L`outplacement visto come investimento

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L`outplacement visto come investimento
L’outplacement visto come investimento
Separazione più o meno dolorosa
Spesso, in tempi di crisi le imprese non riescono ad evitare, nonostante tutti gli sforzi compiuti, a dovere
ricorrere a licenziamenti. La separazione dalla persona licenziata può tuttavia avvenire in modo più o
meno doloroso. Con una buona assistenza, l’azienda può infatti aiutare in modo significativo la persona
colpita.
Sono soprattutto le PMI ad essere confrontate con questa tematica: sebbene le piccole e medie imprese
non possano contare su schiere di esperti del personale come le grandi società, devono comunque
occuparsi dei propri collaboratori. Infatti, proprio come i clienti insoddisfatti, i collaboratori delusi per il
proprio licenziamento sono soliti dare sfogo al proprio malumore, finendo per danneggiare sia l’ambiente
di lavoro che la reputazione della società.
Tre fasi
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Stefan Rütti , della società di consulenza in ambito di outplacement DBM, avverte dei danni economici che
le imprese potrebbero subire in caso di licenziamento. Rütti consiglia di non sottovalutare gli
“ammortamenti” finanziari. Nel caso di un outplacement, gli incentivi finanziari potrebbero a lungo
termine avere effetti maggiori del semplice pagamento di un indennizzo.
L’anglicismo “outplacement” descrive l’assistenza professionale fornita in caso di nuovo orientamento
professionale. Rütti suddivide l’outplacement in tre fasi: prima di tutto si tratta di superare lo choc causato
dal licenziamento. Dopo un breve periodo di opposizione, segue la sensazione di smarrimento: spesso
predominano sensazioni negative, paura e mancanza di fiducia in se stessi. Con la giusta formazione, i
consulenti riescono, già in questa prima fase, a far prendere una nuova direzione ai pensieri negativi, in
modo tale che il diretto interessato possa vedere nella sua situazione non solo aspetti negativi, ma anche
delle occasioni.
La seconda fase verte sulla strategia da adottare durante le candidature, ivi inclusa la preparazione della
necessaria documentazione. Nell’ultima fase, invece, le nozioni apprese devono essere messe in pratica in
modo proficuo. Il candidato dovrà essere perfettamente in grado di negoziare con la controparte eventuali
dettagli del contratto e adottare dopo l’assunzione dell’incarico il giusto comportamento. Quest’ultimo
rappresenta un fattore importante, in quanto le persone che durante il colloquio di candidatura non fanno
altro che puntare il dito contro l’ex azienda o gli ex superiori per la situazione nella quale si trovano hanno
pochissime possibilità di riuscita.
Più vantaggi che svantaggi
Secondo Rütti, i collaboratori che hanno seguito un programma di outplacement, oltre ad essere più
motivati trovano tre volte più velocemente un nuovo collocamento professionale. Inoltre, la visione neutra
aiuta ad elaborare mentalmente quanto accaduto. Risultato: un aumento sia della motivazione che una
migliore impostazione mentale per la nuova sfida professionale.
Un investimento anche finanziario, perché le consulenze individuali possono arrivare a costare uno-due
mesi di salario, mentre di regola i workshop con più partecipanti costano di gran lunga meno.
Ciononostante, Rütti consiglia di non limitarsi ai soli workshop, ma di optare per una combinazione di
workshop e consulenze personalizzate.
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Stefan Rütti. “Der stilvolle Umgang mit entlassenen Mitarbeitern”. In: KMU 3/2009
(postfinance.ch / GK Dossier) it 06.2010 PF
Il processo di outplacement garantisce vantaggi anche all’impresa che ha licenziato. L’investimento
migliora l’immagine di cui gode la società sul mercato, poiché la responsabilità sociale dimostrata viene
percepita come un comportamento esemplare. In questo modo è altresì possibile diminuire il numero di
conflitti giuridici. Per questo motivo l’outplacement non deve essere visto come sinonimo di costi, ma
come un investimento per il bene della società.