1_INTRODUZIONE_amnesty 2013 - amnesty :: Rapporto annuale

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DUEMILA
AMNESTY INTERNATIONAL RAPPORTO 2013
LA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO
MEDIO ORIENTE E AFRICA DEL NORD
ALGERIA
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RAPPORTO 2013
ALGERIA
REPUBBLICA ALGERINA
DEMOCRATICA E POPOLARE
Capo di stato: Abdelaziz Bouteflika
Capo del governo: Abdelmalek Sellal
(subentrato ad Ahmed Ouyahia
a settembre)
Le autorità hanno continuato a limitare le libertà d’espressione, associazione e riunione,
disperdendo le manifestazioni e vessando i difensori dei diritti umani. Le donne hanno
subito discriminazioni nella legge e nella prassi. I responsabili delle gravi violazioni dei
diritti umani compiute nel corso degli anni Novanta, oltre che di tortura e altri maltrattamenti nei confronti di detenuti in anni successivi, hanno continuato a godere dell’impunità. I gruppi armati hanno compiuto attacchi che hanno causato perdita di vite umane.
Sono state segnalate almeno 153 condanne a morte; non ci sono state esecuzioni.
CONTESTO
L’anno è stato caratterizzato da proteste e manifestazioni da parte di sindacalisti e altri
contro la disoccupazione, la povertà e la corruzione. Queste sono state disperse dalle
forze di sicurezza, che hanno inoltre ostacolato manifestazioni programmate, bloccandone l’accesso o arrestando i partecipanti.
La situazione dei diritti umani dell’Algeria è stata analizzata secondo l’Esame periodico
universale delle Nazioni Unite a maggio. Il governo non ha messo in atto le raccomandazioni che lo esortavano ad abolire le leggi emanate durante lo stato d’emergenza, in
vigore dal 1992 al 2011, ad allentare le restrizioni alle libertà d’espressione, associazione e riunione e a riconoscere il diritto alla verità delle famiglie delle vittime di sparizioni forzate, avvenute negli anni Novanta.
L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha visitato l’Algeria a settembre
e ha discusso con le autorità in merito a una visita, da lungo tempo richiesta, da parte
del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate o involontarie.
LIBERTÀ D’ESPRESSIONE E ASSOCIAZIONE
Le nuove norme legislative in materia d’informazione e d’associazione, adottate nel dicembre 2011, hanno limitato l’attività giornalistica dei mezzi d’informazione in merito
a tematiche inerenti la sicurezza dello stato, la sovranità nazionale e gli interessi economici dell’Algeria e rafforzato i controlli sulle Ngo, conferendo alle autorità il potere di
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MEDIO ORIENTE E AFRICA DEL NORD
sospenderle o di scioglierle e negando loro la registrazione o la possibilità di ricevere
fondi. Le disposizioni contenute nel codice penale sono state utilizzate per perseguire
penalmente i giornalisti con l’accusa di diffamazione.
Manseur Si Mohamed, un giornalista de La Nouvelle République di Mascara, a giugno è stato multato e
condannato a due mesi di reclusione per “commenti diffamatori”, per aver riportato la notizia che un funzionario statale non aveva provveduto ad applicare una decisione giudiziaria. È rimasto in libertà in attesa
dell’appello.
A ottobre, le autorità hanno rigettato una domanda di registrazione presentata dall’Associazione nazionale
per la lotta alla corruzione (Association nationale de lutte contre la corruption – Anlc), senza fornire motivazioni specifiche.
LIBERTÀ DI RIUNIONE
Nonostante la revoca dello stato d’emergenza nel 2011, le autorità hanno continuato a
vietare le manifestazioni ad Algeri, in base a un decreto del 2001. Qui, come in altre località, le forze di sicurezza hanno impedito le manifestazioni bloccandone l’accesso o
attuando arresti oppure le hanno disperse facendo ricorso alla forza o minacciando di
farlo.
Secondo le notizie riportate, il 24 aprile le forze di sicurezza hanno percosso duramente e arrestato impiegati
giudiziari che tenevano un sit-in di protesta per le loro condizioni di lavoro.
DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI
Le autorità hanno continuato a vessare i difensori dei diritti umani, ricorrendo tra l’altro
all’autorità dei tribunali.
Abdelkader Kherba, membro della Lega algerina per la difesa dei diritti umani (Ligue algérienne pour la
défense des droits de l’homme – Laddh) e del Comitato nazionale per la difesa dei diritti dei disoccupati
(Comité pour la défense des droits des chômeurs – Cnddc), a maggio è stato multato e condannato a un
anno di reclusione con sospensione della pena, dopo che un tribunale lo aveva ritenuto colpevole di “incitamento a formare un raduno”, per aver preso parte e aver filmato un sit-in di protesta degli impiegati
giudiziari. È stato trattenuto in custodia dal 19 aprile al 3 maggio. È stato nuovamente arrestato, detenuto
e perseguito penalmente, dopo aver tentato di riprendere ad agosto una manifestazione contro i tagli della
fornitura d’acqua a Ksar El Boukhari, nella provincia di Médéa. È stato incriminato per oltraggio e violenza
contro pubblico ufficiale e prosciolto e rilasciato l’11 settembre.
A ottobre, Yacine Zaïd, attivista sindacale e presidente della sezione di Laghouat della Laddh, è stato arrestato e percosso dalla polizia. È stato condannato a sei mesi di reclusione con sospensione della pena
e multato per “violenza contro un agente dello stato”. Malgrado le prove mediche, il tribunale ha ignorato
le sue accuse di aggressione nei confronti della polizia.
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RAPPORTO 2013
Yacine Zaïd e altri tre difensori dei diritti umani che avevano partecipato a un sit-in organizzato davanti
al tribunale in cui veniva processato Abdelkader Kherba, ad aprile, sono stati incriminati per “incitamento
a formare un raduno non armato”, accusa che comporta una pena fino a un anno di reclusione. Il 25 settembre, il tribunale ha dichiarato di non avere la competenza per processarli; tuttavia, a fine anno le
accuse a loro carico rimanevano pendenti.
CONTROTERRORISMO E SICUREZZA
Gruppi armati, compresa al-Qaeda nel Maghreb islamico (Al-Qa’ida in the Islamic Maghreb – Aqim), hanno compiuto attacchi dinamitardi e di altro tipo, per lo più contro
obiettivi militari. Le autorità hanno fatto sapere dell’uccisione di membri di gruppi armati
da parte delle forze di sicurezza ma hanno rivelato pochi particolari, facendo temere
che alcuni fossero in realtà stati vittime di esecuzioni extragiudiziali. Secondo le notizie
riportate, almeno quattro civili sono stati uccisi da ordigni o dal fuoco delle forze di sicurezza. Il dipartimento dell’informazione e della sicurezza (Department pour le renseignement et la sécurité – Drs) ha mantenuto ampi poteri d’arresto e detenzione, compresa
la detenzione in incommunicado di sospetti terroristi, favorendo episodi di tortura e altri
maltrattamenti.
Abdelhakim Chenoui e Malik Medjnoun, mandati in carcere nel 2011 per l’omicidio del cantante Lounès
Matoub, sono stati rilasciati rispettivamente a marzo e a maggio. Entrambi erano stati trattenuti ininterrottamente dal 1999, fino al loro processo nel 2011. Abdelhakim Chenoui ha affermato di essere stato costretto a “confessare” sotto coercizione e Malik Medjnoun ha sostenuto di essere stato torturato in
detenzione dai servizi di sicurezza, nel 1999.
IMPUNITÀ PER LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI DEL PASSATO
Le autorità non hanno intrapreso iniziative per indagare sulla migliaia di sparizioni forzate
e altre violazioni dei diritti umani, commesse durante il conflitto armato interno degli
anni Novanta. La carta per la pace e la riconciliazione nazionale (Legge 06-01), in vigore
dal 2006, ha assicurato l’immunità alle forze di sicurezza e ha criminalizzato le pubbliche critiche al loro operato. Le famiglie delle persone che erano state vittime di sparizione
forzata hanno dovuto accettare certificati di morte per poter ricevere un risarcimento ma
sono state loro negate informazioni sulla sorte dei loro parenti scomparsi. Coloro che
continuavano a invocare verità e giustizia sono stati vittime di vessazioni.
Mohamed Smaïn, ex presidente della sezione di Ralizane della Laddh, impegnato per ottenere verità e giustizia per le famiglie delle persone scomparse, è stato arrestato a giugno dopo che non aveva risposto a
una mandato di comparizione da parte del procuratore di Relizane. La convocazione si riferiva a una condanna a due mesi di reclusione e al pagamento di ammende per aver criticato le autorità, che avevano
spostato i cadaveri da una fossa comune a Relizane nel 2001. La sentenza a suo carico era stata confermata dalla Corte suprema nel 2011. È stato poi rilasciato con un provvedimento di grazia presidenziale
emanato a luglio, per motivi di salute.
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MEDIO ORIENTE E AFRICA DEL NORD
DIRITTI DELLE DONNE
Le donne hanno continuato a subire discriminazioni nella legge e nella prassi. Tuttavia,
a seguito della legislazione introdotta nel 2011 per accrescere la rappresentanza femminile in parlamento, le donne hanno ottenuto quasi un terzo dei seggi alle elezioni nazionali di maggio.
A marzo, il Comitato Cedaw ha esortato il governo a riformare il codice di famiglia, per
dare alle donne gli stessi diritti degli uomini su tematiche come matrimonio, divorzio,
custodia dei figli ed eredità. Il Comitato ha inoltre sollecitato il governo a ritirare le riserve
dell’Algeria alla Cedaw, a ratificare il Protocollo opzionale alla Cedaw, a emanare leggi
finalizzate a tutelare le donne contro la violenza domestica e di altro tipo e ad affrontare
la disuguaglianza di genere nel campo dell’istruzione e dell’impiego.
PENA DI MORTE
I tribunali hanno emesso almeno 153 sentenze capitali, per lo più nei confronti d’imputati che erano stati condannati in contumacia, ritenuti colpevoli di reati relativi al terrorismo. Non ci sono state esecuzioni; le autorità hanno mantenuto una moratoria de facto
sulle esecuzioni in vigore dal 1993.
Otto uomini sono stati condannati a morte il 25 ottobre, dopo essere stati giudicati colpevoli di rapimento
e omicidio. Almeno due degli imputati hanno sostenuto di essere stati torturati in detenzione preprocessuale
nel 2011.
RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Algérie: La suspension d’un avocat stagiaire et militant des droits humains doit être immédiatement levée (MDE 28/001/2012)
Activists targeted in Algeria (MDE 28/002/2012)
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