Sei mesi più vecchi

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Sei mesi più vecchi
Il Rosso e il Nero
Settimanale di strategia
SEI MESI PIU’ VECCHI
24 giugno 2010
Note di metà anno
Il mondo è mezzo anno più vecchio
rispetto a gennaio e la sua borsa più
importante, quella americana, è
praticamente invariata. Sei mesi di
grandi speranze e grandi paure stanno
quindi per chiudersi, rendendo omaggio
ai numerosi precedenti storici in cui, a
una fase di rapido recupero dopo un
crollo, segue un anno laterale. Alla fine
di questo purgatorio, secondo i
precedenti, il mercato riprende a
crescere.
Calendario lunare di 15mila anni fa. I
punti sotto il cavallo indicano i 29
giorni del ciclo lunare. Grotte di
Lascaux. Francia.
Tra le altre grandi borse, quelle dei paesi emergenti che sono cresciuti di
più sono tra quelle andate peggio al mondo. Shanghai perde il 22 per cento e
San Paolo, che era andata benino fino a primavera, perde il 6. Dipende dalle
attese, si potrà pensare, forse Cina e Brasile sono cresciuti meno di quanto ci
si aspettava a inizio anno. In realtà è vero il contrario.
La Cina prosegue infatti imperterrita nel suo cammino da schiacciasassi
che la vedrà secondo Andy Xie prima potenza economica e industriale entro
15 anni. Per diventarlo dovrà costruire nel frattempo case per 300 milioni di
persone (come dire 30 nuove metropoli da 10 milioni di abitanti, gli short sul
rame prendano nota) e altre centinaia di migliaia di fabbriche piccole, grandi
e immense. Tutto questo ruberà spazio ai campi e l’agricoltura cinese ne
risulterà sacrificata. Yukon Huang, ex Banca Mondiale, in uno studio
estremamente interessante pubblicato da JP Morgan, concede magnanimo
che gli Stati Uniti, una volta superati in tutto il resto dalla Cina, rimarranno
la prima potenza agricola del mondo.
Quanto al Brasile, l’aria di grande fiducia nelle proprie capacità che si
respira di questi tempi può essere perfino eccessiva, ma è certamente
rappresentativa del clima dell’intera America Latina. Perfino un radicale
controverso come Oscar Guardiola-Rivera pubblica da Londra, dove insegna,
What If Latin America Ruled The World? Sottotitolo: Come il Sudamerica
supererà il Nord nel corso del XXI
secolo.
In perfetta simmetria, la borsa che
è andata meglio tra le grandi,
Francoforte (più 4 per cento), è
espressione di quell’Europa che è
cresciuta meno di tutti e che è stata
descritta da molti (e non solo dai
catastrofisti abituali) come sull’orlo
dell’implosione e della disintegrazione.
Calendario solare azteco costruito in 52
anni dal 1427 al 1479. Pesa 24
tonnellate. Museo Nazionale di
Antropologia. Città del Messico.
La Germania è oggetto di critiche
molto aspre da parte americana per la
scelta di puntare a un risanamento dei
conti pubblici quando al contrario
potrebbe permettersi di spendere e sostenere la domanda in un’Europa che ne
avrebbe molto bisogno. Soros dice che in questo modo l’euro collasserà, ma
colpisce che le critiche arrivino anche da fonti ufficiali come il Tesoro
americano.
E’ chiaro che la Germania, anche se la sua manovra non è così ampia
come appare e lascia la porta aperta a un rinvio in caso di bisogno, si assume
un grossa responsabilità. Deve però essere altrettanto chiaro che anche gli
Stati Uniti se ne prendono una di segno opposto quando mantengono una
politica fiscale espansiva e rinviano al 2011 l’inizio di una nuova fase.
Tutto è a rischio, in questa metà d’anno. Si rischia un rallentamento che
potrebbe facilmente degenerare in veloci avvitamenti da una parte, ma si
rischia anche, dal lato opposto, un improvviso rifiuto da parte dei mercati dei
titoli dei paesi poco virtuosi quando l’America è decisamente il meno
virtuoso di tutti.
Come dice Bill Gross, i bond vigilantes non chiedono solo risanamento
fiscale, ma anche crescita. È un sentiero stretto quello che andrà percorso e il
burrone non è solo da un lato ma anche dall’altro.
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I double dip, scrive Jonathan Wilmot di Credit Suisse, sono difficili da
trovare nella storia e bisogna commettere gravi errori di policy per
provocarne uno. Il problema è che è sempre molto difficile accorgersi di un
errore mentre lo si sta commettendo. Se siamo arrivati al capolinea
keynesiano, come dicono in molti, o se stiamo invece soffrendo inutilmente
privandoci di ulteriori stimoli fiscali, come dice Krugman, non lo possiamo
riconoscere in tempo reale e lo sapremo solo a cose fatte.
Visto da un’altra angolazione (ma il problema è il medesimo), Fred
Bergsten del Peterson Institute accusa l’Europa di avviarsi verso un grande
surplus delle partite correnti cui dovrà per forza supplire una riapertura della
voragine americana, madre delle bolle degli ultimi tre decenni e del loro
scoppio. La Germania, dal canto suo, ritorce l’accusa verso gli Stati Uniti. E’
il loro disavanzo che obbliga gli altri ad
avere un surplus.
Non è detto che questa differenza di
strategie venga per forza per nuocere. Il
mondo, visto nel suo insieme, diversifica
i suoi rischi. L’America concede crescita
ai bond vigilantes e l’Europa concede
loro risanamento fiscale. Sbilanciarsi
totalmente in una direzione o nell’altra,
quello sì che sarebbe un rischio ancora
maggiore.
Calendario lunare islamico.
Non si può infatti risanare tutti insieme, pena deflazione e double dip, e
non si può più accelerare tutti insieme, pena il default dei più deboli, per i
quali non viene più tollerato nemmeno un centesimo di disavanzo in più.
La mossa tedesca è sbagliata se si ragiona con il libro di testo, ma può
essere giusta nel mondo reale dove vivono i trader e gli investitori in carne e
ossa. La Germania virtuosa rende infatti più credibile, non meno credibile,
l’impegno dei paesi come la Grecia o la Spagna a risanare rapidamente i loro
conti.
Resta inteso che questo è un mondo in cui non solo si può fare i virtuosi
soltanto uno alla volta, ma in cui politiche fiscali virtuose devono essere
compensate, almeno a livello globale, da politiche monetarie ancora più
espansive.
Il comunicato del Fomc non fa riferimento a una ripresa del quantitative
easing perché non è ancora chiaro se la frenata americana di maggio sia
temporanea o no. Molti dati sono stati negativi tranne quelli di qualità più
elevata come ordini e sentiment delle imprese. La Fed ha bisogno di più dati
prima di uscire dalla neutralità in cui si è messa da inizio anno.
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Grande è poi l’incertezza sul secondo semestre e il dibattito è acceso. Da
una parte sono quelli che, come Goldman Sachs, mettono l’accento sul
rallentamento della spinta fiscale e di quella delle scorte, mentre dall’altra
sono quelli che ritengono la domanda privata in grado di prendere il posto
della domanda pubblica in via di affievolimento, come tra gli altri l’ex Fed
Larry Meyer.
Molto si dibatte anche sul double dip
delle case, le cui compravendite,
terminati gli stimoli fiscali, stanno
calando bruscamente, portandosi dietro
le costruzioni e rievocando gli incubi del
2008, quando l’immobiliare trascinò nel
baratro l’economia globale.
Bisogna dire che la situazione
dell’immobliare, per quanto pesante,
non
è
tragica
per
l’insieme
dell’economia. Quello che conta di più,
infatti, non è il numero di transazioni
immobiliari ma il prezzo delle case. E’
infatti il loro valore che determina
l’equity delle famiglie e la loro
propensione a consumare o a
risparmiare. Fortunatamente questo
valore è stabile dall’inizio dell’anno e i
cali eventuali che alcuni ipotizzano per i
prossimi 12 mesi saranno modesti.
Quanto alle costruzioni e al loro
calo, va ricordato che l’edilizia
Calendario hindu corrispondente al
nostro 1871-72. A sinistra i 10 avatar
rappresenta ormai solo il 3 per cento del
di Vishnu, a destra i segni zodiacali.
Pil, un quinto dell’insieme degli
Originario del Rajasthan
investimenti,
che
invece
vanno
benissimo nei comparti qualitativamente migliori, come la tecnologia e il
software. Con le imprese piene di liquidità e con i conti che non erano così in
ordine da decenni, è difficile sostenere che il boom degli investimenti di
qualità, da solo in grado di fornire quasi un punto di crescita al Pil, si
interromperà nei prossimi mesi. Un altro elemento di conforto è che le
banche stanno diventando meno severe nei criteri di erogazione del credito.
Il semestre si chiude per le banche con la grande incognita rappresentata
dal migliaio di pagine di nuova legislazione con cui il Congresso si appresta a
riregolarle. Il contenuto delle mille pagine cambia ogni giorno e le banche
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vivono in uno stato di ansia che si riflette sulle loro quotazioni di borsa. La
stessa ansia la sta vivendo l’industria petrolifera per il caos della moratoria
nel Golfo e per altre centinaia di pagine di nuove leggi che verranno varate
sull’onda dell’emotività che l’incidente di BP si porterà dietro. Le prossime
due settimane, infine, saranno molto ricche di dati macro che ci diranno se la
frenata di maggio è l’inizio del grande rallentamento o se si è trattato solo di
un incidente di percorso.
Non è una previsione, è solo una possibilità, ma non si può escludere
un’uscita positiva da queste incertezze. Entro il 4 luglio conosceremo il
contenuto delle mille pagine di riforma bancaria. Quale che sia, verrà meno
l’incertezza che oggi porta a scontare il peggio.
Ancora in luglio avremo i dati sugli utili del secondo trimestre. In
America saranno penalizzati dal dollaro più forte, ma il fatto che
l’occupazione cresca poco mentre il fatturato aumenta significa che i margini
saranno molto alti.
In agosto, se tutto va bene, verrà risolto il problema della marea nera con
l’avvio dei due pozzi di drenaggio in costruzione. La pressione su esecutivo e
Congresso si allenterà ed è possibile che la moratoria venga accorciata (anche
se la sua scadenza coincide non a caso con le elezioni di novembre). I titoli del
settore ne trarrebbero beneficio.
Perché questa sequenza positiva (in ipotesi) raggiunga una massa critica
occorre che i dati macro relativi a giugno e luglio segnalino una
riaccelerazione, anche modesta. Il maggio debole abbassa l’asticella da
superare.
In caso di massa critica entrerebbe in gioco il posizionamento del
mercato. E’ vero che tutti, mediamente, sono molto più investiti che ai tempi
della crisi, ma non bisogna trascurare l’esposizione verso la volatilità.
Ai tempi del grande rialzo si usava vendere put come yield enhancement,
oppure si vendevano put per comperare call. Oggi, in un tempo di aspettative
assai più modeste, è più diffusa la pratica di comperare put finanziate con la
vendita di call. Questo significa che, in caso di massa critica, il rialzo
potrebbe essere veloce e significativo, anche se non necessariamente
duraturo.
Alessandro Fugnoli +39 02-777181
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