L`antitragedia

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L`antitragedia
Il Rosso e il Nero
Settimanale di strategia
L’ANTITRAGEDIA
26 maggio 2011
Il debito greco, l’oracolo e le sirene
L’oracolo di Delfi avverte Laio e Giocasta
che il loro figlio ucciderà un giorno il padre e
sposerà la madre. Anni dopo, lo stesso oracolo
avverte Edipo che ucciderà il padre Laio e
sposerà la madre Giocasta. Tutti sanno, dunque,
e tutti si muovono, nel corso della loro esistenza,
per scongiurare la profezia. Saranno proprio le
azioni volte a evitare l’esito infausto a
provocarlo.
Il fascino della tragedia greca non è,
banalmente, nell’esito infausto, ma nella sua
ineluttabilità e nella consapevolezza non Ananke, dea del destino. V
secolo a.C. Museo Pushkin.
rassegnata delle vittime rispetto al destino che le Mosca.
attende. Non sono del resto gli dei dell’Olimpo a
governare il mondo, ma l’onnipotente Ananke, dea del destino e generatrice
prima, insieme a Chronos, del cosmo tutto.
Oggi i media, che raramente resistono alla tentazione della battuta,
definiscono una tragedia greca la vicenda del debito di Atene. La nostra tesi è
che è più probabile che si svolga sotto i nostri occhi un’antitragedia, la
vittoria dell’evitabile sull’inevitabile.
La posta in gioco, infatti, è altissima per tutti i protagonisti. Europa e
Grecia, creditore e debitore, si affrontano su un campo minato che lascia
spazio solo per movimenti lenti e cauti, se non per l’immobilità assoluta. Uno
strappo o un gesto violento potrebbero fare saltare per aria tutti. Non è una
certezza, ma una possibilità concreta. Per questo gli spettatori ai bordi del
terreno minato scommettono sull’esplosione, ma i giocatori preferiscono
l’immobilità, che è pur sempre vita.
Abbandonare la Grecia non comporterebbe un risparmio per l’Europa
ricca, anzi. Per evitare di tirare fuori i 60 miliardi necessari a finanziare il
disavanzo greco e il rinnovo dei debiti in scadenza nei prossimi due anni, ci
toccherebbe ricapitalizzare la Bce (che dovrebbe registrare a bilancio una
perdita sui titoli greci superiore al suo
capitale). La ricapitalizzazione dovrebbe
oltretutto
essere
particolarmente
generosa, perché la Bce, a sua volta,
sarebbe immediatamente chiamata a
finanziare l’intero sistema bancario
europeo, che verrebbe sottoposto a uno
stress di portata imprevedibile. La paura
e il sospetto potrebbero portare a una
corsa ai depositi e a una stretta del
credito difficili da circoscrivere.
Edipo Re di Pasolini. 1967. Franco
Citti interpreta Edipo.
Da parte greca, abbandonare
l’Europa avrebbe effetti altrettanto devastanti. Come dice il commissario
europeo Maria Damanaki, un’ex comunista oggi nel Pasok, è inutile girare
intorno ai problemi, bisogna decidere se mantenere la più grande conquista
del dopoguerra, l’euro, o se tornare alla dracma.
La crisi bancaria greca, in caso di default duro, sarebbe istantanea. Non
più finanziate dalla Bce, le banche greche si troverebbero con le casse vuote
di euro e dovrebbero offrire ai depositanti in coda per chiudere il conto le
nuove dracme stampate nella notte dalla Banca centrale greca. Per i ricchi
con gli euro all’estero non sarebbe un dramma, ma per i redditi bassi la
situazione si appesantirebbe, perché prima di generare ripresa, la
svalutazione creerebbe inflazione.
Gli spettatori ai bordi dell’Europa, dicevamo, scommettono
sull’esplosione. La speculazione inglese e americana ha poco da perdere e
molto da guadagnare a soffiare sul fuoco. Basta mettersi corti di euro e
lunghi di oro e di Cds e poi c’è solo da sussurrare o gridare che salterà tutto.
Il loro è il canto delle sirene, interessato e ingannevole. Non è il vaticinio
dell’oracolo di Delfi, che era ispirato da Apollo, dio della verità.
Non vale poi molto nemmeno la tesi che chi gioca su un campo minato è
destinato a una pessima fine. Vivere nella tensione può anche risvegliare i
sensi e il senno e indurre a comportamenti razionali. Viviamo tutti dal 1945
in mezzo a decine di migliaia di testate nucleari e abbiamo perfino smesso di
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pensarci. Il pericolo di estinzione, anche nei momenti peggiori della guerra
fredda, ha indotto alla fine a evitare colpi di testa, a negoziare, a prendere
tempo.
Il disarmo nucleare è stato lento e faticoso, è in corso da vent’anni e
ancora ci sono migliaia di testate in giro. Lo sminamento della questione
greca richiederà altrettanto tempo e pazienza. Per adesso è importante
smettere di produrre altri missili e cioè, fuori di metafora, azzerare il
disavanzo primario greco entro il 2013. E’ vero, su questa strada la Grecia sta
andando più piano del previsto, ma il ritardo non è enorme. In compenso
appaiono in ritardo anche le sciagure previste da molti nei mesi scorsi
(macelleria sociale, crollo della produzione, moti di rivolta). Nonostante la
mancata introduzione della dracma e benché l’euro si sia nel frattempo
rafforzato, le esportazioni greche, udite
udite, sono salite in modo apprezzabile
(come in Spagna, del resto) e il turismo,
incurante di scioperi e rivoluzioni, è in
ripresa.
Dopo il 2013 si vedrà. Il Fondo
Monetario, il Club di Parigi e il Club di
Londra vanno avanti da vent’anni, a volte
da trent’anni, a ristrutturare, riprofilare e
rimaneggiare i crediti verso decine di poveri Edipo Re di Pasolini. 1967. Silvana
paesi africani. Quando le cose vanno bene Mangano interpreta Giocasta.
ai debitori viene rimborsato qualcosa,
quando vanno bene ai creditori viene abbuonato qualcosa. La vita borderline
non è bianca o nera, ma di colore indefinito e cangiante.
A un tasso di crescita del due per cento reale, il Pil europeo raddoppia
ogni 35 anni. Fra 35 anni, quindi, il debito greco (ammesso che lo si stabilizzi
come da programma) sarà un debito dimezzato rispetto al Pil europeo.
L’emivita dell’uranio, del plutonio e del torio è molto più lunga, miliardi di
anni.
La questione greca, unita al rallentamento della produzione industriale e
a un andamento non esaltante della Cina, ha molto raffreddato la
propensione al rischio e ha indotto in parecchi casi ad alleggerimenti dei
portafogli e a pessimismo. In pratica si vendono i bond perché si sono ripresi
e si vendono le azioni per evitare di subire ulteriori ribassi. Il risultato è che il
cash è risalito di peso.
In queste circostanze, al netto di errori di policy (in particolare sulla
Grecia), è ben difficile pensare a rotture nei prezzi, che infatti tengono
piuttosto bene. I dati macro, del resto, non sono certo diventati tutti
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negativi. L’occupazione e i consumi compensano la produzione, scesa molto
in America soprattutto nel comparto automobilistico, colpito
dall’interruzione di forniture giapponesi su alcuni componenti.
Fra due mesi la filiera produttiva dell’auto si sarà normalizzata e
produzione e vendite riprenderanno. C’è una ripresa della disponibilità a
concedere prestiti per l’acquisto di auto e questo da solo garantisce una
buona tenuta della domanda nei prossimi mesi.
Tra le borse continuiamo a preferire quella americana. E’ lontana dalla
Grecia, gode di un dollaro basso (il rafforzamento temporaneo contro euro è
stato bilanciato da un indebolimento verso Asia) e di tassi che resteranno a
zero ancora a lungo. I margini in crescita danno modo all’ottimo Minack di
Morgan Stanley di scrivere ogni mese un pezzo sull’insostenibilità di questi
livelli che però intanto, come si diceva, si
matengono tranquillamente altissimi.
Edipo incoronato.
La fine imminente del Qe2, dal canto
suo, dà modo al sempre affascinante
Albert Edwards di Société Générale di
riproporre il suo consueto obiettivo di 400
sull’SP 500 (lo stesso di Russell Napier). Si
sentirà parlare molto, nelle prossime
settimane, della disintossicazione più o
meno faticosa dal Qe2. Si continuerà a
dibattere se siano più importanti i flussi
(quei 75 miliardi al mese di acquisti di
titoli che cesseranno a fine giugno e di cui
dovranno farsi carico i mercati) o lo stock,
ovvero la dimensione dello stato
patrimoniale della Fed.
Su questo punto, se ragioniamo come la Fed (come ci sembra meglio fare),
quello che conta è lo stock. In pratica, avere portato le dimensioni del
bilancio della Fed da uno a tre trilioni equivale ad avere oggi i tassi al meno
uno per cento. La cessazione degli acquisti non modifica il livello dello stock e
i tassi effettivi resteranno dunque, fino a diversa indicazione, allo stesso
meno uno per cento di oggi. La fine del Qe2, quindi, non cambierà nulla.
Alessandro Fugnoli +39 02-777181
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