diritto privato comparato

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INSEGNAMENTO DI
DIRITTO PRIVATO COMPARATO
LEZIONE XI
“PRINCIPALI PROBLEMI RELATIVI AI CONTRATTI
NEI DIVERSI SISTEMI GIURIDICI”
PROF. ANNAFLORA SICA
Diritto privato comparato
Lezione XI
Indice
1 Imprevisti E Inadempimento Contrattuale Nella Civil Law E Nella Common Law ------------------------------ 3 2 L’interpretazione Dei Contratti: Un Parallelismo Con I Sistemi Di Common Law ------------------------------- 7 3 La Conclusione Del Contratto Mediante Invio Di Condizioni Generali -------------------------------------------- 13 4 La Formation Of Contract In Presenza Di Condizioni Generali Di Contratto ------------------------------------ 14 5 La Conclusione Del Contratto Nel Commercio Internazionale. ------------------------------------------------------ 17 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Lezione XI
1 Imprevisti e inadempimento contrattuale nella
civil law e nella common law
Il campo in cui si può applicare la forza maggiore dà luogo spesso a controversie.
È utile quindi adottare una clausola ben precisa che definisca chiaramente l’evento e ne
determini le conseguenze sul contratto tra le parti.
Spesso i contratti internazionali recano clausole che precisano che la forza maggiore
costituisce una causa di esenzione dalla responsabilità contrattuale nell’ipotesi in cui si verifichino
determinati eventi.
Civil Law (forza maggiore)
Le esimenti dalla responsabilità sono già previste dalle leggi almeno per quelle ipotesi
più gravi in cui è oggettivamente divenuto impossibile eseguire il contratto.
Ne consegue che la clausola di forza maggiore nel sistema giuridico europeo continentale (o
di civil law) e in quei sistemi che ne sono stati influenzati, potrebbe anche essere omessa perché
comunque la legge la prevede.
Le evenienze impreviste possono però essere di vario tipo e potrebbero dare adito a
controversie sulla loro natura impediente o meno.
Si usa quindi inserire nel contratto la clausola di forza maggiore allo scopo di:
1.
precisare quali cause particolari siano comprese nella forza maggiore. È il caso dello
sciopero del personale dell’azienda, che non è considerato come forza maggiore
dalla giurisprudenza comunitaria e occidentale in generale, mentre lo era nei Paesi
dell’Est Europa al tempo dei regimi socialisti e rischia di sopravvivere nella memoria
di qualche giudice anche attualmente;
2.
dare una soluzione alla situazione che si viene a creare una volta che si sia verificato
l’evento che impedisce di adempiere.
Sarà infatti necessario che le parti determinino se, in caso si avveri una causa di forza
maggiore, esse intendono:
•
sospendere per un determinato periodo l’esecuzione del contratto, riservandosi di decidere
dopo tale pausa se terminare o accettare una prestazione tardiva, oppure
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far decadere immediatamente diritti e obblighi a cominciare dal momento della notifica dello
stato di forza maggiore.
Common law (frustration)
La forza maggiore non è una figura normalmente presente nel sistema anglo-americano.
Nella common law si parla di frustration del contratto nei casi che noi potremmo identificare
come forza maggiore.
Tuttavia, nel nostro sistema l’evento che giustifica l’inadempimento deve:
•
essere imprevedibile al momento del contratto e non dovuto a colpa della parte che lo
invoca;
•
impedirne oggettivamente l’esecuzione senza che sia possibile opporvi alcun
rimedio.
Nel sistema inglese, ripreso dagli Stati Uniti, si ha piuttosto riguardo a un evento che, pur
essendo imprevedibile al momento in cui il contratto è stato stipulato, sia tale per cui la legge
riconosce che, senza colpa di alcuna delle parti, un obbligo contrattuale non può essere adempiuto
in quanto le circostanze nelle quali l’adempimento è richiesto lo renderebbero qualcosa di
radicalmente diverso rispetto a quanto era stato pattuito nel contratto.
Con questa definizione i giudici inglesi hanno un campo molto più vasto rispetto ai tribunali
continentali per riconoscere esimenti dalla responsabilità per inadempimento anche laddove vi sia
una possibilità di esecuzione del contratto.
La più ampia possibilità di invocare la frustration per giustificare un inadempimento
comporta che la parte che abbia interesse ad applicare restrittivamente le giustificazioni a un
eventuale inadempimento cercherà di imporre la sola clausola di forza maggiore continentale, o
force majeure.
Si dovrebbe però tener conto che la redazione di una eventuale clausola di forza maggiore
redatta allo scopo di evitare l’eccezione della frustration non sempre funzionerà con una
controparte inglese o americana.
Al fine della validità della restrizione si dovrà infatti avere riguardo alla legge applicabile al
contratto, in quanto la pretesa di non riconoscere un’esimente tipica del diritto di controparte avrà
poche probabilità di essere rispettata o di essere accolta da un tribunale di common law.
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Considerando che il campo in cui si potrebbe applicare la forza maggiore dà luogo spesso a
controversie, potrebbe essere utile adottare una clausola ben precisa che definisca chiaramente
l’evento e ne determini le conseguenze sul contratto tra le parti.
La soluzione per una definizione dettagliata delle cause di giustificazione potrebbe
consistere, ad esempio, nella scelta della clausola di force majeure della Camera di Commercio
Internazionale.
Essa si presta molto bene a disciplinare i diritti e i doveri delle parti e dà una definizione
precisa di forza maggiore.
Alcuni soggetti richiamano tale clausola nel proprio contratto facendo riferimento alla
clausola di forza maggiore della CCI, ma sarebbe più utile riportarne il testo, così da cooperare
con la controparte per renderla consapevole di quali siano gli inadempimenti che possono
considerarsi giustificati.
Oscillazione cambi e valori materie prime
In questo periodo di forti oscillazioni dei cambi e dei valori delle materie prime, alcuni
operatori invocano la “causa di forza maggiore” o quella di eccessiva onerosità sopravvenuta, per
chiedere di rinegoziare o di non eseguire il contratto senza pagare alcun risarcimento alla
controparte.
Purtroppo, come è noto, le oscillazioni dei cambi e delle materie prime non sono
considerati rilevanti dalla giurisprudenza internazionale ai fini dell’esenzione da responsabilità per
l’adempimento.
In questi casi, quindi, si ricorre:
•
alla preventiva tutela contrattuale, con una clausola di adeguamento prezzi (di solito
poco gradita alle controparti) oppure
•
ad operazioni di copertura assicurativa o finanziaria (opzioni di acquisto o vendita a
termine) dell’operazione che si conclude.
Non ci sarà pertanto una situazione che dia diritto automaticamente a non eseguire il
contratto.
Atto di embargo - divieto dell’autorità a eseguire il contratto
Analogamente alla forza maggiore, anche l’atto dell’autorità impedisce l’esecuzione del
contratto, e anche in questo caso la mancata previsione contrattuale non costituirà un problema per
chi deve rifiutarsi di eseguire la prestazione in quanto la legge prevede la giustificazione.
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Tuttavia in questi casi resta il problema di coprire il rischio politico previamente, attraverso
apposite polizze assicurative.
Provvedimenti in materia valutaria decisi dalle autorità statali
Nell’ipotesi di una prolungata impossibilità per il contraente straniero di ricevere i
pagamenti nell’ambito di un contratto di licenza a causa della normativa valutaria sopravvenuta nel
Paese della parte tenuta al pagamento, si è ritenuto di poter applicare per analogia la sospensione
del contratto sino alla cessazione della causa di forza maggiore, con la conseguenza che l’obbligo di
adempimento deve riprendere la sua vigenza dopo la cessazione dell’evento impediente.
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2 L’interpretazione dei contratti: un parallelismo
con i sistemi di Common Law
La principale differenza fra i sistemi di common Law e quelli di Civil Law, per quanto
riguarda la problematica dell’interpretazione dei contratti, è costituta da un’applicazione
maggiormente rigida, in questi ultimi sistemi, del criterio letterale.
I sistemi di common Law infatti tendono ad escludere la ricerca dell'intenzione delle parti
nell’interpretazione dei contratti, tranne in quei casi in cui un’applicazione troppo rigida
dell’interpretazione letterale conduca a risultati inaccettabili o manifestamente assurdi.
A titolo di esempio si può citare il diritto inglese dove, come osserva Cass. civ., sez. I, 0211-1995, n.11392: “… è presente …una regola interpretativa del tutto identica a quella prevista
dall'art. 1363 c.c., che prevede la cosiddetta interpretazione complessiva.
Ciò che distingue le norme sull'interpretazione dei contratti del diritto inglese dalle nostre…
è che lo scopo dell'attività ermeneutica non è la scoperta della comune intenzione delle parti in
senso soggettivo, ma dell'oggettivo significato che, nel contesto e nelle circostanze in cui il
contratto è stato concluso, un reasonable man avrebbe attribuito alle espressioni usate”.
La stessa regola opera all’interno dell’ordinamento statunitense, dove Samuel Williston
ribadisce il concetto secondo cui l’interpretazione del contratto deve poggiare sull’oggettivo
significato che ad esso sarebbe stato attribuito da una “persona ragionevole”, in base all’esame delle
espressioni in esso contenute, estendendo la regola in questione agli atti prenegoziali dal cui
incontro il contratto tipicamente nasce, ossia alla proposta (offerta) ed all’accettazione.
Egli afferma infatti che “la prova della reale interpretazione di un’offerta o dell’accettazione
non è data da ciò che la parte che l’ha effettuata pensava od intendeva dire, ma da ciò che una
‘reasonable person’ nella posizione delle parti avrebbe pensato che significava”.
Nell’ordinamento giuridico canadese è stata più volte affermata dalla giurisprudenza la
regola per cui se le parti sono d’accordo su una data interpretazione da dare ad un termine del
contratto le Corti non devono ricercare una interpretazione diversa.
In particolare, nel caso Scott v. Wawanesa Mutual Insurance Co. (1989) la Corte
Suprema canadese, venutasi a trovare di fronte ad un problema di interpretazione di un contratto
assicurativo, ebbe ad affermare che "se le espressioni del contratto sono chiare e non ambigue, le
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Corti non dovrebbero attribuirvi un significato diverso da quello espresso da i suoi chiari termini, a
meno che il contratto non sia irragionevole o produca effetti contrari all’intenzione delle parti".
Pertanto alla Corte non è dato di fare un uso delle regole interpretative tale da ‘riscrivere’
(ossia stravolgere) il contratto, dovendosi piuttosto avvalere di queste regole per indicare
esattamente le intenzioni delle parti al momento della conclusione del contratto.
Si può pertanto constatare come nei sistemi di Common Law, quand’anche una certa
considerazione venga data all’intenzione delle parti, la precedenza sia pur sempre attribuita al
significato letterale, laddove invece nei sistemi di Civil Law, come ad esempio in quello italiano, il
significato lessicale è funzionale alla ricostruzione delle intenzioni delle parti.
In questi ultimi sistemi dunque, l’attenzione dell’interprete viene a concentrarsi sul dato
letterale non in quanto tale, ma quale criterio principale attraverso cui è possibile risalire
all'intenzione delle parti.
Pertanto, nel caso in cui questa intenzione risulti già chiara dal dato letterale, all’interprete
non sarà dato di compiere ulteriori indagini, ricorrendo ad ulteriori criteri ermeneutici (principio
dell’ “in claris non fit interpretatio”).
Per
quanto
riguarda
in
maniera
specifica
l’ordinamento
italiano,
alla
base
dell’interpretazione contrattuale v’è la regola dettata dall’art. 1362 c.c., il quale stabilisce che
l’interpretazione del contratto deve avere per scopo principale l’indagine su “quale sia stata la
comune intenzione delle parti”.
Tale disposizione va letta in combinazione con l’art. successivo (art. 1363 c.c.), a norma del
quale “le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna
il senso che risulta dal complesso dell'atto”.
Va tenuto ovviamente conto del fatto che il regolamento contrattuale può essere completato
da fonti di integrazione eteronome, come avviene per le cd. clausole d’uso (art. 1340 c.c.), che
determinano una ‘espansione’ del contenuto contrattuale, il quale viene a riempirsi di ulteriori
elementi esterni rispetto a quelli determinati dall’autonomia privata.
Queste clausole, ai sensi dell'art. 1340 c.c. non s'intendono inserite nel contratto quando
risulta che non sono state volute dalle parti, ma la volontà di escluderle deve essere espressamente
manifestata o desumibile da inequivoci comportamenti delle parti (Cass. civ., sez. Lavoro, 19-121987, n. 9473).
Lo stesso meccanismo di integrazione del contratto ad opera di fonti eteronome opera anche
nella Common Law, anche se con minore intensità rispetto ai sistemi de Civil Law.
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L’estoppel ha pertanto ad oggetto una dichiarazione orale non corretta, in quanto non
corrispondente al reale contenuto del contratto, ma che il giudice tratterà come una vera e propria
promessa vincolante per chi l’ha effettuata, a tutela dell’affidamento ingenerato nell’altra parte.
Nel caso quindi in cui una parte ingenera un’aspettativa nella controparte circa il modo in
cui essa si comporterà, e poi pone nel regolamento contrattuale un contenuto diverso da quello
inizialmente prospettato, le corti potranno intervenire “bloccando” (da qui il termine “estoppel”) il
regolamento scritto e facendo valere il regolamento orale.
Particolarmente ricca è la giurisprudenza italiana in materia di clausole d’uso: vedasi ad es.
Cass. civ., sez. Lavoro, 17-02-2000, n. 1773, secondo cui “l'art. 1340 c.c., come posto in evidenza
dalla dottrina civilistica classica, detta una disciplina volta a riconoscere anche all'interno del
contratto regole che sono profondamente radicate in particolari contesti della vita di relazione, sì da
potersi considerare come largamente accettate in modo tacito.
In altri termini, non si verte in materia di limiti posti all'autonomia privata, ma di uno
strumento che ad essa soccorre e da essa può essere rifiutata”.
Tra le clausole d’uso integrative del contenuto contrattuale, la giurisprudenza annovera ad
es. le norme e gli usi uniformi relativi ai crediti documentari e gli usi aziendali (vedasi Cass. civ.,
sez. I, 08-08-1997, n. 7388, secondo cui “Da tempo - cfr. sentt. nn. 1130 del 1979, 693 del 1982,
3992 del 1983, 1842 del 1996 - questa Corte ha chiarito che le norme e gli usi uniformi relativi ai
crediti documentari …costituiscono clausole d'uso, integrative della volontà negoziale dei
contraenti, ai sensi dell'art. 1340 cod. civ., e sono dirette a regolare in maniera uniforme le
operazioni di apertura di credito documentario”) e Cass. civ., sez. Lavoro, 11-06-1987, n. 5119:
(“E' costante orientamento di questa Corte, pertanto, quello secondo cui la prassi - ad uso aziendale, rientra nella previsione dell'art. 1340 cod. civ. relativo alle clausole d'uso)”.
Divisa invece è la giurisprudenza circa l’appartenenza di tali clausole alla categoria degli usi
negoziali (tesi cd. “contrattualistica”) od a quella degli usi normativi, ai sensi dell'art. 1374 cod. civ.
(tesi “normativa”).
La tendenza dominante mira a collocarle nella prima categoria (vedasi Cass. civ., sez.
Lavoro, 23-12-1986, n. 7864, secondo cui “ Sembra, seguendo un più convincente orientamento
dottrinale, che le clausole d'uso di cui al citato art. 1340 siano usi negoziali; e tale natura
contrattuale deve desumersi dalla stessa denominazione di "clausola" e dal loro inserimento nel
contratto salva volontà contraria delle parti, elementi questi che non si conciliano col
caratterenormativo della consuetudine”).
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Un tipico implied term, che si applica con riferimento ai contratti di lavoro subordinato,
comporta l’obbligo a carico del datore di lavoro di avvisare il dipendente circa i diritti derivanti dal
contratto (a meno che tale obbligo non sia stato espressamente escluso dalle parti).
Quando fa riferimento al contratto si parla, più propriamente, di “promissory estoppel”.
Si tratta pertanto di un rimedio che mira a correggere una situazione di ingiustizia o ad
evitare un ingiusto arricchimento a carico di una delle parti. Numerosi sono i casi in cui è stato
invocato lo strumento processuale del promissory estoppel, soprattutto a tutela di quei lavoratori che
hanno fatto affidamento su una promessa o su una situazione di fatto non corrispondente alla realtà
ingenerata dal datore di lavoro
La recentissima sentenza della Cass. Civ., Sez II, 3-12-2004, n. 22781, a proposito del
criterio ermeneutico che l’ordinamento italiano fissa all'articolo 1363 c.c., afferma che questo non è
alternativo od eventuale rispetto a quello letterale, ma è concorrente - unitamente a quello di cui
all'articolo 1362 c.c. - ai fini della ricerca della comune volontà dei contraenti.
La stessa sentenza illustra in maniera assai chiara come si articola l’iter attraverso il quale
avviene l’interpretazione del regolamento contrattuale all’interno del nostro ordinamento: “…nella
ricerca della comune intenzione delle parti contraenti al momento della conclusione del contratto, il
primo e principale strumento dell'operazione interpretativa è costituito dalle parole ed espressioni
del contratto, il cui rilievo deve essere verificato alla luce dell'interocontesto contrattuale, restando
escluso, ove esse indichino un contenuto sufficientemente preciso, che l'interprete possa ricercare
un significato diverso da quello letterale in base ad altri criteri ermeneutici, il ricorso ai quali
presuppone la rigorosa dimostrazione dell'insufficienza del mero dato letterale ad evidenziare in
modo soddisfacente la volontà contrattuale”.
Infine, sempre nella stessa sentenza si legge che “... non è sindacabile in sede di legittimità
la scelta da parte del giudice del merito del mezzo ermeneutico più idoneo all'accertamento della
comune intenzione delle parti, qualora sia stato rispettato il principio del gradualismo, secondo il
quale deve farsi ricorso ai criteri interpretativi sussidiari solo quando i criteri principali
(significato letterale e collegamento tra le varie clausole contrattuali) siano insufficienti
all'individuazione della comune intenzione stessa.”
La stessa linea interpretativa si coglie sempre in Cass. civ., sez. I, 02-11-1995, n. 11392, la
quale nel tracciare un confronto tra l’ordinamento italiano e quello inglese stabilisce che: “nel
diritto inglese, nel quale si distingue tra ‘interpretation’ intesa come esegesi della volontà espressa e
‘construction’ diretta a ricostruire la volontà secondo criteri oggettivi l'interpretazione letterale ha,
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almeno in linea di principio (è stata infatti evidenziata dalla dottrina una tendenza a svalutare questo
strumento interpretativo nel diritto inglese, che in ciò si allontana da quello nordamericano)
esattamente la stessa portata e lo stesso ruolo che è previsto dalla nostra disciplina.
In particolare la parola evidence rule, peraltro oggetto di forti critiche nella stessa cultura
giuridica anglosassone, è del tutto corrispondente al nostro broccardo in claris non fit interpretatio
il quale, come è noto, vieta al giudice di ricorrere ad ulteriori strumenti ermeneutici quando, all'esito
di un procedimento interpretativo, ritenga che dai termini usati dalle parti emerge con chiarezza e
univocità la loro comune intenzione”.
Nel caso Hoffman V. Red Owl Stores of Norfolk (1965) la Supreme Court of Wisconsin,
afferma che “lo scopo della dottrina del promissory estoppel è quello di permettere ad un
promissario di far rispettare la promessa fattagli, ogni volta che mancato mantenimento della stessa
si determini un’ingiustizia sostanziale”.
Nel caso in questione il sig. Hoffman aveva richiesto di affiliarsi alla rete di franchising
della catena “Red Owl”. L’Hoffmann, facendo affidamento su alcune prospettazioni fatte da uno dei
Direttori di Divisione dell’azienda, aveva posto in essere una serie di azioni e di investimenti al fine
di entrare a far parte di tale struttura, liquidando la sua precedente attività commerciale ed
acquistando un loto di terreno dove sarebbe sorto l’esercizio.
Quando però si giunse al momento di formalizzare la proposta di franchising, la Red Owl
richiese all’Hoffman di versare una somma notevolmente superiore a quella inizialmente
prospettatagli.
L’Hoffman, non disponendo dell’intero ammontare, fu costretto ad indebitarsi con un
istituto bancario.
Ma una volta procuratasi la somma richiesta, la Red Owl ne aumentò nuovamente l’importo
all’interno della sua offerta. L’Hoffman a questo punto si rifiutò di andare avanti con le trattative,
ponendo termine alle negoziazioni e rinunciando all’apertura del negozio.
Egli però citò la Red Owl per danni. Sulla base di questi fatti, la Corte riconobbe
l’operatività del meccanismo del promissory estoppel, considerando vincolanti le prospettazioni del
Direttore di Divisione dell’azienda, al fine impedire che l’Hoffman subisse una grave ingiustizia a
causa degli impegni finanziari da egli assunti sulla base delle promesse della Red Owl.
Sul principio del gradualismo vedasi anche Corte Cass., Sezione II, sent. 16 gennaio 2002,
n. 397, secondo cui “In tema di interpretazione dei contratti non è sindacabile in sede di legittimità
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la scelta del giudice del merito del mezzo ermeneutico più idoneo all'accertamento della comune
intenzione delle parti, qualora sia stato rispettato il principio del gradualismo, secondo il quale
deve farsi riferimento ai criteri interpretativi sussidiari solo quando i criteri principali (significato
letterale e collegamento tra le varie clausole contrattuali) siano insufficienti all'individuazione del
comune intento dei contraenti”.
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3 La conclusione del contratto mediante invio di
condizioni generali
Parliamo di formation of contract prendendo in esame questa volta la conclusione del
contratto in presenza di modelli contrattuali, prassi molto diffusa nel commercio internazionale con
particolare riguardo ai contratti di vendita e di acquisto di beni e servizi. Esistono diversi termini
inglesi per individuare questa tipologia di testo contrattuale; general terms and conditions,
(standard) forms, contract templates, boilerplate, etc..
Le c.d. condizioni generali di contratto consistono in un insieme di clausole relative a diversi
aspetti del rapporto contrattuale, dalla responsabilità (liability) alle classiche "clausole di stile"
(confidentiality, force majeure, governing law, etc.), confezionate in un documento che faccia da
complemento ai termini essenziali del contratto.
Classico esempio è quello di un ordine di acquisto (purchase order) per determinati prodotti
che richiami l'applicazione di condizioni generali riportate sul retro dell'ordine o contenute in un
allegato.
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4 La formation of contract in presenza di
condizioni generali di contratto
Analizziamo a questo punto alcune situazioni che possono verificarsi quando uno o entrambi
i contraenti richiamano l'applicazione di condizioni generali di contratto.
Prima ipotesi: il proponente sottopone il testo contenente i termini essenziali del rapporto al
destinatario della proposta, richiamando l'applicazione delle proprie condizioni generali.
Se la proposta viene accettata le condizioni generali saranno applicabili al rapporto
contrattuale.
Seconda ipotesi: il proponente sottopone al destinatario termini essenziali e condizioni
generali.
Il destinatario accetta i termini essenziali ma richiama l'applicazione delle proprie condizioni
generali al rapporto contrattuale.
Ci troviamo a questo punto dinanzi a due ordini di problemi.
Il primo riguarda la effettiva conclusione del contratto.
Abbiamo già approfondito questi temi nell'articolo sul meccanismo di conclusione del
contratto, ma sarà opportuno ricordare sinteticamente che le posizioni "più rigide" (il nostro codice
civile, la Convenzione di Vienna, la mirror image rule dei paesi di common law) escludono che
l'accettazione non conforme alla proposta dia vita ad un contratto, quanto piuttosto ad una
controproposta.
Le esigenze del commercio internazionale tuttavia hanno contribuito a creare degli
orientamenti maggiormente "possibilisti" sulla conclusione del contratto anche in presenza di
un'accettazione non conforme nel caso di modifiche non sostanziali.
Il secondo problema è rappresentato dalla c.d. "battle of the forms" e riguarda
l'individuazione di quale tra le condizioni generali richiamate dai contraenti sia effettivamente
applicabile al contratto una volta che le parti, pur senza avere fatto chiarezza (con un'espressa
accettazione ovvero un rifiuto) sul testo contrattuale applicabile inizino comunque ad eseguire il
contratto.
La soluzione dei paesi di common law è nel meccanismo della last shot rule, che prevede
l'applicabilità delle condizioni contrattuali dell'ultimo dei contraenti che le ha richiamate nell'ultimo
scambio o comunicazione prima dell'inizio dell'esecuzione del contratto, secondo uno schema di
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questo tipo: offer --> response = counteroffer -->performance --> acceptance by conduct on
buyer's/seller's standard forms depending on who did the last shot.
Questo orientamento ha trovato un discreto successo, maggiore di quello riservato alla knock
out rule, che esclude l'applicazione di entrambe le condizioni generali perlomeno relativamente alle
clausole chiaramente in contrasto tra loro.
Anche i principi UNIDROIT seguono tuttavia quest'ultimo orientamento, riconoscendo
valida applicazione unicamente alle clausole concordate ovvero sostanzialmente coincidenti nei
contenuti.
Terza ipotesi: il destinatario di proposta e condizioni generali accetta apportando tuttavia
alcune modifiche alle condizioni generali del proponente.
Anche in questo caso opera il meccanismo della last shot rule; il proponente che dà
esecuzione al contratto una volta ricevuta l'accettazione non conforme da parte del destinatario avrà
tacitamente accettato le modifiche apportate alla propria proposta contrattuale.
Le norme che regolano la compravendita di beni del U.C.C. degli Stati Uniti (Uniform
Commercial Code, art. 2) stabiliscono che l'accettazione espressa di una proposta che pure prevede
additional or different terms rispetto alla offer è da considerarsi un'accettazione piena fatto salvo
che non si tratti di un conditional assent, secondo il seguente schema: acceptance --> even though
it states terms additional or different from those offered --> unless acceptance is expressly made
conditional on assent to the different terms (= no acceptance, counteroffer).
Altro presupposto è che eventuali additional or different terms non costituiscano modifiche
sostanziali dell'offer (they don't materially alter the proposal): solo in questo caso infatti "such
additional or different terms become part of the contract".
In conclusione troviamo interessante parlare dell'aspetto linguistico e della terminologia da
utilizzare nei contesti descritti.
Le formule per richiamare l'applicazione delle condizioni generali possono essere molteplici.
Ecco alcuni esempi: "The Seller's General Conditions of Sale are incorporated by reference in this
Agreement" oppure "The General Terms and Conditions hereto attached are an integral part of
this Agreement".
Preso atto della delicatezza del meccanismo di proposta-accettazione e di quanto sia
importante per il contraente esprimere in maniera chiara la propria volontà per non incorrere in
effetti giuridici indesiderati o addirittura pregiudizievoli, sarà senz'altro opportuno ricorrere ad
alcune formule linguistiche che possano aiutarci nei casi citati.
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(L. 22.04.1941/n. 633)
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Diritto privato comparato
Lezione XI
Torniamo all'esempio del purchase order inviato dal purchaser (acquirente) al seller
(venditore).
Il seller che ricevendo il purchase order non voglia o non sia in grado di fornire il prodotto
richiesto, dovrà dare una risposta che non sia in nessun caso interpretabile come un'accettazione,
come ad esempio: "Thank You for Your order. Unfortunately we no longer manufacture product A,
but we have a similar product, B, which You can have on the same terms".
Qualora la risposta del seller non introduca modifiche essenziali come nell'esempio sopra
riportato (oggetto del contratto), ma piuttosto interessi altri termini del contratto quali ad esempio la
responsabilità da prodotto difettoso, le nuove condizioni potrebbero essere sottoposte al buyer con
un'accettazione della proposta condizionale all'accettazione dei nuovi termini introdotti: "Your
order is accepted on condition that you agree to indemnify us for any claims of injury arising out of
the use of goods described above".
In conclusione potrebbe anche essere utile introdurre nelle condizioni generali di contratto
una clausola che espressamente stabilisca la prevalenza delle medesime su qualsiasi contratto o
condizioni generali dell'altro contraente.
"These General Conditions shall prevail over any Buyer's general terms and conditions
and shall apply to any contract of sale between the Seller and the Purchaser".
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Diritto privato comparato
Lezione XI
5 La conclusione del contratto nel commercio
internazionale.
Esaminiamo in sintesi i passaggi che scandiscono il meccanismo di conclusione del
contratto negli ordinamenti di common law e nel contesto internazionale, tenendo presente che,
mentre in generale un contratto può dirsi concluso quando le volontà delle parti si incontrano, nella
prassi commerciale questo momento non è così facilmente individuabile.
Secondo il diritto anglosassone il contratto si considera concluso quando il proponente
viene a conoscenza dell'acceptance (o assent) - accettazione - della sua offer - proposta - da parte
del destinatario.
Nei casi di contratti tra assenti, qualora l'eventuale accettazione o rifiuto - rejection vengano comunicati a mezzo posta, il meccanismo della conclusione del contratto opera secondo la
c.d. mail box rule e il contratto si considera concluso nel momento in cui viene spedita la lettera di
accettazione.
Al contrario, nel caso di accettazione via telefono, fax, email (senza che si ricorra alla
spedizione postale) il contratto è concluso al momento del ricevimento della medesima da parte del
destinatario (acceptance is effective on receipt).
Negli Stati Uniti la conclusione del contratto avviene quando l'accettazione viene in qualche
modo esternata dal destinatario della proposta - acceptance is put out of the offeree's possession -;
se l'accettazione viene comunicata by mail ricadiamo nell'applicazione della mail box rule e il
contratto si intenderà concluso al momento della spedizione dell'accettazione da parte del
destinatario della proposta, mentre in tutti gli altri casi (vedi paragrafo precedente) l'accettazione
avviene quando il proponente ne ha conoscenza.
Dunque le regole di common law sulla formation of contract sono le medesime in U.K. e in
U.S.
L'offerta può essere revocata da parte del proponente - revocation - prima che intervenga
l'accettazione, oppure, nel caso dei contratti tra assenti, prima che sia stata spedita la lettera di
accettazione.
La revocation ha effetto dal momento in cui viene comunicata dal proponente al
destinatario; questo meccanismo non si applica nel caso di mail box rule, che non ammette revoca
una volta spedita la lettera di accettazione.
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Lezione XI
Appare chiara su questo punto la differenza con il nostro ordinamento che consente invece la
revoca dell'accettazione purché il proponente ne abbia conoscenza prima dell'accettazione (Art.
1328, secondo comma, c.c.).
Alcune analogie con il diritto inglese si riscontrano nel principio secondo cui un'accettazione
non conforme alla proposta equivale ad un rifiuto della proposta - rejection - e ad una nuova
proposta (o controproposta) - counteroffer -, nonché nella possibilità per il proponente di formulare
una proposta irrevocabile, rinunciando al diritto di revoca.
La proposta irrevocabile è definita option nel linguaggio giuridico anglosassone, firm offer
nell'ambito dello Uniform Commercial Code, U.C.C. statunitense.
Procedendo con le analogie tra gli ordinamenti, è un principio ormai consolidato che
l'accettazione in senso formale possa essere sostituita dall'inizio dell'esecuzione.
E' il caso dell'acceptance by performance/by conduct, alternativa dunque all'acceptance by
promise.
Nei contratti commerciali internazionali che richiamano l'applicazione dei principi Unidroit
il contratto sarà concluso "sia con l'accettazione dell'offerta, sia con un comportamento delle parti
che dimostri con sufficiente certezza il raggiungimento dell'accordo" (Unidroit 2004, 2.1.1.).
La convenzione di Vienna del 1980 contiene previsioni molto vicine a quelle del nostro
codice civile.
Il momento di conclusione del contratto è individuato nella conoscenza dell'accettazione da
parte del proponente ovvero nella condotta del destinatario della proposta da cui appare chiara la
volontà di dare esecuzione al contratto.
I principi di European Contract Law ricalcano il modello del nostro codice civile e della
convenzione di Vienna quanto alla conclusione del contratto tramite la comunicazione
dell'accettazione; se invece viene dato inizio all'esecuzione del contratto la formazione del contratto
avviene quando il proponente ne viene a conoscenza.
È opportuno a questo punto approfondire il tema dell'accettazione non conforme alla
proposta. Modified acceptance or counteroffer?
I principi Unidroit prevedono che: "Una risposta ad un'offerta volta ad essere
un'accettazione, ma che contiene aggiunte, limitazioni o altre modificazioni è un rifiuto dell'offerta
e vale come controproposta.
Tuttavia, una risposta ad un'offerta volta ad essere un'accettazione, ma che contiene clausole
aggiunte o difformi che non alterano sostanzialmente i termini dell'offerta, costituisce accettazione,
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Lezione XI
a meno che l'autore dell'offerta, senza ingiustificato ritardo, non si opponga a queste differenze. In
caso contrario, il contenuto del contratto è il contenuto dell'offerta con le modificazioni
nell'accettazione" (Unidroit 2004, 2.1.11).
La convenzione di Vienna tuttavia rimane meno flessibile rispetto ai principi Unidroit sul
tema dell'accettazione non conforme in virtù di condizioni aggiuntive o diverse - additional or
different terms (ovvero amendments) - che viene in effetti considerata una controproposta.
I principi di European Contract Law riservano maggiore flessibilità alla questione delle
modifiche contrattuali; una proposta si intenderà accettata se le modifiche non sono sostanziali material - e se risulta chiara la volontà di aderire alla proposta.
Negli Stati Uniti la posizione piuttosto rigida del common law è rappresentata dalla mirror
image rule, che considera il contratto concluso quando l'accettazione corrisponde pienamente alla
proposta (come "un'immagine allo specchio"); negli ultimi decenni tuttavia i giudici hanno preferito
mitigare questa rigidità ammettendo che i minor changes (le modifiche non sostanziali) non siano
fattori impeditivi alla conclusione del contratto.
Su questa linea anche l'Art. 2.204 del U.C.C. (che però, lo ricordiamo, regola unicamente i
casi di sale of goods), che rispetto alla conclusione del contratto stabilisce la priorità della existence
of the agreement, palesata dai contraenti formalmente oppure per facta concludentia, sulle
technicalities relative al meccanismo di proposta e accettazione.
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