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confimi - API Verona
CONFIMI
Rassegna Stampa del 13/03/2014
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INDICE
CONFIMI
13/03/2014 Il Gazzettino - Vicenza
Oggi si firma protocollo a salvaguardia della salute dell'imprenditore nella crisi
5
13/03/2014 Giornale di Brescia
Università & Impresa una sinergia vincente
6
13/03/2014 La Provincia di Cremona - Nazionale
Ricerca e tutela dei marchi con Apindustria
7
13/03/2014 La Voce di Mantova
All'Api si studia come scrivere il business plan
8
CONFIMI WEB
Il capitolo non contiene articoli
SCENARIO ECONOMIA
13/03/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Annunci e Realtà
10
13/03/2014 Corriere della Sera - Nazionale
il Periodo di prova sale a 3 anni
11
13/03/2014 Corriere della Sera - Nazionale
esclusi i Bot Conti e Depositi si cambia così
12
13/03/2014 Corriere della Sera - Nazionale
Cene e viaggi nel redditometro «Invieremo 20 mila lettere»
13
13/03/2014 Il Sole 24 Ore
Ecco il nuovo contratto con gli italiani
15
13/03/2014 Il Sole 24 Ore
Tanti annunci non fanno una scossa
17
13/03/2014 Il Sole 24 Ore
«Stop agli errori della Fornero, finalmente torna il buon senso»
19
13/03/2014 Il Sole 24 Ore
Storia segreta della grande crisi
21
13/03/2014 La Repubblica - Nazionale
Giù l'Irap del 10 per cento colpite le rendite finanziarie
23
13/03/2014 La Repubblica - Nazionale
"Nel Jobs Act ci sarà il salario minimo"
25
13/03/2014 La Repubblica - Nazionale
* E Padoan disse: Matteo, non si può fare
26
13/03/2014 La Stampa - Nazionale
Tagli al costo dell'energia e una sforbiciata all'Irap
28
13/03/2014 La Stampa - Nazionale
Giannini: "Subito 3,7 miliardi per l'edilizia scolastica E i sindaci potranno spendere"
29
13/03/2014 Il Messaggero - Nazionale
Quei bilanci senza trasparenza la svolta che manca ai sindacati
30
13/03/2014 Il Messaggero - Nazionale
Lavoro Contratti più flessibili e poi i nuovi ammortizzatori
32
13/03/2014 Il Giornale - Nazionale
RICETTA DI DESTRA APPLICATA A SINISTRA
34
13/03/2014 Il Giornale - Nazionale
Per la casa c'è già il decreto Meno imposte sugli affitti
35
13/03/2014 MF - Nazionale
Se vogliono sopravvivere, le aziende italiane devono imparare a competere fuori
casa
36
13/03/2014 MF - Nazionale
MasterChef può fare da solo più dell'Ice
38
13/03/2014 Panorama
Pitruzzella, lo «sceriffo» che mette in riga le aziende
39
13/03/2014 Panorama
*** «Lasciateci aiutare le imprese»
41
13/03/2014 Panorama
Grazie Renzi, ma siamo in credito di 38 miliardi
42
SCENARIO PMI
Il capitolo non contiene articoli
CONFIMI
4 articoli
13/03/2014
Il Gazzettino - Vicenza
Pag. 10
(diffusione:86966, tiratura:114104)
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CONFINDUSTRIA
Oggi si firma protocollo a salvaguardia della salute dell'imprenditore nella
crisi
VICENZA - (m.c.) Questa mattina verrà firmato a Vicenza, nella sede di Confindustria, un Protocollo d'intesa
tra le principali Associazioni di categoria provinciali, la Caritas e il Progetto regionale «InOltre» con il quale
prende avvio la «Rete dei servizi territoriali» della provincia, che intende promuovere la salute
dell'imprenditore attraverso la gestione delle ripercussioni della crisi economica. Il Protocollo rappresenta la
conclusione di un percorso che ha visto l'incontro di Confindustria, Apindustria, Confartigianato, CNA,
Confagricoltura, Coldiretti, Confcommercio, Caritas e «inOltre» per definire una modalità innovativa di
affiancamento agli imprenditori, per fronteggiare le possibili ricadute negative - personali e professionali dell'attuale periodo di difficoltà economica. Quella di Vicenza - provincia che vede oltre 65 imprenditori seguiti
sul territorio dal progetto «inOltre», è la prima Rete provinciale costituita dal progetto regionale e rappresenta
quindi il modello delle «buone prassi» che il progetto mira a diffondere anche nelle altre province venete. ©
riproduzione riservata anim)))
CONFIMI - Rassegna Stampa 13/03/2014
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13/03/2014
Giornale di Brescia
Pag. 51
(diffusione:48023, tiratura:59782)
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Università & Impresa una sinergia vincente
Il 13 dicembre 1999 la forte interazione tra un'istituzione universitaria gio vane, ma ormai collaudata e
impegnata sul territorio come l'Università degli stu di di Brescia, e un sistema di piccole e medie imprese
ampio e articolato come quello della provincia di Brescia, porta alla costituzione della società consor tile
denominata Università & Impresa. L'assetto societario comprende l'Univer sità degli studi di Brescia, la
Camera di Commercio, l'Associazione Industriale Bresciana, Isfor 2000 e tutte le principali organizzazioni
imprenditoriali brescia ne: Apindustria, Associazione Artigiani, Confartigianato, Cna, Collegio Costrut tori,
Confcommercio, Confesercenti e Confcooperative. Nel quadro generale della prestazione di servizi di
formazio ne d'eccellenza post laurea e post espe rienza, il nuovo consorzio si propone di progettare e
realizzare un Master spe cificamente orientato alle esigenze delle piccole e medie imprese. Nei suoi primi 14
anni di attività il con sorzio progetta e completa 17 Master: otto edizioni del Master in Economia e Gestione
della Piccola e Media Impresa, due edizioni del Master in Economia e Gestione Immobiliare e del Master in
Economia e Gestione delle Cooperative e Imprese Sociali, un'edizione ciascuna del Master in
Internazionalizzazione del la Piccola e Media Impresa, del Master in Economia e Gestione dei Servizi Tu
ristico-alberghieri e del Master in Eco nomia e Sviluppo dell'idea di business. Inoltre, in collaborazione con
l'Università degli Studi di Brescia, il consorzio con corre alla progettazione e alla gestione del Master
universitario di 2° livello in Gestione dei Progetti di Internazionaliz zazione Produttiva e del Master univer
sitario di 1° livello in Gestione dei Pro cessi Commerciali. Percorsi formativi che hanno coinvolto 518
partecipanti, tra i quali 436 iscritti da aziende bresciane, sostenute dalla Camera di Commercio di Brescia,
erogando 7.508 ore di formazione. Il successo delle iniziative consortili, unitamente all'intensità delle relazioni
instauratesi durante gli impegnativi percorsi formativi, è dimostrato anche dalla volontà dei primi 347 diplomati
Master di costituire una loro Associazione, che nel suo primo lustro di vita ha realizzato importanti iniziative
aperte sia agli associati, sia all'intera comunità bresciana. Il consorzio Università & Impresa, grazie ad
un'apposita convenzione stabilita con la Camera di Commercio di Brescia e con l'Associazione Industriale
Bresciana, promuove infine il Commodity Markets Research Center Brescia: un organismo che valorizza
l'esperienza dell'osservatorio Scenari & Tendenze, assicurando alle imprese bresciane un costante
aggiornamento sulle dinamiche dei prezzi delle materie prime. Il logo di Università & Impresa, la società
consortile che mette in sinergia: l'Università degli studi di Brescia, la Camera di Commercio, l'Associazione
Industriale Bresciana, Isfor 2000 e le principali organizzazioni imprenditoriali
CONFIMI - Rassegna Stampa 13/03/2014
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13/03/2014
La Provincia di Cremona - Ed. nazionale
Pag. 12
(diffusione:22748, tiratura:28110)
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Ricerca e tutela dei marchi con Apindustria
Apindustria, in collaborazione con lo studio Mar i&C , org a n i z z a u n s e m i n a r i o s u 'Marchi: la ricerca
di anteriori tà '. L'incontro si terrà giovedì 3 aprile dalle 14.30 alle 18 presso la sala riunioni di Apindustria in
via Gaspare Pedone 20. A partecipazione libera, l'appuntamento offrirà alle aziende strumenti concreti ed
efficaci per poter approfondire le problematiche legate ai marchi e alla loro registrazione e tutela.
CONFIMI - Rassegna Stampa 13/03/2014
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13/03/2014
La Voce di Mantova
Pag. 10
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All' Api si studia come scrivere il business plan
Apindustria prosegue nella proposta di iniziative formative sulle tematiche relative a credito e dintorni. Il
Business Plan è un documento sempre più richiesto da parte di operatori bancari, consulenti o come allegato
alle domande di partecipazione ai bandi di finanza agevolata. Per questo Apindustria ha deciso di
organizzare il corso sul tema: Il business plan: cosa inserire, come scriverlo e presentarlo. Il summit si tiene
giovedì 27 marzo, ore 14.30/18.30, nella sede di Apindustria in via Ilaria Alpi 4 a Mantova. L'obiettivo è di
offrire ai partecipanti gli strumenti necessari ad individuare gli elementi fondamentali del Business Plan per
essere in grado di redigerlo e presentarlo evidenziandone gli aspetti positivi e rafforzandone l'efficacia.
CONFIMI - Rassegna Stampa 13/03/2014
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SCENARIO ECONOMIA
22 articoli
13/03/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
DARIO DI VICO
Dire che le conferenze stampa alla Renzi sono ispirate alla più completa irritualità è diventato in poco tempo
un eufemismo. Il neopremier ieri ha illustrato le scelte e i provvedimenti votati poco prima in Consiglio dei
ministri alla stregua di un banditore e francamente il metodo non aiuta. Specie quando sono in gioco misure
complesse, quando si tratta di valutare i delicati equilibri di finanza pubblica o solo individuare il perimetro
delle novità normative, una più pacata trasmissione delle informazioni giova. Sicuramente al lavoro dei media
(compresi quelli stranieri) ma ancor di più a quella trasparenza del rapporto tra politica e cittadini che rientra
tra gli intendimenti prioritari di Matteo Renzi.
Ieri quest'obiettivo non è stato centrato perché alla fine dello show sappiamo i titoli dei provvedimenti che il
premier ha fatto approvare, conosciamo l'indirizzo di alcuni di essi ma ci è rimasta la sensazione di non aver
del tutto chiara la relazione che intercorre tra le decisioni di spesa adottate (e scandite) e le coperture di
bilancio. Al punto che dovremo giocoforza aspettare il Def (il Documento economico-finanziario) per poter
usufruire di elementi più certi di valutazione. Come riuscirà, ad esempio, il bisturi della spending review nel
2014 a raddoppiare i risparmi dai 3 miliardi previsti finora da Carlo Cottarelli ai 7 promessi ieri da Renzi? E ha
senso adottare come riferimento per il rimborso dei debiti della pubblica amministrazione una stima di
Bankitalia (90 miliardi) contestata ancora pochi giorni fa dal ministro del Tesoro uscente, che ha parlato di un
pregresso limitato a 50 miliardi?
I dubbi, dunque, ci sono e abbracciano sia metodo che merito ma non per questo annullano il valore di
singole scelte operate ieri dal governo. Al di là delle stime quantitative è giusto sbloccare i pagamenti dello
Stato e degli enti locali alle imprese, è più che sensato semplificare la via crucis dell'apprendistato, hanno
una loro ratio provvedimenti-ossigeno come quelli destinati a mettere in sicurezza le scuole, è utile venire
incontro alle imprese tagliando i costi dell'energia, dell'Irap e dell'Inail ma soprattutto va apprezzata l'idea di
ridurre le tasse ai redditi fino a 25 mila euro con la speranza che la mossa generi un rilancio dei consumi. E
ha fatto bene Renzi anche a individuare per il suo jobs act lo strumento della legge delega invece che
riscrivere di botto e per l'ennesima volta le regole del mercato del lavoro.
Restano tutte in campo, invece, le perplessità per l'aumento della tassazione delle rendite finanziarie.
Nessuno nella condizione in cui versa il nostro Paese ha voglia di vestire i panni di Cassandra ma
intravediamo il pericolo che in mezzo a tante coperture aleatorie alla fine la contropartita più corposa e certa
passi ancora una volta attraverso l'incremento delle entrate fiscali. E temiamo che ciò possa rivelarsi alla fine
un indigesto antipasto della patrimoniale .
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
10
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Annunci e Realtà
13/03/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
ENRICO MARRO
Il decreto legge Poletti probabilmente inciderà sul mercato del lavoro di più che se fosse stato abolito l'articolo
18. Si estende in sostanza il periodo di prova da tre mesi a tre anni: una liberalizzazione senza precedenti dei
contratti di lavoro a termine. A PAGINA 3
A dispetto dell'assenza di clamore, il decreto legge Poletti probabilmente inciderà sul mercato del lavoro di
più che se fosse stato abolito l'articolo 18, quello che protegge dai licenziamenti senza giusta causa nelle
aziende con più di 15 dipendenti. Da oggi, infatti, si estende in sostanza il periodo di prova da tre mesi a tre
anni. Questo risultato si ottiene con una liberalizzazione senza precedenti dei contratti a termine. Che
potranno essere prorogati tutte le volte che l'azienda vorrà e senza la necessità di apporvi la causale, cioè di
scrivere perché si richiede una prestazione temporanea. Gli unici limiti da rispettare saranno la durata
massima, non più di tre anni complessivamente, e il fatto che ogni azienda non potrà avere più del 20% di
lavoratori temporanei. È una rivoluzione quella contenuta nel decreto legge approvato ieri dal Consiglio dei
ministri. Con le regole valide finora, infatti, un'impresa può fare un solo contratto a termine senza causale e
per non più di 12 mesi. Col decreto, invece, l'azienda può assumere un giovane per qualche mese e poi
prorogarlo tutte le volte che vuole senza bisogno di causale, e quindi non rischia alcun contenzioso (causali
dubbie impugnate dal lavoratore che chiede al giudice la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato).
Insomma, davvero non ci sono più scuse per le imprese che finora hanno lamentato scarsa flessibilità. Anche
perché alla liberalizzazione del contratto a termine si aggiunge, sempre per decreto, la semplificazione
dell'apprendistato, senza più il vincolo delle assunzioni di precedenti apprendisti per prenderne di nuovi. Il
decreto è accompagnato da un ambizioso disegno di legge delega sempre messo a punto dal ministro del
Lavoro che mira a riformare gli ammortizzatori sociali, le forme contrattuali e a introdurre il compenso orario
minimo. Riforme di cui c'è bisogno, ma che andranno verificate quando, dopo l'approvazione del Parlamento,
il governo dovrà varare i decreti attuativi. Nel frattempo si potrà capire se gli imprenditori, col nuovo contratto
a termine e col nuovo apprendistato, saranno protagonisti di una svolta verso la flessibilità buona, quella che
porta ad una maggiore occupazione, oppure se tutto si risolverà in un mero aumento della precarietà.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
il Periodo di prova sale a 3 anni
13/03/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:619980, tiratura:779916)
MASSIMO FRACARO e NICOLA SALDUTTI
La decisione di aumentare dal 20 al 26% il prelievo sulle rendite finanziarie non tocca i Titoli di Stato.
Vengono colpite invece tutte le altre forme di investimento personale, dalle azionialle obbligazioni ai depositi
e ai conti correnti . A PAGINA 2
Il taglio delle imposte sui redditi, che dovrebbe partire dal primo maggio, per adesso ha una cornice, ma non
si conoscono ancora i dettagli. E con il Fisco, si sa, i dettagli possono nascondere molte insidie. Bisognerà
dunque vedere in che modo le detrazioni per i redditi fino a 25 mila euro lordi verranno, in concreto, applicate
(saranno aiutati anche i più poveri, gli incapienti, cioè quelli che già non pagano imposte perché hanno redditi
troppo bassi e che sono trascurati da anni?). In ogni caso il bonus di mille euro rischia di essere, in parte,
vanificato dall'altro lato del Fisco, quello federale: per le addizionali regionali e comunali, con gli enti locali alle
prese con conti disastrati, difficile che il buon esempio del governo possa essere seguito. Anzi. Ed è troppo
vicina la decisione di dare ai sindaci la possibilità di innalzare la Tassa sui servizi indivisibili (Tasi) per essere
ottimisti.
Ma il dubbio viene da un altro punto: tra le misure proposte nella cosiddetta spending review , i tagli agli
sprechi, il commissario Carlo Cottarelli ha preso di mira le solite pensioni. Anche se ha assicurato che l'85%
dei pensionati (ricordiamo che uno su due non supera i 500 euro mensili) non verrà toccato. Il contributo
potrebbe essere chiesto a chi, grazie ai contributi che ha versato nel corso della sua carriere lavorativa,
riceve circa 2.500 euro lordi al mese (vale a dire solo mille in più di chi invece verrà beneficiato dagli sgravi
Irpef). Possono davvero essere definite rendite d'oro? Difficile. Non c'erano altri sprechi da tagliare, invece di
intervenire su chi si è meritato la sua pensione?
Assomiglia invece a una piccola svolta l'annuncio che, a partire dal 2015, i cittadini riceveranno una
dichiarazione dei redditi precompilata, un primo gesto di attenzione verso i contribuenti .
E poi c'è il risparmio: la decisione di aumentare dal 20 al 26% il prelievo sulle rendite finanziarie non tocca i
titoli di Stato (ma sarà sostenibile a livello europeo un simile trattamento agevolato?). Colpite, invece, tutte le
altre forme di investimento personale, dalle azioni alle obbligazioni ai depositi e ai conti correnti che tornano
ai livelli di tassazione di qualche anno fa. Certo le medie europee di prelievo contano, ma anche il risparmio.
E tra patrimonialina (allo 0,2%) e aumento delle tassazione, il conto appare un po' troppo salato.
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
esclusi i Bot Conti e Depositi si cambia così
13/03/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 33
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Cene e viaggi nel redditometro «Invieremo 20 mila lettere»
Di Capua: puntiamo a bersagli grossi, famiglie tranquille Il rating dell'Iva Un rating alle imprese per accelerare
i rimborsi del Fisco
Isidoro Trovato
Le lettere saranno 20 mila e partiranno entro dieci giorni. Superato l'ultimo passaggio presso il Garante della
privacy il redditometro sta per diventare realtà.
Lo strumento ha finalmente un volto definitivo che sembra ben lontano da quello di studio di settore applicato
alla famiglie che aveva terrorizzato gli addetti ai lavori. Niente Fisco impiccione che controlla dove siamo
andati in vacanza o quante volte siamo andati al ristorante. Nel mirino finiranno solo contribuenti con evidenti
discordanze tra ciò che dichiarano e ciò che spendono. «Ci muoveremo in una cornice di ampia garanzia per
i contribuenti - assicura Marco Di Capua, vicedirettore dell'Agenzia delle Entrate - già la legge assicura che la
soglia di scostamento deve essere superiore al 20 per cento per giustificare le attenzioni del Fisco, a questo
noi abbiamo aggiunto un'ulteriore tutela: non selezioneremo nessun contribuente che avrà uno scostamento
tra spese e reddito dichiarato che sta entro i 12 mila euro. Insomma le 20 mila lettere che stiamo per spedire
saranno un test realizzato con la massima cura».
Una prova sul campo per il nuovo redditometro che dovrà fornire prove concrete di fattibilità in tempi
relativamente brevi. «Entro il 2014 contiamo di aver concluso tutto l'iter dei primi 20 mila accertamenti
sintetici, contraddittorio compreso» assicura Di Capua . In una fase di particolare sofferenza economica è
inevitabile che i contribuenti temano controlli a tappeto e una caccia indiscriminata all'evasione. «Siamo
consapevoli del momento critico - assicura il vice direttore dell'Agenzia - noi stessi dobbiamo puntare al
massimo con risorse limitate. Noi non partiamo dal principio di presunta colpevolezza del contribuente sia
chiaro. Giusto per fare qualche esempio: non basterà fare una cena da 3 mila euro, magari per festeggiare il
proprio 25esimo anniversario, per far accendere la spia del sospetto. Dovranno concentrarsi una serie di voci
per creare uno scostamento davvero ampio e su somme considerevoli. Non siamo alla ricerca di fenomeni
marginali, non converrebbe a nessuno. Nemmeno allo Stato. E comunque, anche nei casi più eclatanti, le
persone contattate potranno sempre venire da noi e dimostrarci che hanno avuto un'eredità o una fonte di
reddito che è legittimo non dichiarare e che spiega lo scostamento tra il loro tenore di vita e il reddito
dichiarato. Crediamo molto in questo strumento e siamo convinti che sia rispettoso del contribuente onesto».
In tale ottica si inquadra il nuovissimo meccanismo di rating che regolerà i rimborsi Iva per le aziende. «Nei
primi due mesi di quest'anno sono già stati 1,5 miliardi di euro i rimborsi erogati. Abbiamo analizzato i soggetti
che chiedono il rimborso in modo da classificarli secondo un rischio alto, medio o basso. In Italia le imprese a
rischio risultano circa il 18% del totale. In questi casi sarà indispensabile un'istruttoria più approfondita per
contrastare eventuali frodi . Così facendo i rimborsi saranno molto più tempestivi e i contribuenti che avranno
un indice di rischio medio basso lo riceveranno subito, ancora prima dei controlli. Si parte dal principio,
condivisibile, che il Fisco si fida del contribuente, fino a prova contraria. La pratica del punire tutti per colpire
qualcuno è detestabile e inaccettabile». E chissà che non sia la via giusta per iniziare una nuova relazione tra
Fisco e contribuenti. Non diventeranno amici ma almeno inizieranno a parlarsi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Lo strumento
Il dirigente
Il vicedirettore dell'Agenzia delle Entrate Marco
Di Capua
Le novità
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
13
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Intervista Il vicedirettore dell'Agenzia delle Entrate: nessuna verifica per scostamenti tra spese e reddito entro
i 12 mila euro
13/03/2014
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 33
(diffusione:619980, tiratura:779916)
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Gli accertamenti entro 12 mesi
1
Basteranno dodici mesi per completare l'accertamento delle 20 mila lettere. Il nuovo redditometro dovrà
portare i suoi risultati entro la fine del 2014
Verifiche su scostamenti oltre il 20 per cento
2
Solo incongruenze importanti: la spia si accenderà per chi sostiene spese che si scostano dal reddito
dichiarato per più del 20 per cento
Nessun pericoloper viaggi e ristoranti
3
Nessuna invasione di campo: abbigliamento, viaggi, ristoranti da soli non basteranno a far scattare l'allarme
da parte dell'Agenzia delle Entrate
Foto: Il documento Una copia della lettera che l'Agenzia delle Entrate spedirà
ai contribuenti con evidenti
discordanze tra ciò che
dichiarano e ciò che spendono
13/03/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Ecco il nuovo contratto con gli italiani
Stefano Folli
Ancora una volta, e con efficacia maggiore che nel giorno in cui presentava il governo in Parlamento, Matteo
Renzi ha offerto se stesso alla grande platea degli elettori. È lui il prodotto del rinnovamento, lui l'alfa e
l'omega della rigenerazione politica e istituzionale. Lui lascerà la vita pubblica se il Senato non sarà abolito (o
meglio, a esser precisi, se non sarà cancellato il voto di fiducia al governo obbligatorio nel bicameralismo
perfetto).
La maggior parte dei provvedimenti, dei decreti e dei disegni di legge deve ancora essere definita e
approvata, ma non importa: Renzi ci ha già «messo la faccia», secondo una delle sue espressioni preferite, si
è impegnato in tv davanti al mondo. È come se quelle leggi fossero già pronte e operative, come se Palazzo
Madama fosse già trasformato in un giardino pubblico.
È giusto e doveroso sottoporre a controllo fattuale l'alluvione di parole, dati, numeri, annunci che il presidente
del Consiglio ha calato sugli italiani durante la sua conferenza stampa. Informare con correttezza significa
filtrare tutto questo per separare il grano dal loglio, per individuare chi ha ragione fra chi pensa che le
coperture delle riforme non esistono se non in minima parte; e chi, lo stesso Renzi, ritiene che ci siano fino
all'ultimo centesimo («to-tal-men-te»).
Eppure, al di là di questo lavoro certosino e indispensabile, si rischia di non comprendere il personaggio se
non lo si abbraccia per intero, ben al di là delle sue contraddizioni. Renzi è tutto politico, moderno e antico al
tempo stesso. Spericolato abbastanza per sapere che il ferro va battuto finché è caldo, senza esitazioni o
palesi incertezze. E lo spettacolo andato in onda da Palazzo Chigi era davvero e profondamente uno
spettacolo politico. Un dialogo in cui gli interlocutori erano due.
D a un lato, è ovvio, il presidente del Consiglio. Dall'altro gli italiani, anzi il corpo elettorale: pesato e
soppesato per quello che vale oggi e soprattutto per quello che potrà valere in maggio, nel giorno delle
elezioni europee. Dieci milioni di persone... quelle che percepiscono redditi al di sotto dei 25mila euro lordi
annui. Renzi lo ha ripetuto per almeno dieci volte, ogni volta ribadendo che ognuno di questi elettori riceverà
circa 80 euro netti in più a partire dalla busta paga del 27 maggio.
Torna a onore del premier non aver minimamente nascosto il senso elettorale dell'annunciata riforma
dell'Irpef. Lo ha fatto capire in modo quasi esplicito. Il rilancio della domanda interna, la complessa
operazione che comprende anche l'Irap (al prezzo di più tasse sulle rendite finanziarie), il mercato del lavoro,
la restituzione dei debiti, il piano casa: tutto deve avere un'immediata ricaduta nelle urne. Renzi si aspetta
che le elezioni europee gli portino buone notizie; anzi, ne ha un serio bisogno perché è consapevole che
altrimenti sarà difficile per lui tenere in rotta la nave del governo e sotto controllo il malessere in cui si agita il
Pd.
Ma in fondo questo è un argomento quasi irrilevante. Non conta il tornaconto personale che un politico spera
di ricavare da una certa operazione che lo vede protagonista; contano i risultati più ampi che ne derivano per
il paese. Sotto questo aspetto, il dividendo elettorale a cui Renzi anela è un "bonus" per lui irrinunciabile e fin
troppo sottolineato, ma non può influenzare di per sé il giudizio meditato sul complesso dei provvedimenti.
Certo, l'impressione di aver assistito a un nuovo «contratto con gli italiani» è forte e non molto rassicurante,
considerando il precedente storico. È vero che rispetto a Berlusconi l'attuale presidente del Consiglio è
entrato più nel merito delle misure economiche, ma siamo ugualmente rimasti nella sfera delle promesse, sia
pure declamate con enfasi. Se i fatti gli daranno ragione, Renzi avrà davvero cambiato l'Italia (e forse gli
italiani) in pochi mesi. Finora non è riuscito a nessuno, tanto meno al Berlusconi del '94, giusto vent'anni fa,
con l'altro contratto presentato al corpo elettorale. Se non ci riuscirà, Renzi avrà perso un po' la faccia, ma
non è detto che la sua parabola sia destinata a concludersi.
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
15
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
POLITICA E PROGRAMMI
13/03/2014
Il Sole 24 Ore
Pag. 1
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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In fondo il primo Berlusconi assomigliava nel suo dinamismo e nell'ottimismo contagioso al Renzi di oggi.
Anche lui dava l'idea di voler riformare alle radici il sistema per imprimere una spinta prodigiosa al sistema
economico, del quale si considerava parte integrante. La delusione, percepibile già pochi mesi dopo, non
impedì al leader del centrodestra di continuare a raccogliere una messe di voti per lunghi anni, si può dire fino
a oggi, grazie anche all'incapacità della sinistra di incarnare una valida alternativa.
Ora con Renzi si vede che il quadro è cambiato. Al pessimismo cosmico di una certa sinistra, si è sostituita
la frenesia del sindaco che sprizza energia. I vecchi assetti sono travolti, gli storici steccati abbattuti. Eppure
l'operazione annunciata ieri sera ha un'impronta «sociale» che è impossibile non vedere. Ma le elezioni sono
vicine e Renzi è anche un leader politico, sia pure trasversale. Pronto a risucchiare voti da Grillo come dal
suo alleato-interlocutore Berlusconi.
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13/03/2014
Il Sole 24 Ore
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Tanti annunci non fanno una scossa
Guido Gentili
Sullo sfondo delle elezioni europee il Presidente del Consiglio ha preso la mira e ha annunciato cosa vuole
sparare col suo bazooka, al momento carico più di parole che di fatti. Prima di tutto, ecco il taglio Irpef di (10
miliardi su base annua)per mettere, a partire da maggio, nelle busta paga di 10 milioni di lavoratori dipendenti
che guadagnano oggi fino a 1.500 euro netti al mese altri 80 euro netti.
Il cuore della scossa per l'economia italiana starebbe in questo colpo. Al quale se ne aggiungono poi altri, a
partire dalla riduzione dell'Irap per le imprese del 10% e il taglio delle bollette dell'energia per le aziende del
10%. Inoltre, il Governo mette mano (in questo caso nel vero senso della parola) alla riforma Fornero sul
lavoro: i contratti a termine sono applicabili per 3 anni senza causale (oggi solo 12 mesi) e vengono
semplificate le norme per l'apprendistato. Ed "entro luglio" (ma qui torniamo all'annuncio) verranno sbloccati i
debiti della Pubblica amministrazione per un ammontare di 68 miliardi.
Sarebbe questa la Svolta Buona. Ma è davvero una svolta, in concreto? Al primo impatto l'impressione è
forte: numeri importanti, passo veloce e sicuro, nessun vero problema. Addio lungaggini e rinvii. Si parte. E
prima dell'estate 10 milioni di italiani vedranno i loro stipendi lievitare di 80 euro netti al mese. Una boccata
d'ossigeno e di speranza in un futuro migliore.
In realtà i problemi ci sono. Non che manchi la direzione di marcia - una strada è stata scelta - o che non ci
siano misure convincenti. Inserire in un decreto legge norme per cambiare le regole sui contratti a termine e
per semplificarle sull'apprendistato sono passaggi importanti e soprattutto molti utili per sghiacciare il lavoro. Il
programma per la casa lo è altrettanto.
I progetti per la scuola e per spendere (le risorse, 1,5 miliardi ci sono già) nella cura del territorio non sono da
meno.
Il fatto è che la scommessa di Renzi è ad alto rischio e presenta comunque dei vuoti altrettanto
impressionanti. Primo: la manovra di taglio dell'Irpef per 10 milioni di lavoratori e la riduzione dell'Irap non
sono oggi né un decreto legge né un disegno di legge ma sono (solo) parte di una relazione del Presidente
del Consiglio approvata dal Governo. Secondo: la riduzione dell'Irap, una tassa sul lavoro odiosa, verrà però
finanziata per un importo (2,6 miliardi) non certo capace di determinare grandi svolte con l'aumento di un'altra
tassa, quella sulle rendite finanziarie (esclusi i titoli di Stato) dal 20 al 26%. Trattandosi di materia così
sensibile doveva essere introdotta al momento ritenuto opportuno con misure operative e non con propositi
verbali. Terzo: provvedimenti annunciati come decisivi per il lavoro (il famoso Jobs Act) e per il ripristino della
legalità (sblocco dei debiti della Pa) viaggiano sui binari dei disegni di legge, che non sono adatti all'alta
velocità istituzionale operativa. Quarto: sul tema delle coperture finanziarie il Governo non ha sciolto tutti i
dubbi. Anzi li ha fatti crescere.
Come si finanziano i 10 miliardi di tagli Irpef? Le coperture sono abbondanti e certe, ha detto il premier.
Niente tasse. Tagli di spesa (fino a 7 miliardi per il 2014), margini pari all'0,4% del Pil restando il tetto
invalicabile del 3% del deficit in rapporto al Pil (ogni 0,1% vale 1,6 miliardi, coperture "di transizione" le ha
definite il ministro dell'Economia Padoan), aumento del gettito Iva derivante dallo sblocco dei debiti della Pa,
minore spesa per interessi sul debito pubblico ("realtà irreversibile", ha spiegato Renzi).
A parte il fatto che il Commissario per la spending review Cottarelli ha specificato che i risparmi
concretamente possibili per il 2014 ammontano a circa 3 miliardi, va detto con chiarezza che qui il premier
rischia grosso. In Italia e in Europa, dove non tira aria di sconti. Le coperture finanziarie non sono
l'imposizione di qualche burocrate-frenatore. Sono l'architrave di qualsivoglia manovra di governo, in assenza
della quale non ci sono né scosse né credibilità. Gli annunci su questo terreno non valgono: senza coperture
il bazooka non spara.
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BENE SUL LAVORO
13/03/2014
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13/03/2014
Il Sole 24 Ore
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«Stop agli errori della Fornero, finalmente torna il buon senso»
«La forte semplificazione dell'apprendistato è una concreta risposta ai timori degli imprenditori»
ROMA
«Siamo usciti dall'applicazione della legge Fornero che, introducendo rigidità nei contratti, ha contribuito a
bruciare migliaia di posti di lavoro, per rientrare finalmente in una dimensione di "buon senso", nella quale le
ragioni dell'impresa hanno trovato ascolto».
È il commento a caldo del capogruppo al Senato del Nuovo centro destra, Maurizio Sacconi, che promuove il
pacchetto di misure sul lavoro approvate in Consiglio dei ministri.
Come giudica le prime misure sul lavoro che entreranno in vigore, contenute nel decreto legge che modifica
gli istituti del contratto a termine e dell'apprendistato?
La forte semplificazione dell'apprendistato rappresenta una concreta risposta ai timori spesso manifestati
dagli imprenditori nei confronti del contratto per il possibile contenzioso con la pubblica amministrazione. Si
riconosce che l'apprendistato è il contratto ideale per l'ingresso nel mercato del lavoro e trova un giusto
riconoscimento la drastica semplificazione che avevamo proposto.
Ritiene che le novità sui contratti a termine rispondano alle esigenze delle imprese? Gli imprenditori avevano
proposto di estendere l'acausalità da 12 a 36 mesi in vista dell'Expo 2015, ma l'ex ministro Giovannini aveva
convocato un tavolo senza arrivare ad alcun risultato per l'opposizione dei sindacati.
La flessibilità nel contratto a termine, sia per l'acausalità che per la possibilità di articolare i periodi del
contratto a termine, coincide con le esigenze delle imprese di ogni ordine e grado. Si potranno sommare e
frazionare i 36 mesi e la stessa soglia del 20% era già prevista dai contratti. Queste misure entrano in vigore
per decreto legge, per dare una risposta immediata all'emergenza della crisi.
Come valuta il taglio del cuneo che va a vantaggio delle buste paga dei lavoratori, piuttosto che ad abbattere
il costo del lavoro che grava sulle imprese?
La poderosa manovra fiscale può essere opinabile nella distribuzione, ma non si può negare che avrà effetti
positivi sui consumi delle famiglie e sulla liquidità delle imprese attraverso l'abbattimento dell'Irap e le norme
sui pagamenti. È un'operazione coraggiosa ed equilibrata.
Condivide le perplessità sulle coperture?
Ritengo si tratti di un'operazione faticosa, fondata su un significativo taglio della spesa, condivisibile
nell'impianto e tutta da gestire. La mia cultura politica si riconosce nell'impianto della manovra, onoriamo le
promesse fatte al nostro elettorato di ridurre le spese e la pressione fiscale, le regole e i vincoli sul lavoro.
Non ritiene rischioso il ricorso alla legge delega, con iter approvativi piuttosto complessi, su materie come il
riordino degli ammortizzatori e delle forme contrattuali?
La legge delega è lo strumento giusto per riordinare le politiche attive e passive per i disoccupati come la
regolazione del lavoro. Il Parlamento avrà modo di precisare i criteri e accompagnare con il proprio parere i
decreti delegati.
Ma nelle commissioni parlamentari potranno risuscitare nuovi istituti contrattuali.
Nell'iter di esame del provvedimento è importante che venga rispettata la volontà del governo. Come
maggioranza parlamentare ritengo che dovremo lasciare l'ultima parola al governo. Siamo usciti dalla
sindrome del contratto unico che aleggiava sulla regolazione del lavoro. Con i decreti delegati si può liberare
ancor più la propensione ad assumere, lavorando sulla semplificazione e sulla modulazione delle tutele come
quelle del licenziamento.
Intende riaprire il capitolo dell'articolo 18, oggetto di grandi polemiche?
Lo scopo della nostra azione deve essere quello di incoraggiare la propensione ad assumere. Il datore di
lavoro non deve avere il terrore che un rapporto di lavoro sia per sempre. Vedo un clima diverso, c'è
discontinutà rispetto al passato nella sinistra di governo.
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INTERVISTA Maurizio Sacconi Nuovo centro destra
13/03/2014
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Ritiene condivisibile la proposta sugli ammortizzatori estesi ai collaboratori senza oneri aggiuntivi per lo
Stato?
Il sistema proposto è fondato su una logica assicurativa e non assistenziale, che responsabilizza le persone
ed è collegato alle politiche attive, prevedendo il coinvolgimento degli attori pubblici, privati e del privato
sociale. Si potrà sperimentare l'esperienza della Lombardia con i voucher ai disoccupati che possono
rivolgersi ad un servizio pubblico o privato, remunerato almeno in parte in base al risultato.
G. Pog.
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Foto: Ex ministro. Maurizio Sacconi
13/03/2014
Il Sole 24 Ore
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Storia segreta della grande crisi
Il peso della Fed ha ridimensionato il ruolo del Fondo monetario
Harold James
Il grande romanzo Le illusioni perdute di Balzac si conclude enunciando la differenza tra la «storia ufficiale»
che è «un insieme di menzogne» e la «storia segreta» che è la vera storia. Se nei secoli è stato possibile
tenere nascoste le scandalose verità della storia per lungo tempo, anche per sempre, ormai non è più così.
Rispetto a qualsiasi altro settore, ciò è quanto mai evidente in quello che si è scritto e detto della crisi globale.
La storia ufficiale narra che la Fed degli Stati Uniti, la Banca centrale europea, e altre banche centrali di
rilievo avrebbero concordato di coordinare gli sforzi per scongiurare la catastrofe del sistema finanziario.
Alcune trascrizioni, rese note di recente, dei meeting del 2008 del Comitato federale del mercato aperto
(Fomc), principale organo decisionale della Fed, rivelano che la Fed è riuscita a emergere nella posizione di
banca centrale del mondo, pur servendo in via prioritaria interessi americani.
Le riunioni più significative si svolsero il 16 settembre e il 28 ottobre, dopo il fallimento di Lehman Brothers, e
si concentrarono per lo più sulla creazione di accordi bilaterali di scambi di valuta miranti a garantire
adeguata liquidità. La Fed avrebbe esteso crediti in dollari alle banche straniere in cambio delle loro valute,
che le banche straniere si impegnavano a ricomprare al medesimo tasso di cambio più gli interessi dopo un
periodo preciso. L'accordo avrebbe concesso alle banche centrali - e in particolare a quelle che in Europa
andavano maggiormente incontro a una penuria di dollari, dovuta alla fuga degli investitori Usa - i dollari di cui
avevano bisogno per erogare prestiti alle istituzioni finanziarie interne in difficoltà.
La Bce è stata tra le prime banche a raggiungere un accordo con la Fed, seguita di lì a poco da altre banche
centrali dei paesi più avanzati, tra le quali la Banca nazionale svizzera, la Banca del Giappone, e la Banca del
Canada. In occasione del summit di ottobre, quattro rappresentanti di altrettante economie emergenti
importanti «dal punto di vista diplomatico ed economico» - Messico, Brasile, Singapore e Corea del Sud aderirono all'accordo, e la Fed concordò di aprire linee swap per 30 miliardi di dollari con ciascuna delle
banche centrali di questi paesi.
Quantunque la Fed abbia agito alla stregua di una banca centrale globale, le sue decisioni sono state
influenzate, più e prima di qualsiasi altra cosa, dagli interessi degli Stati Uniti: la Fed ha respinto le richieste
provenienti da alcuni paesi - i cui nomi sono omessi nella trascrizione resa nota - a entrare a far parte dello
schema di swap di valute.
Furono imposti limiti precisi agli swap. Da sempre l'essenza delle funzioni di ente prestatore di ultima istanza
di una banca centrale è quella di fornire fondi illimitati. Dal momento che non vi è un limite massimo alla
quantità di dollari che la Fed può creare, nessuno può mettersi contro di essa in una posizione di
speculazione. Invece, il Fondo monetario internazionale dipende da risorse finite, fornite dai paesi che ne
fanno parte.
Il ruolo internazionale sempre più importante assunto dalla Fed a partire dal 2008 riflette uno spostamento
fondamentale nella governance monetaria globale. Il Fmi fu creato nel periodo in cui i paesi erano vittime
delle disinvolte ipotesi dei banchieri newyorchesi, per esempio quella di J.P.Morgan che negli anni Venti
disse che i tedeschi erano «fondamentalmente un popolo di second'ordine». Il Fmi fu un protagonista
decisivo dell'ordine internazionale del Secondo dopoguerra, destinato a fungere da meccanismo di polizza
universale, non tale però da poter essere sfruttato per portare avanti gli interessi diplomatici dei
contemporanei.
Oggi, come dimostrano i documenti della Fed, il Fmi è esautorato, principalmente a causa delle sue politiche
inefficaci. Sin dall'inizio della crisi, presumendo che la domanda delle sue risorse sarebbe rimasta bassa, il
Fmi aveva già iniziato a ridimensionarsi.
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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«LE ILLUSIONI PERDUTE» DELLA FINANZA
13/03/2014
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Nel 2010, il Fmi ha inscenato la propria resurrezione, presentandosi come indispensabile per risolvere la crisi
dell'euro, a iniziare dal suo ruolo nel finanziamento del bailout della Grecia. Ma, anche in questo caso, è stata
svelata la vera storia segreta che mette in luce soltanto a che punto sia ormai distorta la governance
monetaria globale.
Il fatto è che soltanto gli Stati Uniti e i paesi più fortemente rappresentati dell'Ue hanno appoggiato il bailout
della Grecia. Tutte le grandi economie emergenti lo hanno osteggiato, tanto che il rappresentante brasiliano
ha definito l'operazione «un piano di salvataggio in extremis dei proprietari privati del debito greco, per lo più
le istituzioni finanziarie europee». Perfino il rappresentate della Svizzera ha condannato il provvedimento.
Quando i timori di un fulmineo crollo della zona euro hanno dato il via a un dibattito su come far quadrare i
conti tramite le ristrutturazioni e le cancellazioni dei debiti, la posizione del Fmi si è fatta sempre più
complicata. Anche se si presume che il Fmi abbia priorità sugli altri creditori, ci saranno richieste di procedere
a una cancellazione di una quota dei prestiti che ha erogato. I paesi più poveri dei mercati emergenti si
opporrano a tale mossa, sostenendo che i loro cittadini non sono tenuti a pagare il conto dello sperpero
fiscale di paesi più ricchi. Infine, si stanno rivoltando contro il Fondo perfino coloro che all'inizio sollecitavano
un suo coinvolgimento. Le autorità dell'Ue sono indignate dai palesi sforzi del Fmi di guadagnare il sostegno
dei paesi debitori europei chiedendo la cancellazione di tutti i debiti che non ha emesso. E il Congresso degli
Usa si è rifiutato di approvare l'espansione delle risorse del Fmi, parte di un accordo internazionale negoziato
al G-20 del 2010.
Se da un lato lo sdegno che ha fatto seguito alla nomina nel 2011 di un altro europeo alla carica di direttore
generale del Fmi quasi certamente garantirà che il prossimo capo del Fondo non sarà originario dell'Europa,
dall'altro il ruolo in rapida svalutazione del Fmi implica che non avrà poi molta importanza. Come dimostra la
storia segreta del 2008, ciò che conta è chi avrà accesso alla Fed.
(Traduzione di Anna Bissanti)
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13/03/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
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Giù l'Irap del 10 per cento colpite le rendite finanziarie
Entro luglio pagati 68 miliardi alle aziende Non saranno toccati i Bot Tutti gli strumenti con aliquota al 20% capital gain, obbligazioni e conti deposito - passano al 26%
VALENTINA CONTE
ROMA - Una pioggia di denari promessi alle imprese. A partire dalla sorpresa Irap, data per sacrificata alla
vigilia del Consiglio dei ministri in favore dell'Irpef.
E che invece verrà tagliata del 10%, circa 2,4 miliardi in meno, rastrellati da una stangata sulle rendite
finanziarie (ma «non si toccanoi Bot») la cui aliquota sale dal 20 al 26%, . Il premier Renzi dunque spariglia e
decide di non scontentare troppo il mondo imprenditoriale, piuttosto inquieto già nelle ultime settimane del
governo Letta. Scegliendo nello stesso tempo una copertura che non dispiace a sinistra. No comment di
Confindustria, ieri sera. Ma non c'è dubbio che la promessa di Renzi - accanto alla inattesa sforbiciata Irap di saldare 68 miliardi di arretrati della Pubblica amministrazione entro luglio (anche grazie al nuovo ruolo della
Cassa depositi come prestatore di ultima istanza) è assai clamorosa. Cifra poco credibile però per il ministero
dell'Economia (in conferenza stampa il ministro Padoan non ha lesinato dubbi), visto che la stima da cui è
tratta - un'analisi campionaria di Bankitalia condotta solo sul lato dei fornitori - viene reputata in via XX
Settembre eccessiva.
Dunque l'aliquota che tassa plusvalenze, dividendi e interessi prodotti da azioni, obbligazioni, partecipazioni,
pronti contro termine, contratti future e swap, ma anche dai popolari conti di deposito sale al 26%. Per molti di
questi prodotti (il risparmio a breve) è quasi un ritorno all'estate del 2011 quando Tremonti abbassò
quell'aliquota dal 27 al 20%, portando però sempre al 20% il risparmioa lungo termine, fino a quel punto
tassato al 12,5%. E creando così un doppio binario: titoli di Stato al 12,5% e tutto il resto al 20. Ora si passa
al 26%. Lasciando però i Bot al 12,5 e i fondi pensioni e tutto il risparmio previdenziale all'11. Una decisione
di «buon senso» per Renzi, visto che «se hai 100 euro di azioni pagherai 26 euro di tasse anziché 20»,
consentendo di limare l'Irap di 2,4 miliardi. Anzi «sarebbero 2,6 miliardi, ma 200 milioni sono da mettere in
conto come disinvestimenti». Tradotto: risparmio che vola all'estero. L'operazione sul cuneo fiscale arriva
così a 12,4 miliardi totali: 10 miliardi sull'Irpef, il resto sull'Irap.
«Molti imprenditori mi hanno detto che faccio bene a mettere più soldi in tasca alle famiglie», rivelava ieri
Renzi. Ma un segnale sull'Irap è comunque arrivato. E comporterà, calcola la Cgia di Mestre, un risparmio
medio di 792 euro all'anno per azienda.
Oltre ad Irape debiti Pa, il pacchetto di misure per le imprese è ampio. Intanto c'è il taglio da 1,4-1,5 miliardi
della bolletta energetica per le Pmi, il 10% circa di questa voce di spesa che vale circa 14 miliardi. «Avverrà
entro maggio, anche solo con decreti ministeriali, dopo una consultazione con l'Authority dell'energia e le parti
interessate, perché qui si tratta di intervenire sugli oneri di sistema», ha spiegato il ministro per lo Sviluppo
Economico Federica Guidi. Dunque asciugare gli incentivi alle rinnovabili, ma anche alle aziende energivore
e "interrompibili" (pagano meno se non c'è capacità produttiva).
Guidi ha poi ricordato che entro il 31 marzo parte la legge Sabatini, predisposta da Letta (incentivi per
acquisto di macchinari).
E poi «vareremo anche i minibond», ha aggiunto Guidi. Tra le altre misure, il governo rifinanzia con 500
milioni il fondo di garanzia per il credito. Altri 500 milioni vengono messi, dal primo giugno, in un fondo per le
imprese sociali del terzo settore. Il credito di imposta per giovani ricercatori raddoppia: 600 milioni in tre anni,
«per creare 100 mila posti entro il 2018», si augura Renzi (se ne occuperà Delrio).
Dal 16 maggio le imprese pagheranno un miliardo in meno di premi Inail. «Il decreto attuativo è in arrivo», ha
detto Renzi (ma la misura era di Letta). Mentre i 5 miliardi tra piano scuola e dissesto idrogeologico valgono
da stimolo all'edilizia e alle imprese che si occupano di recupero del territorio. Infine, nei prossimi mesi il
governo si impegna a far partire un processo di «fatturazione elettronica», così da evitare per il futuro
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Le imprese
13/03/2014
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accumuli di debiti con la Pa, ora di dimensioni cosmiche e a rischio infrazione Ue.
REPUBBLICA.IT Sul sito tutte le misure varate dal Consiglio dei ministri di ieri, le slide che il premier ha
usato per illustrarle, i video delle sue battute
13/03/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
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"Nel Jobs Act ci sarà il salario minimo"
Semplificati contratti a termine e apprendistato. Maternità anche senza contributi Abrogata l'interruzione di
dieci giorni tra un contratto a termine e l'altro
ROSARIA AMATO
ROMA - Semplificazione di contratti a termine e apprendistato.
Razionalizzazione dei centri dell'impiego e delle forme di contratto. Universalizzazione delle tutele in caso di
disoccupazione e maternità. Estensione dei limiti di età fino a 29 anni per la Garanzia Giovani. E ancora,
annuncia Matteo Renzi, «salario minimo». Il Jobs Act ruota su alcune parole chiave, alle quali se ne aggiunge
un'altra, urgenza: «L'importante è fare veloci», dice il premier. Si procede infatti con decreto legge per il
contratto a termine e l'apprendistato; il resto va in diverse deleghe, però, assicura il ministro del Lavoro
Giuliano Poletti, «dopo l'approvazione da parte del Parlamento, il governo in sei mesi presenterà il nuovo
codice del lavoro». Tempi certi, dunque, per raggiungere un obiettivo unico: «Bisogna dare a tutti gli italiani
un'occasione e un'occupazione. Essere inutili è una condanna ingiusta», dice il ministro.
Il decreto legge abroga l'interruzione di dieci giorni tra un contrattoa terminee l'altro, che Poletti definisce la
«norma tortura che fa diventare matti e non serve a nessuno». «Il contrattoa termine può valere al massimo
per 3 anni, applicabile senza causale, con il limite del 20% sul totale dei lavoratori», spiega Renzi. Il dl
interviene anche sui contratti di apprendistato: dovranno essere redatti per iscritto solo contratto e patto di
prova (e non tutto il piano formativo individuale), il datore di lavoro non avrà più l'obbligo di integrare la
formazione di tipo professionale con l'offerta formativa pubblica, la retribuzione dovrà essere pari al 35% del
livello di inquadramento.
Ci sono poi le deleghe: sugli ammortizzatori il governo punta a «un sistema di garanzia universale», con un
assegno che sarà «graduato in ragione del tempo in cui la persona ha lavorato». Si andrà dunque verso
«l'esaurimento della Cig in deroga», mentre «si mantengono la Cig ordinaria e straordinaria». Universale sarà
anche la tutela per le lavoratrici madri: avranno l'indennità anche in caso di mancato versamento dei
contributi da parte del datore di lavoro. Con altre deleghe verrà istituita un'Agenzia nazionale per l'impiego e
verrà redatto «un testo organico di disciplina delle tipologie contrattuali dei rapporti di lavoro». E arriverà «il
compenso orario minimo, applicabile a tutti i rapporti di lavoro subordinato».
Viaggia su un binario autonomo la Garanzia Giovani, progetto europeo finanziato con 1,7 miliardi, in
partenza dal 1° maggio, che offrirà ai giovani entro quattro mesi dal termine degli studi o dall'inizio della
disoccupazione una opportunità di lavoro, di formazione o stage; nella Ue si rivolge alla fascia 18-24 anni, in
Italia arriverà fino ai 29, e riguarderà «potenzialmente 900 mila giovani italiani», spiega Poletti. Il governo
destinerà inoltre, annuncia Renzi, «600 milioni per l'aumento del credito d'imposta per i giovani ricercatori, per
creare entro il 2018 100mila posti di lavoro». E per chi vuole misurarsi nel lavoro autonomo «dal primo giugno
ci saranno 500 milioni di fondo per chi vuole creare imprese sociali», aggiunge Renzi, ricordando che «il terzo
settore poi è il primo e va incoraggiato».
Paura deflazione La Banca Centrale Europea non riesce a centrare il target della stabilità dei prezzi, scrive il
"Financial Times", in un articolo dal titolo "Lo spettro della deflazione nell'eurozona" Non è solo colpa della
Bce: pesa il perdurare della crisi PER SAPERNE DI PIÙ www.lavoro.gov.it www.ance.it
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* E Padoan disse: Matteo, non si può fare
FEDERICO FUBINI
AQUESTO punto, la posta in gioco del passaggio da Berlino va oltre i buoni rapporti fra Matteo Renzi e
Angela Merkel. Lunedì il premier sarà alla cancelleria tedesca e quella visita finirà per segnare anche il lavoro
di Pier Carlo Padoan. PERCHÉ il ministro dell'Economia ormai ha capito che il suo compito si riassume in
una trinità (quasi) impossibile: deve assicurare il taglio delle imposte sui redditi bassi, mantenere rapporti
costruttivi con il premier e garantire al resto d'Europa la tenuta dei conti italiani.
È qui che Berlino diventa importante, perché ridurre le imposte quest'anno non sarà come farlo negli anni
passati. Non ora che sono in vigore le nuove leggi italiane e europee di bilancio e, a dispetto di queste, il 60%
circa dei tagli alle tasse in arrivo sarà finanziato con un aumento del deficit.
Non si vedono infatti all'orizzonte risparmi sufficientia neutralizzare l'intero impatto di 10 miliardi di sgravi: il
disavanzo salirà di circa 6 miliardi di euro, fino ad arrivare vicinissimo alla soglia del 3% del prodotto lordo.
Prima di questi interventi il deficit sembrava diretto verso quota 2,6%, per effetto di forze contrastanti. A
peggiorare i saldi contribuiscono alcune spese incomprimibili e una crescita del 2014 che il Tesoro rivedrà al
ribasso dall'1,1% allo 0,8%; a migliorarli, dovrebbero farsi sentire tassi sul debito forse più bassi del previsto.
È in questa cristalleria cinese che atterra come un meteorite il pacchetto di dieci miliardi di sgravi e porta il
deficit alla soglia oltre la quale c'è una «procedura», cioè una tutela asfissiante di Bruxelles.
Un'operazione del genere ieri in consiglio dei ministri poteva solo essere messa in cantiere, non deliberata,
perché adesso in Italia e in Europa agiscono i nuovi vincoli legali. Su questo punto Padoan di fronte a Renzi
ieri è stato fermo fino in fondo e il premier ha dovuto rinunciare a stringere i tempi come avrebbe voluto.I
vincoli legali sono quelli decisi all'apice della crisi per cercare di rassicurare gli investitori sul fatto che il debito
pubblico sarà ripagato. In Italia, in Francia o nella stessa Germania oggi i governi non possono più
semplicemente decidere che il deficit sarà più alto di come avevano detto. Devono prima motivare il cambio
di rotta e far approvare i nuovi obiettivi in parlamento. E a Bruxelles, entro il prossimo mese, Padoan dovrà
anche «consultare» la Commissione europea sui nuovi obiettivi di disavanzo rivisti al rialzo.
Le regole sono talmente nuove che non è chiaro come la Commissione reagirà. Può far notare che così
calerà l'avanzo di bilancio prima di pagare gli interessi, quindi il debito è destinato a salire per l'ottavo anno di
seguito avvicinandosi al 134%.È una preoccupazione più viva che a Bruxelles e fra gli osservatori
internazionali: Ashoka Mody di Princeton, ex vice capoeconomista dell'Fmi, ex numero due del dipartimento
europeo del Fondo, sostiene pubblicamente che l'Italia non è più in grado di sostenere il suo debito, non ha
una strategia per riuscirci e dovrebbe ristrutturare i termini di rimborso dei titoli di Stato perché l'onere ormai è
insopportabile. Quando Padoan busserà a Bruxelles, la Commissione potrebbe dunque cercare di
dissuaderlo dall'aumentare il deficit.
potrebbe anche cercare di imporre un veto di fatto. Non è detto però che succeda, anche perché l'intera
macchina politica comunitaria è ormai a fine mandato. Olli Rehn, commissario agli Affari monetari, è sempre
più concentrato sulla campagna elettorale per il parlamento europeo al quale è candidato fra i liberaldemocratici. È per questo che il passaggio da Berlino della prossima settimana, con il vertice italo-tedesco,
diventa così importante. La reazione di Angela Merkel e del suo ministro finanziario Wolfgang Schaeuble, in
pieno «semestre bianco» di Bruxelles, influenzerà l'intero sistema europeo ancora più del solito. Renzi ha
bisogno di convincere la cancelliera che tagliare le tasse in deficit oggi per l'Italia è giusto, perché serve a
preparare il prossimo treno di riforme sul lavoro e sulla burocrazia.
Dovrà convincere che l'insieme delle sue riforme è coerente e morde dove serve. In questo il premier ha
bisogno di Padoan, ma non sarà facile: già con i governi di Letta e Monti, anche con lo spread in discesa, la
cancelliera si è dimostrata sempre molto rigida sulle regole di bilancio. Ma senza un via libera di Berlino, far
salire il deficit pur di tagliare le tasse ai redditi bassi rischia di diventare un vero e proprio gesto di sfida
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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Il retroscena
13/03/2014
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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politica: esattamente ciò che Padoan vuole evitare in tutti i modi. Il ministro dell'Economia sa bene però che i
suoi problemi non finiscono qua. Con il disavanzo al limite fin dall'inizio dell'anno, l'Italia nei prossimi mesi può
finire fuori rotta sulla finanza pubblica alla minima sorpresa negativa. Sulla convivenza fra Renzi e Padoan,
appena iniziata, già si stende l'ombra di una manovra correttiva d'estate. © RIPRODUZIONE
RISERVATAPER SAPERNE DI PIÙ www.matteorenzi.it www.mef.gov.it
Foto: LE SLIDE SULLO SCHERMO In basso, alcuni esempi della serie di slide che il presidente del Consiglio
Matteo Renzi ha utilizzato ieri in conferenza stampa (a sinistra). Le slide sono state mostrate su uno schermo
posto a fianco del premier Pier Carlo Padoan
13/03/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 2
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Tagli al costo dell'energia e una sforbiciata all'Irap
La copertura con l'aumento della tassazione sulle rendite maggio taglieremo l'Irap del 10%. La copertura
arriva dall'aliquota sulla tassazione delle rendite finanziarie che passerà dal 20 al 26 per cento
ALESSANDRO BARBERA ROMA
All'inizio promette il dieci per cento. Poi, durante una giornata nel Nord-est, dice che si può abbassare del
trenta. Quando decide di concentrarsi sulle famiglie, le imprese spariscono dall'orizzonte. Renzi chiama il
numero uno di Confindustria Giorgio Squinzi e gli spiega che «ciò che conta è semplificare la burocrazia e
cambiare l'atteggiamento della macchina fiscale nei confronti delle aziende». Il taglio dell'Irap si farà se e
quando possibile. Ma Squinzi non si perde d'animo. Scrive una lunga lettera al Corriere della Sera per
ricordare che se ci fosse un intervento sull'imposta aumenterebbe la propensione delle imprese ad assumere.
Così Renzi torna sui suoi passi. Lo spiega in conferenza stampa quando arriva alla 24esima delle 32 slide
che scorrono al suo fianco. Il taglio di un decimo dell'imposta regionale sulle attività produttive verrà finanziata
con l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento, con esclusione dei titoli di
Stato che dovrebbero - il condizionale è d'obbligo - continuare a pagare il 12,5 per cento. Chi saranno i
beneficiari? Tutto questo però non accadrà oggi. Non è stato approvato nessun decreto, né tantomeno un
disegno di legge. Renzi si limita a promettere una data evocativa: «dal primo maggio». La copertura è certa,
come chiede l'Europa: l'aumento della tassazione sulle rendite vale 2,6 miliardi di maggior gettito, il taglio
dell'Irap 2,4. Si tratta di uno sgravio medio di 800 euro, che potrebbe sfiorare i tremila per le società di
capitali. I sindacati applaudono, le piccole imprese anche, Squinzi resta in silenzio, probabilmente convinto di
poter ottenere di più nelle prossime settimane. Chi si lamenta - e molto - è il numero uno di Confartigianato
che lamenta l'esclusione dal beneficio degli autonomi: poiché l'Irap si paga sui dipendenti, se l'impresa non
ne ha non ottiene nessuno sconto. Sono il 70% delle aziende italiane. Fin qui le polemiche. Il punto è un altro:
per quale ragione Renzi ha rimandato a primavera una misura che avrebbe potuto introdurre subito, posto
che l'aumento di una imposta come quella sulle rendite non dovrebbe essere annunciata in anticipo poiché
rischia di incidere - e non poco - sugli andamenti di Borsa? Renzi aveva promesso di partire con un taglio di
dieci miliardi alle tasse sui lavoratori dipendenti. Ma Quirinale e Tesoro hanno spinto il premier alla prudenza,
poiché per Bruxelles dieci miliardi di minor gettito sono un problema per un Paese ad alto debito. Quali sono
le coperture? Per fare quel taglio ci vogliono poste certe: risparmi di spesa o aumenti di altre tasse. I primi
non sono ancora sufficienti. Sui secondi nella maggioranza c'è dibattito. Inoltre poiché l'Irap è una voce della
busta paga, è inevitabile raccordare le due misure. «Invito tutti santommasamente a verificare il taglio ci sarà
o meno», dice Renzi, il quale promette, sempre per maggio, una riduzione del dieci per cento del costo
dell'energia alle piccole e medie imprese. Non è la prima volta che un governo la promette. Cambiano i
ministri, i problemi restano. Twitter @alexbarbera
Foto: Matteo Renzi
Foto: Presidente del Consiglio
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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LE IMPRESE
13/03/2014
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 5
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Giannini: "Subito 3,7 miliardi per l'edilizia scolastica E i sindaci potranno
spendere"
Il ministro: per la prima volta un governo mette l'istruzione al centro
FLAVIA AMABILE ROMA
Stefania Giannini, ministra dell'Istruzione tutto quello che avete approvato in materia di scuola si riduce alla
slide presentata dal presidente Renzi in conferenza stampa? «Capisco che cosa vuol dire. Forse lo stile
comunicativo scelto finisce per sacrificare l'approfondimento. Durante il consiglio dei ministri sono stati
approvati atti formali, provvedimenti concreti». Ma esiste qualcosa di scritto? « E siste un dossier anche
abbastanza corposo sul pacchetto lavoro e su tuttele al tre misure. Per quello che riguarda la scuola viene
formalizza al ' unità di missione, lo strumento che sarà operativo a palazzo Chi gie che avrà il Miur come
riferimento mametterà incollegamento gli altri ministeri competenti per garantir el immediata spendibilità dei
fondi dei comuni » . E che finora non potevano spendere per il patto di stabilità? «Sì, in totale abbiamo
previsto risorse disponibili per 3 miliardi e 713 milioni, i fondi dei comuni ne sono una parte consistente.
Quando siamo stati a Treviso, ad esempio, c'erano un centinaio di sindaci che ci hanno segnalato di avere
fondi da parte. Ora potranno spenderli». A che serve un'unità di missione a Palazzo Chigi? Quali vantaggi
concreti porterà? «L e risorse disponibili provengono in parte da un miliardo di euro presenti nel Fondo per
l'Edilizia del Miur, che dovrebbero permettere di finanziare circa duemila interventi cantierabili. A questi vanno
aggiunti altri 8 mila finanziati con i fondi dei comuni. Sono 10 mila interventi, una cifra smisuratamente
superiore a quanto mai realizzato finora, che richiede una struttura operativa molto più snella con l'ambizione
realistica di operare con notevole rapidità». E l'intervento di Renzo Piano è proprio necessario? « M a s u , s
c h e r z a n d o p o t re i d i re che finalmente abbiamo trovato un senatore a vita utile! E' solo una battuta, i
senatori a vita sono tutti molto utili, ma sono convinta che quello che ora sembra solo un annuncio ad effetto
possa rivelarsi una mossa intelligente per coordinare su progetti concreti le risorse che abbiamo. Ho parlato
con lui, credo che intend a m e t t e rs i a l s e r v i z i o n e l l 'o p e ra zione di recupero di edifici esistenti, nel
ridisegnare l'abitabilità e la luminosità eliminando la sciatteria che tanto spesso si vede negli istituti del nostro
Paese». Lo farà volontariamente? «Non se n'è parlato, ma mi aspetto che il suo sia un contributo intellettuale
e culturale non una prestazione professionale retribuita». Avete previsto anche una semplificazione
nell'apprendistato. Che cosa cambierà? «Ci si ispira ad un principio di estrema semplificazione nelle modalità
di contrattualizzazione. Per fare un esempio, sarà superata la necessità di una causale prevista dalla legge
Fornero che è stata causa di molti pasticci». Quale sarà il prossimo passo? «Nel consiglio dei ministri di
venerdì porrò il problema del ripristino del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa. Salvo rare
eccezioni, tutti i ministri dell'Istruzione di questo Paese si sono ritrovati a dover rincorrere il ministro
dell'Economia di turno perché l'agenda politica del governo non prevedeva la scuola al centro. Nel nostro
caso non sarà così. Per noi la scuola è al centro». E al ministro Padoan che cos'ha detto? «Che non vorrei
fare Gatto Silvestro che insegue Titti, altrimenti credo che per lui potrebbe finire molto male!». Hanno detto Le
slide del premier Lo stile comunicativo finisce per sacrificare l'approfondimento. Ma tutte le misure sono
scritte in un dossier Il prossimo passo Venerdì in Cdm porrò il problema del ripristino del Fondo per il
miglioramento dell'offerta formativa
Foto: In Italia 4 edifici su 10 hanno bisogno di interventi strutturali
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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Intervista
13/03/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Quei bilanci senza trasparenza la svolta che manca ai sindacati
Oscar Giannino
Dopo la nostra inchiesta "Un miliardo dallo Stato: ecco il conto dei sindacati", a firma di Osvaldo De Paolini,
abbiamo ricevuto una lettera dai tre segretari del sindacato confederale. Continua a pag. 9 L'INCHIESTA
segue dalla prima pagina Una lettera che contesta molti dati dell'inchiesta, e questo è più che legittimo. Ma li
attribuisce a un intento malevolo verso il sindacato e le sue funzioni, e qui occorre capirsi. E, infine e
soprattutto, non entra davvero nel merito che tutti noi ci saremmo aspettati: la smentita o la contra
argomentazione sul miliardo pubblico annuo al sindacato. Una «contro cifra» non c'è. Ed è esattamente
questo il punto fondamentale che l'inchiesta intende sollevare. E sul quale vale la pena di tornare. Non c'è
perché la natura giuridica del sindacato in Italia è rimasta n o t o r i a m e n t e « i n c o m p l e t a » . L'articolo
39 della Costituzione prevedeva una legge attuativa in materia di libertà sindacale riconosciuta, e con la
«registrazione» sarebbe stato possibile codificare un quadro preciso di responsabilità-controlli pubblici senza
alcuna lesione delle sacrosante libertà sindacali. Ma quella legge non è mai stata approvata. E così i
sindacati restano di fatto libere associazioni non riconosciute, soggette ai magri articoli del codice civile. La
legge ha sorvolato su tale mancanza di piena personalità giuridica in materia di rispetto dei contratti collettivi
e di diritto di sciopero e relativa proclam a z i o n e . S p e s s o , p e r q u e s t a stessa ragione, la
magistratura ha imboccato strade opposte in relazione alla tutela delle «libertà interne» al sindacato, garantite
da ciascuno statuto. Di fatto, mancando la piena person a l i t à g i u r i d i c a , n o n c ' è m a i stato l'obbligo
a bilanci consolidati, completi nel conto economico e in quello patrimoniale. D i q u e s t a m a n c a n z a p a r
l a l'inchiesta del Messaggero. E forse non è un caso che i tre segretari confederali non vi facciano cenno.
Quando citano - ed è una risposta di routine - i rendiconti economici pubblicati da Cgil, Cisl e Uil, essi per
primi sanno benissimo la differenza tra un mero rendiconto di cassa, e un bilancio analiticamente completo di
centro e periferia, di ogni spesa e ogni trasferimento ricevuto, dell'ammontare degli attivi mobiliari e
immobiliari nonché delle passività di ogni genere. In assenza di bilanci consolidati resi pubblici, purtroppo, l ' i
n f o r m a z i o n e d e v e t e n t a r e per forza di cose di ricostruire il complesso delle fonti e dell'ammontare
dei finanziamenti sindacali sommando le maggiori poste desumibili. Rispetto al miliardo, che dei circa 12
milioni di iscritti ai sindacati i pensionati siano comunque poco meno della metà e dunque gli attivi - 6 milioni solo poco più di un quarto degli occupati complessivi italian i, è questione che riguarda la rappresentanza
rispetto all'intero mondo del lavoro. Rispetto al miliardo, che per la compilazione dei m o d e l l i 7 3 0 i l c o r r
i s p e t t i v o pubblico incassato dai Caf sia di 14 euro a testa e non di 26 è una informazione che va
verificata visto che la relazione Amato parla esplicitamente di 26 euro. Il problema del miliardo è che tutto ciò
che incassano Caf e Patronati deriva da norme di legge. Non si tratta di negare la funzione che essi svolg o n
o . S i t r a t t a d i c o m p i e r e un'operazione analoga per gli euro spesi e incassati dai sindacati. S e i t r a
s f e r i m e n t i p u b b l i c i per Caf e patronati fossero del tutto equivalenti a ciò che i lavoratori pagano a tal
fine, le loro cifre non sarebbero comprese nel rendiconto generale della spesa dello Stato, sotto la voce
«contributo pubblico al fin a n z i a m e n t o d e g l i i s t i t u t i d i patronato e di assistenza sociale». Né
Giuliano Amato avrebbe ricevuto dal governo Monti l'incarico di redigere un rapporto sul finanziamento diretto
e indiretto dei sindacati, dalle cui cifre l'inchiesta del Messaggero ha tratto le mosse. Né la spending review
montiana avrebbe disposto la riduzione del 20% dei compensi per i Caf d e r i v a n t i d a l l e d i c h i a r a z i
o n i fatte per conto dell'Inps. Vuol dire che un problema c'è eccome, di congruità dei trasferimenti. Sappiamo
anche noi, che lo S t a t o a s s e g n a a i p a t r o n a t i l o 0,226 dei contributi obbligator i i n c a s s a t i d a l
l ' I n p s , d a l l'Inpdap e dall'Inail. Ma la legge istitutiva dei patronati, il decreto legislativo 804 del 1947, poi
modificato per le aliquote relative prevede che ogni anno il ministero del Lavoro valuti le esigenze finanziarie
dei Patron a t i i n r e l a z i o n e a l l a a t t i v i t à concretamente svolta ma anche alla loro organizzazione.
Su queste basi il ministero decide quale percentuale dei contributi sociali che sono stati incassati dagli enti di
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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L'inchiesta
13/03/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:210842, tiratura:295190)
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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previdenza deve essere girata su di un apposit o c a p i t o l o d e l b i l a n c i o d e l l o Stato. E da qui, poi, il
minister o e r o g a a i P a t r o n a t o p r i m a l'anticipo e poi il conguaglio. Il problema è che, in assenza di
obbligo di bilancio consolidat o , n o i d e l l ' o r g a n i z z a z i o n e e dei relativi costi nonché efficienza dei
patronati sappiamo troppo poco. E per questo ci interroghiamo sulla congruità di trasferimenti per centinaia di
milioni. Un altro esempio. In materia di distacchi sindacali, alcune migliaia in Italia, conservare presso il
sindacato lo stipendio precedente a carico del pubblic o c o m p r e n s i v o d e i « p r e m i produttività», che
non sono su base individuale, è certo una garanzia. Ma i sindacati devono capire che l'obbligo sin qui
osservato all'anonimato delle loro liste, per motivi di privacy confermati dopo attento esame anche dalla
stessa Autorità Garante, non è esattamente un pilastro e presidio di trasparenza agli occhi dell'opinione
pubblica. Anche le centinaia di milioni che l'Inps garantisce al sindacato per le quote associative dei
pensionati, trattenute direttam e n t e s u l l e p e n s i o n i c o n i l meccanismo della delega di carattere
permanente (salvo revoca), nonché a titolo di ritenute sulle prestazioni, costituiscono u n a m m o n t a r e c h
e o c c o r r e comprendere a che cosa va parametrato. Lo Statuto dei lavoratori riconosce infatti ai sindacati
ampie prerogative - assemb l e e r e t r i b u i t e , pe r m e s s i p e r partecipare alle riunioni degli organi
dirigenti, sedi, diritto di a f f i s s i o n e - i n b a s e al l e q u a l i l ' a t t i v i t à s i n d a c a l e s i s v o l g e
pressoché integralmente a caric o d e i d a t o r i d i l a v o r o . E d è troppo, sapere il preciso ammontare dei
patrimonio immobiliari sindacali, esente da tassazione immobiliare? Conclusione: chi qui scrive è per un
modello di sindacato finanziato di soli contributi liberi, senza ritenute alla fonte obbligatorie per legge e con
propri fondi previdenziali integrativi, in modo che ciascuno possa essere giudicato sulla gestione più
efficiente. Siamo però sicuri che per primi i dirigenti s i n d a c a l i g u a d a g n e r e b b e r o molti consensi,
tra i loro iscritti e soprattutto tra i molti milioni in più di lavoratori che non lo s o n o , s e i l p r o s s i m o p r i m
o maggio ci facessero intanto un regalo. Anche se non obbligati per legge, decidete da soli di redigere e
pubblicare un bel bilancio consolidato. Oscar Giannino
La fotografia AI CAF Utile (perdite) Entrate da tessere Personale (costo) I BILANCI 113 milioni AI
PATRONATI I BILANCI Milioni di euro Circa 30 milioni Circa 170 milioni Circa 430 milioni Assenze per motivi
sindacali (costi indiretti) per attività come Isee, dichiarazioni sostitutive per l'invalidità civile, dichiarazioni per
ottenere detrazioni di imposta o per presentare dati reddituali collegati al diritto di erogazione della
prestazione almeno 260 milioni per elaborazione e trasmissione 730 (stima per difetto che conta 10 milioni di
dichiarazioni fiscali, considerati i 20 milioni di lavoratori dipendenti e i 16 milioni di pensionati) per circa 12
milioni di pratiche stimate A società (come Eustema) che forniscono ser vizi a Inps e Inail e sono riconducibili
ai sindacati IL CONTO DELLE RISORSE PUBBLICHE CHE ARRIVANO AI SINDACATI
NESSUN ATTENTATO ALLE LIBERTÀ SINDACALI MA MANCA UN QUADRO DI CONTROLLI
NON È POSSIBILE CONOSCERE IL PRECISO AMMONTARE DEI LORO PATRIMONI IMMOBILIARI,
ESENTI DA TASSAZIONE
Foto: Corteo di Cgil, Cisl e Uil
13/03/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 5
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Lavoro Contratti più flessibili e poi i nuovi ammortizzatori
L'indennità di disoccupazione estesa ai co.co.co sarà contenuta in ddl delega Niente causali per le assunzioni
a termine fino a tre anni. Poletti: via le norme tortura
Giusy Franzese
JOBS ACT ROMA «Nessun italiano deve stare a casa a far niente, ad aspettare che capiti qualcosa. È una
condanna che nessun tribunale ha comminato e va eliminata». La spiega così «l'idea di fondo» del Jobs act il
ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Un disegno complesso che ha l'ambizione di guardare a 360 gradi il
periodo compreso dalla fine degli studi al momento della pensione: dai primi approcci al mondo lavorativo
(stage, tirocini, apprendistato) alla gestione del rapporto e degli eventuali momenti di crisi e di perdita
dell'occupazione. Ed ecco quindi la partenza - dal primo maggio sarà possibile registrarsi sull'apposito portale
- della "Garanzia giovani" che coinvolgerà 900.000 ragazzi tra i 18 e i 29 anni di età (non solo under 25 come
prevede la Ue). E poi contratti a termine più semplici, l'introduzione in via sperimentale del contratto a tutele
crescenti; la scomparsa della cig in deroga e l'arrivo dell'assegno di disoccupazione esteso anche ai co.co.co;
nuove tutele per le lavoratrici madri; politiche attive più efficienti. Tre misure partiranno subito, con un decreto.
Tutto il resto arriverà con un disegno di legge delega e quindi dopo il confronto con il Parlamento. VIA I
VINCOLI DELLA FORNERO Per stimolare le assunzioni il governo si è dato una parola d'ordine:
«Semplificare drasticamente». E così nel decreto il contratto a termine viene liberato da quelle che il ministro
definisce «le norme tortura»: potrà durare fino a 36 mesi, senza obbligo di pause forzate nel caso di proroghe
(sempre nell'ambito dei 3 anni), e senza che il datore di lavoro nella lettera di assunzione debba indicare la
causale. «In questo modo - spiega Poletti si tagliano i contenziosi che, su questa tipologia di contratto, si
basano soprattutto sul mancato rispetto della causale». In ogni azienda i contratti a termine non possono
superare il 20% del totale dipendenti. Via i vincoli previsti dalla legge Fornero anche per l'apprendistato (piani
formativi integrati, quote stabilizzazioni, ecc.). Sempre con decreto arriva «la smaterializzazione del Durc» il
documento che attesta il regolare pagamento da parte dell'azienda dei contributi ai suoi dipendenti: d'ora in
poi si otterrà on line. Nel 2013 sono stati ben 5 milioni i Durc cartacei presentati. LA RIVOLUZIONE CHE
VERRÀ La vera rivoluzione, promessa da Renzi, arriverà in tempi più lunghi, con un disegno di legge delega
su un nuovo codice del lavoro e poi i relativi decreti attuativi. Nei titoli principali sono confermate le
indiscrezioni. C'è, anche se in via sperimentale, il contratto unico a tutele crescenti. C'è l'assegno di
disoccupazione esteso ai co.co. co (anche in questo caso sarà sperimentale per un biennio e a risorse
definite): incorpererà Aspi, mini-Aspi e cig in deroga «che andrà ad esaurimento». Su quanto sarà l'importo e
quanto tempo coprirà, per ora il governo non si sbilancia: sarà «graduato in ragione del tempo in cui la
persona ha lavorato» si limita a dire Poletti. Che conferma «l'impegno morale» che sarà richiesto a chi
usufruirà del sussidio, di «dare una mano alla comunità». Il come sarà dettagliato nella delega: «Costruiremo
strutturalmente le modalità» aggiunge il ministro, precisando comunque che «non stiamo parlando di lavori
socialmente utili». Cig ordinaria e straordinaria restano ma con delle novità: sono esclusi i casi di cessazione
aziendale; l'accesso all'ammortizzatore sarà possibile «solo a seguito di esaurimento di altre possibilità di
riduzione dell'orario di lavoro»; ci saranno nuovi limiti di durata; e sui contributi ci sarà «un meccanismo
premiante: lo abbassiamo per tutti ma chi usa di più, paga di più». Per aiutare chi ha perso il lavoro a trovarne
un altro si pensa a un miglior funzionamento dei centri per l'impiego, anche attraverso la nascita di
un'Agenzia nazionale che li metta in contatto tra di loro. Sempre nella delega ci saranno anche norme per
semplificare le procedure di gestione del rapporto di lavoro, e per rendere la vita meno complicata alle
lavoratrici madri con incentivi a orari flessibili e l'estensione dell'indennità di maternità alle collaboratrici.
GARANZIA GIOVANI OPERATIVA DAL PRIMO MAGGIO IL MINISTRO: «NESSUN ITALIANO DEVE
STARE A CASA A FAR NIENTE»
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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13/03/2014
Il Messaggero - Ed. nazionale
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Jobs act DECRETO LEGGE meno vincoli apprendistato DISEGNO DI LEGGE DELEGA nel biennio Durc
(documento unico regolarità contributiva) on line acausalità contratti a termine fino a 36 mesi 1,7 miliardi
nuovo codice di lavoro riforma ammor tizzatori sociali con esaurimento cig in deroga introduzione assegno
universale di disoccupazione razionalizzazione incentivi alle assunzioni e autoimprenditorialità creazione
Agenzia nazionale per il coordinamento politiche attive semplificazione e razionalizzazione degli adempimenti
burocratici riordino forme contrattuali introduzione sperimentale del contratto unico a tutele crescenti norme
per conciliare tempi di lavoro e gestione figli indennità di maternità estesa a chi versa contributi alla gestione
separata Dal 1 maggio par tenza por tale "Garanzia giovani" (18/29 anni):
Foto: Il ministro Poletti
13/03/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 1
(diffusione:192677, tiratura:292798)
RICETTA DI DESTRA APPLICATA A SINISTRA
Nicola Porro
Altro che Goldrake, questo è Ufo Robot: «Si trasforma in un razzo missile/ coi circuiti di mille valvole/ fra le
stelle sprinta e va». Renzi in un paio di settimane riesce a ridurre le imposte per 11 miliardi netti: tre volte
quanto hanno provato a fare, senza riuscirci, i suoi predecessori sull'Imu. Che poi è rimasta sotto mentite
spoglie. Come la mettiamo? O il precedente esecutivo aveva il prosciutto sugli occhi, o gli uomini di Renzi
sono dei fenomeni allevati alla scuola di Milton Friedman. Speriamo che non valga l'opzione tre: si tratta solo
di un annuncio a cui non seguiranno i fatti. Nelle prossime settimane capiremo infatti nel dettaglio cosa ci ha
raccontato ieri Matteo Renzi. E nei dettagli, (...) segue a pagina 4 dalla prima pagina (...) quando si parla di
fisco, ci può essere la sostanza. Per ora possiamo dire che il governo ha ridotto le pretese del Leviatano per
circa 12,5 miliardi e le ha aumentate per 1,5: dunque con un saldo di cui parlavamo pari a 11. Chiunque
ritenga che lo Stato sia il problema e il privato la soluzione dovrebbe dunque brindare. Ilconto è infatti presto
fatto. La riduzione fiscale sui lavoratori dipendenti è di dieci miliardi su base annua (dunque per quest'anno
circa 6,6 miliardi). A cui si sommano 2,5 miliardi di euro in taglio Irap, di cui però ancora non si conoscono i
dettagli applicativi. Parliamo semplice. Renzi ieri ha utilizzato una delle bandiere storiche delle destra: la
riduzione fiscale come strumento principe di politica economica. E, come avvenne per le prime ricette
liberiste,considera il tema delle coperture finanziarie apparentemente importante ma sostanzialmente
marginale. Meno tasse generano più sviluppo e dunque non c'è motivo etico per ostacolarle. E, sottovoce, si
sostiene che tecnicamente si autofinanzino. Se serve si utilizzino pure quei decimali di deficit in più che il
nostro avanzo primario ci consente. Vabbé, lasciamo il dibattito agli appassionati. Ma attenzione: se la ricetta
è di destra (perdonate la semplificazione ottocentesca) gli ingredienti sono di sinistra. Mica scemo Ufo Robot.
Lo sconto fiscale, quello che conta, si applicherà su dieci milioni di dipendenti pubblici e privati con un reddito
annuo fino a 25mila euro. Non sono i poveri, che un reddito non lo hanno. Non sono i pensionati. Non sono i
lavoratori autonomi, professionisti o partite Iva. Tecnicamente, infatti, non si dovrebbero toccare le aliquote
Irpef, ma le detrazioni. E non sono ovviamente i redditi superiori a 1.500 euro al mese, più o meno coincidenti
con la nostra classe media. Mettiamola brutale. Renzi pensa alla maestra elementare, ma non al suo
idraulico. Il governo si occupa dell'impiegata delle poste e non della sua estetista. Insomma, becca in pieno la
sua constituency elettorale. Aiuta, ma sarà importante vedere il dettaglio tecnico, le imprese private con il
taglio dell'Irap. Una sforbiciata del 10 per cento dovrebbe valere 2,5 miliardi. La Cgia ha calcolato un
vantaggio fiscale per impresa di poco meno di 800 euro l'anno. Meglio di nulla. Ma non ha alcun valore in
termini di aspettative. Anzi. È del tutto chiaro che gli sconti fiscali per questo governo dovranno agire prima
sulla domanda (stimolare i consumi) e poi eventualmente sull'offerta (stimolare la competitivitàdelle imprese).
Alla domanda benposta dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, e cioè è meglio dare ottanta euro in
più in busta paga o creare nuovi posto di lavoro, Renzi ha acceso la luce numero uno. A ciò si aggiunga una
balla grande come una casa. E cioè che il finanziamento di questo sgravio fiscale avverrà grazie all'aumento
delle imposte sulle rendite finanziarie di sei punti percentuali. Come avvenne per la Tobin tax, quello che
pensano a Palazzo Chigi in termini di finanza, non è ciò che avviene nelle sale operative. Gli investitori
scappano o vanno su classi di investimento meno tassate (i titoli di Stato). E poi qualcuno ci
dovrebbespiegare (basterebbe un contabile, non certo il ragioniere generale dello Stato) come sia possibile
che un aumento di sei punti generi più cassa di quanto abbia fatto il recente incremento di 7,5 punti. Misteri
del renzismo. Infine, non confondiamoci coni vasi fintamente comunicanti. A pagare sulle rendite finanziarie
(una cifra inferiore a quella prevista) sarà quella classe media che non becca un euro da questa manovra e
che rischiadi scivolare verso la fasciaprotetta dal renzismo (25mila euro). Per farla breve. Ufo Robot ha
scippato alla destra la sua forza e l'ha usata per sedurre il suo popolo. Se l'operazione gliriesce finoin fondo
«fra lestelle sprinta e va».
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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MANOVRA FURBETTA
13/03/2014
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 4
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Per la casa c'è già il decreto Meno imposte sugli affitti
Interventi da 1,74 miliardi a favore di inquilini e proprietari di immobili. Cedolare secca al 10%. Lupi: «Così
affrontiamo la crisi». Confedilizia: bene, ma più fondi
Gian Maria De Francesco
Roma A conti fatti, il «piano casa» da 1,74 miliardi è l'unico provvedimento varato ieri dal Consiglio dei
ministri immediatamente attuabile. Sia perché è stato licenziato sotto forma di decreto legge e, dunque, sarà
in vigore a far data dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale . Sia perché dotato di coperture certe e, quindi,
non passibile - almeno per il momento - di bocciature dell'ultima ora. Le misure, portate avanti dal ministro
delle Infrastrutture Maurizio Lupi, si articolano su tre aree di intervento. In primo luogo, viene rafforzato il
sostegno alle locazioni a canone concordato. Il Fondo affitti è stato infatti ulteriormente rifinanziato e per il
biennio 2014-2015 disporrà di 200 milioni di euro, il doppio di quanto previsto in precedenza. Queste risorse
dovranno servire anche per la creazione di strumenti (Agenzie locali) che svolgano una funzione di garanzia
fra proprietario e affittuario. Il Fondo per gli inquilini morosi incolpevoli (varato in estate e destinato ai locatari
che saltano le pigioni a causa della crisi) è stato reso strutturale con una dotazione di 226 milioni (che si
aggiungono ai 40 milioni stanziati nello scorso settembre) per il periodo 2014-2020. La seconda linea
direttrice è quella dell'ampliamento dell'offerta di alloggi popolari. L'architrave del progetto è la riduzione della
cedolare secca al 10% dal 15 cui l'aveva già abbassata il decreto del Fare. In pratica, la sottoscrizione di
contratti di affitto a canone fisso (senza indicizzazione Istat) comporta un minore prelievo Irpef sul reddito
prodotto. Il provvedimento (esteso anche a cooperative e a enti senza scopo di lucro purché subaffittino a
studenti) costa circa 146 milioni ma il ministero stima un impatto positivo dall'emersione del «nero». Sempre
in questo filone si inserisce lo stanziamento di 400 milioni per finanziare la ristrutturazione di 12mila case
popolari (ex Iacp), mentre altri 68 milioni andranno al recupero di 2.300 alloggi destinati alle categorie
disagiate. Ultimo ma non meno importante l'offerta di riscatto dell'alloggio destinata agli inquilini con la
costituzione di un Fondo ad hoc dotato di 113,4 milioni per il periodo 2015-2020 come contributo in conto
interessi. Gli introiti finanzieranno la costruzione di nuove residenze sociali. Il terzo pilastro è lo sviluppo del
social housing . Le imprese che affittano alloggi popolari nuovi o ristrutturati potranno contare su una
detrazione del 40% del canone di locazione dall'Ires e dall'Irap per dieci anni dalla fine dei lavori.
Analogamente gli inquilini di queste case beneficeranno per il triennio 2014-2016 di una detrazione di 900
euro (se il reddito non supera i 15.493,71 euro) e di 450 euro (se il reddito non supera i 30.987,41 euro).
Infine, la spesa per l'acquisto di mobili a seguito di una ristrutturazione potrà essere più elevata a quella
sostenuta per il restyling stesso: il bonus resta fissato a 10mila euro. Prevista, inoltre, una stretta sugli
abusivi: chi occupa non potrà né richiedere la residenza né ottenere gli allacci delle utenze per i servizi
pubblici. «Con questo decreto - ha detto Lupi - vogliamo per la prima volta affrontare il tema dell'emergenza
abitativa tenendo conto di due aspetti: la crisi economica che colpisce da sei anni le famiglie e i proprietari di
case». Positivo il giudizio di Confedilizia (associazione dei proprietari) che però ha sottolineato la necessità di
un maggiore incremento dei fondi per garantire la redditività degli affitti.
Le misure IlPianocasahatreobiettivi:sostegnoall'affittoacanoneconcordato, più alloggi popolari e sviluppo
dell'edilizia sociale Gli obiettivi generali Lacedolare secca degli affittia canone agevolato è ridotta dal 15 al
10% per il quadriennio 2014-2017 La cedolare secca Il fondo per l'affitto a disposizione dei Comuni per
aiutare le famiglie viene portato a 200 milioni per gli anni 2014-2015 Più soldi ai Comuni
Maurizio Lupi
LA RIVENDICAZIONE
Per la prima volta si affronta l'emergenza abitativa pensando sia alle famiglie sia ai proprietari di casa
Foto: NELLE FILE NCD Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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I PIANI DEL GOVERNO Il mattone
13/03/2014
MF - Ed. nazionale
Pag. 20
(diffusione:104189, tiratura:173386)
Se vogliono sopravvivere, le aziende italiane devono imparare a
competere fuori casa
Giovanna Brambilla
La crisi ha reso l'Italia sempre più polarizzata, a due velocità: da una parte ci sono aziende che competono
con ottimi risultati nell'arena competitiva internazionale; dall'altra aziende che soffrono, perché concentrate su
un mercato interno che stenta a ripartire. Non esiste una ricetta di sicuro successo o caratteristiche univoche
che contraddistinguano le imprese velociste, ma certamente si possono individuare alcuni tratti comuni a
queste imprese, siano esse del comparto fashion/lusso, di quello industriale o dell'alimentare, settore
quest'ultimo dalle grandi potenzialità, se si guarda anche alla vetrina che potrà offrire Expo 2015. A
prescindere dalle dimensioni, le aziende che hanno resistito meglio alla crisi sono quelle che hanno ottenuto
successi all'estero grazie a un vertice aziendale dotato di visione internazionale e manager capaci di
relazionarsi con interlocutori esteri e muoversi in contesti molto diversi, dalla Russia alla Cina, dall'America
Latina all'India. Il manager dell'azienda velocista sa capire le esigenze del mercato locale e riesce a adattare
velocemente la propria offerta. Un esempio viene dalla moda: se si vogliono vendere abiti da sera in Medio
Oriente, si deve sapere che la manica lunga è indispensabile. Buona tattica, più che strategia. Ma guai a
sottovalutare questi aspetti: sono particolari che fanno la differenza tra il fallimento e il successo in un
mercato promettente. Le aziende devono poi avere un'organizzazione snella, poco burocratica. Nelle imprese
velociste si torna spesso all'informalità dei rapporti, con squadre piccole di persone molto coese tra loro e con
la stessa visione, composte da manager capaci di fare squadra così come di prendere in autonomia decisioni
complesse. In molti comparti sono forse tramontati i tempi delle filiali all'estero, che richiedono grandi
investimenti sia finanziari che organizzativi e di processi, mentre spesso si opta, almeno nella prima fase
dell'espansione internazionale, per creare strutture di respiro regionale, con uffici in luoghi strategici (come
Hong Kong per l'Asia o Rio de Janeiro per il Sud America) da cui guidare la presenza sui singoli mercati
locali, che avviene sempre più, nel caso del B2C, attraverso l'apertura di punti vendita in loco. Canale,
questo, spesso integrato con il digital e l'ecommerce: la capacità di integrare on e offline è un fattore chiave
per le aziende velociste. Un'azienda non è fatta però solo di organizzazione o singole competenze, ma anche
di team e visione comune. La prima linea del management deve quindi essere in grado di sposare la causa
del vertice: intraprendenza, velocità, lavoro di squadra, apertura al nuovo e al mondo. Figura chiave è quella
del Marketing Director, che deve capire le necessità del mercato e portarle in azienda affinché sia il mercato
stesso a fare da guida sulle linee di sviluppo dei prodotti. Questo vale per tutti i settori: dall'industria al cibo,
dalla moda alla cosmesi. Il successo sui mercati esteri e la presenza di aziende velociste resta però anche
una questione di sistema Paese. Anche in Europa ci sono mercati interni che vanno meglio e sono in grado di
dare maggior spinta alle proprie aziende che vogliono affacciarsi all'estero. E ci sono Paesi in cui
l'imprenditoria locale è stata accompagnata verso l'internazionalizzazione: non solo capitani coraggiosi,
dunque, ma anche un supporto strutturato attraverso missioni imprenditoriali. Le aspettative delle aziende
italiane sono state a questo proposito in gran parte disattese. Da ultimo, una nota sulla struttura manageriale
di molte nostre imprese: il sistema industriale italiano vede la presenza di molte aziende nate nel dopoguerra,
che hanno ormai 50 anni di storia alle spalle ma in cui a volte c'è ancora al vertice la prima generazione, che
spesso non è stata capace farsi affiancare in maniera stabile e duratura da manager capaci, in grado di
assumere la guida dell'azienda raccogliendo il testimone dai fondatori. Nelle grandi multinazionali lavorano
spesso manager italiani che hanno fatto carriera all'estero e che potrebbero essere pronti a rientrare a patto
di avere opportunità professionali interessanti quanto quelle che stanno lasciando. In un momento in cui si
cerca di tirare fuori il meglio per far ripartire l'Italia, non si dimentichi che molte delle migliori risorse umane
dell'Italia potrebbero tornare dall'estero per dare una mano alle nostre imprese. Dobbiamo aprire le porte a
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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COMMENTI & ANALISI
13/03/2014
MF - Ed. nazionale
Pag. 20
(diffusione:104189, tiratura:173386)
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
questi manager se vogliamo aprirle al mondo. Diversamente, il mondo entrerà comunque. Ma lo subiremo,
senza coglierne le opportunità. (riproduzione riservata) * amministratore delegato, Value Search
13/03/2014
MF - Ed. nazionale
Pag. 20
(diffusione:104189, tiratura:173386)
MasterChef può fare da solo più dell'Ice
Edoardo Narduzzi
Oggi è sempre meno la domanda interna la chiave dell'occupazione e della crescita. Come accade per le
varie Facebook, WhatsApp o Google, se un prodotto o un servizio piace e serve, la sua capacità di
diffondersi su scala globale procede a velocità mai viste prima nella storia dell'umanità. Ne discende chei
cosiddetti effetti network, cioè il fatto che al crescere del numero degli utenti del servizio il valore dello stesso
cresca non linearmente, hanno la possibilità di prodursi su una potenziale base di consumatori che non è mai
stata tanto ampia. Ovvio, la connettività e la possibilità di scaricare qualsiasi contenuto digitale dalla rete
hanno contribuito non poco a questa accelerazione. Ma le potenzialità del web non riguardano soltanto i beni
immateriali, nel senso che di specifici effetti rete possono beneficiare anche consumi tipici della vita
quotidiana come quelli alimentari. Si prenda il caso del format televisivo, e conseguentemente del web,
MasterChef. A livello planetario è il format più seguito pur parlando di cibo e del modo di cucinarlo e abbinarlo
con condimenti e accompagnamenti vari. Un programma che si può anche considerare uno spot permanente
in favore del made in Italy gastronomico perché, seguendolo, coreani, canadesi, olandesi e così via si
abituano a convivere con un modo di manipolare e preparare il cibo del quale nessun loro concittadino delle
generazioni precedenti ha mai potuto godere. Emergono, implicitamente di nuovi volti di chef della porta
accanto, una sensibilità di respiro internazionale verso la buona cucina e un rapporto con il cibo sempre più
distante dai bisogni elementari della scala di Maslow e sempre più vicino alle sofisticazioni del piacere tipiche
di una società di massa opulenta, informata e educata. MasterChef è, per il buon cibo, l'equivalente di ciò che
sono stati Starbucks e Nespresso per il caffè espresso e il cappuccino: un acceleratore nell'adozione di
consumi standardizzati globali di qualità. Se il cibo diventa argomento di intrattenimento e approfondimento
quotidiano, allora significa che l'industria alimentare è entrata in una fase originale grazie alle potenzialità
della domanda che la globalizzazione ha reso possibili. L'investimento per 120 milioni di euro da parte della
Tip di Giovanni Tamburi nella Eataly fondata da Oscar Farinetti va inquadrato in tale contesto. Capitali freschi
per esportare punti vendita di cibo di qualità a portata di parcheggio per gli spettatori mondiali di MasterChef.
Un format destinato ad accompagnarci ancora per diversi anni. (riproduzione riservata)
Foto: Carlo Cracco
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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COMMENTI & ANALISI
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Panorama - N.12 - 19 marzo 2014
Pag. 28
(diffusione:446553, tiratura:561533)
Pitruzzella, lo «sceriffo» che mette in riga le aziende
(Gianluca Ferraris)
Senza dimenticare naturalmente le multinazionali del farmaco Roche e Novartis, punite per l'ormai noto
«cartello» con una sanzione record da 180 milioni di euro che ha provocato anche l'apertura di un fascicolo
da parte del pm torinese Raffaele Guariniello con le ipotesi di disastro colposoe associazionea delinquere. E
poi ci sono banche, compagnie telefoniche, aerei e traghetti: dove c'è un consumatore colpito nel portafoglio,
insomma,è molto probabile che nel corso degli ultimi due anni sia intervenuto lo «sceriffo». Soprannome che
Giovanni Pitruzzella, dal novembre 2011 a capo dell'Autorità L'ultimaa cadereè stata la multiutility Hera,
colpita da una multa di 1,89 milioni di euro per abuso di posizione dominante nella raccolta differenziata di
carta in Emilia-Romagna. La prossima potrebbe essere UnipolSai, sulla quale pende la spada di Damocle
dell'istruttoria avviata il 19 febbraio scorso per il mancato rispetto dell'obbligo di cessione degli asset
eccedenti la quota di mercato imposta del 30 per cento in ambito assicurativo: in caso di accertamento della
violazione, la newco e la sua controllante Unipol rischiano fino alla cifra «monstre» di 1,6 miliardi di sanzione.
garante della concorrenza, si è meritato con il suo lavoro sul campo. Sono soprattutto i numeri a descrivere il
cambio di passo registrato dall'Antitrust in questo biennio: in totale le procedure avviate sono state quasi 800,
con multe comminate nel 62 per cento dei casi contestati, contro una media precedente del 36 per cento.
Dall'inizio del suo mandato a oggi Pitruzzella ha recuperato, complessivamente, circa 368 milioni. È una
guerra piena di ostacoli, perché la quasi totalità dei provvedimenti finisce appellata prima al Tar e poi al
Consiglio di Stato. Le battaglie ingaggiate dall'Antitrust hanno già i primi riscontri positivi, come dimostra la
sentenza che il 16 gennaio 2014, ribaltando il giudizio di primo grado, ha confermato la multa da 10,6 milioni
alla società Pfizer in una vertenza similea quella che ha coinvolto Roche e Novartis. Siciliano, 54 anni,
costituzionalista di rango, con cattedra all'Università di Palermo e insegnamento alla Scuola di
specializzazione di diritto europeo, Pitruzzella ha un curriculum istituzionale lungo 20 anni: consigliere dei
governi Ciampi e Dini, poi della Regione Siciliana, infine presidente della Commissione di garanzia sugli
scioperi, incarico che ha lasciato quando, nei primi mesi del governo Monti, è stato proposto come
successore di Antonio Catricalà alla presidenza dell'Antitrust. Decisamente lungo,e bipartisan, anche l'elenco
dei suoi estimatori. Su tutti svetta il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nella primavera del
2013 lo volle tra i 10 «saggi»indicati dal Quirinale per fare parte della commissione chiamataa studiare le
riforme istituzionali. A ingrossare le file degli ammiratori si sono aggiunti ai primi di marzo perfino molti grillini,
dopo la maximulta alle case farmaceutiche Roche e Novartis. Non minor favore Pitruzzella riscuote dalla
sponda renziana, che ha apprezzato le sue ripetute sortite su burocraziae gare d'appalto pubbliche troppo
farraginose. Non a caso, sulla scorta del ventilato allentamento del patto di stabilità e con all'orizzonte un
mandato residuo quasi del tutto coincidente con la legislatura, potrebbero essere proprio questii fronti sui
quali l'azione dello «sceriffo» si concentrerà nei prossimi mesi. Nell'ultimo biennio l'Antitrust ha avviato quasi
800 procedure d'infrazione contro le imprese. Ecco i casi nei quali sono state comminate le multe più salate.
A Noi gli occhi 5 marzo 2014 Secondo l'authority, Roche e Novartis si erano accordate per scoraggiare l'uso
di un medicinale per la maculopatia (Avastin), molto meno costoso di un altro (Lucentis), a parità di efficacia
tra i due prodotti, causando così un danno al Servizio sanitario nazionale e ai consumatori. Le due case
farmaceutiche hanno annunciato ricorso. sANzioNE 180 milioni i tENtENNAmENti di tElEcom 10 maggio
2013 Telecom Italia viene sanzionata per «abuso di posizione dominante» sulla rete fissa: l'ex monopolista
avrebbe ostacolato l'accesso alla rete da parte delle altre compagnie, rendendo più lungo e oneroso il cambio
di gestore. Un'ordinanza del Tar del Lazio, dove pende il ricorso, ha momentaneamente sospeso il
pagamento della multa. sANzioNE 103,8 milioniE nel mirino finisce l'e-commerce
Integratori alimentari, borsette contraffatte, bollette del gas. Trale attività dell'Antitrust nel biennio 2012-2013
non spiccano solo le procedure contro i grandi gruppi accusati di avere violato le norme sulla concorrenza,
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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Scenari economia
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/03/2014
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ma anche decine di iniziative a tutela del consumatore, con sanzioni per oltre 18 milioni di euro. A essere
colpiti sono stati soprattutto siti di e-commerce che proponevano prodotti contraffatti o dalle caratteristiche
non in linea con quelle promesse. Sul podio delle segnalazioni anche le pubblicità ingannevoli, specialmente
in campo salutistico e nutrizionale, e le offerte delle compagnie energetiche.farMaci gEnErici? no, graziE 16
gennaio 2014 Il Consiglio di Stato, ribaltando la sentenza del Tar, dà definitivamente ragione all'Antitrust
riconoscendo legittima la multa comminata nel 2012 alla Pfizer, colpevole di aver ostacolato l'ingresso sul
mercato di farmaci generici contro il glaucoma che avrebbero messo a rischio la leadership di un suo
brevetto. sanzionE 10,6 milioni il cartEllo dEi traghEtti 14 giugno 2013 Moby, Snav, Grandi Navi Veloci e
Marinvest vengono multate per «aver aumentato in modo anomalo e coordinato i prezzi dei biglietti» dei
traghetti da e per la Sardegna durante la stagione estiva 2011. Il 29 gennaio, dopo il ricorso presentato da
tutte le compagnie coinvolte, è iniziato il processo di appello al Tar. sanzionE 8,1 milioni raccolta non troppo
diffErEnziata
10 marzo 2014 L'Antitrust sanziona le multiutility Hera ed Herambiente, che gestiscono in monopolio la
raccolta differenziata in molti comuni dell'Emilia-Romagna. Secondo l'authority avrebbero ostacolato
l'accesso ai rifiuti cartacei ai concorrenti della propria controllata Akron, provocando storture di prezzi.
sanzionE 1,89 milioni Voli low cost poco trasparEnti 16 febbraio 2014 Ryanair ed Easyjet, i due principali
vettori aerei low cost, vengono multati per non aver fornito (o per averlo fatto in modo tardivo, insufficiente e
inadeguato) informazioni sulla polizza facoltativa destinata a coprire i rischi per l'annullamento del viaggio.
Entrambi hanno poi modificato i loro siti ma annunciato ricorso in appello. sanzionE 1,05 milioni
Foto: Giovanni Pitruzzella, 54 anni, presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
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Panorama - N.12 - 19 marzo 2014
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(diffusione:446553, tiratura:561533)
*** «Lasciateci aiutare le imprese»
È giusto abolire l'iscrizione obbligatoria delle aziende alle Camere di commercio? Renzi è convinto di sì,
mentre il sistema camerale si oppone. Rivendicando, come ricorda il presidente di Unioncamere, il sostegno
fornito all'economia senza costi per lo Stato.
Ferruccio Dardanello*
I primi timidi spiragli di un risveglio economico si stanno facendo strada nel nostro Paese. Ma il cammino
della crescita si presenta ancora lungo e, certo, non privo di difficoltà. Per questo oggi più che mai occorre
aiutare le imprese ad agganciare questi deboli segnali di ripresa per accelerare il percorso di una nuova
rinascita italiana. Perché senza impresa non c'è lavoro. Internazionalizzazione, semplificazione, accesso al
credito, efficienza della giustizia: sono queste alcune delle priorità sulle quali è necessario intervenire più
incisivamente per accompagnare la risalita del nostro sistema produttivo. E su questi temi le Camere di
commercio vengono spesso chiamate a dare un contributo importante per rispondere con misure concrete al
grido di aiuto che si eleva a gran voce dal mondo imprenditoriale, dal Sud al Nord del Paese. Il sistema
camerale è stato più volte chiamato dai governi, di ogni colore politico, a svolgere compiti crescenti in ambiti
sempre più variegati. Per questo nel tempo ha conquistato un ruolo strategico di cerniera tra Stato e impresa,
rendendo più fluido il dialogo tra pubblica amministrazione e sistema produttivo. Lo ha fatto con il Registro
delle imprese che, sin dagli anni 90, è stato concepito in maniera completamente digitale con forti
investimenti delle Camere di commercio che dedicano personale altamente qualificato a un registro divenuto
un modello per l'Europa, senza costi per il bilancio dello Stato. E oggi è anche uno strumento indispensabile
per la sicurezza, la certezza, la trasparenza e la garanzia del mercato. Lo sanno bene magistratura e forze
dell'ordine che ogni anno effettuano più di 6,5 milioni di accessi (sugli oltre 40 milioni di visure effettuate ogni
anno) per le proprie indagini di contrasto alla criminalità. La Comunicazione unica, poi, ha reso possibile far
nascere un'impresa in un sol giorno. Un sogno sino a quattro anni fa! Attraverso la loro azione, dunque, le
Camere di commercio italiane hanno dimostrato di sapere davvero semplificare la vita delle nostre imprese,
permettendo loro di risparmiare tempo e denaro ma anche di recuperare competitività. Un obiettivo,
quest'ultimo, verso il quale convergono tutti gli sforzi dell'attività di sistema. Dalla tutela del Made in Italy alla
promozione delle economie locali, dalla giustizia alternativa al sostegno dei consorzi fidi per dare ossigeno
alle imprese alle prese con il credit crunch. Basti pensare che solo lo scorso anno il sistema camerale ha
investito 85 milioni di euro per favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese con un forte effetto
moltiplicatore. Ha lanciato Worldpass, la rete di sportelli fisica e virtuale per l'internazionalizzazione, per
aiutare le imprese italiane a fare affari con l'estero. E organizzato, sempre in questa direzione, 400 missioni
commerciali. Quello camerale dunque è un sistema che funziona bene. Ma è certamente migliorabile. Ed è
pronto a farlo, per rendere ancora più efficace la sua azione e valorizzare al meglio le proprie potenzialità al
servizio del Paese. *presidente Unioncamere 85 milioni di euro sono stati investiti nel 2013 dalle Camere di
commercio per favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese.
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Scenari economia
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Panorama - N.12 - 19 marzo 2014
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Grazie Renzi, ma siamo in credito di 38 miliardi
Benvenuto il taglio delle imposte. Peccato sia modesto se paragonato alle mazzate già subite dagli italiani
(pensionati in prima fila) dal 2011. E in agguato ci sono altri prelievi fiscali su case e risparmi...
di Stefano Cingolani
Pochi, benedetti e subito: Matteo Renzi ha scelto la formula più semplice e popolare per saltare il fossato
fiscale. Che 10 miliardi siano benedetti, non c'è bisogno di spiegarlo: gli ultimi dati Istat sui consumi e sulla
sfiducia dei consumatori hanno fornito un'ulteriore pezza d'appoggio. Se verranno erogati subito, dipende
dalla rapidità con la quale il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan troverà le risorse che oggi non ci sono.
19 marzo 2014 | Panorama L'unica cosa certa è che il taglio non è sufficiente. Il cuneo fiscale ammontaa
296,4 miliardi, dei quali 134,9a carico dei lavoratori: quindi, essi recupererebbero appena il 7,4 per cento
rispettoa quanto versano. Non basterà, certo, a rilanciare la domanda interna (cavallo di battaglia di Stefano
Fassina e della sinistra del Partito democratico), né a migliorare la distribuzione del reddito, bandiera di
Maurizio Landini, il capo della Fiom con il quale ha trovato una intesa il «revisionista» Renzi. Ma non servono
neppure a recuperare quel che si è perso in tutti questi anni di austerità a senso unico. La pressione fiscale,
ha certificato l'Istat martedì 11 marzo, in Italia è aumentata di quasi 3 punti tra il 2000 e il 2012, l'incremento
più elevato nella Ue (se si escludonoi casi di Maltae Cipro). Il rigore nei conti pubblici è stato perseguito
prevalentemente aumentando le tasse, lo diceva Padoan quando guidava gli economisti dell'Ocse. Adesso si
cambia rotta? Calma e gesso. Dal decretone dell'agosto 2011 al Salva Italia di Mario Monti nel dicembre dello
stesso anno, per finire con Enrico Letta, buona parte delle risorse sono state estratte dalle buste paga, dalle
pensioni e dai risparmi. Si tratta finora di 38 miliardi di entrate complessive, senza contare l'aumento dell'Iva
dal 21 al 22 per cento che verrà contabilizzato quest'anno. Dunque, arriviamo a 40 miliardi. Se fosse un gioco
potremmo dire che il governo vince con il sonoro punteggio di quattroa uno.E chi perde? Un conto salato,
forse il più salato, lo hanno pagato i pensionati, soprattutto quelli futuri con il prolungamentoa 67 anni dell'età
lavorativa e con il nuovo sistema di calcolo basato soltanto sui contributi effettivamente versati. Ma
attenzione, subisce un bel salasso anche chi la pensione la riscuote già e non potrà usufruire dei tagli al
cuneo fiscale. Il combinato disposto di fiscal drag (cioè mancato recupero dell'inflazione), blocco delle
rivalutazioni e imposte locali, porta a una perdita di 16,6 miliardi secondo le stime della Cgil. Una bella cifra
su un'Irpef totale di 101 miliardi. E pensare chei pensionati italiani vengono tassati molto più dei loro coetanei
nel resto d'Europa. La Confesercenti ha calcolato che con una pensione pari a 1,5 volte il minimo Inps, in
Italia si versa allo Stato il 9 per cento, altrove nulla; con una pensione superiore a tre volte il minimo, il divario
è ancora maggiore: 20 punti percentuali da noi; 9,5 in Spagna; 5,2 in Francia e addirittura 0,2 in Germania.
Per il gioco delle detrazioni, inoltre, in Italia il pensionato paga una quota superiore rispetto al lavoratore
dipendente attivo, esattamente il contrario di quel che avviene in ogni altro paese. Una vera maledizione è
piovuta con le imposte locali. Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, le ha prese di mira:
secondo le sue stime, sono aumentate del 200 per cento dal 1997, un incremento in valori assoluti di 72
miliardi e 800 milioni quasi quanto le imposte dello Stato centrale cresciute di 94 miliardi e 800 milioni nello
stesso periodo. La progressione più forte è avvenuta con la manovra Monti. La Cisl ha condotto una indagine
sui propri associati, lavoratori dipendenti e pensionati. Prendendo un reddito imponibile medio di 21.270 euro
l'anno nel 2012, l'imposta netta è cresciuta del 2,76 per cento rispetto al 2011 e del 4,95 sul 2010, dunque più
del costo della vita (è scattata, in altre parole, quella tassa occulta e automatica chiamata fiscal drag), ma il
balzo è stato molto maggiore per le addizionali comunali e regionali: addirittura più 37 per cento in due anni. Il
governo Renzi non pone rimedio, anzi, tutto fa pensare che gli enti locali continueranno a rilanciare. «Il partito
dei sindaci è la sua vera base, difficile che si metta contro» commenta Gianfranco Polillo, ex sottosegretario
all'Economia nel governo Monti. La Tasi, del resto, sembra la fotocopia dell'Imu. Il decreto in Gazzetta
ufficiale dal 6 marzo consente di portare l'aliquota base dal 2,5 al 3,3 per mille. Peri proprietari che
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i conti della politica/1
13/03/2014
Panorama - N.12 - 19 marzo 2014
Pag. 60
(diffusione:446553, tiratura:561533)
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possiedono seconde case affittate, negozi, uffici, capannoni, l'aliquota massima può salire fino all'11,4.
Rispunta, dunque, una patrimoniale sugli immobili che s'aggiunge alla patrimonialina, cioè l'imposta di bollo
sugli strumenti finanziari: introdotta nel 2012 con l'1 per mille, è stata aumentataa 1,5 l'anno successivoe poi
a 2. Con la Tobin tax e la ritenuta sui redditi da capitale salita dal 12,5 al 20 per cento (con l'eccezione dei
titoli di Stato), il gettito stimato arrivaa 17 miliardi. «Vale come l'Imu, ma nessuno ne parla» protesta Alberto
Foà, della società di gestione AcomeA, che ne denuncia l'effetto perverso. Chi possiede 20 mila euro, nel
2013 pagava il minimo di 34,2. Nel 2014 con il 2 per mille ne verserà 40. E ai clienti degli intermediari che
pagavano un massimo di 4.500 euro, verrà invece chiesto di pagare fino a 10 mila euro. E non è finita,
perché la tassazione delle rendite finanziarie torna per coprire il taglio dell'Irpef sui salari medio-bassi. Tra le
ipotesi fatte a Palazzo Chigi c'è anche di portare l'aliquota unica sulle transazioni dal 20 attuale al 23 per
cento, con il rischio di mangiarsi tutti i magri margini di guadagno sui titoli di Stato. Un boomerang terribile per
il Tesoro e un'altra mazzata sui risparmiatori. Le entrate da imposte indirettee da lavoro autonomo si sono
ridotte lo scorso anno di 5,3 punti, «per effetto del ciclo economico» come spiega il ministero che il 6 marzo
ha diffuso le cifre totali per il 2013, mentre dal lavoro dipendente privato è arrivata una contrazione dello 0,7
per cento. Con la crisi, dunque, nessuno è più garantito. Il governo Renzi ha fatto una scelta a favore dei ceti
sociali che pendonoa sinistra, eppure rischia di scontentare tutti, non solo la Confindustria, perché risorse
esiguee attese eccessive, s'incrociano con le incertezze sull'economia. Il ministro Padoan ha ammesso che
aveva ragione l'Unione europea e torto il suo predecessore Fabrizio Saccomanni: il prodotto lordo aumenta
dello 0,6e non dell'1 per cento, meta che resta lontana perché se tutto va bene la crescita avrà una spinta di
appena due decimali. Tanto rumore per così poco, la cruna dell'ago è sempre più sottile. © riproduzione
riservata
UNTO. Va bene che Matteo Renzi va di corsa e che ha tante cose da fare, ma una sarebbe urgente: la
trasparenza. Dopo quasi tre settimane dal giuramento, sul sito di Palazzo Chigi www. governo.it non ci sono
ancora informazioni sulla situazione patrimoniale del presidente del Consiglio e dei singoli ministri. Se si
clicca sulla voce, non accade nulla. Sulla pagina di Renzi manca anche la biografia, mentre dei vari ministri,
viceministri e sottosegretari è indicato solo il nome. Vuota anche la pagina sugli staff. In un momento di crisi
come questo, informare i cittadini sulla propria situazione patrimoniale dovrebbe essere prioritario.i conti in
disordine I flop di Saccomanni e l'eredità di Padoan. 2014 2015
Cosa intendeva Matteo Renzi quando ha detto che i conti non sono in ordine? Ecco le cifre della discordia,
cioè le differenze tra impegni del governo italiano e realtà, che hanno allarmato l'Unione europea. C'è una
evidente differenza nella crescita del pil tra le stime della Ue e quelle lasciate dal ministro Saccomanni: il pil è
stato sovrastimato di 0,4 punti quest'anno e 0,5 l'anno prossimo. Ma l'aspetto più inquietante è il deficit
strutturale (cioè la differenza tra entrate e spese pubbliche al netto degli effetti del ciclo economico): il
pareggio che doveva essere raggiunto entro il 2015 quando scatta il fiscal compact, viene mancato. Il debito
complessivo continua a salire, un punto in più rispetto al 2013. Dunque, secondo la Ue il governo Letta ha
mancato i suoi obiettivi e il governo Renzi parte con questo handicap. Variazione del pil, in% previsioni Ue
+0,6 +1,2 previsioni governo Letta +1,0 +1,7 Deficit totale sul pil, in% previsioni Ue 3,6 2,2 previsioni governo
Letta 2,5 1,6 Deficit strutturale sul pil, in% previsioni Ue 0,6 0,8 previsioni governo Letta 0,3 0,0 Debito sul pil,
in% previsioni Ue 133,7 132,4 previsioni governo Letta 132,8 129,4
Non c'è bisogno di quote Bruno Vespa
Un insulto alla capacità delle donne o la sconfitta dell'ipocrisia? La bocciatura delle «quote rosa» obbligatorie
nel prossimo Parlamento evita (ad avviso di chi scrive) la corsa grottesca a riempire ogni collegio di
«candidate-perforza» al di là dei loro meriti oggettivi, con il risultato paradossale di umiliare chi entra in lista
solo perché donna, lasciando fuori uomini potenzialmente più meritevoli. Nella mia vita professionale ho
sempre avuto tra i miei colleghi una larghissima prevalenza di donne. Oggi la redazione di «Porta a porta» è
formata per quattro quinti da donne. Nel 1990, appena diventato direttore del «Tg1», scelsi tre colleghe (Lilli
Gruber, Tiziana Ferrario e Maria Luisa Busi) per condurre l'edizione delle 13.30. Gli uomini non hanno mai
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battuto ciglio perché ieri come oggi si trattava di scelte professionali, discutibili o no, ma del tutto estranee a
quote di qualunque genere. Ma l'idea di dover essere costretto a far fare un servizio necessariamente a una
donna mi parrebbe del tutto stravagante. Ne sa qualcosa lo stesso Matteo Renzi, che ha penato non poco
per trovare 8 donne all'altezza di un incarico ministeriale perché la classe politica è ancora prevalentemente
maschile. Tanto è vero che, appena libero dai vincoli che lui stesso si era posto, ha nominato soltanto 9
donne su 44 sottosegretari. E non è detto che, quando metà dei candidati del Pd alle prossime elezioni
politiche dovranno essere donne (per decisione interna di partito), le scelte saranno sempre le migliori. Nella
vita sociale italiana le donne stanno acquisendo via via un ruolo dominante: nella magistratura,
nell'avvocatura, nel giornalismo, nella medicina, in molte professioni scientifiche e anche in lavori
tradizionalmente maschili. Ma nessuno s'è mai sognato di dire che in un concorso per diventare giudice o
notaio metà dei posti debbano essere assegnati alle donne. Non si capisce perché una stramberia del genere
avrebbe dovuto esserci in Parlamento e nemmeno perché molte deputate hanno vissuto come una giornata
di lutto il 10 marzo, quando le quote rosa obbligatorie sono state bocciate. (La vera parità dei sessi avverrà
solo con l'abolizione della festa dell'8 marzo, essendo questa celebrazione il mantenimento perpetuo della
«diversità» femminile).
Foto: Pier Carlo Padoan, 65 anni, economista e successore di Saccomanni. Fabrizio Saccomanni, ministro
dell'Economia dall'aprile 2013 al 22 febbraio 2014.

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