I nuovi bulli viaggiano in rete

Transcript

I nuovi bulli viaggiano in rete
I NUOVI BULLI
VIAGGIANO IN RETE
Il 72% degli adolescenti e giovanissimi italiani avverte il cyber bullismo
come il fenomeno sociale più pericoloso del proprio tempo.
Perché accade, chi viene colpito e come si può rimediare
V
Di Maurizio Ermisino
i ricordate di Biff Tannen? Era il
bullo che tormentava il padre di
Marty McFly, alias Michael J.
Fox, in “Ritorno al futuro”. Si muoveva tra
gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta, con
una puntata oltre il 2020. Se si fosse mosso
oggi, è certo che avrebbe messo le sue bravate on line, su Facebook e su YouTube.
È il cyber bullismo, neologismo che non
avremmo mai voluto fosse coniato. Se ne è
occupata di recente la ricerca “I ragazzi e il
cyber bullismo”, realizzata da Ipsos per Save
The Children. Che ci dice che i social network sono la modalità preferita di attacco di
“bulli” che colpiscono pubblicando foto denigratorie o creando gruppi contro qualcuno. Già, proprio un bel modo di essere
social…
Il fatto è che il social network è un nonluogo, fuori dalla portata e dal controllo dei
58
Prospettive
ragazzi. Due terzi dei minori italiani sentono
il cyber bullismo come la cosa peggiore che
possa succedere loro, la maggior minaccia
che incombe ovunque, dai banchi di scuola
fino ai campi sportivi. E a sentirsi in pericolo sono soprattutto le ragazze, che avvertono come alcuni dei recenti fatti di cronaca
siano molto (33%) o abbastanza (48%) legati a questo fenomeno. Il cyber bullismo
rovina il rendimento a scuola (38%, ma addirittura il 43% nel nord-ovest), toglie la voglia di aggregazione a chi lo subisce (65%,
che arriva al 70% nelle ragazzine tra i 12 e i
14 anni) a arriva a causare anche depressione (57%, e 63% per le ragazze i 15 e i 17
anni). Per il 72% dei ragazzi il cyber bullismo è la minaccia più pericolosa tra quelle
tangibili nella nostra era. E la percentuale
sale fino all’85% per i maschi tra i 12 e i 14
anni. Già, a pensarci, a quell’età non ci tor-
neremmo volentieri. E
meno male che i social network non c’erano. Il bullismo telematico, secondo i
ragazzi, è più pericoloso
della droga (55%), delle
molestie subite dagli adulti (44%) o delle malattie
sessualmente trasmissibili
(24%). Per loro è un vero
terrore. I nostri pre-adolescenti e i teenager vivono
una socialità aggressiva, denigratoria, discriminatoria e
violenta. È l’altro lato della
tecnologia, e di quei mezzi
che ci piacciono tanto.
Come e dove si sceglie
la vittima
Chi è che attira l’attenzione dei bulli on line? Il diverso, è chiaro. Chi ha il
colore della pelle diverso
dagli altri, chi si veste in
modo particolare. Ma anche
la più bella della classe. È la
diversità che porta alla scelta
della vittima. Che è presa di
mira per il suo aspetto estetico (67%, che arriva al 77% per le ragazze
dai 12 ai 14 anni), per la sua timidezza (67%,
e 71% per le ragazze preadolescenti), o per il
suo presunto orientamento sessuale (56%,
ma per i preadolescenti maschi si arriva fino
al 62%). E non ci stupiamo che si venga presi
di mira perché si è stranieri (43%). O perché
si è disabili (31%). Per contrasto, è presa di
mira anche la bellezza femminile che spicca
Il cyberbullismo fa paura ai ragazzi,
che temono di non uscirne più
nel gruppo (42%). Tra i ragazzi non entrano
invece la politica e la religione. Proprio come
nei film, è la scuola il luogo dell’incubo: sono
ben l’80% i minori che temono il bullismo a
scuola.
Come si attacca la vittima?
I metodi dei bulli cibernetici sono diabolici. Rubano le e-mail dei loro compagni, si
Prospettive
59
delle notizie false sull’interessato (58%). In questo
senso è cambiato solo il
mezzo: la calunnia che un
tempo si diffondeva con il
passaparola o le scritte sui
muri ha trovato solo un
nuovo, e purtroppo più efficace, canale. La modalità
preferita d’attacco dei cyber
bulli è infatti la persecuzione della vittima attraverso il suo profilo su un
social network (61%).
Chiunque può avere accesso al web
e strumentalizzare i contenuti
intromettono nei profili, mandano sms o
mms minacciosi (52%, ma lo fanno soprattutto le femmine preadolescenti, che sono il
61%), creano addirittura gruppi contro qualcuno su Facebook. E sempre sui social network diffondono poi immagini denigratorie
o, peggio ancora, intime, senza il consenso
della vittima (59%, e 68% nel Nord Est).
Vanno per la maggiore anche la diffusione
60
Prospettive
Come sono percepiti
vittima e carnefice?
I coetanei, almeno la loro
grande maggioranza, dimostrano una certa solidarietà
verso chi viene perseguitato:
secondo l’88% la vittima
non si meritava veramente
di essere tormentata. Almeno i ragazzi conoscono
abbastanza chiaramente
come funzionano le dinamiche del branco: il 70% degli
intervistati sa che uno comincia e gli altri lo seguono.
Capiscono (il 58%) che il fatto di attaccare
per primo fa sentire più forte chi lo fa. E
sanno anche (il 42%) che probabilmente il
bullo in realtà ha dei suoi problemi. Insomma, i ragazzi hanno capito tutto: anche
che la miglior difesa è l’attacco, e che quindi
attaccare aiuta a mantenere la leadership
(58%). E sanno (il 38%) che chi attacca lo fa
il più delle volte per attirare l’attenzione. Sono
pochi, e soprattutto maschi, invece, quelli che
pensano che si entra nel branco per fare qualcosa di diverso (18%) o perché lo fanno tutti
(18%), o ancora perché è divertente (17%).
La connettività aggrava il bullismo?
Come dicevamo, ai tempi nostri la rete
non c’era. E così tutto rimaneva in qualche
modo circoscritto. Il bullismo di oggi, invece, quello virtuale, è molto più doloroso
di quello reale. Lo pensano l’83% dei ragazzi. È così perché in rete non ci sono limiti a quello che si può dire e fare (73%),
perché gli episodi possono avvenire continuamente, a ogni ora del giorno e della notte
(57%) e non finire mai (55%). La rete rende
anonimi, e quindi non perseguibili e consente di falsare i protagonisti: lo pensa un ragazzo su due. E poi c’è il fatto che sul web
chiunque può avere accesso (32%) e i contenuti e le affermazioni sono strumentalizzabili con facilità (34%).
Quali sono le conseguenze?
La conseguenza più temuta e immediata è
chiaramente l’isolamento. Secondo il 67% dei
ragazzi, chi è vittima di bullismo non vuole
più andare a scuola, né fare sport. E poi non
si vuole più uscire per vedere gli amici (65%),
ci si chiude e non ci si confida più (45%). I
ragazzi sembrano consci delle conseguenze: il
57% crede che le vittime vadano in depressione e il 44% che potrebbero farsi male o
anche peggio. Almeno 4 intervistati su 10
sono stati testimoni di atti di cyber bullismo,
e il 5% ne parla come di qualcosa di consueto.
Con l’innovazione tecnologica in crescita, le
cose non possono che peggiorare, e il mondo
degli adulti dovrà essere vigile. Il ruolo degli
adulti è importante: i ragazzi trovano conforto nella famiglia, e il 71% dichiara di avere
relazioni rasserenanti al suo interno, dove
trova spesso la soluzione al problema. Secondo i ragazzi è importante parlare con un
genitore (77%), con gli insegnanti (53%). Ci
sono poi le soluzioni pratiche, come chiudere
il profilo o sospendere la sim (29%), o segnalare l’abuso on line (25%). E cambiare
compagnie, no? Certo, ci ha pensato il 23%.
Le soluzioni: informazione e sensibilizzazione
Sono proprio i ragazzi a suggerire le misure adatte ad arginare il fenomeno: attività
di informazione, sensibilizzazione e prevenzione, che coinvolgano il mondo della
scuola, le istituzioni, le aziende. E ovviamente i genitori. Più della metà delle
mamme condivide foto e informazioni con
i figli sui social network e conosce le password per controllare la loro attività social,
ma il 41% dei ragazzi invoca una vigilanza
maggiore da parte dei genitori, e anche contromisure da parte di gestori delle piattaforme e della telefonia (41 e 24%).
Insomma, tocca a noi. Tocca a tutti. Insieme. Famiglia, scuola, istituzioni aziende.
Prevenendo, stando vicini ai ragazzi. E mettendo loro a disposizione sistemi semplici e
diretti per segnalare situazioni a rischio. Iniziative come quella di Save The Children,
che promuove molte attività per sensibilizzare i ragazzi a un uso corretto dei nuovi
media, possono aiutare. Magari usando strumenti per parlare ai ragazzi con i loro linguaggi, come un cartoon sul fenomeno,
disponibile anche in un’applicazione per
Apple e Android, che li stimoli a riflettere. ■
Prospettive
61