Meglio cosi

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Meglio cosi
Il Rosso e il Nero
Settimanale di strategia
MEGLIO COSI’
22 settembre 2011
L’Europa decide di provare a curarsi sul serio
L’Europa
sta
per
sottoporsi a una serie di
interventi
chirurgici
impegnativi. In questi due
anni si è curata a metà, con
molte aspirine, con diete
iniziate e piantate lì, con
qualche soggiorno al pronto
soccorso e con gli esorcismi.
Il risultato di questi sforzi
disordinati è stato modesto.
Si è rallentato il corso della
Fernando Botero. Il ratto di Europa. In mostra alla
malattia e si è riusciti a non Marlborough Gallery di New York.
soffrire
troppo,
ma
l’obiettivo della guarigione è stato mancato.
Alla vigilia di una lunga serie di interventi nessuno è mai particolarmente
felice. Fastidi, costi elevati, perdita della libertà di gestire la propria vita
come si era abituati a fare già basterebbero. Ma poi ci sono le possibili
complicazioni, le infezioni, le malattie che si prendono in ospedale, gli effetti
collaterali delle cure, le sofferenze. Più di tutto, spesso, sono il nervosismo e
la paura a dominare e a creare i problemi più grossi.
Nelle prossime settimane paura e nervosismo domineranno i mercati. Si
entra in sala operatoria e ci si deve affidare a medici che finora non hanno
brillato per lucidità e hanno spesso litigato tra loro. I timori di contagio
saranno continui e la psicosi sarà difficile da tenere sotto controllo.
Tutto passa e passerà anche questa. La speranza ragionevole è che il tutto
sia per il meglio e che dopo una fase di travaglio emerga un’Europa più
solida.
Fernando Botero. Il ratto di Europa. 2001.
Il primo dato positivo, in
questo quadro difficile, è che alla
fine tutti stanno facendo la cosa
giusta. I paesi forti, Germania
più di tutti, hanno avuto la loro
fase di turbamento e confusione,
durante la quale hanno flirtato
con il tema tabù, quello
dell’abbandonare i deboli al loro
destino. Alla fine, però, è
prevalsa, a quanto è dato di
capire, l’idea di accettare una
maggiore integrazione, sia pure
con regole severe.
Simmetricamente, nei paesi
deboli e meno disciplinati ci si è cullati nell’idea di essere troppo interconnessi
con i paesi forti per potere essere lasciati soli, si è sognata prematuramente la
panacea degli eurobond e, sempre meno sottovoce, si è anche accarezzata
l’idea di rovesciare il tavolo, mandare al diavolo i creditori e rimborsarli con i
soldini del Monopoli. Alla fine si è capito che quelle che appaiono come
invitanti scorciatoie sono in realtà dei campi minati e ci si è convinti a farsi
curare sul serio.
Intendiamoci, nei paesi forti la cacofonia non è cessata e gli euroscettici
parlano ancora. Se si ascolta bene, però, si nota che le voci più autorevoli
della fronda hanno cambiato i loro toni. Roesler, il capo dei liberali tedeschi,
è ora molto più morbido. Quanto alla Csu bavarese, continuerà a fare
resistenza e a richiedere puntigliosamente garanzie, ma non remerà contro.
Alla fine, chi conta nel governo è ancora e sempre la signora Merkel, che ha
ormai maturato l’idea che la soluzione passi per una maggiore integrazione
delle politiche economiche dell’Eurozona. Se i liberali vorranno tirarsi
indietro si rifarà una coalizione con l’Spd o si andrà alle elezioni, dalle quali
emergerà comunque una maggioranza proeuropea.
Integrazione, per la Merkel e per Schauble, non significa Stati Uniti
d’Europa. Significa fissare insieme, per ogni paese, degli obiettivi vincolanti
di bilancio e affidare a un signore poco carismatico che faccia da parafulmine,
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Van Rompuy, il compito di vigilare con severità sugli indisciplinati e, più
avanti, di prendere per tutti decisioni impopolari, come ad esempio
l’innalzamento dell’età della pensione. Niente di retorico o di appariscente,
quindi, ma qualcosa di molto più stringente di quello che c’è già. In cambio,
implicitamente, la Germania garantirebbe, nella fase di transizione, un
appoggio finanziario ai paesi deboli attraverso la Bce e l’Efsf.
Quanto ai paesi debitori, la linea è quella di isolare la Grecia da tutti gli
altri. Atene sta di fatto accettando di essere commissariata. La manovra
della settimana scorsa (quella della patrimoniale attraverso le bollette della
luce) era greca, la manovra di questa settimana è europea ed è stata dettata
per telefono da Berlino. E’ una manovra dura, che va al di là degli obiettivi
concordati nei mesi scorsi e non è ancora chiaro se verrà completata da una
ristrutturazione morbida del debito (quella che è in discussione con le
banche) e da un successivo buy back o se il taglio di capelli per gli
obbligazionisti sarà più profondo.
Quello che è certo è che si punta, questa volta, a dare una sistemazione
più strutturale, duratura e convincente
dei problemi della Grecia. Si punta cioè
a un debito sostenibile (da servire con
tassi vicini a quelli tedeschi), a una forte
riduzione del disavanzo e a riforme
strutturali. Per le banche greche
arriveranno aiuti e per la crescita si
sbloccheranno fondi europei.
La difficoltà sarà quella di convicere
i mercati che la ristrutturazione del
debito greco non sarà il primo tassello
del domino e non penalizzerà troppo i
creditori privati. Portogallo, Spagna,
Irlanda e Italia sono oggi in una
situazione impegnativa ma sostenibile.
Per evitare il contagio, probabile in caso
di panico, dovranno continuare a
comportarsi esemplarmente ed essere
sostenuti dalla retorica e dai soldi
illimitati della Bce.
Fernando Botero. Il ratto di Europa.
1999.
Il secondo intervento chirurgico cui l’Europa si sottoporrà riguarderà le
banche che, volenti o nolenti, verranno obbligate a ricapitalizzarsi per 200300 miliardi, da cercare sul mercato o da accettare dall’Efsf. Gli azionisti
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saranno ulteriormente diluiti, ma diluiti è meglio che azzerati. Il modello sarà
quello della Tarp americana più che quello delle nazionalizzazioni all’inglese.
L’obiezione che le banche americane, due anni dopo la Tarp, sono
ricadute sui livelli borsistici del 2009 regge solo in parte. Si può infatti
discutere della loro redditività, ma sul piano patrimoniale sono solide e
possono reggere a una nuova recessione. Un giorno (lo dice anche Rogoff)
l’economia ripartirà e le banche saranno pronte per tornare a guadagnare.
Sistemare la Grecia, rafforzare gli altri paesi deboli, ricapitalizzare le
banche e modificare i trattati europei. I compiti per i prossimi mesi sono
immensi e i rischi sono molti, ma è meglio rischiare di fallire avendo obiettivi
corretti e ambiziosi piuttosto che fallire nell’inconcludenza e nella rissa.
In questo contesto è quasi miracoloso che l’economia regga. Il terzo
trimestre sarà meglio del secondo in Germania e negli Stati Uniti e sarà
buono in Cina e in Giappone. I politici, le agenzie di rating e i mercati hanno
lavorato molto per rovinare le cose, ma per il momento non ci sono ancora
riusciti.
I politici europei, come abbiamo visto, sembrano avere recuperato la
ragione. Purtroppo in America il
quadro è desolante. Obama parla solo
di tasse per i ricchi, raggiungendo il
duplice obiettivo di spaventarli senza
tassarli. I repubblicani imbarbariscono
il dibattito intimando alla Fed di non
fare favori a Obama. La Fed, per
fortuna, va avanti lo stesso e annuncia
un allungamento della duration del suo
portafoglio più aggressivo del previsto.
Le agenzie di rating sono solo
all’inizio di un lungo percorso che le
porterà a declassare ancora il debito
dei paesi sviluppati e a rivalutare
Fernando Botero. Il ratto di Europa.
quello dei paesi emergenti. Se il debito
1998.
della Germania, in rapporto al Pil, è 12
volte più alto di quello del Cile prima o poi bisogna prenderne atto.
Quanto ai mercati, è facile prevedere volatilità, nervosismo e fragilità. Se
però l’Europa si rivelerà all’altezza del compito che si sta assegnando, il
mondo, all’inizio del 2012, apparirà finalmente più solido.
Alessandro Fugnoli +39 02-777181
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