28 giugno 2010

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28 giugno 2010
Eco di Wall Street
N. 21
28 giugno 2010
e delle principali borse
del mondo a cura
della Cornèr Banca
Unione Europea:
una crisi di mezza età
per questa giovane signora?
Negli ultimi mesi i termini “Europa” e
“crisi” ricorrono sempre più spesso
affiancati, quasi come se fossero due
compagni di sventura! Del resto i fatti
parlano chiaro. Già gravata dai nodosi
problemi
internazionali,
l’Unione
Europea (UE) ha dovuto subire il
violento scossone provocato dalla
fallimentare situazione finanziaria della
Grecia; un episodio doloroso, che ha di
colpo acceso i timori di una crisi latente
del
debito
sovrano,
all’interno
dell’intera unione. Alle preoccupazioni
finanziarie si sono aggiunte le pesanti
condizioni economiche di altri membri
importanti, come ad esempio la
Spagna; vi sono stati anche momenti di
alta tensione a livello politico,
soprattutto quando si è trattato di
negoziare un pacchetto di proposte per
evitare il tracollo greco. E, dulcis in
fundo, proprio in questi giorni
sembrano essersi aggiunte le deludenti
performance ai campionati mondiali di
calcio in corso in Sudafrica. Alcune
“regine” del calcio europeo hanno
arrancato a fatica, mostrandosi
decisamente al di sotto delle aspettative,
persino a livello di coesione ed
entusiasmo dei giocatori.
Naturalmente finanza e sport, in questo
contesto, non sono direttamente
collegati, ma non è da escludere che le
difficoltà di rimanere uniti affiorate in
seno all’UE nei primi sei mesi dell’anno
possano aver influenzato gli umori di chi
è chiamato a rappresentare la propria
nazione, in un confronto sportivo
mondiale di tale portata.
L’Unione Europea affonda le sue radici
nell’immediato dopoguerra o, per
meglio dire, nel Trattato di Roma del
1957. Ma l’Europa degli attuali 27 paesi
membri, quella contemporanea per
intendersi, poggia le basi sulle due
grandi svolte avvenute a dieci anni
esatti di distanza l’una dall’altra. La
prima risale alla fine degli anni Ottanta,
con il crollo del comunismo nell’Europa
Centrale ed Orientale e la riunificazione
delle due Germanie; la seconda, al 1999,
Londra
con la nascita dell’Unione Economica e
Monetaria e la creazione dell’euro.
Nonostante sia relativamente giovane,
la moderna UE accusa tuttavia i classici
sintomi di una crisi di mezza età,
caratterizzata da rivisitazioni del
passato, rimpianti, ripensamenti e
aggiustamenti, una sorta di resa dei
conti per capire come procedere in
futuro. Al momento, però, i
suggerimenti in tal senso sono piuttosto
scarsi, come si legge anche in un articolo
pubblicato la scorsa settimana sul
quotidiano britannico “Financial Times”:
benché non si possa parlare di sbando,
come dicono esagerando i paesi o i
politici ostili, l’UE è certamente in
difficoltà sotto diversi punti di vista.
I padri fondatori dell’unione non
avevano dubbi sul principale obiettivo
da raggiungere, dopo lo sconquasso
causato dal secondo conflitto mondiale:
il più importante traguardo era la pace e
il suo mantenimento tra le varie nazioni
europee. Eppure, fatta eccezione per
l’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl
convinto che la riunificazione tedesca
fosse la prova concreta del ristabilimento
della pace in Europa, nel corso degli anni
questo obiettivo iniziale si è andato
affievolendo. A sessantacinque anni dalla
fine della guerra, pochi politici europei
mostrano palesemente di credere in una
maggiore
compattezza
per
la
salvaguardia della pace. Ma se
quest’ultima
non
dovesse
più
rappresentare l’obiettivo numero uno,
cosa potrebbe succedere alla prosperità
economica dell’UE? Cosa accadrebbe
alle fondamenta di un’unione che fissa i
suoi principi sulla custodia di un modello
sociale unico che garantisca un tenore di
vita sostenibile e adeguato ai suoi
cittadini (l’11% dell’intera popolazione
mondiale)?
I veri sostenitori dell'UE
sono convinti che questa crisi
di mezza età debba rivelarsi
WALL
salutare per una rinascita
La risposta più ovvia ai numerosi quesiti
che oggi ruotano attorno alla crisi
europea è che l’UE dovrebbe puntare
non a uno solo, ma a un insieme di
traguardi, vale a dire pace, prosperità,
democrazia, protezione del modello
sociale e difesa dei propri interessi. Il
problema è che molti di questi obiettivi
sono oggi assai controversi. I paesi UE
più ricchi, ad esempio, e buona parte
dell’occidente non mostrano grande
entusiasmo nell’ulteriore allargamento
dell’UE verso Est; la movimentazione
delle persone generatasi con l’estensione
dei membri ha sollevato questioni legate
all’intolleranza e alla difficoltà di
integrazione che, dopo la riunificazione
tedesca, si pensava fossero argomenti
superati. In realtà non è così, ma anzi
proprio negli ultimi mesi si registra
un’acutizzazione dei fenomeni di
intransigenza.
Come si diceva all’inizio, la crisi
finanziaria del 2008, le conseguenti
sofferenze economiche che hanno
contagiato tutto il mondo, ma
soprattutto il rischio di fallimento di
paesi importanti come la Grecia hanno
giocato contro l’UE, al punto da
intaccare anche la fiducia di molti suoi
cittadini. Prova ne è che da diverse
consultazioni
elettorali
svoltesi
recentemente siano usciti vincenti
esponenti politici meno aperti verso
concetti democratici, così come sarebbe
nei principi dell’unione stessa. E anche la
debolezza dell’euro sembra inserirsi in un
periodo di grande insicurezza e perdita
di certezze.
I veri sostenitori dell’Unione Europea
sono tuttavia convinti che questa crisi di
mezza età debba rivelarsi salutare per
una rinascita stessa dell’unione. Non si
può escludere, infatti, che proprio le
grandi problematiche attuali possano
innescare una sorta di reazione a catena
tra i vari membri per farli uscire dal
pantano, una specie di terapia d’urto per
risvegliarli da una condizione di passività
nella quale l’UE era probabilmente
scivolata senza rendersene conto.
Naturalmente, se le condizioni
economiche e finanziarie dovessero
migliorare, sarebbe più semplice
trovare la forza di consolidare i propri
rapporti, invece che trovare qualsiasi
appiglio per discutere come succede in
questo
periodo.
Al
momento,
comunque, sarebbe pericoloso lanciarsi
in previsioni di qualsiasi natura perché
mancano i presupposti oggettivi per
farlo. Si può solo prendere atto di
quanto sta avvenendo, con la speranza
che non vengano gettati al vento gli
sforzi sin qui compiuti per rimanere
uniti, perché, crisi o non crisi, sono
proprio questi che hanno contribuito a
creare l’Europa moderna.
Anna Russo
Comunicazione,
Immagine e PR
© Cornèr Banca SA
STREET
Cronache
dai mercati finanziari
Il Punto
La settimana in esame è risultata
piuttosto negativa sui principali mercati
finanziari internazionali.
L’avvio era stato promettente, con
iniziative d’acquisto favorite dalla
decisione della Cina di rendere
maggiormente flessibile la propria unità
monetaria, lo yuan. Ad incoraggiare gli
investitori è stata in particolare la
prospettiva di un miglioramento della
congiuntura non solo cinese, ma anche, e
soprattutto, globale, con indicazioni più
rassicuranti anche per la ripresa in atto.
L’entusiasmo ha giovato notevolmente
ai comparti delle materie prime, in
quanto l’auspicata rivalutazione della
divisa cinese darebbe maggior potere
d’acquisto alle imprese ed agli
investitori di quel Paese, che sono ormai
i maggiori acquirenti mondiali di metalli
e di petrolio. Non è stato un caso che la
quotazione del rame sia balzata per
l’occasione del 2%.
Nella sessione di lunedì, tuttavia, la
nuova flessibilità dello yuan si è
tradotta in un apprezzamento di
quest’ultimo limitato nei confronti del
dollaro, inferiore al mezzo punto
percentuale.
Una disamina più accurata del citato
provvedimento ha fatto sì che l’effetto
benefico sui mercati sia ben presto
svanito, in quanto è stato recepito che
lo sganciamento dello yuan dal dollaro
e la sua limitata libertà di oscillazione
non significherebbero necessariamente
l’avvio di un nuovo corso. La moneta
del Paese asiatico rimarrebbe dunque in
un regime di libertà vigilata.
Nel Vecchio continente sono in seguito
riaffiorate le tensioni inerenti ai titoli di
Stato, come segnalato dall’aumento
generalizzato degli “spread” sui valori
pubblici dei Paesi a rischio rispetto al
Bund tedesco. Parallelamente, si è
notato un certo nervosismo anche sui
bond societari, poiché il costo dei
“credit default swap” ha ripreso a
crescere dopo diverse sedute di
ininterrotti ribassi.
Diverse cifre negative riguardanti il
settore immobiliare hanno condizionato
l’attività degli investitori Usa, così come
hanno
pesato
soprattutto
sul
finanziario i timori che il G20 possa
varare delle normative più stringenti sul
medesimo settore.
A causa di un atteggiamento più
prudente nei riguardi delle prospettive
di ripresa da parte della Federal
Reserve, esponenti di quest’ultima
hanno confermato di non volere
abbandonare per molto tempo l’attuale
politica monetaria accomodante, non
indicando nel contempo un punto di
svolta per passare dall’attuale strategia
che mantiene i tassi di interesse reali
attorno allo zero e perfino negativi ad
un posizionamento più restrittivo.
A livello valutario, il franco svizzero ha
raggiunto un nuovo record nei
confronti dell’euro, essendo giunto in
prossimità di 1.35.
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-2.73%
NY - NASDAQ
2309.80
2223.48
-3.74%
2100.17/2535.28
-2.01%
NY - S&P 500
1117.51
1076.76
-3.65%
1040.78/1219.80
-3.44%
UE- DJ EUROSTOXX 50 2737.02
2629.25
-3.94%
2448.10/3044.37
-11.36%
FR - DAX
6216.98
6070.6
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5433.02/6299.58
1.90%
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6447.06
6275.35
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6029.16/6990.70
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-6.77%
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3519.73
-4.54%
3287.57/4088.18
-10.58%
20752
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-3.81%
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