: “LE TEORIE DELL`APPRENDIMENTO”

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: “LE TEORIE DELL`APPRENDIMENTO”
LEZIONE:
“LE TEORIE DELL’APPRENDIMENTO”
PROF. CATERINA VALENTINO
Le teorie dell’apprendimento
Indice
1 Introduzione --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 Il comportamentismo: pavlov e skinner------------------------------------------------------------------------------------ 4 3 Il cognitivismo di prima e seconda generazione -------------------------------------------------------------------------- 6 3.1 3.2 3.3 3.4 4 PIAGET ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 6 BRUNER ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 9 VYGOTSKIJ -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10 GARDNER --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 Il costruttivismo---------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14 Bibliografia ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17 Sitografia ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 18 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Le teorie dell’apprendimento
1 Introduzione
Secondo la definizione dello psicologo Ernest Hilgard, l’apprendimento è un processo
intellettivo attraverso cui l’individuo acquisisce conoscenze sul mondo che,successivamente,utilizza
per strutturare e orientare il proprio comportamento in modo duraturo. Esso può essere il risultato di
processi spontanei o può essere guidato da un intervento esterno.
I processi che sottendono l’apprendimento umano e il progresso dell’apprendimento
elaborato dalla psicologia educativa ha seguito diverse tappe,classificabili in relazione alle grandi
scuole psicologiche del Novecento: il Comportamentismo, il Cognitivismo, il Costruttivismo.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Le teorie dell’apprendimento
2 Il Comportamentismo: Pavlov e Skinner
Il fisiologo russo Ivan Pavlov e lo psicologo inglese John Watson si oppongono alla
psicologia tradizionale che fondava il suo principio su “concetti mentalistici” quali la
coscienza,l’attività del pensiero, le impressioni soggettive, non suscettibili di verifica.
Secondo questi autori, per progredire nella conoscenza dei fenomeni psichici,bisognava
abbandonare ogni richiamo introspezionistico e cercare delle spiegazioni basandosi soltanto sui dati
effettivamente osservati.
Negli esperimenti di Pavlov (che con i cani evidenziò come ad un determinato stimolo
succedeva una determinata risposta, in particolare al suono del campanello-stimolo-succedeva la
salivazione o meglio il senso di fame –risposta-) sui riflessi condizionati venivano valutati soltanto i
dati obiettivi,ossia gli stimoli forniti dallo sperimentatore e le risposte del soggetto sottoposto
all’esperimento e non si consideravano affatto le impressioni soggettive di quest’ultimo. Ebbe così
inizio la cosiddetta psicologia obiettiva che, risentendo anche delle idee evoluzionistiche diffuse da
Darwin,si proponeva di individuare i determinanti materiali del fenomeno psichico.
Muovendosi sulla base di queste indicazioni,psicologi statunitensi,più rappresentativamente
Burrhus F. Skinner, presero a studiare i meccanismi dell’apprendimento e ben presto scoprirono che
oltre al condizionamento “classico” pavloviano esisteva anche un altro possibile tipo di
condizionamento,definito “operante” o “strumentale”.
La teoria del condizionamento operante rinforza a posteriori un comportamento liberamente
e spontaneamente espresso dall’organismo, che viene successivamente premiato (o punito) .
Esempi classici ci riportano ad esperimenti su animali. La situazione tipo è rappresentata da
un piccione o un topo posto in una scatola in cui è presente una leva e un’apertura. Lo
sperimentatore attende che il piccione, nell’esplorazione dello spazio in cui si trova, prema la leva;
a questo punto egli fa cadere dall’apertura un po’ di cibo. Ripetendo più volte l’operazione, il
piccione impara a schiacciare la leva ogni volta che ha fame e apprende un metodo di procurarsi il
cibo, estraneo alle sue abitudini innate.
In pratica gran parte del comportamento è governato da leggi legate alla ricompensa ed alla
punizione di atti compiuti.
Skinner riconosce,dunque, quale unica legge il rinforzo, che il più delle volte dipende dalle
selezioni operate dall’ambiente e per l’ambiente.
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Le teorie dell’apprendimento
Le sue analisi delle variabili di una situazione portano conseguenze interessanti per
l’insegnamento,conseguenze che hanno promosso lo sviluppo di macchine per insegnare e
dell’istruzione programmata.
Le nozioni da imparare vengono divise in ‘quadri’, chi apprende risponde ad ognuna di
queste unità e, se risponde esattamente, viene informato e di conseguenza rinforzato.
Il rinforzo permetterà il passaggio al quadro successivo. Così l’allievo potrà seguire un suo
ritmo progressivo, potrà avere rinforzo senza aspettare il resto della classe.
Una concezione dell’apprendimento così intesa finisce col considerare in modo passivo il
ruolo dell’organismo che apprende, mettendo soprattutto in rilievo l’influenza dell’ambiente.
Naturalmente molti psicologi non concordano con questa visione dell’apprendimento. Per essi
l’apprendimento è un’attiva e personale soluzione di un problema e non un casuale processo di
tentativi ed errori, presuppone, dunque, una comprensione globale della situazione a cui corrisponde
una rappresentazione interna (mentale) elaborata attraverso la percezione e la conoscenza, cioè
attraverso i processi cognitivi.
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3 Il Cognitivismo di prima e seconda generazione
Il Cognitivismo comprende vari ambiti di ricerca “che sono accomunati da una serie di
principi,come quelli delle basi biologiche dei processi psichici, dello sviluppo, del mentalismo,della
simulazione e, infine, del costruttivismo.”
Il comportamentismo e il cognitivismo di prima generazione nascono dal paradigma
oggettivista che presuppone l’esistenza di una realtà esterna ed oggettiva:quindi si traduce nella
pratica dell’insegnamento come trasmissione di conoscenze ed abilità,attraverso l’uso delle
consunte metafore del ‘travaso di saperi’e della famigerata tabula ‘ rasa ‘da iscrivere.
Il cambiamento radicale si ha con il Cognitivismo di seconda generazione che prende le
distanze sia dal Comportamentismo sia da un certo Cognitivismo modello H.I.P. (Human
Information Processing), detto appunto Cognitivismo di prima generazione,per cui la mente era
concepita come un elaboratore di informazioni organizzata in modo sequenziale.1
Nel corso degli anni ’80 si manifestano forti segni di insoddisfazione per questi impianti
teorici e si va sempre più diffondendo l’idea che il mondo sia una costruzione derivata dalla nostra
esperienza ed il soggetto che apprende compie un’azione di attiva costruzione della conoscenza.
Non tutti gli psicologi cognitivisti hanno,però,fatti propri questi principi, eccezion fatta per il
cognitivismo degli anni 60-70.
3.1
Piaget
Il modello cognitivista trova la sua giustificazione teorica nell’epistemologia genetica di
Jean Piaget. La sua è psicologia genetica perché descrive gli stadi fondamentali dello sviluppo
intellettivo ontogenetico e la loro successione ed è epistemologica perché si pone l’obiettivo di
individuare le condizioni che consentono alla mente di riorganizzare cognitivamente la realtà
esterna.
Per Piaget l’intelligenza non è altro che uno dei modi in cui può avvenire l’adattamento tra
un organismo e il suo ambiente, attraverso la continua evoluzione che l’organismo ha a sua
disposizione per interagire con l’ambiente.
Questa evoluzione degli schemi adattivi avviene secondo il doppio e sinergico movimento
dell’assimilazione e dell’accomodamento.
1
Maria Annarumma “teorie dell’apprendimento”pag.10,da lezioni unipegaso.it
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Si ha assimilazione quando uno schema viene esteso, ripetendolo su oggetti o in situazioni
diverse da quelle cui era inizialmente destinato: ad esempio quando il bambino impara a succhiare il
lenzuolino o il dito, estendendo uno schema originariamente destinato al capezzolo materno e alla
situazione di allattamento.
Si ha accomodamento quando modifica i suoi schemi adattivi in presenza di una realtà
nuova e irriducibile agli schemi di cui è dotato: può essere il caso del bambino che per entrare in
possesso dei giocattoli non può semplicemente afferrarli e deve imparare a tirare prima il lenzuolino
su cui sono i giocattoli.
I due processi sono complementari, in quanto rendono possibile un equilibrio dinamico
nell’attività cognitiva; laddove dovesse esserci il sistematico prevalere dell’una o dell’altra funzione
avremmo il dogmatismo e il conformismo.
L’equilibrio fra organismo e ambiente viene definito da Piaget adattamento.
Lo sviluppo dell’intelligenza non è altro che la prosecuzione delle prime forme di equilibri
verso le più complesse,che rendono l’essere umano capace di slegarsi sempre di più dai
condizionamenti ambientali per giungere all’adattamento attraverso il pensiero astratto.
In questa luce, Piaget considera come fasi iniziali dello sviluppo intellettivo tutti i momenti
dello sviluppo umano; in questo cammino distingue degli stadi di sviluppo, ognuno dei quali non è
solo una tappa intermedia, ma ha caratteristiche tali da poter parlare di diverse forme di intelligenza.
Il primo stadio è definito stadio senso motorio e va dalla nascita fino ai due anni circa. In
questo stadio il bambino recepisce con i sensi ed interagisce con l’ambiente attraverso la sua
motricità ovvero perfeziona i suoi schemi senso-motori al fine di meglio padroneggiare l’ambiente
che lo circonda. Le attività di questo stadio sono il gioco, l’imitazione differita e il linguaggio.
Dai due ai sette anni si ha lo stadio dell’intelligenza preoperatoria in cui la capacità
rappresentativa consente l’interiorizzazione dell’azione nel pensiero. In questa fase viene elaborata
gradualmente la capacità di raggruppare in classi gli oggetti e gli stimoli che si erano differenziati
nella fase precedente. Piaget, col classico esempio delle perline versate in due bicchieri uguali e in
eguali quantità,ci mostra come il pensiero intuitivo si lascia fuorviare da centrazioni percettive,
quando,vuotato uno dei bicchieri in uno più stretto e più alto, il bambino dirà che ci sono più perline
in quello più alto, senza tener conto delle fasi del processo. La sua è una rappresentazione del
mondo in cui l’egocentrismo ancora fortissimo si fonde con embrionali capacità di un pensiero
oggettivo. La partecipazione magica, l’animismo e l’artificialismo sono i tratti essenziali di questa
rappresentazione.
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Tra i sette e gli undici anni si utilizza il pensiero propriamente operatorio, in cui il bambino
acquisisce la capacità di utilizzare le proprie immagini mentali in modo da raggiungere la
reversibilità e in cui compie le prime e vere operazioni logiche:la classificazione, le relazioni, la
numerazione. La reversibilità del pensiero gli consente, ad esempio,di sviluppare le nozioni di
invarianza e conservazione, su cui poi posano i concetti di volume, peso, massa, di sviluppare una
corretta concezione dello spazio geometrico, di velocità, di tempo cronometrico, di raggiungere
nell’insieme una visione oggettiva, di applicare leggi, ecc.
Verso gli undici-dodici anni si raggiunge il pensiero operatorio astratto. E’ la fase che si
estende fino all’età adulta, occupando la preadolescenza e l’adolescenza. Il bambino raggiunge la
capacità di ragionare deduttivamente, facendo ipotesi sulle possibili soluzioni di un problema e
tenendo conto contemporaneamente di molte variabili.
I risultati delle ricerche di Piaget hanno avuto notevoli applicazioni in campo didattico in
relazione all’insegnamento delle scienze naturali, della storia, della geografia, ma soprattutto
dell’aritmetica e della geometria. Per quanto riguarda la matematica, ad es. dice lo stesso Piaget
(Dove va l’educazione) che “Indubbiamente è indispensabile arrivare all’astrazione…ma
l’astrazione non è che una specie di inganno e di deviazione mentale se non costituisce il punto di
arrivo di una serie ininterrotta di azioni concrete anteriori.” La vera causa degli insuccessi
dell’educazione formale dipende dunque essenzialmente dal fatto che si incomincia con il
linguaggio (accompagnato da disegni, da azioni fittizie o raccontate, ecc.), invece di cominciare con
l’azione reale e materiale, legata alle esperienze personali, in un processo graduale di ricerca di
soluzioni. Principio della gradualità, dunque, ma anche ricerca come metodo, appello all’attività,
alle attività concrete nell’insegnamento di primo grado e alle esperienze personali sono le
indicazioni didattiche operative che emergono dalla psicologia piagetiana.
Nella teoria di Piaget, il linguaggio occupa una posizione decisiva, in quanto strumento
ideale delle strutture mentali e in quanto accompagna lo sviluppo del pensiero operatorio. Tuttavia
non è l’acquisizione del linguaggio che determina il passaggio al pensiero operatorio perché esso
può venire recepito ed utilizzato pienamente solo quando lo sviluppo delle strutture mentali ha
raggiunto un certo stadio.
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3.2
Bruner
Jerome Bruner condivide largamente le idee di Piaget, dissente, però, sul rapporto tra
sviluppo del linguaggio e sviluppo del pensiero. Per lui l’acquisizione del linguaggio è rilevante per
lo sviluppo mentale.
Interiorizzando proprio le strutture linguistiche che vengono insegnate,il bambino si
costruisce la realtà, secondo certi schemi simbolici come la categorizzazione, la generalizzazione, la
casualità ecc. Naturalmente tale costruzione deriva dal tipo di cultura da cui il bambino è
influenzato in quanto la struttura del pensiero riflette quella del linguaggio esistente in una certa
cultura: se un bambino nasce in America o in Italia, egli diviene un bambino operazionale; se nasce
in un villaggio o tra gli Eschimesi, egli può rimanere a livello manipolativo e iconico, pur
avvalendosi di un linguaggio che sarà appropriato alla situazione. La differenza fondamentale tra
Bruner e Piaget sta, dunque, nel diverso peso dato alla cultura e all’educazione nello sviluppo
cognitivo.
Per Bruner i bambini, attraverso l’acquisizione di alcune strutture linguistiche, sono messi in
condizione di rappresentarsi una situazione in modo relativamente indipendente da ciò che è
immediatamente sotto i loro occhi. Questa capacità, che trova nel linguaggio il suo culmine, è il
problema centrale dello sviluppo cognitivo.
Nel corso dello sviluppo si succedono tre codici rappresentativi.
Nella prima fase il bambino è capace di una rappresentazione attiva, costituita da un
insieme di schemi di azione che si associano stabilmente a certi stimoli: così il biberon è
rappresentato dallo schema ‘bianco, caldo, afferrare, succhiare, piacere’.
Il secondo codice è la rappresentazione iconica, in cui il margine mentale o uno schema
spaziale interno è relativamente indipendente, ancora, però, legato all’associazione tra stimoli
esterni e sensazioni interne.
Il terzo codice è la rappresentazione simbolica, costituito da una serie di schemi astratti,
che vengono appresi dalla cultura del proprio gruppo. Attraverso la rappresentazione simbolica noi
acquisiamo dei filtri attraverso cui apprendiamo a vedere il mondo a un certo modo, secondo
schemi non universali e oggettivi, ma culturali e contingenti.
Come è facile capire, la differenza fondamentale tra Piaget e Bruner ha enormi e diverse
ripercussioni sul modo di concepire il ruolo dell’educazione e dell’insegnamento: se, infatti, Bruner
ha ragione, è possibile anticipare lo sviluppo cognitivo attraverso un apprendimento precoce del
leggere e dello scrivere. Il substrato biologico è vincolo e/o condizione per l’azione, vincolo che
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l’uomo trascende mediante gli strumenti protesici della cultura. Le potenzialità intellettive si
dispiegano mediante il pensiero paradigmatico (scientifico) e il pensiero narrativo che si basa sulla
condivisione. La narrazione è considerata da Bruner come “modello mentale” cioè una modalità di
pensare e organizzare la realtà rendendola realtà interpretata, andando oltre aspetti logici e
sistematici della vita mentale così come venivano interpretati da Piaget. Egli afferma che la scuola
deve divenire un luogo di negoziazione dei risultati: in tale contesto pensiero scientifico e narrativo
possono integrarsi e favorire la conoscenza in vari ambiti, dalla scienza alla storia. “Nello studio
dell’uomo il problema non è solo quello di capire i principi causali della sua biologia e della sua
evoluzione, ma di capirli alla luce dei processi interpretativi implicati nel fare significato. Non tener
conto delle limitazioni biologiche del funzionamento umano è peccare di superbia. Sottovalutare il
potere della cultura di plasmare la mente umana e rinunciare ad assumere il controllo di questo
potere è commettere suicidio morale. Una psicologia ben formulata ci può aiutare ad evitare
entrambi questi disastri”2
Per Piaget non sarebbe possibile ottenere risultati con i bambini che non abbiano raggiunto
lo stadio adeguato di sviluppo mentale.
Le teorie precedenti concordano, comunque, nel considerare l’apprendimento come un fatto
fondamentalmente intellettuale e razionale.
3.3
Vygotskij
Il dato biologico, che tanta parte ha nella teoria piagetiana, viene in qualche modo posto
sullo sfondo anche dallo psicologo russo Lev S. Vygotskij, il quale preferisce indirizzare la sua
ricerca verso il ruolo formativo, a livello storico sociale, dell’ambiente. L’intelligenza può usufruire
di diversi strumenti messi a disposizione dall’ambiente per progredire nel suo sviluppo stadiale : il
bambino cresce in stretta interazione con due aspetti della cultura: gli strumenti che essa produce (il
linguaggio orale e scritto, per esempio) e le interazioni sociali (tra adulti e bambini e tra bambini).
Tre temi unificano la teoria complessa e di vasta portata di Lev Vygotskij, esponente della
teoria culturale/cognitiva: l’importanza della cultura, il ruolo del linguaggio e la “zona di
crescita prossimale”.
Vygotskij rivendica al linguaggio (uno degli strumenti di sviluppo),un ruolo di primo piano
nello sviluppo intellettivo del bambino. Esso sostiene e amplifica il pensiero. Se in un primo
momento il pensiero e il linguaggio non hanno un forte legame, con il tempo, in virtù delle capacità
2
http://www.istitutoveneto.it/venezia/documenti/tesi_laurea_dott/tesi_fant_dot/capitolo_2.pdf , pag.40
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del linguaggio di influire sul cervello per formare nuove connessioni cerebrali, si viene a stabilire
un rapporto che ha la funzione di apportare nuovi contenuti al pensiero. Così, se all’inizio il
linguaggio è socializzato,cioè serve per lo più a comunicare, verso i 6-7 anni diventa egocentrico e
poi interiore, permettendo di riflettere intimamente su un problema, svincolato completamente
dall’ambiente e finalmente individualizzato rispetto agli altri. Come si intuisce, una simile
concezione contrasta con quella piagetiana, per cui linguaggio e pensiero sono indipendenti. Questo
diede luogo a una piccola qerelle postuma da parte del ginevrino.
Riguardo all’apprendimento possiamo dire che Vygotskij ha sempre riservato un posto
particolare, nella sua teoria, ai problemi pedagogici. Mettendo in luce il fatto che i bambini hanno
dei punti limite durante lo sviluppo, che rappresentano delle tappe su cui gli adulti possono
intervenire per incrementare le capacità di apprendimento, egli identificò nell’età dei 3 anni lo
spartiacque che divide un primo periodo di apprendimento spontaneo degli avvenimenti
dell’ambiente da uno successivo (coincidente con l’età scolare) in cui la guida del maestro risulta
della massima utilità per incanalare organicamente le potenziali acquisizioni del bambino
(apprendimento reattivo).Compito del maestro diventa allora quello di saper conciliare le esigenze
del bambino di una scarsa strutturazione nell’esplorazione del mondo esterno con il dovere
dell’insegnante di far apprendere il programma di studio (apprendimento spontaneo-reattivo).
Interessante e produttiva sotto il profilo didattico è la nozione vygotskijana di zona di
sviluppo prossimale,definita da lui stesso come “la distanza tra il livello attuale di
sviluppo,determinato dalla capacità di risolvere problemi in modo autonomo, ed il livello di
sviluppo potenziale, determinato dalla capacità di risolvere problemi con la guida di un adulto o con
la collaborazione di pari più bravi”. (Vygotskij 1978) Con questo concetto l’ambiente di
apprendimento non comprende solo bambini e materiale didattico ma anche la comunicazione
interattiva, una interazione guidata che consente di riflettere su eventuali incoerenti idee pregresse
per cambiare le raffigurazioni, attraverso l’azione intelligente di Piaget integrata dal linguaggio.
L’interazione porta ad un “apprendimento collaborativo”, definito da Kaye(1994): “l’acquisizione
da parte degli individui di conoscenze, abilità o atteggiamenti che sono il risultato di un’azione di
gruppo o, detto più chiaramente, un apprendimento individuale come il risultato di un processo di
gruppo”.3 (3)
Dagli studi di Vygotskij e Bruner emerge fortemente il concetto che la conoscenza è legata
all’ambiente e al contesto storico-culturale. L’apprendimento deve realizzarsi in un contesto
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realistico in modo che i discenti possano criticare le idee pregresse stereotipate, non fermarsi a ciò
che credono di conoscere perché lo hanno studiato sui libri e si rendono conto di “quante definizioni
hanno imparato ma non hanno capito”. L’appropriarsi dei metodi di apprendere consente di
selezionare conoscenze, di comprenderle ed utilizzarle in modo appropriato.
3.4
Gardner
Negli anni ’90 Gardner elabora la teoria di sette forme di intelligenza umana (poi integrata
da altre due). Autore di un saggio dal titolo Formae mentis, egli afferma che per intelligenza non
bisogna intendere solo la competenza logico-matematica o quella visivo-spaziale (capacità di
rappresentarsi degli oggetti nello spazio e orientarsi) o l’intelligenza linguistica,ma anche
l’intelligenza corporea-cinestetica, il talento musicale-ritmico, le capacità intrapersonali
(comprendere se stessi e adattarsi in funzione di tali conoscenze) e interpersonali (percepire e
distinguere gli umori, le intenzioni, le motivazioni e i sentimenti degli altri) e, infine, l’intelligenza
naturalistica che è definita come la sensibilità dell’ambiente.
Dopo aver a lungo studiato queste diverse forme dell’ intelligenza sotto il profilo
psicologico, fisiologico, clinico e antropologico, Gardner è giunto alla conclusione che se esistono
tratti comuni tra alcuni tipi di intelligenza e altri (per esempio tra intelligenza musicale ed
intelligenza matematica) è però altrettanto vero che ogni competenza intellettiva è ‘semiautonoma’
dalle altre, ha una sua rappresentazione neurologica e il suo modello caratteristico di perdita di
funzione. Che cosa significa? Significa che i vari tipi di intelligenza hanno caratteristiche
specifiche, non sempre trasferibili ad altre e che una persona può essere più dotata in un tipo di
intelligenza e meno in un altro.
Per questo per “favorire un apprendimento efficace nella variegate gamma di studenti è
necessario da una parte valutarne l’apprendimento secondo diverse modalità, dall’altra riuscire a
presentare le discipline in una molteplicità di modi diversi”.4
Approcci diversi, dunque, che costituiranno “porte di accesso” ad un dato argomento e che
si riferiscono alle intelligenze da lui delineate. Si ha, così:
1-
L’approccio narrativo che si attiva presentando una storia inerente al concetto in
questione.
3
4
http://www.istitutoveneto.it/venezia/documenti/tesi_laurea_dott/tesi_fant_dot/capitolo_2.pdf , pag. 32
op.cit.p.31
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2-
L’approccio logico-quantitativo che si realizza mediante processi di ragionamento
deduttivo.
3-
L’approccio filosofico-concettuale che porta ad esaminare gli aspetti filosofici e
terminologici.
4-
L’approccio estetico che prende in considerazione la bellezza e l’aspetto esteriore.
5-
L’approccio esperienziale che prevede l’esperienza diretta con gli oggetti inerenti al
concetto.
Le cinque porte di accesso ai concetti servono a un insegnante valido e facilitatore di
conoscenze a portare lo studente a scegliere la porta a lui più congeniale per una prestazione
frutto di una comprensione vera e non meccanica.
Sicuramente in tal caso le informazioni apprese possono poi essere utilizzate in ambienti
diversi ed in contesti nuovi.
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4 Il Costruttivismo
A queste brevi trattazioni delle teorie di alcuni esponenti significativi di psicologi ed
educatori,bisognerebbe aggiungere epistemologi,studiosi dell’area cognitiva,progettisti educativi
quali Humberto Maturana, Heinz Von Foerster, Ernst Von Glaserfeld, Francisco Varela, Morin,…
che nel corso degli anni ’80 hanno messo in discussione la possibilità di una conoscenza
“oggettiva”,in quanto sapere totale che rappresenti in modo fedele un ordine esterno indipendente
dall’osservatore e che hanno assunto che la conoscenza:
1- è il prodotto di una costruzione attiva da parte del soggetto;
2- è strettamente collegata alla situazione concreta in cui avviene l’apprendimento;
3- nasce dalla collaborazione sociale e dalla comunicazione interpersonale. (Jonassen
1994).
Jonassen, uno dei maggiori esponenti del costruttivismo contemporaneo, concorda nel dire
che creare un ambiente di apprendimento fondato su tale assunto pedagogico è molto più difficile
che progettare una serie di interventi didattici di tipo tradizionale.
Egli delinea una serie di raccomandazioni fondamentali che la scuola,ambiente di
apprendimento, dovrebbe sempre promuovere:
‐
Dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua riproduzione;
‐
Evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle situazioni
reali;
‐
Presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre);
‐
Offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su casi, piuttosto
che sequenze istruttive predeterminate;
‐
Offrire rappresentazioni multiple della realtà;
‐
Favorire la riflessione e il ragionamento;
‐
Permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal contenuto;
‐
Favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la collaborazione
con altri.
Un modello di insegnamento costruttivista promuove, dunque,
‐
Facilitazione dell’apprendimento,
‐
È centrato sullo scaffolding; (strategie di sostegno e guida)
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Le teorie dell’apprendimento
‐
È ricorsivo;
‐
Aiuta lo studente a costruire la propria conoscenza;
‐
Facilita l’apprendimento significativo;
Un modello di apprendimento costruttivista:
‐
È comprensione personale;
‐
È una performance assistita;
‐
È interazione e costruzione;
‐
è autoregolazione nel gruppo;
‐
Valuta valori condivisi.
Il nuovo paradigma, infatti, si dimostra learner centered , afferma B. Varisco, in quanto
assume che il sapere è una strategia complessa che rispetta le esigenze dell’utente, coinvolgendolo e
motivandolo attraverso la cooperazione.
In campo didattico, in particolare il costruttivismo socio-culturale, che affonda le sue radici
in un incrocio teorico transdisciplinare, si esprime ancora oggi nel valore riconosciuto alla
sollecitazione di un pensiero narrativo, riflessivo e meta cognitivo, e a strumenti di osservazione e
monitoraggio di tipo cognitivo ma anche emozionale-affettivo, come il “diario di bordo”, il
portfolio, il dossier, l’utilizzo dell’immagine e delle audio registrazioni, le autobiografie. “Tutti gli
attori di una comunità al loro ingresso, a prescindere dal livello di competenze possedute, hanno lo
stesso diritto di appartenenza che porta ad una “partecipazione periferica legittimata”.5
La pratica dell’ “apprendistato cognitivo” offre man mano alcuni cambiamenti radicali nella
“scansione tradizionale di stampo comportamentista”(S-R ); essa si basa sull’esibizione di esempi
da imitare e la presenza di un tutor assistente che gradualmente porta l’allievo all’autonomia. A tal
fine vengono utilizzate sollecitazioni di carattere meta cognitivo: “descrizioni ad alta voce
dell’esperto e poi dell’allievo in merito alla performance e alle scelte compiute; comparazione con
quella del tutor o dei pari; esplorazione e ridefinizione dello spazio del problema (problem finding);
valutazioni dinamiche sull’apprendimento in corso”.6
In tale ambiente di apprendimento si impara, dunque, ad interagire con gli altri attivando
“processi cognitivi di alto livello quali problem solving e problem finding, creatività, discussione,
analisi pluriprospettica, elaborazione di una visione globale e integrata. Un ambiente di
5
6
http://www.europeanphd.eu/public/pdf/D/V/Varisco.pdf , pag.2
op cit.p.3
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Le teorie dell’apprendimento
apprendimento è, perciò, costituito dai soggetti, dal setting in cui si agisce, dai contesti di
applicazione, dalla concezione dell’apprendimento/insegnamento,dalla progettazione didattica,
dalle scelte, dai vincoli, dagli strumenti…7 E’ in primo piano il soggetto che apprende, ma anche
l’imprevedibilità dell’atto acquisitivo, l’esigenza di fornire al soggetto una molteplicità variegata di
sostegni e impalcature, l’importanza della negoziazione interpersonale e della cooperazione. Certo
il rischio maggiore di tale orientamento potrebbe portare alla dispersività e ad una eccessiva
diversificazione dei risultati, ma una forte impalcatura meta cognitiva può aprire nuove frontiere
all’attività conoscitiva, valorizzando i differenti apporti individuali.
Partire dall’assunto della “costruzione sociale della conoscenza”, elemento fondamentale del
costruttivismo ed utilizzare nuovi modelli didattici che si riportano al pensiero degli autorevoli
teorici trattati, può far capire perché i nostri studenti incontrano difficoltà nello studio e in che modo
le varie strategie, pur richiedendo uno sforzo in termini di preparazione personale e di tempo,
possano essere efficaci e consentire un apprendimento significativo e la formazione di persone
competenti.
7
op. cit.p.3
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Bibliografia
• Anna Cristina Campofreda : “Dall’apprendimento significativo alla valutazione autentica” in
Qualità d’aula: La qualità è…a scuola…Rogiosi editore,2008
• MIUR -Ufficio Scolastico Regionale per la Campania - Polo Qualità di Napoli: “La qualità
é…a scuola…” Un percorso tra ricerca e sperimentazione” a cura di Angela Orabona.
Rogiosi editore, 2008.
• Emanuela M. Torre, Paola Ricchiardi: “Le competenze dell’insegnante”. ERICKSON, 2007.
• Chiara Torrigiani e Iris van der Vliet (a cura): “Formazione integrata e competenze”Carocci editore, 2002.
• Decreto 22 agosto 2007: Regolamento sul nuovo obbligo di istruzione in Italia.
• D.P.R.22 giugno 2009, n.122: Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per
la valutazione degli alunni…
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Sitografia
• www.aimcpiemonte.it/files/”competenza”.
• www.anpmarche.it “Definire le competenze per la scuola dell’autonomia”.
• www.ecofo.unibo.it: “La valutazione delle competenze”, Forlì, 22 maggio 2006 - a cura di
Stefania Tagliabue.
• www.europeanphd/eu/public/d/v/variscopdf
• www.google.it: “Le competenze”.
• www.istitutoveneto/venezia/documenti/tesi_laurea.../capitolo_2pdf
• www.newbrainframes.org. “L’approccio per competenze in Italia:esperienze a confronto”.
• www.sicotem.it “Perché non siamo Finlandesi” di B.Vertecchi.
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