Relazione - Provincia di Cremona

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Relazione - Provincia di Cremona
RUOLO DELLA DONNA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
LEGA AUTONOMIE – CREMONA - 22 GENNAIO 2010
“La Condizione giuridica delle donne, il loro innalzamento o abbassamento sono il miglior criterio e la
misura più sicura della civiltà di un popolo e di un secolo”
John Stuart- Mill
Il seminario di oggi ci propone di fermare l’attenzione sulle politiche di genere nelle istituzioni di oggi e , per
capire meglio i fenomeni, propongo di soffermare la nostra attenzione su due capitoli : il primo riguarda un
excursus storico per comprendere come nel nostro paese si siano formate le politiche di genere ed il
secondo riguarda gli attuali traguardi, ma anche la relazione tra le politiche non ancora attuate ed il ruolo
della donna nella pubblica amministrazione.
Vale la pena di citare, anche in sintesi, episodi storici ed interventi normativi che hanno segnato il cammino,
non ancora concluso, delle donne verso l’acquisizione di diritti che oggi sembrano quasi scontati, primo fra
tutti quello di voto.
DIRITTO DI VOTO ED ESPERIENZA NELLA COSTITUENTE
La storia della conquista del diritto di voto delle donne italiane è segnata dalla legge Sacchi Legge 17 luglio
1919 n. 1176, mediante la quale viene abolita l’autorizzazione maritale per le donne, alle quali si riconosceva
il libero esercizio di tutte le professioni, eccezion fatta per la magistratura, la diplomazia e la carriera militare.
Il percorso verso il diritto di voto subisce un arresto durante il fascismo, per concludersi negli anni della
Liberazione, con il decreto luogotenenziale del 1° febbraio 1945 n. 23 che risconosceva alle donne il diritto
di voto e di eleggibilità.
Il 2 giugno del 1946 le donne partecipano al voto per il referendum istituzionale in percentuale qiasi uguale a
quella maschile (89%) a dispetto di chi ipotizzava alla vigilia del voto un astensionismo femminile. Votarono
quindi per l’Assemblea costituente alla quale furono elette solo 21 donne su 556 membri.
Le donne elette nella prima legislatura furono il 6,3% del Parlamento (44 su un totale di 574 tra senatori e
deputati).
Questo esiguo numero di donne elette prelude ad uno dei problemi più gravi ed attuali del nostro paese,
quello di un mancato equilibrio della rappresentanza tra i due sessi.
Tuttavia le “ donne costituenti” mantennero stabilmente una forte intesa in nome di una appartenenza di
genere che le ha viste battersi unite , pur nelle differenti concezioni, su alcuni punti cardine come
l’ottenimento della parità dei coniugi nel matrimonio, sul diritto alla parità nel lavoro contro l’intenzione di
subordinare l’attività lavorativa delle donne al “primo e naturale “ dovere della cura della famiglia.
Il punto della famiglia è sempre stato il punto dolente se si deve arrivare fino al 1975, al nuovo diritto di
famiglia, per avere norme che mettano in pratica il dettato costituzionale e realizzare, seppur con luci ed
ombre, l’eguaglianza fra i coniugi “con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti ed
assumono i medesimo doveri”, con ciò mettendo fine all’autorità assoluta del maschio capofamiglia e
all’esercizio di tutela nei confronti della moglie.
Le donne della Costituente ebbero dunque un ruolo rilevantissimo in seno al dibattito che generò la
Costituzione italiana connotandola come insieme di diritti , doveri e rapporti ispirati intensamente ai principi
di equità ed eguaglianza dichiarati nell’incipit della Costituzione all’art. 3.
Nella successiva evoluzione normativa si deve ricordare la legge approvata nel 1963 che, abrogando la già
citata legge Sacchi, finalmente stabiliva l’accesso della donna a tutte le cariche , professioni e impieghi
pubblici, compresa la magistratura nei vari ruoli, carriere, professioni e impieghi pubblici, senza,limitazioni di
mansioni e di svolgimento di carriera.
Poco prima il Parlamento aveva approvato la legge che prescriveva il divieto di licenziamento delle lavoratrici
per causa di matrimonio . E’ degli anni 70 la legge sulla tutela delle lavoratrici madri.
Abrogati nel 1968-69 il reato di adulterio e concubinato, la legge sul divorzio del 1974, il nuovo diritto di
famiglia della primavera del 1975, il lungo iter di approvazione della legge sull’aborto approvata nel 1978.
Le norme contro la violenza sessuale sono approvate solo venti anni dopo con la Legge 15 febbraio 1996 n.
66.
GLI ANNI 80 E LA ISTITUZIONALIZZAZIONE DELLE POLITICHE DI PARITA’
A partire dagli anni 80 in Italia si avviano politiche istituzionali di pari opportunità, nel 1983 viene decretata
l’istituzione presso il Ministero del Lavoro del primo Comitato Nazionale di Parità e Pari opportunità nel
Lavoro.
La legge 125/1991 sulle “Azioni positive per la realizzazione della parità uomo – donna” segna uno
spartiacque nella legislazione italiana e apre la strada ad una serie di leggi volte all’attuazione
dell’uguaglianza sostanziale sancita dall’art. 3 della Costituzione, anche facendo ricorso al diritto “diseguale”,
attraverso una serie di strumenti diversi, nel complesso definibili “azioni positive”, ovvero misure
promozionali volte ad eliminare le disparità di fatto di cui le donne come ‘gruppo’ sono oggetto negli ambiti
più diversi, dall’istruzione, alla formazione professionale, al mondo del lavoro.
E’ in questo periodo che nascono e proliferano una serie di organismi di parità a tutti i livelli: i Comitati
paritetici previsti dai contratti collettivi di lavoro nei vari settori della pubblica amministrazione, ai Comitati
pari opportunità che nascono nelle Università.
Il primo ministro per le Pari Opportunità viene nominato dal Governo Prodi nel 1996, in attuazione degli
impegni assunti nella Conferenza di Pechino del 1995 e degli obiettivi posti dal IV programma di azione
comunitaria per le pari opportunità per le donne e per gli uomini.
Emerge quindi la scelta a livello istituzionale di far nascere tanti e diversi soggetti pubblici competenti in tanti
settori di pari opportunità con lo scopo di attraversare tutti i luoghi decisionali e portare in tutte le sedi di
governo della società il punto di vista di genere.
L’obiettivo era ambizioso, le realizzazioni forse non hanno dato i frutti sperati, ma una buona opera di
sensibilizzazione e diffusione culturale delle tematiche si è raggiunta.
GLI INTERVENTI LEGISLATIVI DEL 2000
Nel 2000 il legislatore ha elaborato una disciplina più compiuta su ruolo e funzioni delle consigliere e
consiglieri di parità, ampliandone le funzioni.
Da questa figura ci si aspetta molto, dato i compiti di ampia portata e responsabilità che le sono stati
attribuiti dalla legge, per la salvaguardia delle pari opportunità principalmente in materia di lavoro.
Quello delle consigliere/i di parità, organizzate in una rete nazionale è un osservatorio specifico e privilegiato
sul mondo del lavoro. E’ una figura incaricata come “ pubblico ufficiale” della promozione della parità
mediante la diffusione di ‘azioni positive’ e della verifica del rispetto del principio di non discriminazione,
con una forte capacità di intervenire ed agire e la possibilità, di grande rilievo, di intraprendere azioni in
giudizio. Aspetto questo che la differenzia da tutte le altre figure con analoghe funzioni in altri paesi europei.
Basti pensare alle molestie, ed in particolare alle molestie sessuali, finalmente riconosciute tra le
discriminazioni sul lavoro ed in quanto tali espressamente vietate e, in questa fattispecie, l’introduzione
dell’inversione dell’onere della prova. (cfr. codice pari opportunità art. 25 e segg.)
E’ il D. Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 “ Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche” che pone l’obiettivo del migliore utilizzo delle risorse umane nella PA e afferma
che garantiscono pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro e contribuiscono alla diffusione
della cultura di genere della PA e, per raggiungere questo obiettivo, le pubbliche amministrazioni sono
tenute ad adottare tutte le misure per attuare le direttive dell’unione europea in materia di pari opportunità
(art. 48 codice pari opportunità).
RIFORME COSTITUZIONALI
I primi anni del nuovo millennio vedono due importanti riforme costituzionali introdotte per ottenere il
riequilibrio della presenza delle donne nelle istituzioni pubbliche.
L’8 marzo 2002 è stato modificato l’art. 51 della Costituzione. La riforma costituzionale dell’art. 51, approvata
con una maggioranza molto ampia in ciascuna camera, può essere ritenuta un passo molto importante per
garantire una maggiore presenza femminile nella vita politica e sociale italiana.
La revisione ha portato a questa nuova formulazione “ Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono
accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti
dalla legge, A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra uomini e
donne”.
La riforma ha riproposto la vexata questio delle quote per la creazione di liste elettorali, posto che la
presenza delle donne nelle istituzioni era ed è rimasta assai scarsa e, ancora oggi a distanza dalla riforma il
tema è ancora più che mai attuale.
Il merito della riforma sta nell’aver posto al centro del dibattito un principio che non attiene al dibattito tra
donne, ma attiene ai principi della democrazia compiuta. Correggere l’asimmetria di genere nel sistema della
rappresentanza vuol dire compiere un’azione positiva per garantire il funzionamento del sistema
democratico.
Il problema quindi si pone con forza al sistema dei partiti e dei movimenti e tuttavia nel nostro paese, a
differenza di altri paesi europei quali la Francia, la Spagna, la Germania, la Svezia e la Gran Bretagna, la
mancanza di regole di autodisciplina ha reso praticamente prive di sanzioni le prescrizioni, pur contenute
negli statuti, che sono state disattese e non hanno dato i risultati sperati.
L’auspicio è che per mettere in pratica la novella dell’art. 51 della Costituzione si passi ad effettive azioni
positive nei confronti delle donne anche di tipo legislativo in modo da riequilibrare la situazione che le vede
fortemente penalizzate sul piano della rappresentanza parlamentare e politica in generale.
CONCLUSIONI
L’obiettivo che si pone alle donne del Duemila è quello di una consapevole e matura assunzione di potere e
di responsabilità. Tutti gli strumenti possibili vanno pensati, studiati ed impiegati, .incluse misure speciali di
azioni positive, per raggiungere una pari rappresentanza di donne e di uomini in tutte le cariche governative
e della pubblica amministrazione.
Rivedere i meccanismi elettorali per incoraggiare i partiti politici ad integrare le donne nelle cariche pubbliche
elettive e non elettive in proporzione uguale e agli stessi livelli degli uomini, tener conto della problematica
uomo-donna in tutte le politiche e i programmi in modo di valutare l’effetto sulla posizione tanto delle donne
quanto degli uomini. Ancora molto lavoro ci sarà da compiere.