Club Milano / 2014-07-01 La ricetta dello chef Carolina Saporiti Il
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Club Milano / 2014-07-01 La ricetta dello chef Carolina Saporiti Il
FOOD FOOD La ricetta dello chef NICOLA CAVALLARO Ha scoperto la passione della cucina per caso, iniziando a lavorare in alcuni ristoranti per mantenersi all’Università. Poi è andato in Inghilterra a studiare e da lì ha cominciato a girare per il mondo, fino a quando è arrivato a Milano e ha aperto il ristorante Al San Cristoforo sui Navigli. Dal 2012 è approdato a Un posto a Milano, presso la Cascina Cuccagna, un locale attento alla qualità delle materie prime e alla loro stagionalità. di Carolina Saporiti Com’è la situazione, a livello di ristoranti, a Milano? È molto pesante a causa dell’avvento, sempre più frequente, di ristoranti improvvisati che durano quello che durano, ma prendono il lavoro di chi è già affermato, perché un locale nuovo suscita curiosità. Però chi si improvvisa, rischia di farsi molto male. In più c’è quella che io chiamo “marea gialla”, che sta imperversando a Milano e che ti permette di cenare a 17 euro. D’accordo, ma la qualità alla lunga paga? La qualità paga, ma paga anche la furbizia. E c’è da dire che in alcuni di questi posti si mangia anche discretamente. Non bene, ma discretamente sì. L’anno prossimo, a Milano sono previsti milioni di visitatori in occasione di Expo. La città è pronta ad accoglierli e come? Noi qui sì. Non ci siamo presi impegni su altri fronti. Ci è stato chiesto da alcune aziende di lavorare in fiera, ma abbiamo preferito concentrarci sul ristorante. Lavoriamo con prodotti particolari, naturali e rispettando dei codici etici, non avrebbe senso collaborare con aziende che operano “contro” questi valori. Tre anni fa credevamo nel biologico e, adesso, che la nostra filosfia si è diffusa, ci crediamo ancora di più e cominciamo ad avere delle grandi risposte. Quando è nata la sua passione per la cucina? 58 Ero un pessimo studente di Economia e Commercio che doveva pagarsi gli studi: ho cominciato a lavorare in alcuni ristoranti e poi la passione ha vinto. Non ho frequentato scuole, né ho imparato quando ero bambino con mia mamma e mia nonna, anche se sono entrambe delle ottime cuoche. Ho iniziato a Bologna per sbaglio e non essendoci ancora scuole come l’Alma o quella del Gambero Rosso, sono andato a fare un corso di 18 mesi a Londra alla scuola francese Cordon Bleu. Poi ho seguito l’iter facendo un po’ di stage e sono finito a lavorare sulle navi da crociera e un po’ in giro per il mondo. Quanto è importante per uno chef girare diverse cucine e lavorare in diversi paesi? È fondamentale, anche se oggi c’è un mezzo in più che è Internet che aiuta a confrontarsi con le cucine degli altri, ma se hai la possibilità di assaggiarle è ben diverso. Qual è la cucina che più le piace, esclusa quella italiana? La cucina thailandese, che è fatta di grande tecnica e grandi ingredienti. A Milano però non c’è un ristorante che faccia vera cucina thai. Cosa consiglierebbe a un ragazzo o una ragazza che volesse diventare chef? Per prima cosa di essere sicuri. È pieno il mondo di potenziali bravi cuochi, ma senza il sacrificio, l’abnegazione e la voglia, non si va da nessuna parte. Ci vuole tempo, c’è qualche fenomeno che brucia le tappe, ma sono eccezioni. È difficile che prima dei trent’anni un ragazzo sia pronto per essere chef, bisogna prima imparare l’umiltà. E non solo quella, il rispetto per il cibo e per la materia prima viene con il tempo: io oggi non compro più quello che compravo dieci anni fa. L’esplosione della cucina in libreria, in televisione e in rete è un bene o un male? Secondo me è un male, non tanto per gli chef che vanno in televisione, perché possono essere d’aiuto alla cucina. Sono reticente verso la miriade di blogger: nel 2004 sono stato il primo chef ad aprire un blog di cucina, ma l’ho chiuso quando ho iniziato a vedere delle cose che mi spaventavano. Senza le basi, non ti puoi improvvisare chef. Un posto a Milano ha numerosi coperti. Come funziona la gestione della cucina? È fondamentale il team: siamo fissi in 10 e diventiamo 15 o 16 quando le scuole ci mandano gli stagisti, che arrivano sia dalle scuole di Milano, sia da alcune estere. Come crea nuovi piatti? Il cervello di uno chef, secondo me, è fatto a cassetti, ci si ascolta e si scelgono gli ingredienti. È un lavoro di bilanciamento. I piatti nascono in base alle stagioni, poi cerchiamo di metterci del nostro. In genere li penso e poi mi confronto con i miei ragazzi. Una delle nuove proposte offerte da Nicola Cavallaro e dalla sua brigata per chi rimane in città quest'estate. Carpaccio di manzo con pesca noce, peperoncino e coriandolo UN POSTO A MILANO Il ristorante sorge all’interno della Cascina Cuccagna, risalente al 1700 e l’unica del centro di Milano. Frutto di un progetto di esterni, ha aperto nell’aprile del 2012 con l’obiettivo di essere ponte culturale tra città e campagna e scegliendo piccoli produttori legati al loro territorio e mestiere, che utilizzano metodi di produzione etici, sostenibili e biologici. La carta dello chef Nicola Cavallaro si basa sulla stagionalità dei prodotti primi, e si fa portatore dello slogan Chilometro vero, che indica una cucina non vincolata da distanze territoriali, ma legata ai prodotti dell’eccellenza italiana. !"#$%&$"'"()*'!$"+",)'"-.//'0!'"1 ()*'!$ Ingredienti per quattro persone: 500 gr di carpaccio (magatello di manzo) tagliato sottile, 100 gr di yogurt magro, il succo di mezzo limone, 1 peperoncino verde tagliato a cubetti, 1 pesca noce tagliata a cubetti, sale qb, pepe qb, olio extra vergine di oliva, qualche foglia di portulaca, rucola, insalata gentile. Dopo aver tagliato le verdure a cubetti, condirle con poco olio extra vergine di oliva, sale e pepe. Aggiungere il peperoncino, il coriandolo tritato e mezzo succo di limone. Con l'altra metà condire l'insalata insieme a olio e sale. Adagiare il carpaccio sui piatti, guarnendo con i cubetti di pesche e di verdure, passare a filo lo yogurt e rifinire con insalata e sale. 59