la certificazione delle competenze

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LEZIONE:
“LA CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE”
PROF.SSA CATERINA VALENTINO
La certificazione delle competenze
Indice
1 La certificazione delle competenze e il riconoscimento: l’“iter legislativo” ----------------------------------------- 3 2 Riferimenti normativi --------------------------------------------------------------------------------------------------------- 6 3 Gli strumenti della certificazione ------------------------------------------------------------------------------------------- 9 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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La certificazione delle competenze e il
riconoscimento: l’“iter legislativo”
Il passaggio dalla cultura della conoscenza alla cultura della competenza è stato ed è ancora
irto di difficoltà, perché la scuola continua a concepire gli apprendimenti in termini di saperi,cosa
che
padroneggia meglio. Un approccio per competenze fa paura perché mette in crisi la
pianificazione didattica ordinaria,perché esige una valutazione molto più complessa. Nella
conferenza Reflect di Lugano del 2007, è stato affermato che “Pretendere di affermare che un
competenza è misurabile è tutto da dimostrare,riconoscerla è diverso”.1
La competenza, infatti, “non si riduce all’elenco di qualità e risorse attese,ma risulta essere
la piena capacità di analizzare,comprendere e valutare determinati problemi concreti usufruendo
delle risorse personali disponibili,delle condizioni situazionali,al fine di operare scelte e di agire di
conseguenza (Sarchielli 2002:116). La competenza è il sistema di risposta di una persona in un
determinato contesto. Il modello proposto da Sarchielli si presenta come sistemico nel senso che
tiene insieme le risorse del soggetto, il repertorio di abilità, le richieste del contesto organizzativo:
al centro c’è la nozione di competenze trasversali, operazioni che implicano tutte aspetti cognitivi,
emotivi, relazionali e motori, macrocategorie che servono a integrare le diverse risorse e abilità e
cuore del sistema operativo della persona. Esse sono: diagnosticare le caratteristiche del contesto e
del compito, relazionarsi con l’ambiente; affrontare il compito mentalmente e praticamente. Un
ruolo fondamentale lo svolgono, poi, le capacità di controllo o metacognitive. Le competenze
hanno, allora, le seguenti tre componenti: le conoscenze che permettono di comprendere come le
cose funzionano, i saper fare che indicano come farle funzionare; le metaconoscenze che
permettono di gestire le conoscenze (Pellerey 2005: 54).(…..) D’altra parte la risposta competente
non è un prodotto esclusivamente individuale. La competenza è il risultato di tre fattori: saper agire,
voler agire, poter agire. Per agire con competenza, una persona dovrà sempre di più combinare e
mobilitare non solo le proprie risorse, ma anche le risorse del proprio ambiente. (Le Boterf 2000:
40)2
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www.aimcpiemonte.it/files /competenza
www.newbrainframes.org “L’approccio per competenze in Italia: esperienze a confronto.”
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Ma in che modo la scuola, e nello specifico in particolar modo quella italiana, è pronta a
promuovere, valutare e certificare competenze? Sicuramente un contributo significativo è stato
offerto dall’autonomia scolastica. (DPR n.275/99:regolamento)
L’autonomia scolastica ha consentito alle scuole di costruire l’intero percorso scolastico in
maniera assai flessibile sia in relazione al monte ore annuale e non più all’orario settimanale o
giornaliero e sia per la possibilità di superare la parcellizzazione delle discipline tradizionali per una
riaggregazione delle aree disciplinari ed una “rivisitazione dei contenuti curriculari”, nonché il
superamento dell’unità classe a favore dell’aggregazione di gruppi di alunni “provenienti da classi
diverse anche da diversi anni di corso”.
Eppure l’attenzione del mondo scolastico è rivolta quasi sempre a “ciò che è necessario
insegnare” ovvero al programma da svolgere ed alle ore di lezione.
La certificazione che a scuola si è sempre rilasciata agli allievi ha sempre descritto “quanto”
essi abbiano saputo rispondere a questo insegnamento e non tutto quello che hanno imparato nel
percorso di apprendimento. Voti, giudizi, schede e pagelle hanno un loro significato all’interno del
percorso scolastico per gli insegnanti del grado successivo di istruzione, ma al di fuori della scuola
non informano su ciò che l’allievo sa e sa fare e tanto meno sulle sue “qualità”. La scheda sulla
quale la scuola deve certificare le competenze dell’allievo ha, invece, lo scopo di “descrivere, in
maniera comprensibile dall’esterno del mondo scolastico, le conoscenze, le abilità, le capacità che il
soggetto è in grado di padroneggiare ed esercitare”3
La certificazione inoltre tende anche a sfatare la prassi secondo cui alla formazione
professionale o al lavoro vanno quegli studenti che non hanno avuto buon esito nel loro percorso
scolastico.
Basti ricordare che la certificazione di competenze ha le sue origini nelle scuole
professionali. È sicuramente necessario che la scuola certifichi
delle competenze che sono accreditabili nella maggior parte dei paesi d’Europa:ma si parte
da queste per consolidarle e svilupparle ulteriormente non solo per il loro utilizzo nel mondo del
lavoro,ma anche per un eventuale rientro dell’allievo nel sistema formativo. È in pratica un
riconoscimento di competenze come “asse del lifelong learning” (formazione continua).
È proprio su questo “riconoscimento” che insiste Iris Van der Vliet, responsabile del
Dipartimento Certificazione delle competenze di Aristeiaonline, affermando che “l’innovazione
3
Chiara Torrigiani,Iris van der Vliet:Formazione integrata e competenze,Carocci, Roma 2002. Pag.33
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reale nell’approccio alla competenza non sta tanto nella sua valutazione e nella certificazione
(condizioni necessarie ma non sufficienti a spiegare il salto di qualità che ha fatto la scienza della
formazione), bensì nel “riconoscimento” delle competenze al momento del passaggio del soggetto
da un segmento all’altro del sistema di formazione di un dato paese, o addirittura di un paese
all’altro, come ormai è necessario per la mobilità delle persone all’interno dell’Unione Europea,o
per le grandi migrazioni che ormai toccano tutti i paesi del mondo”.4
Il “riconoscimento “ha un duplice valore:
1. valore sociale ed individuale,quando le parti sociali ed economiche hanno
consapevolezza del valore delle competenze;
2. valore legale in quanto si dà uno status ufficiale alle competenze acquisite al livello
formale ed informale.
Ovviamente il riconoscimento presuppone necessariamente una valutazione e la rispettiva
certificazione.
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Op.cit.pag94
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Riferimenti normativi
Per quanto riguarda il quadro normativo che dal 1966 ha fatto riferimento alla certificazione
ed al riconoscimento delle competenze,ci riferiamo in ordine cronologico alle seguenti norme:
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Legge 196/77 agli artt.16-17-18 riguardanti il riordino della formazione
professionale per ambiti di lavoro (lavoro interinale, apprendistato, tirocini ) e più
specificamente l’art. 17 che parla della certificazione delle competenze e del
riconoscimento dei crediti formativi. Il decreto di attuazione dell’art.16,invece,parla
chiaramente dell’intenzione, o meglio, dell’esigenza di valorizzare le acquisizioni
maturate all’interno dell’apprendistato che possono avere valore di credito formativo
consentendo anche il rientro nel sistema scolastico-professionale. Il decreto di
attuazione dell’art.18 stabilisce, invece, che le attività svolte e le competenze
acquisite durante lo svolgimento dei tirocini possono anch’esse costituire valore di
credito formativo;
‐
Nel 1998, il decreto emanato a seguito della legge 425/1997 (riforma degli esami
della secondaria superiore), definisce un nuovo modello di certificazione, il quale dà
indicazione sul credito scolastico e sul credito formativo documentato;
‐
L’art 68 della legge 144/1999, che istituisce l’obbligo formativo il quale può essere
assolto nel sistema di istruzione scolastica, nel sistema di formazione professionale
regionale e nell’esercizio dell’apprendistato, ma anche in percorsi integrati di
istruzione e formazione. Le competenze certificate alla fine di qualsiasi “segmento”
della formazione scolastica o professionale o dell’apprendistato costituiscono crediti
per il passaggio da un sistema all’altro;
‐
La legge9/1999, all’art.9, parla di una certificazione da rilasciare a <<conclusione
del periodo di istruzione obbligatoria>> e che attesti <<l’adempimento dell’obbligo
di istruzione o il proscioglimento del medesimo e che ha valore di credito formativo,
indicante il percorso didattico ed educativo svolto e le competenze acquisite>>.
Questo modello di certificazione, varato con il D.M.70/2000 attesta <<il percorso
didattico ed educativo svolto dall’allievo, e ne indica le conoscenze, le capacità e le
competenze acquisite mediante idonei descrittori>>;
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l’articolo 69 della legge 144/1999 istituisce il sistema della “istruzione e formazione
tecnica superiore” dove si definiscono le condizioni di accesso ai corsi IFTS (di
norma con il possesso del diploma di scuola secondaria superiore), ma, per chi non
ne fosse in possesso, sono definite altre modalità nonché i crediti formativi che si
acquisiscono e le modalità della loro certificazione e utilizzazione. Le modalità di
accesso ai corsi IFTS sono state piuttosto singolari e certamente innovative: hanno
permesso di ripensare e utilizzare modalità di accertamento, valutazione e
certificazione delle conoscenze e delle competenze acquisite anche in ambiti
formativi non formali ed informali. A chi sceglie di lasciare la scuola, dopo aver
adempiuto all’obbligo scolastico o esserne stato prosciolto (art.I, comma3 del
D.M.323/1999), viene rilasciata una certificazione dell’obbligo di istruzione
all’interno del quale viene richiesto di certificare le competenze che lo studente ha
acquisito nel proprio percorso formativo.
‐
I frequentanti i corsi
Ofis (offerta formativa integrata sperimentale –
dall’a.s.2008/2009 Pass) “sono quei giovani che hanno abbandonato il percorso
scolastico dopo la licenza media o prima di conseguire un diploma quinquennale, cui
è stata data, una volta abolite le “passerelle”, l’opportunità di un percorso alternativo,
corrispondente al titolo di studio della scuola normale e ad un attestato di qualifica
che certifica le competenze ai fini dell’ammissione nel mondo del lavoro.
‐
D.P.R. n.275/99 -(Regolamento sull’autonomia)prevede che le scuole individuino le
modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale
ed i criteri per la valutazione periodica dei risultati conseguiti dalle istituzioni
scolastiche rispetto agli obiettivi prefissati.
‐
Legge costituzionale 18/10/2001 n. 3: modifica il titolo V della Costituzione
introducendo un nuovo rapporto Stato/Regioni (centro/periferia).
‐
Strategia di Lisbona: il Consiglio europeo,nel marzo 2000, stabilisce il programma di
istruzione e formazione 2010.
‐
Legge 53/2003-Delega al Governo per la definizione delle norme generali
sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
formazione professionale -legge di riforma del sistema scolastico. Afferma che “la
valutazione periodica annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli
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studenti del sistema educativo di istruzione e formazione,e la certificazione delle
competenze da essi acquisite, sono affidate ai docenti delle istituzioni di istruzione e
formazione frequentate; agli stessi docenti è affidata la valutazione dei periodi
didattici ai fini del passaggio al periodo successivo…”, così come è anche riportato
nel decreto che segue.
‐
D.L.59 del 19 febbraio 2004.
‐
C.M.n.84/2005: la certificazione delle competenze scaturisce dalla somma qualitativa
e quantitativa delle rilevazioni e degli accertamenti effettuati nel percorso formativo.
La circolare riconosce ai docenti la responsabilità di certificare le competenze
acquisite a tre livelli: elementare,maturo ed esperto.
‐
Raccomandazione del parlamento europeo/2006
‐
Risoluzione sull’EQF-24 ottobre 2007: Il quadro europeo delle qualifiche per
l’apprendimento permanente (European Qualifications Framework) è uno strumento
per aiutare i datori di lavoro e gli individui a confrontare le qualifiche dei diversi
sistemi di istruzione e di formazione dell’Unione Europea. L’EQF si inserisce nel
programma di lavoro Istruzione e Formazione 2010, che è parte della strategia di
Lisbona. È volto a favorire la certificazione delle competenze e la mobilità dei
lavoratori, nell’ottica di una maggiore trasparenza, comparabilità e spendibilità delle
qualifiche. Nel luglio 2005 la Commissione ha pubblicato un documento di lavoro
sull’EQF (sec 957 del 2005) e nel settembre 2006 una proposta di raccomandazione
(com -2006-479) per l’istituzione del Quadro europeo. L’ipotesi è di strutturare i
risultati dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita su otto livelli, che coprono
l’intera gamma dei titoli, quelli relativi all’istruzione di base, alla formazione
professionale, all’educazione degli adulti e all’istruzione superiore.
‐
D.M. n.139/07 - Regolamento recante norma in materia
di adempimento
dell’obbligo di istruzione, ai sensi dell’articolo 1, comma 622, della legge 27
dicembre 2006, n.296.
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Regolamento di valutazione: D.P.R.22/06/2009.
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Gli strumenti della certificazione
Il D.M.70/2000 (legge sull’elevamento dell’obbligo scolastico) all’articolo 9, prevedeva
l’introduzione della certificazione dell’obbligo d’istruzione per ciascun allievo che “a conclusione
dell’anno scolastico, è prosciolto dall’obbligo o vi abbia adempiuto senza iscriversi alla classe
successiva”. Nel comma 2 dello stesso articolo, si recita, poi: “Il modello di certificazione è adottato
con Decreto del Ministro della Pubblica Istruzione e attesta il percorso didattico ed educativo svolto
dall’allievo, e ne indica le competenze acquisite mediante idonei descrittori, che devono essere
riferite ai risultati conseguiti sia nel curricolo ordinario sia nelle attività modulari e nelle esperienze,
anche personalizzate, realizzate in sede di orientamento, ri- orientamento, arricchimento e
diversificazione dell’offerta educativa e formativa”. Già la vecchia scheda ufficializzava
l’opportunità per lo studente di un percorso personale differenziato (al fine di un passaggio ad altro
indirizzo o anche al fine di poterne comunque certificare competenze diverse da quelle inizialmente
previste dal programma ) e prevedeva moduli di passaggio ad altro indirizzo co-progettati con i
docenti del nuovo indirizzo e svolti o nella scuola di provenienza o in quella in cui l’allievo è riorientato. I vari punti della scheda evidenziano la personalizzazione del percorso, anche degli allievi
con difficoltà di integrazione linguistica, culturale, sociale, i percorsi formativi integrati tra scuola e
formazione professionale, da progettarsi entro la fine del primo quadrimestre del primo anno di
istruzione secondaria superiore, ovviamente in collaborazione con gli enti di formazione
professionale. Strumento sicuramente innovativo per vari aspetti,la scheda certifica non le
insufficienze,ovvero competenze che non si manifestano, bensì il livello positivo, ciò che si
padroneggia, le competenze accertate che costituiscono, cosa importantissima, credito formativo
spendibile nella formazione professionale.
Nonostante ciò, bisogna comunque osservare alcune incongruenze: se le competenze non
sono conoscenze e, al termine “dell’obbligo scolastico, sono sostanzialmente transdisciplinari” è
una contraddizione la richiesta di definire le competenze in riferimento alle discipline e certificarle
con voti o con giudizi, così come richiesto, utilizzando la scala di valutazione della scuola media di
primo grado. Né la nuova scheda (che dall’a. s. 2006/2007 insieme al titolo di licenza finale è
consegnata per la certificazione delle competenze acquisite) presenta differenze a riguardo, se non
per la trasformazione della scala di valutazione con i voti. Per la scuola secondaria di secondo
grado, laddove erano già previsti percorsi formativi integrati nel primo anno e successivamente nel
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biennio, sono le scuole a doversi attivare e a costruire “dal basso” un documento idoneo alla
certificazione delle competenze.
La medesima cosa avveniva con la riforma Moratti (Legge n.53 del 28 marzo 2003) con la
costruzione del portfolio delle competenze, che accompagnasse l’allievo dalla scuola materna alla
scuola secondaria superiore. Nel Rapporto finale del gruppo ristretto di lavoro (costituito con
D.M.18 luglio 2001,n.672) coordinato dal professor Bertagna, per l’attuazione della riforma dei
cicli, si faceva riferimento al portfolio delle competenze, con lo scopo “di determinare, da un lato,
che cosa una persona ha appreso dalle sue esperienze formali ed informali e, dall’altro lato di
stabilire che cosa il soggetto dovrebbe ancora apprendere per poter raggiungere i suoi obiettivi di
apprendimento.”5
Il portfolio, termine inglese, usato in ambito internazionale, si riferisce, dunque, ad un
contenitore che raccoglie i lavori migliori di un soggetto, di un ente o azienda, è un dossier che
raccoglie informazioni sulle esperienze e le realizzazioni di un individuo che dimostrano cosa costui
sa e sa fare. Per come era strutturato, il portfolio nel mondo della scuola, condividendo il parere di
Iris van der Vliet, “sicuramente è uno strumento valutativo che integra la valutazione
dell’insegnante con impegni svolti da parte degli allievi, come integrazione delle forme tradizionali
di valutazione con altre forme informative come l’osservazione sistematica e l’autovalutazione
degli allievi al fine di avere a disposizione una molteplicità di riferimenti che permettano una loro
migliore interpretazione e più fondate elaborazioni di giudizi e prese di decisioni
(Pellerey,1996).(….) Vi è esplicato che la scheda di orientamento, redatta e costruita dalle scuole
dovrebbe dare indicazioni di orientamento fondate sulle reali risorse personali ed in particolare
vengono raccolti dati e indicazioni relativi a: -le prove scolastiche significative; -le osservazioni dei
docenti; -i commenti sui lavori personali; -le indicazioni emergenti dai questionari attitudinali; -le
qualità e le attitudini del ragazzo; -le indicazioni emergenti dal progetto personale di vita.(…Per
quanto attiene al portfolio di lavoro, contenitore dei lavori fatti dallo studente- al portfolio di
presentazione, rappresentazione dei lavori migliori e a quello di valutazione, che contiene la
documentazione di ciò che ha imparato, i vantaggi principali dell’uso del portfolio all’interno delle
scuole sono i seguenti: per gli insegnanti esso aiuta a costruire percorsi didattici diversificati, più
congrui alle esigenze e alle capacità dello studente; spinge ad utilizzare nuove metodologie
didattiche e valutative; promuove il processo di apprendimento tramite la riflessione e
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Op. cit. pag.110
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l’autovalutazione; stimola una discussione concreta e meno astratta tra genitori ed insegnanti;
motiva gli allievi. Per gli studenti esso aiuta ad avere una maggiore consapevolezza del proprio
essere; è una vera e propria assunzione di responsabilità; aiuta a riflettere sul proprio processo di
apprendimento; sviluppa capacità di autovalutazione. Per l’istituzione scolastica esso crea contesti
idonei, spazi valutativi, modalità di incorporazione del portfolio nella politica e nella cultura della
scuola, aiutando a riflettere sull’azione formativa.”6
L’intervallo politico del governo di centro sinistra e le polemiche sulla privacy,connesse a
molteplici altre difficoltà, hanno decretato la fine dell’adozione del portfolio delle competenze (non
vi è stato in verità alcuna disposizione legislativa a riguardo). Eppure molte delle indicazioni in esso
contenute e gli intenti che lo hanno promosso sono tuttora attuali,tanto è che al fine della
certificazione delle competenze emerge sempre più la necessità di una corrispondenza
metodologico-didattica coerente con i processi(percorsi attraverso i quali si costruiscono le
competenze) e gli obiettivi disciplinari (che diventano i mezzi per raggiungerle). Ne scaturisce un
naturale ripensamento del curriculum e un modello di verifica-valutazione non più centrato su
obiettivi ed unità didattiche, che propongono un sistema chiuso e strategie analitico-lineari, bensì su
obiettivi che si sviluppano sulla base dei bisogni, privilegiando un “atteggiamento centrato su un
progetto aperto”, disponibile ad accogliere l’imprevisto e a ristrutturarsi. Si valorizza in tal modo
:l’autonomia progettuale, le strategie meta cognitive, l’apprendimento in contesto, la costruzione
negoziata di significati,la cooperazione/distribuzione/alternanza dei ruoli. È quello che è stato
ribadito in un convegno del Polo Qualità di Napoli nel 2006, laddove si è insistito sul nuovo tipo di
valutazione, una valutazione che”si allontana dal concetto di misurazione obiettiva a favore di
forme -di autovalutazione (dossier- portfolio); -di valutazione “situata”; -di valutazione
intersoggettiva (triangolazioni,pluralità di osservatori).
Ma come operare concretamente? I compiti di prestazione unitari ci offrono un valido
esempio e la rubrics: rubrica di valutazione è lo strumento da utilizzare per identificare e chiarire le
aspettative specifiche relative ad una prestazione e indicare il grado di raggiungimento degli
obiettivi prestabiliti. Ovviamente una scuola, chiamata a certificare le competenze chiave possedute
dagli alunni, deve porre l’accento sui processi di lavoro dello studente e ripensare la metodologia di
progettazione degli interventi formativi.
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op. cit. pagg.119-120
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In tal modo sarà anche in grado di strutturare e sperimentare una scheda di valutazione
adeguata a certificare competenze anche nel secondo grado della scuola secondaria, così come
previsto dalle recenti disposizioni normative.
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