbolico e
la sua forma (qualità delle linee, colori, relazioni spaziali)
9 riportare quale è stata la nostra risposta emotiva, le suggestioni o
associazioni rispetto a quelle immagini, quali di queste abbiamo
utilizzato nel nostro intervento, che cosa abbiamo sottolineato,
amplificato
9 descrivere come la persona-paziente si è messo in relazione
all’immagine, quali le sue associazioni, ricordi, emozioni
9 riassumere il nostro lavoro svolto nell’ambito di questa seduta,
riportando sinteticamente le motivazioni del vostro intervento e la
risposta ricevuta
9 riportare infine le riflessioni generali sull’incontro, come indicazione di
quella particolare fase del processo e della relazione e le ipotesi che ci
siamo fatti. E’ emerso qualcosa di nuovo o di diverso? A che punto del
percorso terapeutico pensiamo di essere in questo momento? Come
pensiamo di procedere? (Allegare un nostro disegno della relazione con
il paziente in questo momento ed eventualmente della sua evoluzione).
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4. Ipotesi di Prtoject Work: “Il Laboratorio dei giochi musicali”
4.1 Premessa
Qui di seguito verrà illustrato il progetto che ho pensato di mettere in pratica
durante il tirocinio che sono in procinto di iniziare presso il servizio UMEE (Unità
Multidisciplinare Età Evolutiva) della Asl 7 di Ancona.
E’ doveroso precisare però che questa è più un’”ipotesi di progetto”, suscettibile
di cambiamenti in itinere (come in parte dovrebbe essere ogni progetto, cioè avere
sempre un certo grado di flessibilità), in quanto non è ancora avvenuta un’attenta
analisi dei casi che seguirò. Saranno inizialmente incontri individuali con bambini
dai 7 ai 9 anni che presentano difficoltà emozionali e di adattamento. In seguito si
valuterà, insieme all’équipe del servizio, la possibilità di organizzare incontri di
gruppo.
Le attività che ho pensato di fare, non possono essere prese in modo rigido,
anche perché si dovranno adattare alle inclinazioni e preferenze (uniche) del
bambino e dipenderanno dalla relazione che si riuscirà a creare e dal clima di
fiducia di non essere giudicati, di non dover eseguire compiti per cui si prenderà un
voto, dalla serenità che si creerà nel bambino che lo renderà libero di esprimersi.
Nelle mie intenzioni c’è comunque il voler creare un contesto in cui
sperimentare diverse attività ludico-espressive, da introdurre gradualmente, senza
creare un effetto di ridondanza e sovraccarico di stimoli e sollecitazioni.
4.2 Il Setting
Il bambino verrà accolto in un ambiente già “strutturato” a livello base, con
l’obiettivo di coinvolgerlo nella sua trasformazione.
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Parte del materiale prodotto durante le sedute verrà riposto al sicuro, in
contenitori e ripostigli scelti insieme e in cui il bambino potrà avere la sicurezza di
ritrovarli ogni volta.
Si dovrà rispettare la “regola” di lasciare i propri lavori nella stanza e nel luogo
deciso insieme, infatti condivido l’idea che i lavori, in quanto racchiudono sempre
aspetti importanti e in cui si lascia parte di sé vengano conservati in un luogo
protetto che dia senso di sicurezza al bambino; ritrovando i suoi lavori ritrova la
parte emotiva e creativa di sé così come l’ha riposta nello scrigno, inoltre si evita
che scatti nel bambino il pericoloso meccanismo della ricerca dell’approvazione
“dei grandi fuori”, come gli viene spesso insegnato a scuola o in famiglia.
Trovo utile, a tale fine, creare degli “scrigni magici” da cui estrarre i materiali
che si useranno di volta in volta, e per riporre qualsiasi cosa che per il bambino
viene ad assumere particolare valore affettivo e simbolico.
Quindi si posizioneranno nel setting anche questi scrigni, una “scatola del
suono”, una “scatola dei colori”, una “scatola della fantasia e delle favole”, così
le varie attività rimarranno simbolicamente distinte per poi mescolarsi ogni volta
che ce ne sia desiderio o necessità.
Allo stesso tempo si creeranno lavori con l’obiettivo di abbellire la stanza che
ospita il setting e rendere il bambino co-autore dello spazio che ci circonda,
nell’ambiente protetto dell’incontro settimanale.
4.3 Attività
Anche se fin’ora ho tenuto quanto più possibile, le quattro sezioni, divise tra
loro, ora che presento le attività che intendo proporre, non posso prescindere dalle
profonde interrelazioni tra loro, così presenterò dei possibili percorsi da realizzare
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con i bambini, sempre nel rispetto della loro unicità, dei loro bisogni e desideri, i
quali si concretizzano in attività che si realizzano attraverso l’intima commistione
tra i diversi elementi, creativo, sonoro, ludico, corporeo.
Grazie ad uno dei corsi seguiti quest’anno alla scuola, sono venuta a conoscere
alcune produzioni musicali fatte ad hoc per attività, soprattutto corporee ed attinenti
il movimento creativo con i bambini, e ascoltandole ho sentito di farle mie, in
quanto melodie ben costruite a livello metrico e ritmico, con piacevoli armonie e
veramente ben costruite per il raggiungimento di particolari obiettivi. Adotterò
alcune di queste musiche per attività non solo corporee, ma piuttosto sinestesiche,
come sfondo a molteplici attività.
Di seguito presenterò brevemente solo alcune delle attività che ho in mente,
perché queste verranno trattate compiutamente nel prossimo lavoro, collegato a
questo ma che si baserà principalmente sull’esperienza di tirocinio svolta.
Vorrei comunque aggiungere che un’esperienza che ho immenso desiderio di
poter realizzare è il Closelieu di Arno Stern. E’ per ora, tra le esperienze che
conosco, quella che di più mi ha entusiasmato, perché secondo me ha enormi
potenzialità. Credo sia davvero un luogo magico in cui si può avere la possibilità di
esprimere la propria Formulazione e poter esprimere la propria “traccia”, quella
traccia che è espressione del nostro essere più profondo ed autentico.
4.3.1 Attività espressivo- figurative
ƒ Attività di costruzione di strumenti musicali con materiale di recupero
L’attività di costruzione di semplici strumenti musicali con materiali riciclati è
finalizzata sia alla conoscenza diretta degli strumenti, sia allo sviluppo di abilità
manuali, nonché alla sensibilizzazione verso le tematiche del riciclaggio da
materiali che contribuisca a sviluppare un atteggiamento attento e responsabile nel
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rispetto dell’ambiente, che oggi più che mai risulta fondamentale, sia in un’ottica di
salvaguardia
del
pianeta,
sia
in
quella
di
sviluppo
armonioso
dell’individuo/persona. Può inoltre divenire un modo per riscoprire le tradizioni e i
riti del passato locale.
ƒ Attività di creazione di bambole e burattini
Questa attività, oltre ad essere divertente per i bambini e utile per far loro
esercitare la manualità è anche funzionale alla creazione di storie. Si potranno così
costruire pupazzi con stoffe e vari materiali di recupero dando vita a personaggi di
storie conosciute o inventate, e metterle in scena in un teatrino di burattini,
trasformandole e facendole evolvere.
ƒ Costruzione di un caleidoscopio
La costruzione di un caleidoscopio è un’esperienza che ho provato io stessa più
volte per poi donare l’oggetto a qualcuno di caro, ognuno dei quali lo ha apprezzato
molto. Avendo ben chiara la struttura e gli elementi di cui si compone e sotto la
guida di qualcuno che sappia come si costruisce, risulta un’attività di media
difficoltà (sempre in relazione alla persona a cui ci si rivolge, chiaramente).
Costruire un caleidoscopio è un’attività stimolante e gratificante e il godimento
del prodotto finito è altrettanto attraente, in quanto è un oggetto colorato e
mutevole, buona metafora di molte situazioni e modi di sentire.
4.3.2 Attività con la musica: “Percorso di sensibilizzazione alla musica”
Partendo da un’esperienza musicale, anche semplice, si può stimolare l’apertura
di canali comunicativi alternativi, in virtù del potenziale espressivo ed evocativo
che possiede l’esperienza musicale.
Si può ipotizzare un possibile percorso, che assume struttura circolare e che
parte dalla musica, raggiunge e risveglia le emozioni, consente di esprimere la
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propria creatività consentendo di “dare corpo” al proprio, unico, personale sentire,
ed infine conduce a provare nuove emozioni e dare nuovi significati alle emozioni
precedenti, in una continua, nuova narrazione.
L’esperienza sonoro-musicale possiede potenziale espressivo ed evocativo e
consente l’apertura di canali comunicativi “alternativi”.
Verrà predisposta una valigia del suono (come del disegno, del gioco e delle
storie) una scatola o valigia o cesta, comunque un contenitore da cui estrarre i
materiali sonori di volta in volta utilizzati durante le attività.
ƒ “Improvvisazioni di suoni”
Introdurre l’esperienza con la domanda “Volete cercare quanti suoni sapete e
potete fare con il corpo e con la voce?”
Si sceglie un segnale di inizio e di fine, come il suono di un campanello e una
volta dato il via si invitano i bambini ad improvvisare alcuni suoni utilizzando
corpo (vd. Body Percussion) e voce poi si dà il segnale di stop e ciascun bambino, a
turno viene invitato a ricordare il maggior numero di suoni che ha scoperto e a
riproporli.
L’educatore può intervenire suggerendo di concludere l’attività proponendosi
come direttore d’orchestra, scegliendo suoni e decidendo come strutturare la
composizione, anche variandone l’intensità e la velocità.
Possibili varianti:
9 prima produrre suoni solo con il corpo, o con la voce e infine con i rumori
dell’ambiente (es. percuotendo e strofinando oggetti)
9 invitare a riproporre gli stessi suoni (domande: “ci siamo riusciti?”, “il
risultato è stato il medesimo?”
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9 iontrodurre sottofondo musicale con ritmi e melodie
in contrasto
(classica, pop), (domande: “quali differenze?, quali difficoltà? quando ci
siamo sentiti più a nostro agio? quale brano ci è piaciuto di più?,
perché?”.
L’arteterapeuta deve ricordare sempre di mettere in evidenza che il gioco riesce
meglio se ci si sforza di non copiare, imitare, ma tentare di trovare nuovi suoni.
Domande: “quali sono stati i suoni più originali?, abbiamo seguito lo stesso
tempo?, è più facile suonare tutti insieme o ognuno per conto proprio?”.
ƒ
Attività con il canto
9 scoprire e pensare la propria vocalità
9 il suono e il silenzio
9 il suono come intermediario tra noi e le nostre emozioni
9 il suono associato a storie, a colori e a stati d’animo contingenti (hic et
nunc).
ƒ
La presentazione degli strumenti musicali
9 se l’attività è di gruppo, disporre le sedie in cerchio
9 disporre gli strumenti in uno spazio centrale
9 presentare gli strumenti come “fonti di suono” → esplorare le
caratteristiche sonore degli strumenti e riprodurli o con voce (suoni
melodici) o con corpo (percussioni)
9 lasciare che si esplorino gi strumenti e se ne scelga uno (indagare il
motivo della scelta)
9 proporre di sceglierne uno per il compagno (ed indagare il motivo della
scelta)
9 rassicurare sempre i partecipanti che non occorre essere capaci di
suonare per potersi divertire!
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ƒ
Introdurre i modi per produrre il suono con il corpo:
9 Lo schiocco con le dita (codice vocale: CI)
9 Le mani (codice vocale: 1 TO, 2 TA, 3 TI, 4 TIA’)
9 Il petto (codice vocale: GUM)
9 Cosce e natiche (codice vocale: PA, SCIA’, PO)
9 I piedi (codice vocale: DUM)
9 La pancia (codice vocale: BOM)
4.3.3 Attività di esplorazione sonoro-motoria: musica e movimento
4.3.3.1 La Body Percussion
La Body Percussion, ossia musica e ritmo con il corpo, parte da un’esplorazione
dei suoni possibili generati dal corpo e si inquadra in una sorta di Orff-Schulwerk
italiano.
La tecnica parte dal presupposto di un ritorno alla primitività del gesto, nella sua
accezione più complessa e completa, un gesto che produce comunicazione ed
esternazione di emozioni quali rabbia, delusione, felicità, stupore, disperazione,
determinazione.
Un’importante differenziazione da fare riguarda i gesti suono e la body
percussion, infatti i primi sono tutti quei semplici gesti che producono suono sul
corpo (includendo anche l’uso della voce), mentre la body percussion consiste in
una concatenazione funzionale di gesti suono, macrostrutture (anche politimbriche)
che esprimono un significato ritmico musicale, una sorta di “via ritmica del
corpo”, un corpo vivo che risuoni come primo strumento.
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L’esperienza musicale corporea è una sensazione ritmica globale nella quale il
circuito suono-ascolto viene rinforzato da feedback cinestesico, oltre che uditivo, e
sensoriale in genere.
Stando ad un assunto che ha trovato conferma nelle ricerche di Edwin E.
Gordon, l’esperienza ritmica verbale sillabica precede necessariamente quella
ritmica corporale-strumentale, la quale necessita di una capacità di coordinamento e
lateralizzazione.
Per questo nelle tecniche della BP si utilizzano a scopi di vocalizzazioni ritmiche
diverse sillabe, la fondamentale delle quali è la sillaba PA, che rappresenta la
possibilità più immediata di pensare al ritmo, di “parlare il ritmo”, come una sorta
di linguaggio elementare ed universale. Per questo i diversi esercizi danno largo
spazio all’utilizzo del codice vocale onomatopeico.
4.3.4 Attività miste: “le Storie”
Ciascuna storia può nascere da un’esperienza vissuta, ricordate o immaginata.
ƒ “La storia di me stesso”
- disegno di me
- disegno di altro intorno a me (vedere cosa emerge dal bambino)
- io quando sono nato, quando ero all’asilo e oggi
ƒ “La storia della mia famiglia”
(Test della famiglia/casa)
ƒ “La storia dei miei amici”
- amici di ieri e di oggi ( dai 6 anni in su)
ƒ “La storia dei miei amici animali”
- animali che conosco, che possiedo o che mi piacciono
ƒ “La storia della mia giornata”
- giornata triste o allegra?
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- grigia o colorata?
- piena o vuota di cose?
ƒ “La storia delle quattro stagioni”
E’ interessante esplorare il tema delle quattro stagioni da varie prospettive, sia
utilizzandolo come spunto per fare disegni, per inventare storie e anche per
produrre suoni che le evochino, magari attraverso semplici “strumenti musicali”
creati con materiali presi dalla natura (meglio se appartenenti alla stagione che si va
a rappresentare).
5. Conclusioni e sviluppi
E’ stato per me stimolante iniziare ad esplorare l’affascinante universo della
creatività infantile e le sue innumerevoli sfaccettature. Questo rappresenta per me
l’inizio di un percorso ed è utile questo inquadramento teorico iniziale, che mi
rende pronta a sperimentare sul campo, quello che ho studiato, cosa che avverrà
entro breve. Così il prossimo lavoro sarà ancora più utile e stimolante, perché
allora saranno i bambini stessi a trasmettermi la loro ricchezza interiore ed
espressiva, condividendo il loro mondo pieno di colori, di musica e di gioco.
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