7 luglio 2008

Transcript

7 luglio 2008
Eco di Wall Street
N. 24
7 luglio 2008
e delle principali borse
del mondo a cura
della Cornèr Banca
La crisi del settore
immobiliare americano
La sorte del mercato immobiliare americano, dei prodotti finanziari cartolarizzati che ha originato, di molte banche e finanziarie che li hanno in cassa,
si potrebbe dire che sia nelle mani di
circa 12-13 milioni di famiglie che
hanno già visto o vedranno il valore
della propria casa scendere quest’anno
al livello del mutuo contratto, se non
sotto. Appare vitale che la discesa dei
valori immobiliari, arrivata ormai al
15% con punte del 20% in certe aree, si
arresti.
Su un patrimonio immobiliare di 129
milioni di unità, le case vuote al momento sono 18.5 milioni, 3 milioni in
più rispetto alle altre fasi di flessione del
comparto negli ultimi 50 anni. Ma il
vero problema è costituito dai prezzi.
Se scenderanno del 20% rispetto al
picco di due anni fa, significherà che un
quarto dei 54 milioni di americani che
stanno pagando un mutuo, di cui il
13% della categoria “subprime”, si troveranno con un debito di importo superiore al valore della casa. In caso di
futuri mancati pagamenti, come previSecondo l’Ocse, finora, la crisi dei pre- sto da una legge federale, il prenditore
stiti e del comparto immobiliare ha im- del prestito può essere pignorato, perposto al sistema finanziario perdite per dendo il possesso dell’abitazione occu380 miliardi di dollari.
pata.
Che il peggio sia passato, come da
molti sostenuto, è attribuibile soprattutto alla determinazione dimostrata
dalla Federal Reserve e dalle altre
Banche centrali, la Bce in prima linea,
nel contrastare ogni possibile inizio di
panico, offrendo liquidità. La Fed si è
spinta molto oltre, garantendo in solido il 16 marzo scorso l’acquisto della
disastrata Bear Stearns da parte di JP
Morgan Chase. Sussiste quindi la ragionevole certezza che anche in futuro
la Fed, il Tesoro americano e gli altri
istituti d’emissione assicureranno il sostegno necessario. Nel caso degli Stati
Uniti, vorrà dire probabilmente attingere alle tasche dei contribuenti, come
già accadde meno di 20 anni fa, in occasione della crisi delle Casse di risparmio.
A tutto marzo, il 2.47% dei mutuatari,
una cifra in aumento ma già raggiunta
nel 1979, aveva rinunciato definitivamente alla casa, processo che richiede
circa sei mesi e quindi conteggia finora
solo azioni avviate a fine 2007 o prima.
Vi sono aree dove la situazione è pessima, come le più popolose di
California, Florida, Arizona e Nevada,
altre meno disastrate. Non si tratta
però soltanto di crediti “subprime”.
Anche tutti i mutui a tasso variabile
presentano rischi, nonché quelli erogati
alla clientela “prime”. Naturalmente, i
rischi maggiori risiedono nei “subprime”. Una recentissima indagine
condotta dalla Fed di Boston, su dati
1989-2007, indica che il 18-20% dei
“subprime” finisce sempre in un pignoramento, contro il 3% dei “prime”.
Come dichiarato dal presidente della
Fed di San Francisco, la sospensione dei
pagamenti in tutte le categorie di mutui, “prime” o “subprime”, a tasso variabile o fisso, è dovuta in modo rilevante all’andamento dei prezzi delle
abitazioni, tuttora in regresso.
L’industria edilizia, benché abbia dimezzato la sua produzione per la gravissima crisi e la mancanza di fondi,
continua ad edificare un milione di case
nuove l’anno. E il Governo, con l’appoggio del Congresso, ha stanziato 25
miliardi di dollari per il settore in crisi.
Con ciò, aggravando il problema, in
quanto l’aiuto è giudicato in grado di
Non si tratta soltanto
di crediti “subprime".
Anche tutti i mutui
WALL
a tasso variabile
presentano rischi
mantenere attivi quei costruttori edili
che dovrebbero fallire, col risultato di
avere un incremento di immobili invenduti sul mercato.
Secondo autorevoli esperti, per contrastare la crisi in atto, obiettivo primario da parte dell’autorità governativa dovrebbe essere quello di
concedere sovvenzioni ai debitori, al
fine di agevolarli nell’onorare le rate dei
prestiti. L’alternativa è ritenuta non essere altro che una legge per garantire
una ricapitalizzazione del sistema bancario con denaro pubblico, per la prima
volta dagli anni ’30.
Roberto Mettler
Private Banking
© Cornèr Banca SA
STREET
Cronache
dai mercati finanziari
Il Punto
Nella settimana appena trascorsa, non
sono venuti meno i motivi di apprensione che da tempo stanno attanagliando i principali mercati finanziari
internazionali.
Sul fronte valutario, si è palesato un
relativo apprezzamento del dollaro
americano, dopo aver manifestato
una chiara debolezza a metà periodo.
Non vi sono freni per quello che concerne il trend delle quotazioni petrolifere. In questo ambito, il barile di
greggio è pervenuto fino a 146 $. I
fattori alla base dei nuovi rialzi sono
stati costituiti dalle tensioni fra Iran e
Israele, dai foschi pronostici dell’ultimo rapporto pubblicato dall’Agenzia
Internazionale dell’Energia, secondo
cui nel lungo termine il mondo andrà
verso un’accentuata carenza di greggio. Hanno poi influito anche i dati
sulle scorte statunitensi di combustibili, scese più del previsto, e il nuovo
indebolimento del biglietto verde, divisa di riferimento dei mercati delle
“commodities”. L’Opec, dal canto
suo, ha ribadito che non sussiste una
scarsità di oro nero, e che i prezzi sono guidati dal dollaro, dalle tensioni
geopolitiche e dalla speculazione.
Malgrado il rallentamento economico
e le pressioni politiche, giovedì la Banca centrale europea ha stretto il credito nella zona euro, deliberando un
incremento del saggio di riferimento
dal 4 al 4.25%, ai massimi dal 2001.
Rappresenta il primo aumento da oltre un anno e, nelle intenzioni del presidente
dell’Istituto
centrale,
Jean-Claude Trichet, ha l’obiettivo di
ancorare le aspettative d’inflazione a
medio e lungo termine in linea con la
stabilità dei prezzi. La decisione è
giunta dopo che il progresso dell’indi-
ce dei prezzi nella zona euro ha raggiunto il 4% annuo in giugno, secondo dati preliminari. Da otto mesi
ormai l’inflazione è superiore al 3%,
ben oltre il 2% che è l’obiettivo delle
autorità monetarie. La Bce però ha
fatto capire di essere ora in una posizione di attesa, tanto che per il momento non bisogna attendersi nel
prossimo futuro nuovi rialzi del costo del denaro.
I comparti azionari non hanno in particolare reagito negativamente alla
notizia della variazione dei tassi per
mano Bce, in quanto già scontata. I
loro più recenti movimenti fanno trapelare che, per adesso, i tassi d’interesse non ne sono una variabile
determinante e che, per quelli europei, è ancora forte la dipendenza da
Wall Street.
Gli Stati Uniti hanno perso occupati
per il sesto mese consecutivo. Il saggio di disoccupazione in giugno è rimasto al 5.5%, confermando il netto
incremento di mezzo punto percentuale registrato nel mese precedente.
A sua volta, la fragilità occupazionale
minaccia di stringere sempre più l’assedio all’economia, congelando consumi che rappresentano il 70% del Pil.
Anche per questo, gli operatori stimano meno probabile un’ascesa dei
tassi Usa ad agosto e settembre, e
contempla una stretta di 25 centesimi
solo per fine ottobre.
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Variazioni dei principali indici e cambi
27.6.2008
4.7.2008
min/max 2007/2008
2008*
11346.51
11288.54
-0.51%
11157.21/14198.10
-14.90%
NY - NASDAQ
2315.63
2245.38
-3.03%
2155.42/2861.51
-15.34%
NY - S&P 500
1278.38
1262.90
-1.21%
1257.30/1576.06
-13.99%
UE- DJ STOXX 50
2876.06
2837.58
-1.34%
2802.33/3691.59
-22.97%
FR - DAX
6421.91
6272.21
-2.33%
6167.82/8100.64
-22.25%
ZH - SMI
6861.54
6772.74
-1.29%
6769.80/8421.00
-20.17%
LO - FTSE100
5529.90
5412.80
-2.12%
5338.70/6534.70
-16.17%
PA - CAC40
4397.32
4266.00
-2.99%
4348.31/5665.94
-24.01%
22628
22046
-2.57%
22046/29404
-25.02%
TK - NIKKEI
13544.36
13237.89
-2.26%
11691.00/15156.66
-13.52%
HK - HANG SENG
22042.35
21423.82
-2.81%
20572.92/27853.60
-22.97%
USD/CHF
1.0181
1.0253
0.71%
0.9674/1.3238
-9.55%
USD/JPY
106.12
106.81
0.65%
95.71/124.16
-4.06%
USD/CAD
1.0104
1.0195
0.90%
0.9056/1.1870
2.32%
EUR/USD
1.5794
1.5704
-0.57%
1.2915/1.6018
7.64%
EUR/CHF
1.6080
1.6098
0.11%
1.5349/1.6828
-2.67%
EUR/GBP
0.7914
0.7917
0.04%
0.6567/0.8098
7.73%
GBP/USD
1.9945
1.9827
-0.59%
1.9299/2.1161
-0.10%
GBP/CHF
2.0315
2.0336
0.10%
1.9376/2.4966
-9.64%
NY - DJII
MI - MIBTEL
*variazione da fine 2007
Fonte: Reuters
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