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n° 348 - gennaio 2011
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La strega e l’iconografia
di una donna pericolosa
Il continuo modificarsi dell’atteggiamento nei confronti della stregoneria e l’influenza sulla rappresentazione artistica in tutte le epoche
È bella, giovane e seducente la donna che
partecipa al corteo di
Diana, mentre è vecchia e deforme quella
che prende parte al
Sabba. È l’immagine
della strega che cambia perché la stregoneria fa paura e fa paura
principalmente agli uomini e dal momento che
sono loro a giudicare e
condannare, sono anche loro che orientano
l’immaginario figurativo: togliendo forza alla
bellezza e all’erotismo
sperano di toglierle il
potere. Così è raffigurata turpe e malvagia
affinché diventi qualcosa da combattere in
ogni suo aspetto, e solo
quando ci si misura con
i modelli classici se ne
lascia inviolata la bellezza come forma di rispetto degli antichi canoni.
La stregoneria accompagna il vivere dell’uomo
da tempi antichissimi
e fin da quei tempi mette
paura. Già nell’antica
Roma si tradivano questi timori legiferando a
suo sfavore. Facevano
paura i filtri, le divinazioni, ma anche il fatto
che questo sapere si trasmettesse principalmente
per via femminile, perciò la misoginia della
società romana (come
in quella greca) aveva
messo in moto un mec-
canismo di leggi per cercare di fermare questa
tradizione. L’atteggiamento nei confronti della
stregoneria, pur non abbassando mai la guardia, nella storia ha alternato fasi di tolleranza
a fasi di repressione, fino
all’estrema degenerazione della cosiddetta
“caccia alle streghe”.
La produzione artistica,
che è lo specchio dei sentimenti del proprio
tempo, si avvicina a questo mondo intorno al
XV secolo contemporaneamente a una generale crescita dell’attenzione sulle questioni
stregonesche. Una violenta progressione che
si deve anche alla pubblicazione del Malleus
Maleficarum (fine del
‘400), un testo che, assimilando la stregoneria all’eresia, la rende
direttamente perseguibile dal tribunale dell’Inquisizione e le streghe, al centro del mirino degli inquisitori,
sono state catapultate
su un macabro palcoscenico.
Seguendo gli studi dello
storico Giordano Berti,
sono due le correnti iconografiche che si possono distinguere, una
del nord Europa, figlia
dell’unione della tradizione cristiana e dei
notturni miti celtici e
l’altra mediterranea che,
Frençois Boucher: Diana che esce dal bagno - Parigi, Louvre
Johann Heinrich Füssli: Le tre streghe - Zurigo, Kunsthaus
diversamente, affonda
le radici nei più solari
miti greco-romani. Alla
prima appartengono raffigurazioni inquietanti
a volte impregnate di
cupo erotismo, come
l’apparente innocenza
della fanciulla nel Sor-
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tilegio d’amore di un anonimo maestro renano,
e più spesso terrificanti
come le incisioni di
Grien, le opere di van
Oostsanen o di Peter
Bruegel il Vecchio, dove
la figura della strega,
legata alla perdita della
fede, si associa alla follia e così avanti in un
truculento crescendo
per raggiungere il massimo nel Seicento con
opere come L’assemblea
delle streghe di Frans Francken, coacervo di tutte
le macabre fantasie accumulate.
In Italia il clima è differente, la repressione
è meno aggressiva (almeno a paragone con
quanto avveniva nel
Nord) con le streghe che
sono dipinte quasi gioviali e in genere si riferiscono a temi letterari
e miti classici come La
maga Circe di Dosso Dossi
o la Medea del Parmigianino. È cupo e macabro invece lo stregonesco del napoletano
Salvator Rosa che destreggiandosi abilmente
fra le luci e le ombre barocche crea inquietanti
scenari per le sue streghe.
È nel Settecento, il cosiddetto Secolo dei Lumi,
che si realizza un sostanziale cambiamento: è
il momento in cui l’uomo
impara ad affidarsi alla
ragione per affrontare i
propri problemi. L’assunzione di una posizione analitica rispetto
alla tradizione coinvolge
pure le arti figurative
che assumono un atteggiamento diverso, anche quando restano ancorate ai temi tradizionali, perdono quella tensione emotiva che straripava in precedenza
come ci mostrano le
opere di Heinrich Füssli, oppure assumono
una posizione di critica
sociale evidenziando la
ridicolezza delle vecchie superstizioni. La
stregoneria, infatti, ancora preoccupa, ma non
spaventa più come prima.
Il caso limite di questo
spirito è quello di Francisco Goya che, dai Caprichos alle Pitture Nere,
si appropria del grottesco per smascherare
pratiche, superstizioni
e arretratezze dei suoi
contemporanei e allo
stesso tempo rivelare i
mostri generati dal sonno
della ragione.
Durante il periodo ottocentesco si assiste a
una generale rivalutazione della strega che,
da donna terrifica, viene
vista invece come una
protofemminista o come
la depositaria di antichi segreti e certamente
come la vittima di un
fanatismo incontrollato. Questa nuova visione è solo parzialmente
raccolta dal mondo dell’arte che invece continua a riproporre l’immaginario consolidato
dove il grottesco macabro sfuma in visioni
ancora piene di meraviglia, ma più romantiche e tranquillizzanti
e la strega diventa ora
una donna del popolo
alle prese con lontani
culti pagani, ora una
femmina ribelle, ora una
fanciulla da salvare. Con
l’addolcirsi dell’immagine il mito cade nell’indifferenza e quando,
nel XX secolo, viene recuperato si trasforma
in metafora andando a
incarnare quelle che sono
le nuove paure, diventando la raffigurazione
dell’ombra del totalitarismo come si può vedere dalle opere del periodo di Paul Klee, di
Karl Hofer o di Alfred
Kubin.
Dalla seconda metà del
Dall’alto
Jacob Cornelisz van Oostsanen: Saul e la strega
di Endor - Amsterdam, Rijksmuseum
Pieter Brueghel il Vecchio: Greta la pazza
Anversa, Museo Mayer van den Bergh
Frans Francken: L’assemblea delle streghe
Vienna, Kunsthistosches museum
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secolo il panorama storico è decisamente cambiato, ma le cacce non
sono purtroppo finite
semmai sono cambiati
i bersagli. La strega recupera un volto positivo, seppur deciso a crear
scompiglio, quando va
a simboleggiare la liberazione sessuale e, grazie all’esser protagonista delle paure maschili,
il femminismo, per poi
riassumere anche il suo
antico ruolo a causa del
fiorire di una serie di
organizzazioni che nella
stregoneria trovano
un’ispirazione. Generalmente ignorata da
parte delle avanguardie artistiche è presa in
considerazione dal cinema e soprattutto dallo
svizzero Hans Ruedi Giger che, lavorando anche nella cinematografia (sono suoi e di Carlo
Rambaldi gli alien dell’omonimo film di Ridley Scott), inventa nella
sua pittura dei “biomeccanoidi”, creature che
sono delle macchine “organiche”, impressio-
nanti organismi futuribili in cui metallo e
carne si fondono.
Oggi si assiste a un generico disinteresse artistico, ma a un diffuso
recupero della stregoneria che forse preparerà il terreno per una
nuova produzione iconografica: da un lato un
uso allarmante, fumoso,
inquietante e forse per
questo anche più vicino
all’originale, da parte
di sedicenti operatori
dell’occulto che agendo
tramite gli attuali mezzi
di comunicazione alzano l’attenzione sull’argomento, dall’altro
lato un pescare ad ampie mani, in particolare dall’industria cinematografica, nel
mondo stregonesco dove
la strega diventa una
figura potente, non necessariamente malvagia, ma anzi spesso eroina
votata a difendere la società da forze oscure di
un male superiore e assoluto.
Salvator Rosa: La strega - Roma, Musei Capitolini
francesca bardi
Johann Heinrich Füssli: L’incubo Francoforte, Goethe-Museum
Dosso Dossi: Circe - Roma, Galleria Borghese
Francisco Goya: Il grande caprone Madrid, Museo Lázaro Galdiano