assad contro tutti: l`attentato a damasco ei dubbi su al
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ASSAD CONTRO TUTTI: L'ATTENTATO DAMASCO E I DUBBI SU AL-QAIDA A ______________________________________________________________________________________ Sede legale e amministrativa: Palazzo Besso - Largo di Torre Argentina, 11 - 00186 Roma Sede secondaria: Largo Luigi Antonelli, 4 - 00145 Roma Web: www.ifiadvisory.com; Mail: [email protected] Daniele Grassi Assad contro tutti: l'attentato a Damasco e i dubbi su Al-Qaida Pubblicato su: Altitude 8 gennaio 2012 ______________________________________________________________________________________ Sede legale e amministrativa: Palazzo Besso - Largo di Torre Argentina, 11 - 00186 Roma Sede secondaria: Largo Luigi Antonelli, 4 - 00145 Roma Web: www.ifiadvisory.com; Mail: [email protected] ASSAD CONTRO TUTTI: L'ATTENTATO A DAMASCO E I DUBBI SU AL-QAIDA L’attentato del 6 gennaio nel centro di Damasco (distretto di alMidan), poco distante da un’agenzia di sicurezza siriana, ricalca per molti versi quello verificatosi lo scorso 23 dicembre, sempre nella capitale, che aveva provocato decine di vittime e feriti. Prima di questi episodi, la Siria era considerata tra i Paesi a minore rischio terroristico, non essendo stata segnalata la presenza di cellule attive di al-Qaida. Il governo di Assad, tuttavia, non ha avuto alcuna esitazione nell’attribuire la responsabilità di entrambi gli attentati a gruppi appartenenti al network qaidista – ipotesi peraltro smentita con prontezza dal portavoce delle cosiddette Brigate di Abdullah Azzam, formazione terroristica a cui era stata attribuita la “paternità” del primo dei due episodi terroristici. In questi casi, la prudenza è d’obbligo, poiché non si tratterebbe certo del primo caso in cui al-Qaida cerchi di sfruttare il disordine interno per insinuarsi nel tessuto sociale di un Paese, cercando di radicarvisi; tuttavia, è perlomeno curioso il fatto che nessuna sigla terroristica abbia sinora rivendicato la responsabilità di attentati che hanno avuto una così estesa copertura mediatica. Il principale gruppo di opposizione al regime di Assad, il cosiddetto “Consiglio Nazionale Siriano” (CNS), ha accusato il governo di aver progettato entrambi gli episodi, nel tentativo di screditare chiunque si opponga all’attuale esecutivo. L’establishment alawita ha infatti ripetutamente avvalorato l’ipotesi secondo cui l’instabilità del Paese sarebbe frutto dell’opera di poche centinaia di criminali e terroristi, i quali tenterebbero di rovesciare un governo sostenuto dalla stragrande maggioranza della popolazione. Quella di sventolare lo spauracchio di al-Qaida è una strategia utilizzata da vari leader in questi ultimi anni, ma che oramai comincia a rivelare i propri punti deboli, specie nei casi in cui mancano gli elementi minimi che sostengano tale teoria. L’ormai ex-presidente yemenita, Ali Abdullah Saleh, aveva sfruttato i timori americani circa un’estensione delle attività della rete qaidista nella penisola arabica 1 Daniele Grassi per guadagnarsi il sostegno di Washington e reprimere impunemente l’opposizione interna. Tuttavia, quando era ormai chiaro che la popolazione locale non avrebbe più accettato la leadership di Saleh, anche la Casa Bianca ha dovuto fare dietrofront, aumentando le pressioni su quello che, per anni, era stato un suo prezioso alleato nella regione, affinché abdicasse e permettesse a un nuovo esecutivo, guidato ad tempore dall’ex-vice presidente Abd-Rabbu Mansour Hadi, di prendere le redini del Paese. In Siria, un passaggio di consegne per così dire, gattopardesco, non sembra essere possibile e Assad, in primis, sembra esserne consapevole. Deve perlomeno far riflettere il coincidere degli attentati di Damasco con la missione degli osservatori della Lega Araba attualmente in corso nel Paese. Il primo dei due attacchi è infatti avvenuto pochi giorni prima che essi giungessero in territorio siriano (26 dicembre), mentre il secondo si è verificato in un momento di acceso dibattito all’interno della Lega Araba, divisa tra chi sostiene le tesi del governo siriano e chi, al contrario, critica il mancato rispetto da parte di Assad degli impegni presi in sede di firma del protocollo che ha permesso l’avvio di tale missione (ovvero il ritiro dei blindati e dell’artiglieria dai centri urbani e il rilascio dei prigionieri politici). Forse si tratta di una semplice coincidenza, ma se due indizi fanno una prova, è doveroso tenerne conto. Qualora la responsabilità del governo siriano in merito ai due ultimi attentati venisse accertata – a tale proposito, l’opposizione ha chiesto che venga avviata un’inchiesta internazionale che accerti la matrice degli attentati, ma è molto improbabile che ciò avvenga – non si tratterebbe che dell’ennesimo, disperato, colpo di coda di un leader che non accetta di farsi da parte, forse più per le pressioni provenienti dai suoi più stretti familiari e collaboratori, che per effettiva volontà personale. 2 ASSAD CONTRO TUTTI: L'ATTENTATO A DAMASCO E I DUBBI SU AL-QAIDA Intanto, il 7 gennaio, il colonnello Afeef Mahmoud Suleiman ha annunciato il proprio passaggio all’opposizione, impegnandosi a proteggere i dimostranti della città di Hama. Si tratta di una defezione importante per le forze armate siriane, che si aggiunge a quelle, sempre più numerose, che si sono registrate nelle ultime settimane. Il governo di Assad, dunque, appare sempre più alle strette. Se è vero che a livello internazionale i veti di Cina e Russia e le difficoltà di un eventuale attacco armato hanno sinora giocato a favore del regime siriano, dal punto di vista interno le cose stanno diversamente. Le proteste infatti non accennano a ridursi e l’opposizione appare sempre più organizzata e decisa ad agire a livello sia diplomatico che militare. Le crescenti capacità operative del cosiddetto “Esercito di Liberazione Siriano” (ELS) hanno costretto le forze armate regolari a concentrare le operazione militari nei governatorati centrali di Homs e Hama, proprio là dove l’ELS appare oggi più forte. Se è vero che, al momento, tali minacce non sembrano in grado di provocare la caduta di Assad, non è escluso che con il tempo aumentino le defezioni interne, provocando un decisivo incremento delle pressioni sul regime. La notizia diffusasi negli ultimi giorni secondo cui Assad avrebbe ordinato la costruzione di una fortezza sulla costa mediterranea occidentale (nei pressi di Latakia), da cui dirigere le operazioni nel caso in cui si verificasse un deciso deterioramento del quadro di sicurezza nella capitale, potrebbe avere almeno due significati. Il primo è che il regime si sente sempre più minacciato e non esclude un ulteriore peggioramento della situazione; il secondo è che, come già detto in precedenza, Assad non sembra intenzionato a farsi da parte e potrebbe essere pronto a sacrificare la propria vita pur di non abdicare. L’ipotesi di un conflitto civile appare di giorno in giorno più concreta. L’attuale missione della Lega Araba non sembra, al momento, in grado di incidere sulla situazione all’interno del Paese ed è possibile che l’organizzazione opti presto per un ritiro degli osservatori. Si attende adesso un segnale forte e tempestivo da parte della comunità internazionale, perché la popolazione siriana non continui a pagare 3 Daniele Grassi l’inerzia di chi ha mezzi e le possibilità di porre fine a questa carneficina. 4