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Commentary, 6 ottobre2015
L'IRAN POTREBBE LIQUIDARE ASSAD,
MA NON GLI ALAUITI
ANDREA NEGRI
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©ISPI2015
l 4 agosto scorso, mentre i ministri Gentiloni e Guidi
capeggiavano la missione a Teheran, nel loro stesso
hotel si incontravano il vice ministro russo Bogdanov, esperto del mondo arabo, e il ministro degli Esteri
siriano Moallem. L’intenzione era di esaminare il piano
iraniano di transizione per la Siria che prevede il mantenimento del regime, delle sue strutture militari e di
intelligence ma anche una possibile uscita di scena di
Bashar al-Assad e del suo clan. Il piano iraniano è molto
simile a quello di Mosca e trova sostegno diplomatico
anche a Pechino. Non è un caso, probabilmente, che
Assad abbia appena ventilato una sua possibile uscita di
scena in un’intervista a una tv iraniana: Teheran resta
con Mosca il suo grande protettore e alleato.
Nei mesi seguiti alla rivolta anti-Assad, cominciata
nel marzo 2011 a Daraa, una delegazione degli Emirati
in rappresentanza del Consiglio di cooperazione del
Golfo, andò a Damasco per incontrare il presidente siriano. Sul tavolo venne posta un’offerta: l’equivalente
di tre anni di bilancio dello stato siriano per spingere
Assad a rompere i legami con Teheran. Se l’avesse accettata le monarchie del Golfo si sarebbero impegnate a
far cessare la rivolta contro il regime alauita. Il raìs la
respinse e forse con questo gran rifiuto segnò la sua
condanna a combattere una guerra devastante contro i
jihadisti. In quei giorni dell’estate 2011 i Pasdaran di
Teheran erano già entrati in Siria e custodivano con
occhio discreto ma attento il mausoleo di Zeynab, gettonata meta di pellegrinaggio degli sciiti iraniani e iracheni.
Se si verificasse un’uscita di scena di Assad, questo
sarebbe un passaggio epocale nei rapporti tra Teheran e
Damasco perché l’élite alauita è strettamente legata a
quella degli ayatollah sciiti, ancora prima che nel 1979
salisse al potere la Repubblica islamica dell’Imam
Khomeini.
Per comprendere i rapporti tra Damasco e Teheran bisogna risalire all’ascesa del partito Baath nel marzo del
1963, quando un gruppo di giovani ufficiali imbevuto di
nazionalismo arabo e idee socialiste rovesciò il vecchio
regime. Quello fu un anno decisivo per la storia siriana
contemporanea. Con il colpo di stato baathista emerse
una nuova classe politica che stravolse i rapporti tra
sunniti e non sunniti, tra popolazione urbana e rurale, tra
classi agiate e povere, tra conservatori e progressisti.
Dal 1942 al 1963 le posizioni di potere erano concen-
Alberto Negri, giornalista de Il Sole 24 Ore
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Le opinioni espresse sono strettamente personali e non necessariamente riflettono la posizione dell’ISPI
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trate nelle mani dei sunniti urbanizzati, damasceni o
aleppini, mentre i membri delle minoranze religiose
erano emarginati in ruoli secondari.
gione del Jabal Amil, nel sud del Libano. Figlio
dell’imam Ṣadr al-Din, dopo essersi formato nello studio delle scienze religiose, si laureò in sharia e scienze
politiche presso l’Università di Teheran nel 1956 prima di insediarsi a Tiro del Libano, nel 1960. Fu il fondatore del movimento Amal, particolarmente attivo e
seguito nel Sud del Libano a forte maggioranza sciita.
Il colpo di stato baathista promosse al potere le comunità islamiche eterodosse, gli alauiti, i drusi, gli ismailiti.
In Siria la nuova lotta per il potere si trasferì alle gerarchie militari con il colpo di stato del 1966 che fece
fuori i due fondatori del Baath, Salah Bitar e Michel
Aflaq. Il nuovo gruppo dirigente era guidato da ufficiali
alauiti come Salah Jadidi e Hafez Assad i cui nonni
erano stati i maggiorenti dello stato alauita fondato dai
francesi in Siria negli anni Venti.
Alto, affascinante, con occhi verdi ed espressivi, Musa
Sadr parlava molte lingue ed era un oratore brillante,
ascoltato anche dalle altre comunità libanesi. Possedeva
anche grandi capacità organizzative e abilità nel raccogliere fondi che servirono a cause sociali, umanitarie e
alla fondazione delle milizie di Amal, nei cui campi di
addestramento passarono attivisti iracheni, iraniani e un
corpo di Pasdaran, le Guardie della rivoluzione khomeinista.
Hafez al-Assad sopravvisse alla sconfitta contro Israele
nel 1967 e nel novembre del 1970 assunse il potere diventando presidente nel 1971.
Ma l’anno chiave è il 1973, quando Assad fece votare
una nuova costituzione ritagliata su misura per assicurare pieni poteri al presidente. La nuova costituzione
voleva separare stato e religione, eliminando la clausola
che il capo di stato dovesse essere di fede musulmana e
quindi cancellando ogni aderenza dello stato all’Islam.
Il dibattito allora si accese: la maggioranza sunnita fece
pressioni, cominciarono manifestazioni ostili ad Assad
e agli alauiti, ora accusati dalla maggioranza di non essere dei musulmani ma degli eretici.
Musa Sadr fu il primo Imam musulmano a pregare in
una chiesa alla cerimonia di Pasqua, a entrare nel salotto
buono della Beirut cristiana citando in un famoso discorso Sartre, Jaspers e Marx, a scrivere un saggio su Le
Monde. Il turbante nero di Musa Sadr, frenetico viaggiatore, non esitava a corteggiare politici arabi, intellettuali cristiani e sunniti, uomini d’affari e banchieri,
per sostenere la causa sciita.
Assad e gli alauiti lo interessavano. Gli alauiti un tempo
venivano chiamati nusayriti dal nome del loro fondatore
Muhammad Ibn Nusayr, vissuto nel nono secolo e originario probabilmente di Bassora nell’Iraq meridionale:
sono una delle ultime sette di Ghulat, i miscredenti
musulmani sopravvissuti fino a noi che attribuivano ad
Ali, cugino e genero di Maometto, una natura divina,
superiore a quella del Profeta. Probabilmente sarebbero
scomparsi se l’iracheno Husayn al-Khasibi, originario
di Kufa, non fosse stato accolto dall’emiro di Aleppo
Ali, detto la Spada dell’Islam, condottiero e poeta. È lui,
al-Khasibi, il grande codificatore e propagatore della
dottrina alauita, che venne sepolto qui, nel 969, alla
corte del suo protettore. Ma gli alauiti, considerati eretici dagli altri musulmani, cambiarono il loro nome,
fecero sparire le spoglie e le occultarono nel fondato
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Non era questa la prima volta: una fatwa che li definiva
eretici fu redatta da Ibn Tamiyyah, il teologo del 14°
secolo, ispiratore di gran parte dei movimenti integralisti contemporanei, la cui tomba si trova a Damasco. È
singolare ma significativo che nella Siria degli Assad il
suo sepolcro venne ridotto a una lapide sbreccata, abbandonata tra l’erba alta e gli sterpi.
I sunniti non si calmarono neppure quando Hafez
al-Assad introdusse una modifica per accontentarli.
L’alauita Assad, che affidava il suo potere alle forze armate e al partito unico e laico Baath, aveva bisogno di
una consacrazione religiosa e fu Musa Sadr a dispensarla.
Musa Sadr nacque a Qom in Iran nel 1928 da una famiglia di esponenti religiosi sciiti provenienti dalla re-
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timore che i sunniti le potessero distruggere. Soltanto
negli anni Settanta del secolo scorso, quando Hafez
al-Assad diventò presidente, al-Khasibi è brevemente
ricomparso per essere tumulato lontano da sguardi indiscreti, sorvegliato giorno e notte da militari in divisa.
dafi nel 1978, la sua eredità politica, molto più riformista che radicale, fu monopolizzata tra gli sciiti libanesi
dagli Hezbollah, ispirati e sostenuti dalla rivoluzione
khomeinista. Tutto cominciò nella città del Sole, dove i
seguaci dell’occulto attribuiscono poteri magici alle
colonne e ai cortili maestosi dei templi di Giove e di
Bacco. Fu a Baalbek, l’antica Heliopolis, che nei primi
anni Ottanta arrivarono, con l’appoggio dei siriani, i
primi Pasdaran, le guardie della rivoluzione iraniana.
Nella moschea lo sceicco Al-Tufeili catturava folle di
giovani sciiti con le parole d'ordine di Khomeini e ancora oggi il volto severo dell’Imam Musa Sadr è accostato alla foto di Nasrallah. È attraverso la Siria che arrivavano uomini e armi iraniane nella valle della Bekaa,
come si è visto molte volte nei conflitti con Israele. Nel
2006 i siriani di Assad accolsero i rifugiati libanesi e le
famiglie degli Hezbollah che poi hanno ripagato il regime di Damasco combattendo strenuamente contro i
ribelli nelle montagne del Qalamoun.
Fu Musa Sadr, capo allora dell’Alto consiglio sciita del
Libano, a emettere una fatwa in cui si sanciva che gli
alauiti erano membri a pieno titolo della grande comunità islamica degli sciiti come seguaci di Ali, il primo
dei Dodici Imam. Da allora lo sciismo diventò uno dei
pilastri del regime, con la conseguente diffusione di
rituali e pellegrinaggi che hanno poi legato sempre di
più Damasco alla Repubblica islamica iraniana, con la
quale un tempo condivideva anche un nemico comune,
il presidente iracheno Saddam Hussein.
Questo è il motivo originario per cui gli Assad, passato
lo scettro dopo la morte di Hafez al figlio Bashar nel
2000, sono ancora oggi alleati di ferro di Teheran: i
religiosi sciiti legittimarono il loro potere politico a
Damasco di fronte ai sunniti. Ma questa fu anche la fine
dell’alauitismo originario. Gli alauiti non andavano in
moschea, non praticavano il Ramadan e osservano rituali completamente diversi, inoltre credevano nella
metempsicosi, la trasmigrazione delle anime. Con
l’affiliazione allo sciismo, gli Assad cominciarono
a comportarsi come “veri” musulmani e trascinarono
con loro gran parte della minoranza alauita. Ma il loro
modello religioso era quello sciita.
Oggi, attraversando il confine tra Libano e Siria, qualche centinaio di metri dopo la frontiera, sulla sinistra in
direzione di Damasco, c’è la stazione Hezbollah. È qui
che comincia il mondo sciita in Siria. È difficile dire se
l’Iran liquiderà Assad. Potrebbe essere parte di un
compromesso anche per evitare che l’alleanza con
Mosca lasci gli sciiti in posizione scomoda con i sunniti
sulla scena internazionale: i primi alleati della Russia, i
secondi dell’Occidente. Ma una cosa è certa: gli alauiti
fanno ormai parte dello sciismo ufficiale e la Repubblica islamica non può ignorare la loro sorte futura.
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Anche con gli Hezbollah il legame è saldissimo. Dopo
che l’Imam Musa Sadr scomparve per mano di Ghed-
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