Uguaglianza fra uomini e donne: dalla forma alla sostanza di

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Uguaglianza fra uomini e donne: dalla forma alla sostanza di
L'evoluzione delle norme sullʼuguaglianza di genere in Italia
Uguaglianza fra uomini e donne:
dalla forma alla sostanza
P
er ragioni storiche e culturali, in
Italia lo sviluppo del principio
di uguaglianza e delle politiche di
pari opportunità è stato avviato con
notevole ritardo rispetto ad altri Paesi
europei.
Come è noto, nel nostro Paese le donne si sono viste riconoscere i diritti
politici soltanto nel 1945, e hanno
votato per la prima volta il 2 giugno
1946, in occasione del referendum
istituzionale e dell’elezione dell’Assemblea Costituente. Fu un evento
epocale - non solo per le donne - che
segnò più di ogni altro il rinnovamento dell’Italia e la nettissima discontinuità tra la nascente democrazia ed il
precedente regime fascista.
All’Assemblea Costituente furono
elette ventuno donne (su 556 Costituenti), impegnate e combattive,
forti del mandato ricevuto dalle
elettrici e consapevoli della dignità della loro battaglia. Le donne in
Assemblea costituente si sono battute non solo, ma anche per la loro
liberazione femminile, per un nuovo
assetto della società in cui fossero
riconosciuti tutti i loro diritti, introducendo in Costituzione quei principi ormai maturi e altri da affermare,
giusti, ma non per questo accettati
come tali da tutta l’Assemblea.
Forse, più che per altre sue parti,
quella riguardante la condizione
delle donne ha rappresentato sia uno
degli aspetti più innovativi della Costituzione, sia quello con il carattere
maggiormente programmatico, di
di Adriana Apostoli
Adriana Apostoli
principio, aperto alle future iniziative e alle lotte per attuarlo. La condizione femminile in Italia era infatti
tra le più arretrate d’Europa.
Nel 1948, la neonata Costituzione italiana sancisce il principio di
uguaglianza di genere: a uomini e
donne è riconosciuta eguaglianza
morale e giuridica all’interno della
famiglia, eguali diritti e eguale trattamento economico al lavoro (art. 3;
art. 29; art. 31; art. 37).
Questo ha permesso alle donne italiane di incamminarsi sulla strada
delle conquiste di parità senza incontrare ostacoli di carattere giuridico.
Per quanto riguarda, nello specifico,
la questione della parità, infatti, è
stato nei decenni successivi all’entrata in vigore della Costituzione
che, grazie alle lotte portate avanti
dalle donne, e grazie ai principi co19
stituzionali, su cui le prime hanno
fatto leva, si sono raggiunti importanti traguardi. Senza l’impegno politico, sindacale e sociale delle donne, infatti, e senza la proclamazione
solenne in Costituzione del principio
di eguaglianza, non avremmo avuto
le leggi sul diritto di voto, sull’istruzione, sul divorzio, sull’aborto,
sulla maternità e sulla tutela dei
minori, sui diritti delle lavoratrici,
che hanno segnato il cammino della
nostra storia repubblicana
(solo a metà degli
anni ’50 un giudice riconobbe
che il marito
non poteva
picchiare la
moglie; solo
negli anni ’60
le donne italiane furono
ammesse
ai concorsi
per la Magistratura;
solo negli
anni ’70 le
madri ebbero
riconosciuta la parità nell’esercizio
della potestà genitoriale sui figli).
La fase costituente doveva
perciò rappresentare una premessa sulla cui base si sarebbe
dovuta giocare poi una nuova partita
decisiva per la trasformazione della
società (anche rispetto alle istanze
delle donne), partita affidata al prevalere, nella competizione democratica,
di una o dell’altra delle forze.
Nonostante agli inizi degli anni Settanta il legislatore italiano abbia cominciato a dare attuazione al principio
della parità fra uomo e donna - anche
attraverso l’istituzione dei primi
organismi finalizzati a perseguire
l'uguaglianza di trattamento e di opportunità -, nel nostro Paese, con una
lentezza superiore al giusto, è solo a
partire dagli anni ’90 che vi è stata su
tali temi un’evoluzione serrata, incoraggiata dall'Unione Europea, che ha
allineato la normativa italiana a quella degli altri Paesi europei.
In particolare, il quadro normativo
italiano sull'uguaglianza di genere è
rappresentato ad oggi dal Codice nazionale delle pari opportunità tra
donne e uomini approvato nel
2006 (DL 198/2006). Questo provvedimento riordina le leggi in vigore
contenenti le disposizioni in materia
di pari opportunità e quelle per la prevenzione e la rimozione di ogni forma
di discriminazione basata sul sesso.
Il cammino “di parità” - e non solo iniziato con la nascita della Costituzione ha prodotto dunque, quantomeno da un punto di vista giuridico,
molti cambiamenti. Esiste ad oggi
un ricco e sostanzioso serbatoio di
norme e direttive sia a livello nazionale che europeo, volte a promuove-
re l’eguaglianza tra uomini e donne
e a tradurre nella prassi tale diritto,
facendolo passare dal piano formale
a quello sostanziale.
Ciononostante, in base all'Indice europeo dell'uguaglianza di genere, l'Italia si classifica fra i Paesi dell'UE
con la minore uguaglianza di genere.
La sua performance è superiore alla
media UE in un solo settore, quello della salute, grazie alla longevità
delle donne italiane. In tutti gli altri
campi la situazione è lungi dall'essere soddisfacente. Le politiche per
affrontare lo squilibrio di
genere sono state caute e
i progressi in ambito giuridico sono stati promossi
principalmente da direttive provenienti dall'UE o
dalle pressioni esercitate
dalla società civile. All'Italia manca un'adeguata
infrastruttura di genere a
livello centrale per promuovere, coordinare e monitorare le iniziative a favore
dell'uguaglianza di genere. Dunque, molto
resta ancora da
fare affinché
le norme della Costituzione
vengano pienamente recepite, accettate nonché rese
effettive, sempre tenendo fermo lo spirito
che nasce dalla Resistenza e dai suoi ideali: cioè da
una battaglia per la democrazia, la libertà, la giustizia,
l’eguaglianza, che comprende
anche il riconoscimento della
parità tra donne e uomini.
Adriana Apostoli
Professore associato di Diritto costituzionale, Dipartimento di Giurisprudenza,
Università degli Studi di Brescia
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