Relazione_MILANI CHIARA
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Relazione_MILANI CHIARA
AI CONFINI DEL FEMMINILE: STREGHE, POTERE, ISTITUZIONI Siamo solo all’inizio di un lungo e discontinuo percorso se in un paese occidentale progredito come l’Italia, stiamo discutendo di problematiche che vanno dal mobbing alla violenza, dalla mancanza di pari opportunità nei percorsi di carriera femminili, di atteggiamenti e comportamenti pregiudizievoli nei confronti delle donne che possono sembrare fuori tempo e luogo. Un cambiamento virtuoso della società nei confronti della sua componente femminile, è culturalmente necessario e deve per sua natura coinvolgere sia le donne che gli uomini. Anche le donne devono infatti cambiare: e non è facile per coloro che hanno subito per millenni atteggiamenti escludenti e oppressivi e indossato l’abito dell’emarginazione che le ha portate a sviluppare e trasmettere di madre in figlia comportamenti tesi alla conservazione dei pregiudizi, fino a riproporre, anche nel linguaggio comune diretto ad altre donne, gli stereotipi impiegati nei secoli per descrivere e classificare vizi e virtù della componente femminile del mondo. “Strega”, per esempio, è uno sgradevole epiteto spesso utilizzato dalle donne nei confronti di altre. Non è facile, perché la Storia scritta per secoli dagli uomini, ha cancellato la memoria dei rari luoghi e momenti in cui alle donne si erano aperti percorsi di parità. Da studentessa mi aspettavo di trovare oasi felici di parità coincidere con i momenti più fulgi delle civiltà: con sorpresa ho constato che invece la Grecia classica, culla della civiltà occidentale, fu estremamente maschilista. Solo Socrate, nelle Repubblica, parla in favore dell’inclusione nella vita sociale, culturale e politica delle donne alle quali, osa dire, dovrebbe essere data la difesa delle mura della città, perché più affidabili degli uomini. Tramite le parole di una donna, la filosofa Diotima, in uno dei dialoghi platonici più belli – il Simposio – ancora Socrate esprime considerazioni profonde sull’Amore. Socrate venne messo a morte dai suoi concittadini per il suo pensiero critico e divergente, che aveva contemplato anche la possibilità di un nuovo ruolo sociale per le donne. Nella Roma Imperiale, alle donne era concesso di studiare, e vi erano avvocate che esercitavano nei tribunali, anche se molto sbeffeggiate dagli uomini: ed è dalle stridule testimonianze di quest’ultimi che siamo a conoscenza della loro presenza nel Foro 1. 1 Eva Cantarella. L’ambiguo malanno. Condizione e immagini della donna nell’antichità greca e romana, 1981; Tacita e muta: la donna nella città antica, 1985. Negli anni dell’ascesa del cristianesimo, che videro la lotta tra opposte fazioni religiose, la cultura classica aveva uno dei suoi epicentri di studio nella Biblioteca e nel Museo di Alessandria d’Egitto. In questa città visse e insegnò la filosofa, matematica e astronoma Ipazia, che proclamò la libertà di pensiero e di studio, in quanto scienziata, non solo perché donna. Opponendosi al pensiero dominante e alle istituzioni, venne atrocemente uccisa: nel suo caso l’invidia maschile e il fanatismo ebbero un peso fortissimo. Per le donne occidentali, abitanti di un continente che si estende dalle lande più fredde e inospitali alle rive del Mediterraneo, seguirono secoli di silenzio: secoli di passaggio dall’ordinamento e il paradigma culturale pagano a quello cristiano, secoli in cui i confini dello spazio privato e pubblico per le donne si restrinsero ma, contemporaneamente tra esse emerse una certa coesione, soprattutto nelle campagne, teatro di dura fatica, vessazioni, saccheggi e violenze sulle donne, vittime privilegiate ma anche esempi di coraggio, perché capaci di sopportare e lavorare duramente, tenendo coesa la famiglia. Tra esse riemersero culti dimenticati accanto ai saperi tramandati: far nascere i bambini, accompagnare i vecchi nella morte era “affare di donne”. Nel nulla e nell’abbandono, le donne garantivano la sopravvivenza quotidiana pregando insieme divinità pagane e santi cristiani 2; si inventavano guaritrici mentre custodivano attentamente il focolare (e il diavolo è legato al fuoco). Vite di confine: tra barbarie e civiltà, superstizione e quotidianità. Altre donne si rifugiarono nella Chiesa, votandosi ad essa per trovare un ambiente protetto dalla violenza del mondo ma anche la possibilità di studiare e di essere rispettate: facoltà loro concessa purché restassero, con voto di obbedienza assoluta, a completa diposizione dellaChiesa e quindi della gerarchia maschile, al tempo in cui ancora qualcuno pensava che le donne non avessero l’anima. I secoli passano, e alcune donne si affacciano allo spazio pubblico e dialogano con i potenti in virtù di capacità straordinarie che gli uomini hanno deciso o trovato opportuno riconoscere. Ricordo tra queste la filosofa Elisa di Parigi e la badessa Ildegarda di Bingen, medico e mistica; Caterina da Siena e, tra le donne di potere, Matilde di Canossa. Tutte però hanno avuto bisogno dell’investitura maschile e tutte hanno sopportato con coraggio umiliazioni e provocazioni: la loro straordinaria forza e intelligenza le ha aiutate, così come è stato per loro fondamentale poter studiare quasi come gli uomini e ricevere un’educazione per il tempo fuori dal comune. Solo con la stabilità politica e la ripresa economica anche la vita delle donne migliora. Le troviamo nelle botteghe artigiane, ricamatrici, sarte, decoratrici, 2 Paolo Portone. La strega e il crocefisso, 2008. Storia del sincretismo religioso e dei suoi simboli in Occidente. istitutrici, esperte nelle arti minori, tra le quali i mestieri del libro: amanuensi e illustratrici. Ma la loro carriera professionale in questi settori si interrompeva con il matrimonio, che le relegava, al più, nell’ambito dell’aiuto all’attività del marito. Nell’undicesimo secolo, la prima università di medicina del mondo occidentale, la Scuola Medica di Salerno, ammetteva anche le donne. Una di queste, Trotula De Ruggero, divenne molto famosa. Eppure, tre secoli più tardi, alle soglie del Rinascimento, di donne medico non vi più traccia. Nei libri di storia queste poche donne sono ricordate con la dovuta considerazione? Qual è il lascito delle loro storie esemplari? E che ne è stato di tutte le donne di condizioni più modeste, che pure hanno contribuito alla vita sociale dei loro paesi? Inghiottite nelle pieghe della storia, dalle quali solo da pochi decenni faticosamente stanno emergendo, mentre gli uomini scrivevano dei vizi e delle debolezze femminili, esaltando le sole virtù muliebri, utili alla strategia del controllo? Come storica, invito a guardare al passato, il luogo dove atteggiamenti e pregiudizi sono nati e hanno operato, mutandosi in forme di emarginazione, violenza e persecuzione. Invito a chiedere il perché dei tanti “sentieri interrotti” dell’emancipazione femminile e quale ricaduta hanno sulle donne di oggi. E’ necessario imparare a riconoscere i segnali di allarme che provengono dal passato: la storia di ciò che siamo oggi non è disgiunta da ciò che siamo stati e dai comportamenti collettivi che la società agisce: comportamenti stratificati e consolidati, che mutano forma ma non sostanza. L’educazione potrà creare nuovi modelli di pensiero, liberi da schematismi, anche per le donne, inconsapevoli portatrici di pregiudizi? Un esempio è la gestione delle posizioni di potere, che oggi le donne iniziano faticosamente a conquistare. Spesso essere gestiscono il potere con le medesime modalità che criticano aspramente negli uomini. Il salto di qualità, che segnerà il passaggio dall’esercitare il potere come dominio sugli altri, alla gestione del potere rispetto alle proprie azioni, credo debba trovare impulso nelle donne ma deve essere compiuto insieme con gli uomini. Le analisi che la Storia ci permette di compiere sono fondamentali perché da queste bisognerebbe imparare a comprendere quando vecchie storie si ripresentano in forme mutate, e affrontarle. Un processo che richiede il recupero della memoria dell’oppressione umana che ha colpito soprattutto le donne, ma non solo. Restituire la parola agli oppressi, e quindi alle donne che nella Storia sono state oppresse due volte, è il motivo che ha mosso storici, filosofi, antropologi e ricercatori di varie discipline, a creare un centro di studi che si occupa esclusivamente di queste tematiche: il CIRE. Il Centro Insubrico di Ricerche Etnostoriche è nato a Como perché nell’Antica Provincia e Diocesi di Como, che comprendeva alcuni territori confinanti con l’attuale Provincia e gran parte del Canton Ticino, si consumò la “caccia alle streghe”, evento emblematico nell’ambito dell’oppressione delle donne. In queste regioni, l’inquisizione, la formidabile organizzazione per la lotta all’eresia e alla stregoneria, ha potuto operare su un terreno fertile, grazie, purtroppo, a una sorta di complicità diffusa 3. Alle donne chiamate “streghe”, sono stati attribuiti delitti inesistenti e sono state messe a morte spietatamente, senza processo o con un processo farsa, del quale oggi si colgono immediatamente gli aspetti aberranti. Un processo che era considerato tutt’al più un atto dovuto, la chiusa legale di decisioni già prese, la legittimazione della presunzione di colpevolezza di ree confesse alle quali l’ammissione di colpa veniva estorta con la tortura. Così come veniva creata dal nulla la figura della strega, erano costruiti sul nulla i reati di cui le “streghe” erano accusate. Dall’esame dei documenti e grazie alle rare testimonianze disponibili (molte sono state distrutte nel tentativo di cancellare una pagina orribile della nostra storia) la storiografia contemporanea sta riscrivendo la storia delle “streghe”, mentre studiose e studiosi cercano di ridare voce a queste donne, non solo per una sorta di giustizia postuma ma perché disvelare l’onda montante dei meccanismi persecutori lancia un campanello di allarme: attenzione! Siamo sicuri di aver chiuso con questo passato? Lo Stato di Diritto ci protegge adeguatamente? Indietro, non si torna? Se oggi nel mondo, complessivamente, esistono ancora sfruttamento e schiavitù, regimi totalitari e lavoro minorile, significa che siamo solo all’inizio di un cammino, nonostante i progressi compiuti che non corrispondono tuttavia agli eccezionali progressi del mondo scientifico. (Perché? Su questa sperequazione una riflessione approfondita è doverosa); significa che la battaglia per il rispetto delle donne non solo si innesta in questo macro ambito, ma anzi può divenire un modello cui guardare. Ma vediamo più da vicino chi erano le “streghe”: erano donne, di ogni categoria sociale. C’era chi avrebbe voluto studiare e praticare una professione liberale, per esempio la medicina. Concluso definitivamente l’esperimento di Salerno, alle donne non 3 Una panoramica della caccia alle streghe nel comasco e nell’arco alpino e uno sguardo d’insieme sul modus operandi dell’inquisizione in quegli anni e sul fenomeno della persecuzione e della costruzione del reato di stregoneria, si trova in: Streghe, diavoli e sibille. Atti del convegno di Como, 18-19 maggio 2001. rimaneva che diventare guaritrici, ponendosi in una posizione di grande fragilità. Era facile accusare una guaritrice di praticare arti magiche se non otteneva i risultati sperati; funzionale farne un capro espiatorio. La guaritrice era legata alla cultura orale, il medico alla cultura scritta 4e all’Accademia e godeva della protezione dal suo status e della potente corporazione di appartenenza. La differenza del peso sociale tra le due condizioni è evidente. Tra le “streghe” c’erano donne povere che dovevano lavorare per vivere, e cioè quasi tutte: contadine, venditrici ambulanti e lavandaie soggette a una condizione di lavoro logorante, foriero di bassa aspettativa di vita. C’erano cuoche, fantesche, governati, cameriere e sguattere, concupite nelle case dei loro datori di lavoro e da questi cacciate e abbandonate se rimanevano incinte o solo perché venivano a noia ai loro padroni. C’erano, tra le “streghe”, donne sole, orfane, in totale balia degli uomini 5, parenti o datori di lavoro. Vittime di quest’ultimi erano soprattutto le serve itineranti di campagna, spesso vedove sole con figlie adolescenti, senza casa né beni, se non il loro lavoro 6. Vittime di violenze che, come emergere dai rari ricorsi istruiti con grande coraggio da alcune di loro, “sovente scambiavano la violenza per una promessa di matrimonio, non avendo altra idea dell’amore” 7. Nei riscontri documentali di coloro che con grade rischio e coraggio hanno chiesto aiuto e supporto a notabili o ai parroci (e quindi la protezione o il patrocinio di un uomo) per denunciare il loro violentatore, si ha notizia anche delle punizioni subite dagli accusati, molto blande e assegnate più in funzione del controllo sulla morale che con il fine di rendere giustizia alla parte offesa. “Streghe” erano le ribelli, quando la sottomissione era una virtù “naturale” delle donne. Ribellarsi a uno stato di fatto, rivendicare autonomia, libertà e uguaglianza non era consentito nel codice culturale del tempo, pena il bando dalla società civile e la temuta accusa di stregoneria. Il diavolo istigava la ribellione nelle donne – e infatti il diavolo è stato il primo ribelle: Lucifero ha disobbedito a Dio, si è ribellato 4 Nei fondi antichi delle biblioteche, durante l’arco cronologico considerato in questo mio scritto, tra le centinaia di migliaia di libri scritti da uomini, i testi pubblicati da donne si contano in poche decine, e si tratta quasi sempre di rime, romanzi, testi devozonali. 5 Sebastiano Vassalli. La Chimera. Romanzo ispirato alle molte storie di ragazze sole, giovani e concupite dagli uomini, stritolate dai meccanismi dell’Inquisizione, che Vassalli racconta con struggimento attraverso la vicenda dell’orfana Antonia, contadina del novarese nel Seicento. 6 Le donne, come i paria della storia, hanno sempre lavorato, e duramente! Ma il loro lavoro sommerso non era riconosciuto, come tutto il sommerso che viene indagato dalla microstoria, con un approccio di cui in Italia fu pioniere lo storico e sociologo comasco Raul Merzario. Esemplare e innovativo il suo approccio storiografico ne Il paese stretto: strategie matrimoniali nella diocesi di Como, secoli 16.-18., in cui vengono analizzati gli scambi matrimoniali in relazione alla gestione delle risorse economiche e sociali da parte delle comunità. Nella collana Laterza “Storia delle donne in Italia” vi sono libri sulla storia di genere, il lavoro delle donne dal Medioevo all’Età Moderna, sull’amore, il matrimonio e la maternità e i diversi ruoli agiti dalle donne nel corso del tempo. 7 Ottavia Niccoli. Storie di ogni giorno in una città del Seicento, 2000. alla Sua volontà – perciò le donne disobbedienti potevano essere accusate di aver “ballato con il diavolo” e cioè di frequentarlo e seguirne i consigli. “Streghe” erano giovani donne anche soltanto moderatamente benestanti che, rimaste orfane o vedove, se non accettavano un matrimonio imposto o il convento, potevano venir eliminate dai partenti maschi dall’asse ereditario, attraverso un’accusa di stregoneria estremamente funzionale perché collaudata e costruita ad arte, mettendo in circolazione maldicenze, corrompendo con denaro per disseminare calunnie, sospetti e prove. C’erano infine, tra le “streghe”, donne più che indigenti, fragili psichicamente e ai margini della società. Erano quindi donne in carne e ossa, le streghe, e i loro nomi emergono dai documenti e dalle testimonianze, anche recenti. I roghi hanno cominciato ad accendersi nel Medioevo, e la lotta alle eresie è stata la scuola che ha portato al consolidamento delle tecniche di persecuzione messe in pratica nel Rinascimento 8, per raggiungere il parossismo nel Seicento e continuare: le condanne per stregoneria si sono protratte fino all’Illuminismo, tempo in cui cambiarono le pene ma non la sostanza delle accuse. Strega era la pittrice Artemisia Gentileschi (1593-1653) che aveva osato accusare il suo violentatore. La tortura venne applicata alle mani, strumento di un lavoro, l’artista, non adatto a una donna. Di stregoneria venne accusata la disinibita poetessa veneziana Veronica Franco (1546-1591), salvata da amicizie altolocate come raccontano le cronache di questa vicenda. Strega è stata Beatrice Cenci (15771599), che uccise suo padre esasperata dalle violenze subite fin da bambina e ci fu chi disse che era stata Beatrice ad averlo sedotto con arti magiche. Strega era la governate Caterina Medici 9, accusata di aver fatto ammalare, nei primi anni del ‘600 a Milano, il nobiluomo da cui lavorava mediante una fattura; streghe erano le contadine Domenica Trameri e la figlia10 (bruciate a Bormio nel 1630) e la conterranea Maddalena Lazzari 11, che nel 1672 venne accusata dell’inesistente delitto di stregoneria, torturata, arsa viva, decapitata (le ceneri furono sparse nell’Adda 12), come scrisse Maurizio Monti nel 1864. Essere “strega” era un delitto “a prescindere” e che cosa la strega poteva aver fatto o non fatto, non aveva 8 Luciano Parinetto. Streghe e politica. Dal Rinascimento italiano a Montaigne, da Bodin a Naudé, 1983 Per l’esecuzione di Caterina Medici per la prima a Milano volta venne eretto un palco alto otto metri in piazza Vetra. 10 Roberto Grassi. La voce delle streghe, 2007. Dalle carte d’archivio, la ricostruzione della vicenda di due vittime dell’Inquisizione. 11 Filippo DI Gregorio. L’ultimo rogo. Una storia italiana. 2004. L’autore mette in relazione la storia di Maddalena Lazzari con una vicenda accaduta a Como negli anni settanta del Novecento, disvelando la continuità dei meccanismi di persecuzione nei confronti di “vittime designate”. 12 Sui processi nel contato di Bormio, le modalità di svolgimento degli interrogatori, le modalità di raccolta delle prove, la chiamata in correità, il ruolo dei periti; consiglio la lettura del recente lavoro di Valerio Giorgetta: E le ceneri gettate nell’acqua, 2015. 9 importanza. Una volta imputate alla strega atti malvagi, sempre gli stessi che compiano nei manuali dell’inquisizione, questi venivano elencati alla poveretta, che ammetteva qualsiasi cosa sotto tortura. Durante l’illuminismo le accuse di stregoneria non cessarono, mutarono in accuse di omicidio e veneficio e nei processi riemerge il tema della conoscenza dei “segreti” delle erbe. Illuministi milanesi e napoletani si costituiscono parte civile in questi ultimi processi negli anni in cui a Maria Gaetana Agnesi, genio precoce, veniva offerta la cattedra universitaria di matematica, che non occupò mai, “preferendo” ritirarsi a vita privata. Che cosa ci dice, la storia delle streghe? Racconta quanto sia facile costruire uno stereotipo sociale, purtroppo e in molti casi con la complicità delle donne; dà indicazioni sui meccanismi di creazione di un particolare modello – la vittima designata - che oggi, nell’era di internet, può assumere forme e dimensioni spaventose. Afferma come sia semplice, con l’esercizio della violenza, generare un clima di sospetto e paura che può portare, mediante condanne esemplari, addirittura al terrore. Sappiamo che in molti paesi nel mondo, oggi, questo stato di cose è realtà: allora come ora alle esecuzioni si dava molta pubblicità ed enfasi, perché esse rappresentano l’apice della strategia del controllo. È possibile capire la maturità sociale e politica delle repubbliche democratiche, e cioè dell’organizzazione politica migliore e più garantista dei diritti dei cittadini che finora sia stata concepita, osservando la condizione delle donne. La stretta del controllo sociale inizia dal voler controllare le donne: perciò la condizione femminile è la carta al tornasole della libertà e della salute dell’intera società. La storia delle streghe insegna che ogni volta che le donne hanno cercato di entrare in territori maschili e emanciparsi, contando sulla propria intelligenza e capacità, sono state fermate, e invita infine a riflettere sul tema della libertà e della complicità con il potere, che segna la differenza tra partecipare e subire, tra essere cittadini oppure sudditi 13. Chiara Milani Presidente CIRE. Centro Insubrico Ricerche Etnostoriche 13 Étienne de la Boétie (1530-1563) Discours de la servitude volontaire (Discorso sulla servitù volontaria). La prima edizione italiane in traduzione fu pubblicata a Napoli nel 1799. Recentemente di nuovo pubblicato a cura di Enrico Doneggio nel 2014. Chiara Milani, filosofa e bibliologa, studiosa sistemi di conoscenza e storia delle idee si occupa di organizzazione culturale. Ha insegnato biblioteconomia all’Università dell’Insubria ed è membro del Centro Speciale di Scienza e Simbolica dei Beni Culturali dell’Università dell’Insubria (sede di Como). Ha pubblicato numerosi articoli di bibliologia, storia di genere e bibliografie tematiche. Attualmente è responsabile scientifico della Biblioteca comunale di Como occupandosi in particolare dei fondi antichi, dei rapporti con studiosi e istituti di ricerca e curando mostre sul patrimonio documentale, dai manoscritti ai libri d’artista. Ha fondato e attualmente presiede il Centro Insubrico di Ricerche Etnostoriche (CIRE) che ha lo scopo di indagare il fenomeno della persecuzione in ogni epoca e luogo, e della caccia alle streghe.