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n° 348 - gennaio 2011 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it La strega e l’iconografia di una donna pericolosa Il continuo modificarsi dell’atteggiamento nei confronti della stregoneria e l’influenza sulla rappresentazione artistica in tutte le epoche È bella, giovane e seducente la donna che partecipa al corteo di Diana, mentre è vecchia e deforme quella che prende parte al Sabba. È l’immagine della strega che cambia perché la stregoneria fa paura e fa paura principalmente agli uomini e dal momento che sono loro a giudicare e condannare, sono anche loro che orientano l’immaginario figurativo: togliendo forza alla bellezza e all’erotismo sperano di toglierle il potere. Così è raffigurata turpe e malvagia affinché diventi qualcosa da combattere in ogni suo aspetto, e solo quando ci si misura con i modelli classici se ne lascia inviolata la bellezza come forma di rispetto degli antichi canoni. La stregoneria accompagna il vivere dell’uomo da tempi antichissimi e fin da quei tempi mette paura. Già nell’antica Roma si tradivano questi timori legiferando a suo sfavore. Facevano paura i filtri, le divinazioni, ma anche il fatto che questo sapere si trasmettesse principalmente per via femminile, perciò la misoginia della società romana (come in quella greca) aveva messo in moto un mec- canismo di leggi per cercare di fermare questa tradizione. L’atteggiamento nei confronti della stregoneria, pur non abbassando mai la guardia, nella storia ha alternato fasi di tolleranza a fasi di repressione, fino all’estrema degenerazione della cosiddetta “caccia alle streghe”. La produzione artistica, che è lo specchio dei sentimenti del proprio tempo, si avvicina a questo mondo intorno al XV secolo contemporaneamente a una generale crescita dell’attenzione sulle questioni stregonesche. Una violenta progressione che si deve anche alla pubblicazione del Malleus Maleficarum (fine del ‘400), un testo che, assimilando la stregoneria all’eresia, la rende direttamente perseguibile dal tribunale dell’Inquisizione e le streghe, al centro del mirino degli inquisitori, sono state catapultate su un macabro palcoscenico. Seguendo gli studi dello storico Giordano Berti, sono due le correnti iconografiche che si possono distinguere, una del nord Europa, figlia dell’unione della tradizione cristiana e dei notturni miti celtici e l’altra mediterranea che, Frençois Boucher: Diana che esce dal bagno - Parigi, Louvre Johann Heinrich Füssli: Le tre streghe - Zurigo, Kunsthaus diversamente, affonda le radici nei più solari miti greco-romani. Alla prima appartengono raffigurazioni inquietanti a volte impregnate di cupo erotismo, come l’apparente innocenza della fanciulla nel Sor- pag. 2 tilegio d’amore di un anonimo maestro renano, e più spesso terrificanti come le incisioni di Grien, le opere di van Oostsanen o di Peter Bruegel il Vecchio, dove la figura della strega, legata alla perdita della fede, si associa alla follia e così avanti in un truculento crescendo per raggiungere il massimo nel Seicento con opere come L’assemblea delle streghe di Frans Francken, coacervo di tutte le macabre fantasie accumulate. In Italia il clima è differente, la repressione è meno aggressiva (almeno a paragone con quanto avveniva nel Nord) con le streghe che sono dipinte quasi gioviali e in genere si riferiscono a temi letterari e miti classici come La maga Circe di Dosso Dossi o la Medea del Parmigianino. È cupo e macabro invece lo stregonesco del napoletano Salvator Rosa che destreggiandosi abilmente fra le luci e le ombre barocche crea inquietanti scenari per le sue streghe. È nel Settecento, il cosiddetto Secolo dei Lumi, che si realizza un sostanziale cambiamento: è il momento in cui l’uomo impara ad affidarsi alla ragione per affrontare i propri problemi. L’assunzione di una posizione analitica rispetto alla tradizione coinvolge pure le arti figurative che assumono un atteggiamento diverso, anche quando restano ancorate ai temi tradizionali, perdono quella tensione emotiva che straripava in precedenza come ci mostrano le opere di Heinrich Füssli, oppure assumono una posizione di critica sociale evidenziando la ridicolezza delle vecchie superstizioni. La stregoneria, infatti, ancora preoccupa, ma non spaventa più come prima. Il caso limite di questo spirito è quello di Francisco Goya che, dai Caprichos alle Pitture Nere, si appropria del grottesco per smascherare pratiche, superstizioni e arretratezze dei suoi contemporanei e allo stesso tempo rivelare i mostri generati dal sonno della ragione. Durante il periodo ottocentesco si assiste a una generale rivalutazione della strega che, da donna terrifica, viene vista invece come una protofemminista o come la depositaria di antichi segreti e certamente come la vittima di un fanatismo incontrollato. Questa nuova visione è solo parzialmente raccolta dal mondo dell’arte che invece continua a riproporre l’immaginario consolidato dove il grottesco macabro sfuma in visioni ancora piene di meraviglia, ma più romantiche e tranquillizzanti e la strega diventa ora una donna del popolo alle prese con lontani culti pagani, ora una femmina ribelle, ora una fanciulla da salvare. Con l’addolcirsi dell’immagine il mito cade nell’indifferenza e quando, nel XX secolo, viene recuperato si trasforma in metafora andando a incarnare quelle che sono le nuove paure, diventando la raffigurazione dell’ombra del totalitarismo come si può vedere dalle opere del periodo di Paul Klee, di Karl Hofer o di Alfred Kubin. Dalla seconda metà del Dall’alto Jacob Cornelisz van Oostsanen: Saul e la strega di Endor - Amsterdam, Rijksmuseum Pieter Brueghel il Vecchio: Greta la pazza Anversa, Museo Mayer van den Bergh Frans Francken: L’assemblea delle streghe Vienna, Kunsthistosches museum pag. 3 secolo il panorama storico è decisamente cambiato, ma le cacce non sono purtroppo finite semmai sono cambiati i bersagli. La strega recupera un volto positivo, seppur deciso a crear scompiglio, quando va a simboleggiare la liberazione sessuale e, grazie all’esser protagonista delle paure maschili, il femminismo, per poi riassumere anche il suo antico ruolo a causa del fiorire di una serie di organizzazioni che nella stregoneria trovano un’ispirazione. Generalmente ignorata da parte delle avanguardie artistiche è presa in considerazione dal cinema e soprattutto dallo svizzero Hans Ruedi Giger che, lavorando anche nella cinematografia (sono suoi e di Carlo Rambaldi gli alien dell’omonimo film di Ridley Scott), inventa nella sua pittura dei “biomeccanoidi”, creature che sono delle macchine “organiche”, impressio- nanti organismi futuribili in cui metallo e carne si fondono. Oggi si assiste a un generico disinteresse artistico, ma a un diffuso recupero della stregoneria che forse preparerà il terreno per una nuova produzione iconografica: da un lato un uso allarmante, fumoso, inquietante e forse per questo anche più vicino all’originale, da parte di sedicenti operatori dell’occulto che agendo tramite gli attuali mezzi di comunicazione alzano l’attenzione sull’argomento, dall’altro lato un pescare ad ampie mani, in particolare dall’industria cinematografica, nel mondo stregonesco dove la strega diventa una figura potente, non necessariamente malvagia, ma anzi spesso eroina votata a difendere la società da forze oscure di un male superiore e assoluto. Salvator Rosa: La strega - Roma, Musei Capitolini francesca bardi Johann Heinrich Füssli: L’incubo Francoforte, Goethe-Museum Dosso Dossi: Circe - Roma, Galleria Borghese Francisco Goya: Il grande caprone Madrid, Museo Lázaro Galdiano