LaFondazioneAnsimobilitaperimarò.Mugnai

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LaFondazioneAnsimobilitaperimarò.Mugnai
LaFondazioneAnsimobilitaperimarò.Mugnai:«Cisono
valoririspettoaiqualituttopassainsecondopiano»
ANNO LXII N.41
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Girolamo Fragalà
«Ci sono valori rispetto ai quali
tutto passa in secondo piano:
già sarebbe sufficiente il destino
personale di due soldati dʼItalia
a giustificare la mobilitazioni di
tutte le nostre forze per tenere
alta lʼattenzione sulla vicenda
dei nostri marò. Ma ora cʼè di
più: è in discussione la dignità
del nostro Paese». La Fondazione Alleanza nazionale, che
questi valori li ha cuciti nel Dna,
scende in prima linea nella persona del suo presidente,
Franco Mugnai, e ancora una
volta non si tira indietro quando
cʼè da attivarsi per sensibilizzare e informare su una vicenda che riguarda il valore dei
nostri militari e «il senso profondo del nostro essere Nazione: una certa idea dʼItalia
che fa parte della mission culturale della Fondazione stessa e
della comunità umana e politica
che essa rappresenta», precisa
Franco Mugnai.
Presidente, lʼennesimo rinvio
della Corte Suprema indiana
sul caso marò suona offensivo nei confronti dellʼItalia,
un momento indecoroso segnato da levate di scudi tardive da parte del ministro
Bonino, a due anni dal calvario di Latorre e Girone. Motivo di più per fare qualcosa?
Certo, un motivo in più per procedere con una volata di iniziative che, come abbiamo fatto
con il tema delle Foibe, culminerà con la pubblicazione di un
manifesto per tenere desta,
anche visivamente, lʼattenzione
sulla vicenda marò, che per noi
è da sempre una priorità nazionale.
Come definisce la gestione
dellʼintera vicenda?
Caotica e imbelle. Vorrei ricordare che nel febbraio di due
anni fa, allʼinizio del dramma dei
WWW.SECOLODITALIA.IT
d’Italia
mercoledì 19/2/2014
operazioni di guardia e di protezione, dai conflitti mondiali a
quelli coloniali fino agli attuali
teatri di guerra. LʼItalia attraverso gli uomini del San Marco
ha messo a disposizione le proprie risorse da sempre, ma soprattutto negli ultimi anni: con il
perpetrarsi di numerosi atti di
pirateria nei confronti di unità
mercantili in transito nelle
acque dellʼOceano indiano, è
stato richiesto lʼintervento dello
Stato italiano per la protezione
delle unità mercantili. LʼIndia ne
ha beneficiato.
nostri due fucilieri di marina, la
Fondazione An si mise subito a
disposizione del governo: ci offrimmo, qualora lʼesecutivo non
lo avesse fatto, di pagare la
cauzione per Latorre e Girone.
Nel corso di questi anni abbiamo poi assistito allʼincapacità di difendere la dignità del
nostro Paese: troppo tardi si è
cercato di porre la questione al
centro dellʼinteresse internazio-
}
In questi anni abbiamo
assistito all’incapacità
di difendere la dignità
del nostro Paese
nale. Strumenti di pressione da
perseguire ci sarebbero stati,
eppure… Vedere oggi degli appartenenti alle forze armate italiane rischiare di essere
sottoposti a una normativa
scritta per i terroristi è qualcosa
di inaccettabile per dei militari
come i nostri, che sono stati inviati lì per combattere la pirateria, per la sicurezza dei mari,
con grandi benefici per lʼIndia
stessa.
Quale contributo vuole dare
ora la Fondazione An?
Unʼ opera di informazione costante, ad alta voce, continuare
a parlarne, a raccontare, a dare
notizie, in collaborazione con il
Secolo dʼItalia, con approfondimenti quotidiani e iniziative che
metteremo a punto giorno per
giorno in relazione allʼevolversi
della vicenda.
Per esempio?
Per esempio sarebbe utile far
conoscere, soprattutto ai giovani, la storia gloriosa dei fucilieri di Marina del San Marco,
reparto ufficializzato nel 1919,
distintosi in ogni circostanza in
Una presenza cruciale quella
dei nostri fanti di Marina, ma
di cui si sa poco: evidenziare
la loro funzione nei mari è un
altro obiettivo della Fondazione?
Cosa conoscono molti italiani
della lotta alla pirateria, piaga
sempre più diffusa? Ecco, noi
metteremo a disposizione documenti, protocolli dʼintesa tra il
ministero della Difesa e altri
Stati, Rapporti ufficiali, che del
resto sono reperibili su internet.
Pochi conoscono la quantità e
la qualità delle operazioni in cui
si richiede lʼoperato dei nostri
fanti di Marina. Nel 2012 è stato
soddisfatto lʼ80% delle richieste
di scorta avanzate. Nel corso
delle 125 missioni assolte, i nostri uomini hanno prevenuto numerosi tentativi di sequestro,
fornendo un contributo notevole
per la sicurezza e la serenità
del commercio internazionale.
Per il contrasto alla piaga della
pirateria la nostra Marina ha assunto un ruolo leader in campo
internazionale. Unʼeccellenza
che fa parte della vita e dellʼorgoglio nazionale. Faremo di
tutto per tenere alta lʼattenzione
sui nostri ragazzi. Fino a che
non li riavremo a casa.
Il giudice che deciderà sulla compravendita
dei senatori prodiani ammette di essere un fan di Prodi…
2
Redazione
Per fare un paragone calcistico,
è come se lʼarbitro che deve decidere se dare un calcio di rigore
alla Juventus, confessasse di
aver sempre tifato per la Vecchia Signora e chiedesse, per
correttezza, di essere esonerato
dal compito per manifesta parzialità. La vicenda che si sta
consumando in questi giorni in
un aula di giustizia napoletana è
simile, solo che in questo caso il
giudice tifoso – non della Juve
ma di Prodi – resterà al suo
posto per esprimere il verdetto
contro Berlusconi, nonostante
lʼammissione di “fede”. Nicola
Russo, il presidente del collegio
Secolo
d’Italia
del Tribunale davanti al quale è
in corso il processo per la compravendita dei senatori, ha segnalato al presidente del
Tribunale di Napoli di aver fatto
parte 19 anni fa di un comitato
MERCOLEDì 19 FEBBRAIO 2014
che sosteneva la candidatura a
premier di Romano Prodi. Eppure, incredibile ma vero,
lʼastensione è stata esclusa con
la motivazione che allʼepoca
Russo non era ancora magi-
strato. La segnalazione da parte
di Russo è stata fatta perché si
valutasse la sussistenza di
eventuali motivi di opportunità
tali da determinare lʼastensione
del magistrato. Il presidente del
Tribunale di Napoli Carlo Alemi
ha escluso lʼastensione proprio
in considerazione del fatto che
allʼepoca, nel 1995, Russo non
era magistrato. Russo attualmente presiede il collegio della
prima sezione dove Berlusconi è
imputato di corruzione per aver
indotto, in cambio di soldi, lʼex
senatore De Gregorio a cambiare schieramento favorendo la
caduta del governo Prodi. Quel
Prodi idolo politico dellʼarbitro…
Francesco Signoretta
La peggiore esclamazione, dopo
lʼultimo schiaffo rifilato dallʼIndia
allʼItalia sul caso dei marò, è firmata da Emma Bonino: «Adesso
basta». Due parole che sanno di
beffa perché non è «adesso»
che è stato oltrepassato ogni limite, non si contano più i giorni,
è unʼeternità che i nostri ragazzi
in divisa sono piombati in un tunnel, offesi, accusati di tutto, trattati come criminali. È unʼeternità
che sul web cʼè una mobilitazione enorme per la liberazione
dei due fucilieri, gruppi nati spontaneamente su facebook, immagini che circolano in modo
vorticoso. E in questa eternità ci
sono stati i grandi assenti. O meglio, i colpevoli. È infatti evidente
che si sono sommati due anni di
fallimenti, con Monti e Letta che
dovrebbero salire sul banco degli
imputati. Hanno permesso,
senza battere ciglio, che il nostro
Paese fosse deriso, umiliato, offeso. Non sono stati presi per i
fondelli solo Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ma tutti
gli italiani. Dal governo tecnico al
governo di strane intese a guida
Pd a primeggiare è stato lʼimmobilismo ed è stato necessario
non il secondo o terzo rinvio
delle autorità indiane ma addirittura il trentesimo per richiamare il
nostro ambasciatore a Nuova
Delhi. Per ventiquattro mesi, invece, nulla di nulla, il vuoto assoluto, solo parole vuote. A tutto
questo va aggiunta la politica
balbettante della Bonino che, se
si fosse mobilitata per i marò
come si è mobilitata per Luxuria,
avrebbe avuto comunque qualche risultato. E invece, anche
grazie a lei, non è stata salvaguardata la dignità nazionale, un
elemento – questo – che
avrebbe indotto chiunque alle dimissioni. Chiunque ma non gli
esponenti del centrosinistra e
nemmeno i finti tecnici vestiti da
professori, capaci solo di stangare la gente comune. Viene un
sospetto: i marò – di per sé – non
sono stati mai digeriti da una
certa fazione politica per motivi
ideologici. E questa sarebbe la
cosa peggiore, unʼaggravante
per chi non ha mosso un dito per
la liberazione dei nostri militari.
La cui colpa, per una sinistra ancora legata ai vecchi schemi, è
quella di indossare una divisa.
Basta masochismo: il centrodestra Marò. Italia umiliata e derisa grazie a Monti,
la smetta di farsi del male da solo Letta, Bonino e ai pregiudizi della sinistra
Girolamo Fragalà
Chiamatela anomalia, chiamatela
diaspora, chiamatela come volete. I fatti sono chiari: Forza Italia, Lega e Fratelli dʼItalia sono
allʼopposizione, il Nuovo Centrodestra è un poʼ dentro e un poʼ
fuori. Non solo. Forza Italia parla
di opposizione «responsabile» e
a molti elettori questa parola appare insidiosa, hanno paura che
ci sia un appoggio “nascosto” a
Renzi. Anche Fratelli dʼItalia annuncia unʼopposizione «responsabile» ponendo lʼaccento sulle
riforme e prendendo le distanze
dagli azzurri sul tema delle preferenze. La Lega usa termini bellici,
dichiarando unʼaltra forma di opposizione, quella fatta «al di là
della barricata». Tutto giusto, tutto
legittimo, tutto motivato perché
Forza Italia si è caratterizzata per
la “grande intesa” raggiunta con il
Pd, interpretata dagli opinionisti
come una svolta storica; Fratelli
dʼItalia, sin dallʼinizio, si è battuta
per le preferenze contro il Parlamento dei nominati; la Lega, dal
canto suo, ha fatto la sua fortuna
con il linguaggio duro ereditato da
Bossi. Il Nuovo Centrodestra è
nato in contrapposizione a chi voleva la crisi di governo e le elezioni anticipate. A restare
disorientato è però lʼelettorato,
che assiste a un incontro di pugilato con troppi round. Lʼultimo, in
ordine cronologico, vede di nuovo
gli azzurri contro gli alfaniani. Alfanostaipocosereno, si legge
sulla nota politica del “Mattinale”,
redatta dallo staff del gruppo
Forza Italia della Camera, che
conia un nuovo hashtag dedicato
al leader del Ncd parafrasando
con ironia quelli ormai noti di
Renzi (Enricostaisereno) diretto a
Letta, e di Pippo Civati (Matteostaisereno) indirizzato al segretario Pd. «Tu che a Berlusconi devi
tutto, ma proprio tutto, tu che
avevi nelle mani il primo partito in
Italia e lo hai trascinato al 12%
dei consensi, tu che hai offeso chi
ti ha inventato. Tu caro Angelino,
staipocosereno. Gli elettori hanno
capito».
La risposta arriva da LʼOccidentale: «Dopo mesi di veleno gettato a piene mani, di insulti e
provocazioni , il Nuovo Centrodestra si è limitato a rendere pan per
focaccia. Se il cannoneggiamento
prosegue, non porgeremo di certo
lʼaltra guancia». Il tutto proprio
quando Roberto Maroni lanciava
lʼappello «ai litiganti perché si
mettano dʼaccordo» perché alle
elezioni la coalizione non può arrivare divisa. Forse sarebbe bene
una piccola pausa in silenzio.
Perché fare del male agli altri è
un peccato. Ma farsi del male da
soli è da manuale del masochismo politico.
Governo, La Russa: «Il programma
di Renzi è carente sulle riforme»
MERCOLEDì 19 FEBBRAIO 2014
Redazione
«Quando un governo ha il suo interno programmi così diversi
come quello della sinistra che si
deve sommare a quello di Alfano
che si dice di centrodestra, difficilmente ne esce fuori qualcosa
di buono. Siamo in attesa di capire cosa succede e non lesineremo il nostro voto a favore se ci
fosse qualche provvedimento
utile agli italiani. Detto ciò va detto
che sulle riforme, almeno nelle dichiarazioni, il programma di
Renzi è molto carente». A parlare
è il presidente di Fratelli d'Italia,
Ignazio La Russa, che certo non
trasuda entusiasmo dopo l'incontro con il premier incaricato. «Nel
colloquio che abbiamo avuto con
lui - spiega- abbiamo insistito soprattutto su due punti: riteniamo
che non sia sufficiente cambiare il
Senato ma chiediamo che il Presidente della Repubblica venga
eletto direttamente dai cittadini;
Secolo
d’Italia
vorremmo poi una legge elettorale che non lasciasse ai capi di
partito la possibilità di nominare i
parlamentari ma li facesse scegliere agli italiani attraverso le
preferenze. Ma su questi due
punti non abbiamo trovato una
grande intesa». Il senatore di
Forza Italia, Altero Matteoli, si sofferma invece sulla vicenda dello
scherzo telefonico con Barca alla
"Zanzara”, che ha parlato di pressioni di De Benedetti sulla formazione del governo: «Barca non è
l'ultimo arrivato, è un ex ministro,
un politico che aspirava ad un
ruolo di primo piano nel Pd, ed è
anche un dirigente generale dello
Stato. Non si indigni quindi per la
violazione della sua privacy. Piuttosto si assuma la responsabilità
di quanto ha affermato e spieghi,
se ha altro da spiegare e da dire.
Ma soprattutto sia Renzi a dimostrare di non essere condizionato
da nessuno nella formazione del
suo governo. Le pressioni, in
questi frangenti, arrivano da più
parti e sono forse inevitabili, gravissimo sarebbe subirle e farsi
condizionare». Per FdI è poi
Giorgia Meloni ad esprimere forti
perplessità di metodo: «Abbiamo
ribadito la nostra protesta per il
metodo che vede il terzo governo
passare sopra la testa italiani e
che appare distante anche dall'idea che Renzi ha dato di sé».
Al termine delle consultazioni con
Matteo Renzi, la Meloni ha ribadito che il partito farà comunque
«un'opposizione responsabile».
«Fdi - dice infatti - valuterà il merito dei provvedimenti. Noi siamo
interessati al tema delle riforme».
Spazio poi soprattutto per i Marò:
Fdi poco prima di lasciare la sala
ha infatti mostrato alcuni manifesti nei quali si chiede di salvare i
due fucilieri.
Emanuele Fiano. Invece M5S, ha
detto Roberta Lombardi, presenterà
le proprie proposte di modifica direttamente in Aula oggi. «L'intesa di
massima – ha detto ai cronisti il presidente della commissione Francesco Paolo Sisto – è di confermare il
testo così come lo ha modificato il
Senato, per evitare che decada».
«Non presenteremo emendamenti
– ha spiegato il Pd Andrea Giorgis –
il che non significa che non abbiamo perplessità. L'abolizione del
finanziamento pubblico è di per sé
discutibile, perché espone la politica all'influenza dell'economia. E
poi il Senato ha anche peggiorato il
testo. Comunque c'è l'impegno del
gruppo a non presentare emendamenti». Sel contesta il decreto e
presenterà emendamenti, ha spiegato Sergio Boccadutri, anche se
sta valutando ancora se presentarli
in commissione o direttamente in
Aula. Una delle otto proposte di modifica di Sel prevede il finanziamento pubblico, con 18 milioni di
euro, delle campagna elettorali.
Quanto a M5s, Lombardi e Danilo
Toninelli non hanno precisato
quanti emendamenti presenteranno
in Aula e che atteggiamento terranno, il che spinge il relatore Fiano
a temere l'ostruzionismo: «Credo
che avremo delle sedute complicate – ha detto ai cronisti – ma se
M5s dovesse riuscire a far decadere il decreto si assumerebbe la
responsabilità di tenere in vita il finanziamento pubblico ai partiti».
Finanziamento pubblico ai partiti: da Forza Italia
e maggioranza nessun emendamento
Redazione
Continua il confronto e si fa sempre
più acceso, con i grillini che cercano
comunque visibilità. La maggioranza e Forza Italia non presenteranno in commissione Affari
costituzionali emendamenti al decreto sul finanziamento pubblico ai
partiti. Lo ha riferito al termine della
seduta della commissione il relatore
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Scuola, nuove proteste:
scenderanno in piazza
i lavoratori delle pulizie
Redazione
Sciopero nazionale dei lavoratori che si occupano delle pulizie nelle scuole il prossimo 4
marzo. A dieci giorni dalla scadenza della proroga degli appalti di servizi di pulizia nelle
scuole definita dalla Legge di
Stabilità 2014 i sindacati di categoria, Filcams Cgil, Fisascat
Cisl, Uiltrasporti Uil, scendono
nuovamente in campo lamentando la mancata individuazione di soluzioni finalizzate
alla salvaguardia occupazionale e del reddito degli oltre
24mila addetti ex Lsu e dei cosiddetti Appalti Storici coinvolti
da una vertenza che – avvertono – «rischia di avere pesantissime
ripercussioni
sociali». Lo hanno fatto stamane promuovendo una conferenza stampa congiunta con
l'obiettivo di sensibilizzare il
nuovo governo e i dicasteri
competenti a ripristinare il confronto così come previsto dalle
norme in vigore. «Dal primo
marzo – ha affermato Elisa
Camellini segretaria nazionale
della Filcams Cgil – non sappiamo se e come proseguirà la
gestione del servizio, con conseguenze disastrose su lavoratori, scuole, alunni e famiglie,
nonché sulla prosecuzione
delle attività didattiche". Entro
il 31 gennaio il tavolo governativo costituito avrebbe dovuto
stabilire un percorso condiviso
con le organizzazioni sindacali, i ministeri preposti, enti locali, nonché le associazioni
datoriali, per la definizione di
soluzioni che rispondessero
alla tutela dell'occupazione e
l'erogazione dei servizi di pulizia negli oltre 4mila istituti scolastici italiani, dove oggi
operano i lavoratori Ex Lsu e i
c.d. Appalti Storici.
Tre anni dopo il linciaggio del “tiranno”,
la Libia sta molto peggio di prima
4
Secolo
d’Italia
Antonio Pannullo
Nel terzo anniversario dell'inizio della
rivoluzione libica - che portò alla fine
di Muammar Gheddafi, il 17 febbraio
2011, instabilità politica ed economica, violenze sanguinose, attentati
suicidi, rapimenti, omicidi politici continuano ad attraversare il Paese. I libici hanno però già dato il via alle
celebrazioni in diverse città e si preparano a un momento storico: le elezioni per l'assemblea costituente. Nei
giorni scorsi i festeggiamenti sono iniziati con fuochi d'artificio concerti in
piazza per celebrare "la libertà" dopo
oltre 40 anni di dittatura del Colonnello, salito al potere il primo settembre 1969 con un colpo di stato senza
spargimento di sangue che pose fine
alla monarchia del re Idris. Ma c'è
poco da festeggiare: la Libia del postGheddafi è sospesa tra instabilità e
insicurezza, mentre imperversano
l'azione delle milizie e, nell'est, la minaccia jihadista. A peggiorare il quadro si aggiunge la crisi economica
provocata dal blocco dei maggiori terminal petroliferi sempre nell'est, da
dove aveva preso il via la rivolta contro Gheddafi. Il tutto reso possibile
dalla debolezza delle istituzioni libiche, incapaci di porre la situazione
sotto controllo e dalla mancanza di
vere e proprie forze di sicurezza che
per il momento vengono addestrate
all'estero. Nonostante ciò, la popolazione non si fa scoraggiare e si prepara alle prossime elezioni per la
Costituente. I residenti all'estero
hanno cominciato a votare sabato e
domenica in 13 Paesi mentre in Libia
le elezioni sono state fissate per il 20
febbraio. Secondo la dichiarazione
costituzionale del 2011, ad elezioni
avvenute, l'assemblea avrebbe 4
mesi di tempo per redigere una
nuova Costituzione e sottoporla,
entro un mese, a referendum. La formazione dell'assemblea avrebbe dovuto essere una delle priorità del
Congresso generale nazionale libico
(Gnc), il parlamento eletto nel mese
di luglio 2012. Ma crisi politica, problemi burocratici e instabilità hanno
causato ritardi. Sempre secondo il
calendario fissato dalla dichiarazione
costituzionale la costituente avrebbe
dovuto essere eletta mesi fa mentre il
mandato del Gnc sarebbe dovuto terminare il 7 febbraio del 2014. Ma lo
scorso dicembre il parlamento ha ovviamente esteso il suo mandato di un
anno suscitando numerose polemiche sulla legittimità del Congresso e
in molti sono scesi in piazza a più riprese per protestare contro l'estensione del mandato e per chiedere
elezioni parlamentari anticipate, richiesta che potrebbe essere accolta
nei giorni a venire. La futura costituente sarà composta da 60 membri
eletti e divisi fra le tre regioni: Tripolitania (ovest), Fezzan (sud) e Cirenaica (est). Sei seggi saranno
assegnati a donne mentre altri sei divisi tra le tre minoranze: tebu, tuareg
e amazigh (berberi). Perfino le operazioni di registrazione per votare la
costituente sono terminate in ritardo,
con poco più di 1 milione di iscritti, su
oltre 4 milioni di aventi diritto. Il termine ultimo era stato infatti posticipato ripetutamente a causa del
basso numero di iscritti.
Redazione
Cristiani ancora sotto tiro in Nigeria nell'ennesima strage che ha insanguinato
il sempre più incontrollabile nord-est del
Paese. Oltre cento persone - secondo
una prima ricostruzione - sono state uccise nel corso di un massiccio attacco
attribuito agli estremisti islamici di Boko
Haram, che hanno incendiato le case e
devastato l'intero villaggio di Izghe,
nello stato di Borno. Sono arrivati di
sera, hanno raccontato gli scampati, a
bordo di camion e moto, travestiti da
militari. Hanno costretto gli uomini a radunarsi in un'area del villaggio e li
hanno massacrati a colpi d'arma da
fuoco e con coltelli e machete, al grido
di "Allah è grande". Poi hanno setacciato le abitazioni alla ricerca di chi si
era nascosto, hanno saccheggiato magazzini e depositi di generi alimentari e
sono fuggiti nella boscaglia. Tra le vittime del massacro anche musulmani
moderati. E il bilancio a Izghe è di al-
meno 106 morti, come ha fatto sapere
il senatore Ali Ndume. Dei morti, i 60
scoperti per primi sono già stati sepolti,
ha precisato l'esponente politico, che
ha ribadito il sospetto su Boko Haram,
i cui attacchi - ha detto Ndume - «diventano ogni giorno più sanguinosi e
frequenti». Nessuna resistenza, nemmeno un poliziotto o un soldato nel villaggio, nonostante gli ultimi giorni siano
stati scanditi da eccidi e decine di morti
in tutta l'area. E nonostante la guerra
dichiarata dal presidente cristiano Goodluck Jonathan a Boko Haram e la costituzione di milizie armate di
autodifesa, formate anche da musulmani moderati, da affiancare alle forze
di sicurezza. Secondo alcune fonti, il
massacro è stata la reazione a una
serie di bombardamenti aerei da parte
delle forze nigeriane contro postazioni
degli estremisti islamici non lontano da
Izghe, verso il confine con il Camerun.
Ad arginare la "guerra santa" non è ser-
vito neppure il siluramento, a metà gennaio, di tutti i vertici militari, sostituiti dal
presidente nigeriano perché incapaci di
fermare la furia di Boko Haram contro la
minoranza cristiana del nord-est. L'offensiva lanciata in maggio per riportare
sotto controllo gli Stati di Borno, Adamawa e Yobe, tutti e tre in stato di emergenza, non dà risultati. La dinamica
dell'ultimo massacro, di alcuni giorni fa,
che aveva provocato una quarantina di
morti, era stata simile. E il 27 gennaio la
violenza integralista si era abbattuta su
una chiesa - più di venti morti - e contro
un altro villaggio, sempre nel nord-est.
Ancora domenica, centinaia di abitanti
della città di Bama, attaccata a più riprese, sono scappati verso Maiduguri
per paura di un ennesimo raid. Ad essi
si sono aggiunti i fuggiaschi di Izghe,
che attraversano a piedi la boscaglia rischiando un nuovo massacro.
Nigeria, orrore in tutto il Paese
per lʼennesima strage di cristiani
MERCOLEDì 19 FEBBRAIO 2014
Continuano le ritorsioni
e i ricatti della Ue contro
la popolazione
della Svizzera
Redazione
«I negoziati per l'estensione dei
trattati per la Ricerca Horizon
2020 e l'Istruzione Erasmus+
sono per ora rinviati finché non
avremo la notificazione formale
che la Svizzera non ha la volontà
di firmare l'accordo di libera circolazione con la Croazia». Lo ha
detto la portavoce della Commissione Ue. Difficile non intenderlo
come un ricatto o un diktat.
Anche perché quello che viene
ufficialmente definito come rinvio
prelude in realtà a uno stop definitivo. Il ministro della Giustizia
svizzera, Simonetta Sommaruga,
ha infatti informato telefonicamente il ministro degli affari esteri
croato, Vesna Pusic, che la Confederazione - come conseguenza del voto del referendum
sull'immigrazione - non è nelle
condizioni di poter firmare l'accordo bilaterale con la Croazia
sulla libera circolazione dei lavoratori. La firma di tale accordo,
previsto in conseguenza dell'ingresso della Croazia nella Ue il
primo luglio 2013, deve arrivare
entro il 30 giugno prossimo.
Sommaruga ha spiegato a Pusic
che la nuova disposizione costituzionale del referendum si applica immediatamente e non
permette la firma nella forma attuale di un accordo che prevede
la libera circolazione assoluta dei
croati in Svizzera entro 10 anni.
Di qui la decisione della Commissione di bloccare le trattative
su Horizon 2020 e Erasmus+. La
settimana scorsa la Ue aveva annunciato di aver rinviato o congelato i negoziati su altri due
accordi (quello sull'elettricità e
quello sull'accordo quadro istituzionale).
Il marchio più influente al mondo?
La Ferrari soppianta la Coca-Cola
MERCOLEDì 19 FEBBRAIO 2014
Valter Delle Donne
Il marchio del Cavallino rampante
si aggiudica il titolo di più "powerful", ossia influente al mondo, secondo l'annuale classifica di
Brand-finance. Il marchio della
casa automobilistica modenese
ha superato quello della Coca
Cola, 2/a, della società finanziaria Pwc, 3/a, e addirittura il marchio di Google, finito al quinto
posto e quello della Walt Disney
in decima posizione. La classifica
riguarda i 500 marchi più influenti
al mondo ed era già stata capeggiata dalla Ferrari lo scorso anno.
Secondo Brand-finance «il Cavallino rampante su sfondo giallo
è immediatamente riconoscibile
in tutto il mondo anche dove non
ci sono ancora le strade. Nel suo
paese natale e tra i suoi molti
ammiratori in tutto il mondo la
Ferrari ispira molto più della lealtà al brand, più di un culto e una
devozione quasi religiosa». Nonostante quello della Ferrari sia il
marchio più influente al mondo in
termine di valore, prosegue
Brand-finance, il marchio si
piazza in 350/a posizione con un
valore di quattro miliardi di dollari.
Nelle prime dieci posizioni per influenza del marchio in quarta po-
Secolo
d’Italia
Le sigarette elettroniche
“conquistano”
gli adolescenti
ed è subito allarme
sizione si è classificata la società
finanziaria americana McKinsey,
seguita da Google, da Unilever,
da Hermes, da Rolex, da Red
Bull e dalla Walt Disney. L'incoronazione, da parte di Brand-Finanze, come marchio più forte al
mondo strappa un commento positivo al presidente della Ferrari,
Luca Cordero di Montezemolo,
intervenuto a Modena all'inaugu-
razione del museo Enzo Ferrari.
«Siamo contenti - ha osservato : nonostante le dimensioni dell'azienda abbiamo fatto un buon
lavoro per migliorare l'esclusività
del brand». Montezemolo ha poi
confermato che per il 2013
«l'azienda ha battuto tutti i record
di risultati economici e di grandi
sforzi in investimento tecnologico».
sul podio”. In ogni caso i medicinali
sono il primo settore hi-tech per valore dell'export. '«Ancora una volta
da questi dati si capisce la potenzialità del nostro settore per l'economia del paese – ha commentato
Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria di fronte ai
dati diffusi dall'Istat sul commercio
estero – ma serve credere in questo. Se non ci fosse stato l'export,
l'attività produttiva sarebbe diminuita
del 3,5%». E questi risultati hanno
così permesso di salvaguardare, in
gran parte, l'occupazione del settore. A contribuire ad un miglioramento così forte della situazione,
sottolinea Scaccabarozzi, «è bastato poco, che il ministro Lorenzin
ci desse un'idea di stabilità». Il settore farmaceutico italiano vanta alcuni punti di forza produttivi nel
ventaglio delle 174 fabbriche dislocate sul territorio nazionale: solo per
citarne alcune in Italia è concentrata
la produzione di insulina e di farmaci
innovativi, per l'Hiv e i tumori. Fra le
italiane spiccano la Menarini, Chiesi
e Recordati.
E arriva anche un record: il nostro settore
farmaceutico è campione di export
Redazione
Il settore farmaceutico è campione
di export con un +13,8 per cento rispetto alla contrazione dello 0,1 per
cento complessivo del totale manifatturiero, migliore rispetto a tutti,
seguito al secondo posto dal settore
alimentare con un +5,3 per cento.
Un risultato di gran lunga superiore
alla media che consolida una forte
ascesa nel ranking dei comparti
manifatturieri. Tra 119 settori, nel
periodo gennaio-novembre i medicinali (dettaglio per il quale il consuntivo si avrà tra un mese) sono al
quarto posto per valore assoluto
delle esportazioni, preceduti solo da
settori della meccanica, il comparto
di punta dell'export made in Italy. E
sono in forte recupero tanto che a
fine anno potrebbero anche “salire
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Redazione
Le sigarette elettroniche piacciono
sempre di più agli adolescenti, con
il consumo che è raddoppiato
negli ultimi anni fino ad arrivare al
dieci per cento. Lo afferma un rapporto del Cdc, il Centro di controllo
delle malattie statunitense, secondo cui in un caso su cinque chi
inizia a “svapare” non aveva mai
fumato prima. L'analisi, pubblicata
sul Morbidity and Mortality Weekly
Report dell'agenzia, mostra che
tra il 2011 e il 2012 la percentuale
degli studenti delle superiori che
ha usato almeno una volta le sigarette elettroniche è passata dal
4,8 al 10 per cento. In totale circa
due milioni di adolescenti statunitensi hanno usato il dispositivo, il
75% dei quali insieme alle sigarette tradizionali. Ad attirare sempre più giovani verso le
e-cigarette, spiegano gli esperti
del Cdc, sono anche i vari aromi
che vi si possono associare, con
quelli “dolci” tra i preferiti. In alcuni
Stati è vietato l'acquisto prima dei
diciott'anni, ma le sigarette elettroniche sono facilmente reperibili sul
web. «L'uso sempre maggiore
delle e-cigarette da parte degli
adolescenti è preoccupante – sottolinea Tom Frieden, direttore del
Cdc – la nicotina è una sostanza
che dà forte dipendenza, e molti
ragazzi che iniziano con questi dispositivi potrebbero poi dover fare
i conti con una dipendenza per
tutta la vita che potrebbero associare anche alle sigarette normali».
Insicurezza e degrado nella Milano
dimenticata dalla Giunta Pisapia
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Redazione
«La situazione in alcune zone di
Milano non è più sostenibile. Ho
presentato in Consiglio una mozione per denunciare i gravi problemi di sicurezza, degrado,
vivibilità e integrazione che i cittadini e i commercianti di via
Arquà, Clitumno, Padova, Predabissi, Grigna, sono costretti a vivere quotidianamente, dinanzi
alla totale immobilità del sindaco
e dei suoi: Rozza, Majorino e gli
attuali consiglieri di maggioranza
non hanno fatto davvero nulla
per risolvere questi problemi». Lo
dichiara Giulio Gallera, consigliere del Comune di Milano e
coordinatore cittadino di Forza
Secolo
d’Italia
Italia. «Con la mozione ho chiesto al sindaco e alla Giunta di definire un piano di interventi che
preveda in quelle zone prima di
tutto un maggiore presidio del
territorio e poi la promozione di
progetti che abbiano come obiettivi principali il sostegno alla legalità, la mediazione culturale ed
intergenerazionale, la promozione di cittadinanza attiva, la
prevenzione e gestione dei conflitti, la promozione della coesione sociale. Richieste che nel
2010 lʼattuale maggioranza, allora allʼopposizione, poneva in
una mozione, mi vien da pensare, del tutto strumentale se
nulla è stato fatto. Tutti i giorni ri-
cevo precise segnalazioni da
parte di cittadini e commercianti
di quella parte di Milano dimenticata da Pisapia, stanchi di situazioni al limite della dignità. Come
il caso del locale sotto sequestro
al civico 16 di via Arquà, riaperto
abusivamente e frequentato da
stranieri fino a notte fonda che disturbano la quiete pubblica e producono ingenti quantità di rifiuti.
Segnalazioni – continua Gallera
- che riguardano la mancata pulizia delle strade in via Arquà e
via Clitumno o la fatiscenza dellʼasilo sito nellʼimmobile Aler di
via Mottarone/Grigna. E poi sporcizia e problemi di ordine pubblico anche notturno nei giardini
di via
Predabissi/Leoncavallo,
in
piazza Sire Raul e unʼintensa attività di prostituzione in via Leoncavallo. Tutte situazioni più volte
segnalate al sindaco e al vicesindaco e agli assessori competenti,
ma evidentemente cadute nel
nulla. Sindaco e Giunta – conclude Gallera – si impegnino, fra
l'altro, a chiedere al prefetto che
parte dei finanziamenti del governo sul progetto Milano Sicura
per Expo 2015 siano destinati
alla zona di via Padova e a chiedere a Regione Lombardia e Aler
di intervenire per la riqualificazione del quartiere Aler di via Grigna (con relativo asilo)».
giorni e giunto così al Forlanini alla
sua quindicesima tappa. «Il Forlanini con i suoi circa 28 mila metri
quadrati coperti non può essere di
certo alienato, essendo tra l'altro
formalmente condizionato al vincolo di cessione dell'ex Pio Istituto
per finalità benefiche e socio-sanitarie. Già nel 2006, grazie al professor Martelli e al comitato
“Salviamo il Forlanini", furono raccolte 50 mila firme per chiedere la
riconversione in ambulatori, Residenze Sanitarie per Anziani (Rsa),
hospice e centro per disabili. Ma
da allora nulla a livello politico si è
mosso. Il 90% delle sue strutture è
intanto abbandonato e fatiscente,
ma con i termosifoni assurda-
mente ancora accesi, padiglioni
vuoti lasciati allʼincuria, carcasse
di piccione nei corridoi, aree oramai completamente inagibili. Esiste il rischio di incolumità per gli
operatori e i cittadini che frequentano le poche strutture ancora
aperte, oltre che il fattore legato
alle condizioni igienico-sanitarie di
molti locali. Cʼè la possibilità –
conclude Santori – di valorizzare
il Forlanini, non solo, come avviene oggi, con l'affitto di alcuni locali per la realizzazione di fiction e
film ma, ad esempio, con il trasferimento di strutture di interesse
collettivo. Un'operazione che porterebbe a un contenimento di
costi di altre strutture su cui ora la
Regione e altri enti pubblici pagano affitti salati».
Roma, non più rinviabile la riconversione
dell'ospedale Forlanini
Redazione
«Il Forlanini è unʼeccellenza culturale, patrimoniale e sociosanitaria
della nostra Regione che vive un
degrado impressionante, denunciato da operatori sanitari, pazienti
e dai cittadini di Monteverde e Portuense. Una sua riconversione,
che sia nelle condizioni di valorizzare le strutture, offrendo alla città
servizi sociali di primaria importanza e alle casse regionali economie di notevole rilevanza, non è
quindi più rinviabile». Così dichiara
Fabrizio Santori, consigliere di La
Destra alla Regione Lazio e componente della commissione Salute,
a commento del “tour della sanità
malata” organizzato negli scorsi
MERCOLEDì 19 FEBBRAIO 2014
Provincia di Torino, una
sinistra autoreferenziale
nega la parola
alle guardie ecologiche
Redazione
«La sinistra al governo della Provincia di Torino ha scritto una
brutta pagina nella storia dell'istituzione che sta volgendo al termine.
L'aver negato la facoltà ai consiglieri di interloquire con le guardie
ecologiche volontarie, presenti in
nutrito gruppo alla seduta del Consiglio, ha dimostrato la scarsa considerazione che la maggioranza di
centrosinistra ha nei confronti delle
regole democratiche e del mandato ricevuto dagli elettori». Lo ha
dichiarato il capogruppo di Fratelli
d'Italia, Franco Papotti, che ha aggiunto: «Senza poi parlare dello
scivolone in cui è incorso il capogruppo del Pd nel definire il Consiglio provinciale come "casa sua"...
dimostrando
evidentemente
scarsa sensibilità nei confronti di
tutti quei cittadini che pure lo
hanno eletto a loro rappresentante. I lavoratori pongono un problema annoso, non derivante dalla
riforma Del Rio, in corso di approvazione; la richiesta delle guardie
ecologiche volontarie è relativa al
riconoscimento della funzione di
agenti di polizia giudiziaria che sta
attendendo da almeno dieci anni.
Ecco perché giudichiamo pretestuoso il richiamo alla riforma in
atto che il Pd ha espresso nella dichiarazione di diniego alla sospensione del Consiglio». Ha
proseguito Erica Botticelli, consigliere provinciale: «È incredibile
che proprio chi spesso si dice vicino a loro oggi abbia negato
anche solo la possibilità di un confronto».
La solitudine di un camionista: arriva
“Tir”, vincitore del Festival di Roma
Secolo
MERCOLEDì 19 FEBBRAIO 2014
d’Italia
Priscilla del Ninno
Quasi un documentario in tempo reale sulla
solitudine di un camionista. “Tir” di Alberto
Fasulo, (coprodotto con la Croazia) e vincitore dell'ottava edizione del Festival di Roma
e ora nella sale dal 27 febbraio distribuito
dalla Tucker, si svolge infatti quasi tutto nella
sofisticata cabina di un Tir Scania-Saab
dove Branko (Branko Zavrsan), ex professore croato e uomo colto e triste, ha pensato
bene di convertirsi al lavoro di camionista.
Lavorare per lui è solo un modo di aiutare la
famiglia lontana e il telefono il solo mezzo
per parlare con moglie e figlio. Unica colonna sonora del film i rumori della strada,
quelli del motore, degli sportelli, i pochi dialoghi con il collega Maki (Marijan Sestak) e
le telefonate alla moglie. Conversazioni in
cui si ricuciono abitudini, si rappresentano
potenziali gelosie, si discute se è giusto dare
al loro figlio tutti i loro risparmi per comprare
una casa... Ma in “Tir” sono percepibili
anche aspetti inediti di questo lavoro, l'angolo esterno dell'autotreno che si trasforma,
di volta in volta, in doccia o cucinino. E poi il
lavoro scandito dagli orari obbligati di riposo
(un'ora ogni quattro ore e mezzo), il tutto
controllato da una sorta di scatola nera che,
per guadagnare di più, si cerca di aggirare in
tutti i modi. Un mestiere duro, quello del camionista, in cui bisogna essere abituati a
stare soli e a trovare compagnia solo nelle
piccole pause con i colleghi, ma anche un
lavoro di sacrificio in cui si guadagna bene,
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almeno tre volte dello stipendio di un professore. Il film racconta la solitudine,
esplora i limiti di resistenza di una persona
che ha compiuto una scelta lavorativa più o
meno consapevole e adesso ne paga le
conseguenze, vivendola fino in fondo»,
aveva detto il regista al Festival. Ma “Tir” è
anche un paradosso: quello di un lavoro che
ti porta a vivere lontano dalle persone care
per cui, in fondo, stai lavorando.
Rodin in mostra alle Terme di Diocleziano
Redazione
Dal celeberrimo Bacio alla Mano
di Dio ai ritratti di Puvis de Chevannes, controversi e abbaglianti,
i marmi di Rodin arrivano a Roma
(dopo il successo milanese) per
la mostra allestita fino al 25 maggio negli spazi straordinari delle
Terme di Diocleziano. Nelle immense aule spoglie, esposte
come nell'atelier di uno scultore,
62 opere provenienti dal Museo
Rodin (attualmente in via di restauro) raccontano la passione
del grande maestro francese per
l'Italia e l'arte di Michelangelo e
per una materia come il marmo
per la quale elaborò una nuova,
diversa poetica. L'importante rassegna è il risultato dei recenti
studi condotti dall'istituto museale
parigino, che ha ricominciato ad
analizzare il ponderoso corpus
delle sculture marmoree molto di-
scusso in passato. «Rodin non
scolpiva, non toccava la materia,
era un magistrale modellatore,
faceva i bozzetti in argilla o
gesso, poi affidava la realizzazione dell'opera agli sbozzatori
del suo atelier, seguendo però
passo passo il loro lavoro», ha
spiegato Falvio Arensi che ha curato la mostra con Aline Magnien,
conservatore capo del Musée
Rodin. Il problema è venuto dal
fatto che dopo la morte dell'artista alcuni artigiani della bottega
hanno continuato a lavorare quei
marmi, determinando una forte
incertezza per le attribuzioni. Gli
esperti del museo in questi anni
sono riusciti a fare chiarezza nel
corpus dei marmi, puntando a
una rivalutazione di questa produzione che conta in totale 400
opere e rappresenta un aspetto
cruciale nella poetica del maestro
parigino. Se i bronzi sono il buio,
la notte, l'anima romantica dello
scultore, i marmi, ha proseguito
Arensi, soprattutto nei "non finiti",
sono la luce, che mutua dai capolavori di Michelangelo conosciuti a partire dal 1876 in
numerosi soggiorni italiani.
Usando questo materiale, lo
sguardo di Rodin è sempre rivolto
al Buonarroti e all'arte di Donatello e Bernini. Con il marmo, ha
Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale
Editore
SECOLO DʼITALIA SRL
Fondatore
Franz Turchi
d’Italia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Consiglio di Amministrazione
Tommaso Foti (Presidente)
Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato)
Alessio Butti
Antonio Giordano
Antonio Triolo
Ugo Lisi
sottolineato il curatore, Rodin elabora un nuovo linguaggio, così
potente da traghettare in 50 anni
di attività la scultura classica
verso il segno contemporaneo.
La mostra, suddivisa in tre sezioni, prende appunto l'avvio con
uno dei più famosi capolavori, il
Bacio, marmo monumentale che
esprime una straordinaria sensualità.
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7 agosto 1990 n. 250