Due letture

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Due letture
Il Rosso e il Nero
Settimanale di strategia
DUE LETTURE
5 agosto 2010
Stabili ma fragilissimi o agitati ma resistenti?
I gestori che hanno sottoscritto i
bond triennali IBM all’uno per cento
appena emessi andranno in vacanza
tranquilli. Il tre per cento di ritorno
massimo totale in tre anni (non perdete
tempo con l’interesse composto, che a
questi livelli è praticamente uguale al
semplice) può apparire un piatto di
lenticchie, ma le tre lenticchie di IBM
sono pur sempre di più delle due e mezzo
scarse che offre il Tesoro americano,
anche se sono la metà delle sei che la
società stessa distribuirà ai suoi azionisti
se manterrà la politica attuale sui
dividendi.
Non entriamo nel merito della Bagnanti. Mosaico di età dioclezianea.
qualità del bond IBM. Quello che ci Circa 300 d.C.
interessa qui notare è che tra i
compratori finali ci sarà sicuramente una maggioranza che ha sacrosante
ragioni per accettare un rendimento così basso. L’America è piena di famiglie
che sono a equity negativa sulla casa (con il mutuo residuo da pagare più alto
del valore di mercato dell’immobile) e che non possono assolutamente
permettersi di rischiare di perdere sulla liquidità che hanno, visto che il loro
fondo pensione azionario vale molto meno di tre anni fa. Un bond che
restituisca i soldi alla scadenza per loro va benissimo e pazienza per la cedola.
Per tutti gli anni Ottanta, Novanta e primi Duemila ci siamo raccontati
che i Baby Boomers avrebbero dato
grande sostegno all’azionario non
perché grandi risparmiatori, ma perché
molto aperti verso il rischio, a
differenza di quei paurosi dei loro
genitori che avevano ancora il ricordo
della loro infanzia vissuta durante la
Grande Depressione. Oggi vediamo
invece i Boomers paralizzati e
impauriti più delle altre classi di età e
l’ultimo dei loro pensieri è di comprare
azioni. Probabilmente non lo faranno
mai più.
Manifesto déco per la spiaggia di La
Ciotat in Costa Azzurra. Anni Trenta.
adesso non sono così basse.
Tra i compratori di Treasuries e di
corporate bond con rendimenti sempre
più simbolici ci sono però anche
investitori che potrebbero permettersi
di prendere dei rischi. Dopotutto le
probabilità che nei prossimi tre anni
capiti un momento in cui un
portafoglio azionario valga il tre per
cento (e perfino il quattro) più di
L’argomento teorico usato per giustificare l’avversione al rischio è che la
situazione è apparentemente tranquilla, con una ripresa globale e una
ritrovata stabilità dei mercati finanziari, ma è anche straordinariamente
fragile. La crisi europea ha dimostrato come un intero continente può farsi
risucchiare nel vuoto da un momento all’altro e coinvolgere nella crisi il
mondo intero. E poi il debito globale è ancora molto alto, le politiche fiscali e
monetarie non hanno più quasi niente da dire, alla prima folata di vento cade
tutto. E’ la tesi di El Erian. Procediamo su una strada accidentata e non
abbiamo più la gomma di scorta. Che facciamo se buchiamo?
Avanziamo temerariamente una tesi di segno opposto. Non la diamo per
necessariamente vera, ma semplicemente per degna di qualche
considerazione. La tesi è questa. Il mondo non è tranquillo ma fragile, bensì
molto agitato ma più solido di quanto si pensi.
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Che il mondo sia agitato non può essere messo in dubbio. La dispersione
delle opinioni è impressionante. Il dibattito non è tra tra chi ipotizza il due
per cento di crescita e chi scommette sul tre, ma tra chi parla di una Grande
Depressione dietro l’angolo (come Krugman) e chi sostiene che l’esito finale
sarà l’iperinflazione.
Posizioni così estreme di solito
hanno
una
forte
connotazione
ideologica (austriaci e keynesiani
radicali si combattono con gusto e
accanimento perfino superiore al solito)
e
possono
essere
considerate
relativamente marginali rispetto alle
scelte concrete cui sono chiamati i
Villeggiatura sul lago Michigan. Poster.
policy maker. Quello che colpisce è che
1935.
le divisioni e la dispersione delle
opinioni appaiono molto alte anche tra i policy maker.
Nella Fed si discute su tutto e, al momento, non c’è accordo su nulla.
Honig e Bullard propongono di alzare i tassi, ma con argomentazioni diverse
tra loro (e in più Honig non vuole altro quantitative easing, Bullard sì). Molti
propongono di allungare l’extended period, di dire cioè che i tassi resteranno
a zero non solo per un periodo esteso, ma estremamente esteso. Bullard dice
che sarebbe un grave errore, che renderebbe ingovernabile il ciclo economico
e che ci porterebbe diritti verso il Giappone. Fisher tuona contro Congresso e
Amministrazione come non si è mai sentito fare da un governatore della Fed.
Bernanke fa notare che il quantitative easing ha effetti positivi decrescenti (il
suo amico ed ex collega Mishkin, che è anche un influente ex Fed, è
contrarissimo) e alla fine si defila dal dibattito. Dice che la politica fiscale
espansiva per il momento va ancora bene, l’opposto di Trichet che appoggia
e vorrebbe estendere al mondo intero la linea restrittiva tedesca. A fine
agosto si vedranno tutti a Jackson Hole, ci sarà un brainstorming globale e si
sentirà probabilmente tutto e il contrario di tutto.
I politici, dal canto loro, sono alla paralisi. L’Europa ha la Merkel che
tiene in riga tutti, ma l’America è nella confusione più completa. Spendere
non è più di moda, nemmeno tra i democratici, ma di tagliare la spesa non se
ne parla, nemmeno tra i repubblicani. Quanto alle tasse, lo psicodramma sui
tagli di Bush in scadenza a fine anno occuperà tutti i prossimi mesi. Se non si
arriverà a una decisione ci sarà un brusco aumento, e non solo per i ricchi.
Confusione e correnti incrociate sono evidenti anche nell’economia reale.
L’America sta avviandosi verso la fase più dura del suo ciclo di
disintossicazione, quella in cui dovrà fare gradualmente a meno dello stimolo
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fiscale. La ricostituzione delle scorte sta per terminare, ancora un paio di
mesi al massimo.
L’Europa, invece, va benissimo e perfino le sue componenti più deboli
vanno molto meno male di quello che veniva profetizzato due mesi fa. In
realtà si era cominciato ad andare bene in primavera, ma la crisi finanziaria
aveva indotto tutti a dire che non era vero e che i dati buoni erano poco
significativi e che comunque il disastro dell’euro li avrebbe tutti trasformati
in pessimi in breve tempo. Ovviamente l’euro debole ha reso i dati ancora più
scintillanti. Che sarà però dell’Europa esportatrice se l’euro (come crediamo)
continuerà a rafforzarsi e se i suoi mercati di sbocco, l’America e la Cina,
continueranno a rallentare?
Già, la Cina. Tre mesi fa era invulnerabile, un mese fa era sull’orlo del
double dip, oggi la si vede molto meglio, ma quel nuovo stress test reso noto
nelle ultime ore, quello che ipotizza un crollo del prezzo delle case fino al 60
per cento, suona minaccioso.
E infine, in un mondo che rallenta, che significa questa ripresa corale dei
corsi delle materie prime? Prima, quando la ripresa economica era in fase di
accelerazione, era un segno di salute, ma adesso? Non è che siamo passati da
uno shock positivo da domanda a uno negativo (siccità russa, minore
produzione di greggio nel Golfo del Messico) da offerta?
La confusione è davvero tanta, ma proviamo a vederne i lati positivi.
Il dibattito sulle policy, prima di tutto. La dispersione di opinioni non è
un male in sé. In fondo, era meglio avere un consenso bulgaro sulla tesi della
Grande Moderazione (che fino a tre anni fa sosteneva che eravamo tutti
diventati bravissimi a controllare i cicli
economici) e procedere in fila come
lemming verso il baratro o è meglio
avere un dibattito aperto e non
dottrinario?
La Fed paralizzata, dal canto suo,
può ben permettersi di esserlo, perché il
quadro macro non è così compromesso e
non richiede interventi immediati. I
problemi strutturali del mondo non Visitate Santa Cruz, California. Poster.
mancano, ma spetta alla politica 1936.
affrontarli. Ci si può quindi concedere il
lusso di studiare, discutere e preparare piani di emergenza. Le divisioni
porteranno nel caso a decisioni centriste, gradualiste e prudenti e questo non
è necessariamente una sciagura, come non lo è l’impostazione diversa che
hanno Europa e Stati Uniti, visto che nessuno ha la verità in tasca e
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procedere su strade diverse può impedire che si sbagli tutti insieme con effetti
sistemici immaginabili.
La politica confusa, dove sta il punto? Si alzano i toni retorici, ma
intanto si fa marcia indietro sull’attacco alle grandi società, perché da qui
alle elezioni di novembre non è il caso di danneggiare la borsa. Si fa l’accordo
con Goldman Sachs, si abbassa la voce sulle società petrolifere (il greggio nel
Golfo è miracolosamente e politicamente evaporato da solo) e il capitolo Big
Business è chiuso, forse per tutta la legislatura. Quanto alle tasse, un
Congresso meno monocolore dopo novembre produrrà decisioni più condivise
o comunque meno radicali.
Il quadro macro, certo, è molto articolato, per non dire complicato, ma
visto nel suo insieme dà l’idea di una ripresa modesta in Occidente e da
buona a ottima tra gli emergenti. L’Ism manifatturiero americano nei
prossimi mesi continuerà a scendere, ma secondo Norbert Ore (presidente
dell’Ism) resterà sopra 50 fino alla fine dell’anno. L’occupazione si va
stabilizzando sui 100mila nuovi impieghi al mese, non esaltante,
strategicamente pesante, ma con l’aria di essere strutturalmente stabile e non
suscettibile di nuovi ribassi improvvisi.
Quanto ai consumi, la loro crescita è modesta ma solida. In alcune aree
come l’auto, data per debolissima dopo la fine del programma di incentivi del
2009, le sorprese sono positive. L’anno scorso in America si vendettero 9
milioni di macchine, quest’anno staremo fra 11 e 12, ma nel frattempo se ne
rottamano 14 e mezzo ogni anno mentre la popolazione cresce di due milioni.
L’auto tornerà ai livelli precrisi fra tre anni, per le case ci vorrà più tempo e
nel 2011 i prezzi continueranno a scendere, anche se di poco.
L’Europa ha fatto un viaggio verso il baratro ma si converrà che il fatto
che se ne sia ritratta in tre settimane rovescia il discorso della fragilità nel suo
opposto, almeno per ora.
La Cina frena aggressivamente sulle case, ma il resto della produzione va
bene e andrà anche meglio. L’erogazione di credito infatti è stata bloccata
per l’edilizia ma sta aumentando per gli altri settori. L’effetto netto è una
produzione complessiva buona, ma non eccellente. In compenso i consumi
corrono veloci. A guardare bene è esattamente tutto quello che ci si augurava
che la Cina facesse.
In questo quadro i mercati finanziari sembrano avere accettato l’idea che
il mondo non cadrà in un double dip e che d’altra parte la crescita sarà
accidentata. Sui bond non dovrebbero esserci grandi variazioni da qui a fine
anno, se non qualche ulteriore recupero nell’Europa mediterranea. C’è
dunque ancora spazio per il carry di curva nei paesi sviluppati, mentre al
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contrario nei paesi emergenti è meglio stare, sulla valuta locale, nella parte
breve della curva.
Le borse hanno lasciato alle spalle l’illusione della grande ripresa e la
paura del double dip. Ora hanno un rapporto decisamente migliore con la
realtà, non hanno troppe illusioni e si accontentano di dati modesti ma
positivi per salire lentamente.
Tra le valute, dollaro debole su tutta la linea. Euro a 1.35 e forse oltre da
qui a fine anno.
Buon Ferragosto a tutti.
Alessandro Fugnoli +39 02-777181
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