Libera scelta del medico? Già oggi c`è solo in parte L
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Libera scelta del medico? Già oggi c`è solo in parte L
IL CAFFÈ 29 aprile 2012 4 C1LE ANALISI IL PUNTO Libera scelta del medico? Già oggi c’è solo in parte CATHERINE BELLINI @ www.bag.admin.ch www.lorettanapoleoni.net “P erdere la libera scelta del proprio medico? No”. Questo lo slogan degli oppositori alla legge sulle reti di cura integrate, “managed care”, tema in votazione il prossimo 17 giugno. È vero che se un medico non fa parte di queste reti di cure integrate, sia perché non lo vuole, sia perché non ne è ammesso, i suoi pazienti avranno una sola scelta: cambiare medico o pagare di più. La libertà di scegliere il proprio medico, se la legge passerà, si comprerà. Così come la scelta dell’ospedale o il ricovero. Ci si potrebbe certo interrogare sui criteri di scelta e sulla loro pertinenza. Abitudine familiare, raccomandazioni di amici e conoscenti, vicinanza, affinità, reputazione, semplice caso? Ma seguire il proprio istinto o la propria ragione, anche questa è libertà. In fondo, il fatto che la libertà abbia un costo ha qualche cosa di scioccante. Detto questo, gli opposi- ROSA & CACTUS UNA ROSA A... EST OVEST SUD NORD Il Caffè / Renè Bossi I soprattutto non se la nascita capita la notte, nel fine settimana o durante le vacanze di Pasqua. Nella maggior parte dei casi, ad aiutare le madri a partorire sono delle levatrici molto competenti, ma che le partorienti vedono per la prima volta nella loro vita. E che dire degli istituti medicalizzati per anziani? Le liste d’attesa si allungano ovunque. E il posto che si libererà non sarà forzatamente quello preferito dalla persona anziana, ma quello lasciato libero dall’ultimo decesso. E se le sue condizioni di salute non gli permetteranno di aspettare, se l’ospedale che lo ospita non vorrà più tenerlo, la persona anziana sarà obbligata di andare dove si è liberato un posto. Forse per sempre, sino alla fine dei suoi giorni. Allora, libertà? Libertà relativa. D Lo studio dell’ex responsabile cantonale dell’Ufficio assicurazioni malattia, ha messo in luce tredici anni di magagne delle casse malati. Tutto documentato. Compreso il mancato controllo da parte di Berna UN CACTUS A... ue scenari quanto mai contraddittori dominano la scena. Da un lato, la Siria di Assad è avvolta in una tempesta della quale è difficile avvertire la fine. Dall’altro, assistiamo al paradosso nel quale è incorsa la Birmania di Aung San Su Kyi, la quale ha rifiutato di giurare obbedienza alla Costituzione birmana, promulgata senza le dovute clausole democratiche. In entrambi i casi, in discussione è il fondamento del potere politico. Ma in uno la contestazione è avvenuta con le armi (dopo i precedenti vani tentativi di conquista pacifica del potere), sia da parte degli oppositori sia da parte di Assad (anzi principalmente da parte di quest’ultimo). Nell’altro, in gioco è stato messo il sacrificio personale della “Signora di Rangoon”, premio Nobel per la pace, che oggi - finalmente ammessa in Parlamento a seguito dell’ammorbidimento del regime militare - rifiuta di prestare lealtà a una Costituzione che le vien chiesto di “proteggere”, che è ben più che quel “rispettare” che lei avrebbe accettato di pronunciare. I due casi sono per molti versi incomparabili. Ma c’è un piano invece sul quale il confronto balza agli occhi e acquista l’importanza di un test non soltanto storico-strategico, con FOGLI IN LIBE RTÀ RENATO MARTINONI Michele Kauz Certo, gli escrementi canini danno fastidio. Ma da qui a dire che la situazione sta sfuggendo di mano alle autorità ce ne corre. Il consigliere comunale Plrt di Lugano sa bene che sono ben altre le priorità a sfuggire di mano alle autorità. LA ROSA E IL CACTUS SONO OFFERTI DA Piazza Muraccio, Locarno Tel. 091 751 72 31- Fax 091 751 15 73 S L’anagramma Pier Tami l rating della Spagna viene ridotto di nuovo e le banche europee continuano a non riprendersi, la liquidità scarseggia e molte nazioni sono rientrate in recessione. È dal 2008 che digeriamo notizie negative senza che si verifichi un vero crollo. Assistiamo invece ad un impoverimento lento ed inesorabile dell’eurozona che trascina verso la povertà anche quelle economie, come la svedese, che hanno seguito una politica economica diversa da quella dell’Unione europea, gestendo le proprie finanze con parsimonia. Ci troviamo di fronte ad un terrificante déjà vu del Giappone, che da due decadi non cresce? Un Paese con un debito pubblico pari al 200% del Pil, detenuto principalmente dai giapponesi, una nazione dove la banca centrale stampa ormai carta moneta regolarmente per impedire il collasso legato al prosciugamento della liquidità a causa della mancata crescita. Secondo un’analisi condotta da Ubs il Pil nominale giapponese è cresciuto dell’85% dal 1980 al 1990. Durante gli ultimi 20 anni invece è salito appena dell’8%. Terrificante parallelo perché significa che dei Paesi industrializzati occidentali classici, ai quali il Giappone appartiene, solo gli Stati Uniti sembrano timidamente riprendersi dalla recessione anche se dovremmo aspettare dopo le elezioni per capire se si tratta di una crescita vera o indotta dal mantenimento e dall’ estensione Crescita dei sussidi di disoccupadi Tokyo zione. negli 8% Allenatore Svizzera under 21 Messico, Corea del Sud e Gabon per i suoi undici alle Olimpiadi. Non sono stati... ultimi 20 anni ....premiati IL FUTURO NON PASSA DA ASSAD MA DALLA SIGNORA DI RANGOON LUIGI BONANATE Bruno Cereghetti L’EUROPA SI STA GIAPPONESIZZANDO LORETTA NAPOLEONI Gli oppositori alle reti di cura integrate fanno credere che viviamo in un mondo perfetto tori alla legge danno l’impressione che noi oggi viviamo nel miglior mondo possibile, dove ciascuno gode in ogni momento di questa famosa libertà di scegliere l’uomo o la donna di fiducia, la persona che ci starà accanto quando staremo male. Invece, come stanno davvero le cose nella realtà? Nelle urgenze, non se ne parla di scegliere perché si va di corsa, con il chirurgo di picchetto, sperando che abbia talento e tatto, con un assistente che si spera riposato, sapendo bene che non ha chiuso occhio da oltre 24 ore. La futura mamma che ha scelto con grande cura il proprio ginecologo non è detto che lo incontrerà il giorno X, al momento del parto – a meno che non sia pianificato come avviene spesso per i cesarei. E NUM ERI embra che da noi, come del resto anche altrove, aumenti giornalmente il numero di chi non ne può più di guardare, o peggio di subire, una scena mondiale o locale che sia - a dir poco desolante. La finanza fa il bello e il brutto tempo. L’economia impone le sue leggi. La giustizia intesse le sue trame. La politica ritma la quotidianità con i suoi personalismi e i suoi scandali (e, in casa nostra, con una rozzezza provinciale assai difficile da imitare). Lo scontento e il disgusto traboccano: e chi non riesce a ingoiare il rospo reagisce esternando la propria “indignazione”. Qualcuno lo fa abbracciando la causa dei partiti populisti (che in realtà non sono meno compromessi di quelli storici), altri reagendo come madre natura gli comanda. Mai come di questi tempi i giornali sono stati pieni di lettere, di proteste e di proclami. È un segnale di democrazia, quello che permette a ognuno di dire la propria. Ammesso che lo faccia in maniera civile. A chi regge le corde della finanza è giusto muovere dei riferimento alle tecniche per la conquista del potere, ma morale e politico. Tra lotta violenta e non-violenta esiste soltanto una differenza quantitativa, o la scelta a favore dell’una o dell’altra incide anche sulla qualità della decisione presa? Sembrerebbe facile dare una risposta che è tanto ineccepibile quanto sbrigativa. Meglio la non-violenza; ma si tratta poi di incrociare questa soluzione con i suoi gradi di fattibilità. Ovvero: ha maggiori possibilità di successo una strategia di lotta pacifica, oppure quella che trova nel ricorso alle armi l’unica soluzione possibile? Dipende dalle circostanze, si potrebbe rispondere. E questo è almeno in parte vero. Ma a favore della non-violenza stanno la statura morale dell’azione che con questa strategia si compie, il risparmio presumibile di vite umane, la possibilità che l’avversario sia addirittura piegato più dall’esempio (non-violento) che da una superiorità di fuoco. Potremmo dire che, più in generale, la contrapposizione è tra la violenza e la politica, e cioè tra il dialogo e la discussione e la contrapposizione cieca e spietata. Su quale società pacifica potrà mai governare il futuro Assad? E come invece sarebbe accolta Aung San Su Kyi da una popolazione che non avesse dovuto piangere una sola vittima? La risposta migliore è sotto gli occhi di tutti. Bisogna solo avere il coraggio di perseguirla. I segni premonitori della “giapponesizzazione” dell’Ue sono ormai evidenti: i tassi d’interesse dei titoli biennali tedeschi sono scesi sotto a quelli giapponesi per la prima volta in 20 anni. Le implicazioni sono serie, e cioè la Germania pagherà per l’eurozona attraverso una riduzione drastica dell’interesse sulle obbligazioni a meno che l’euro non imploda. Nel 1997 i tassi decennali dei titoli di Stato giapponesi scesero al 2% e non sono mai risaliti, a volte sono scesi fino all’1%. Anche sul mercato azionario la situazione ricorda quella del Giappone. Le borse europee sono salite meno di quelle americane. L’Euro Stoxx (l’indice dei titoli dell’eurozona) è oggi al 30% sopra il punto più basso raggiunto a marzo del 2009, mentre S&P ha registrato un aumento del 105%. La “giapponesizzazione” di Eurolandia potrebbe in futuro dimezzare i valori degli indici azionari. Naturalmente un’economia come la Svizzera risentirà negativamente dell’impoverimento dei vicini. È bene, dunque, guardare lontano, in Asia e verso i mercati emergenti, è lì che ci sarà crescita vera. SE L’INDIGNAZIONE GRATUITA TIENE LA COSCIENZA AL GUINZAGLIO rimproveri: anche se francamente qualche volta c’è da restare un po’ perplessi (non basta attaccare i banchieri e i vertici dell’economia mondiale: come la mettiamo con i politici, prendiamo gli ex consiglieri federali, che siedono nei grandi e redditizi consigli di amministrazione?). Ed è giusto far sentire la voce a chi siede nelle stanze istituzionali della “cosa pubblica”. Verrebbe per esempio da dire: signori politici, provate a Lo scontento e il disgusto traboccano e chi non riesce a ingoiare il rospo reagisce esternando la propria rabbia fermarvi un attimo, abbassate i toni, allontanatevi dai megafoni televisivi, radiofonici, giornalistici, che moltiplicano all’ennesima potenza discorsi ed esternazioni che qualche volta non meriterebbero cotanta eco, rinunciate per una volta ad ascoltare la vostra voce, o a solluccherarvi nell’ascolto di quelle dei vostri portaborse, e provate a sentire in silenzio il silenzio di chi, deluso, percepisce la voce del “disgusto”. Un vero politico non deve occuparsi soltanto di chi c’è, ma anche di chi ha deciso di non esserci più. Non è detto che siano i peggiori. Ma il disgusto dei disgustati non paga, poiché è un’arma di difesa. E neanche basta l’indignazione degli indignati. E viene alla mente Pier Paolo Pasolini che - riflettendo sul terrorismo di Stato nell’Italia degli anni Settanta condannava la tolleranza nei confronti dei neofascisti che invece si sarebbe dovuto mettere in condizione di non nuocere. Ecco cosa scriveva il regista: “Li abbiamo condannati gratificando la nostra coscienza con la nostra indignazione; e più forte e petulante era l’indignazione più tranquilla era la coscienza”. Qui sta uno dei noccioli della questione. Basta indignarsi, di fronte a ciò che non funziona, o a quello che è ingiusto, o corrotto, o incancrenito? O non è troppo comodo farlo? Tanto, indignarsi non costa nulla. E neanche dichiararsi disgustati. Qualcuno potrebbe obiettare che è già qualcosa. Sarà anche vero. Ma serve soltanto a tenere al guinzaglio la coscienza.