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CONFIMI Rassegna Stampa del 13/11/2014 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE CONFIMI 13/11/2014 Il Risveglio Chiave a stella, premiata la Rp di Venaria 13 SCENARIO ECONOMIA 13/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Calcoli errati e vedute corte 19 13/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Stimoli all'economia, Draghi accelera I saggi tedeschi criticano Merkel 20 13/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Il futuro dell'euro nel triangolo tra Francoforte, Berlino e Bruxelles 22 13/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Il vicepresidente dell'Europarlamento «Ora un'inchiesta per fare chiarezza» 23 13/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Mps svaluta, rosso di 1,15 miliardi 25 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Ma la priorità è il nuovo lavoro 26 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Quei paradossi del mercato 27 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Draghi: fare subito le riforme 29 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Più fondi a «Made in» e legge Sabatini 31 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Jobs Act, più vicina la fiducia 33 13/11/2014 Il Sole 24 Ore «Patto per rilanciare la crescita» 35 13/11/2014 La Repubblica - Nazionale Sciopero generale il 5 dicembre Operai dell'Ast bloccano l'Autosole Gli studenti contestano Draghi 37 13/11/2014 La Repubblica - Nazionale Un miliardo in più per la manovra 39 13/11/2014 La Stampa - Nazionale SE LA SOCIETÀ CONDIZIONA L'ECONOMIA 40 13/11/2014 La Stampa - Nazionale Draghi: i Paesi troppo indebitati hanno già perso la sovranità 42 13/11/2014 La Stampa - Nazionale Scandalo dei cambi manipolati La maximulta affonda le Borse 43 13/11/2014 MF - Nazionale Jack Ma (Alibaba): così provo a conquistare l'America 44 13/11/2014 Panorama TFR BLUFF 46 13/11/2014 Panorama E poi ho capito che il profitto non è tutto 48 SCENARIO PMI 13/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Juncker si assolve: non mi dimetto 50 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Il Fondo italiano in campo per le Pmi 52 13/11/2014 ItaliaOggi Fallita una pmi ogni cinque dall'inizio della crisi 53 13/11/2014 MF - Nazionale Si allarga l'accordo tra Fondo Italiano e Fondo Europeo Bei 55 CONFIMI articoli 13/11/2014 Il Risveglio Pag. 11 VENARIA REALE - La sesta edizione di "Chiave a stella", il premio ideato da Api Torino, Fondazione Magnetto e Repubblica, con la collaborazione di Camera di commercio e UniCredit, se l'aggiudica la Rp rivestimenti plastici, impresa venariese guidata dal volpianese Rinaldo Pennazio. L'azienda, che si è imposta nella categoria da 500mila a 3 milioni di fatturato, è nata come attività artigianale negli anni Cinquanta per poi crescere fi no a diventare leader nei rivestimenti plastici su metalli. Fornisce trattamenti superfi ciali in grado di risolvere problemi di corrosione, operando in differenti aree produttive che spaziano dal settore metalmeccanico con relativo indotto ai settori alimentari, nautico ed aereo, fi no a quello delle strutture funerarie. «Sono immensamente grato all'Api Torino - ammette Rinaldo Pennazio - per aver pensato a me ed alla mia azienda. Per noi, dopo tanti anni di studi approfonditi sulle materie plastiche, è un motivo di enorme soddisfazione». Il motivo del premio? La Rp rivestimenti plastici, selezionata tra 64 candidate all'ambito riconoscimento, ha mostrato - raccontando la propria storia - «di contraddistinguersi sia per capacità di esprimere e coniugare innovazione e tradizione sia per eccellenza del prodotto e valorizzazione del territorio in Italia e all'estero». - ANDREA TROVATO Rinaldo Pennazio La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Chiave a stella, premiata la Rp di Venaria SCENARIO ECONOMIA 19 articoli 13/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) Calcoli errati e vedute corte Antonio Polito P are proprio che, come aveva minacciato D'Alema in tv, la sinistra pd abbia perso la pazienza. L'alzata di scudi di ieri notte contro il patto del Nazareno bis (o tris) avvia una fase in cui niente più può essere dato per scontato, nemmeno il voto sul Jobs act. È probabile che le piazze sindacali abbiano restituito coraggio e allo stesso tempo costretto a una accelerazione della lotta politica contro Renzi. Ma nel combatterla la minoranza che fa capo a Bersani e D'Alema deve stare attenta a non ripetere gli stessi clamorosi errori che già le costarono il controllo del partito. Con l'aggravante che stavolta non rischierebbe solo in proprio, ma metterebbe a repentaglio la credibilità del governo Renzi in Europa, già in bilico di suo. Il sospetto di una deriva politica è lecito. Appena qualche giorno fa, con un virtuosismo della litote certamente appreso alla scuola dei padri («Il vivente non umano» di Ingrao e «La non vittoria elettorale» di Bersani), Stefano Fassina è arrivato a proporre sul Foglio non l'uscita dall'euro, come un qualunque Grillo o Salvini, ma «il superamento cooperativo dell'euro», che poi è la stessa cosa, visto che non sembra esserci nessuno in giro disposto a cooperare con noi per farci uscire in modo indolore dalla moneta unica. Così più di vent'anni di zelante europeismo, nuova ideologia di una sinistra che trasferiva a Bruxelles il sol dell'avvenire tramontato all'Est, vengono buttati a mare in un sol colpo. Al posto dell'integrazione europea, cui hanno dedicato la vita leader fino a ieri venerati come Spinelli, Prodi e Napolitano, ecco che si propone la «dis-integrazione ordinata» della moneta unica, così da farne due, o tre, o quindici, come se questo risolvesse il nostro problema cruciale: il costo di un enorme debito. Il fatto è che il gruppo dei Fassina e dei Cuperlo ha letto fin dall'inizio male il segno politico della crisi economica mondiale, interpretandolo come una potente spinta a sinistra dell'elettorato. Su questa base ha indotto Bersani a fare una campagna elettorale perdente in stile cgil, mentre il suo popolo se ne andava da tutt'altre parti. Ora è sotto choc per aver scoperto che quello stesso popolo segue Renzi, pur bollato come una Thatcher col lifting da Susanna Camusso. Non resta che l'ultimo populismo, quello antieuropeista. Pericoloso ovunque, ma molto di più quando alligna all'interno del partito di maggioranza e di governo di un Paese a rischio come l'Italia. Non è certo così, facendo i proto-grillini o gli pseudo-leghisti solo un po' più colti, che la sinistra pd può sperare non dico di riprendersi, ma nemmeno di correggere la barra del timone che ha perso. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 19 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I neodissidenti dell'euro 13/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 17 (diffusione:619980, tiratura:779916) Weidmann (Bundesbank): bene la politica espansiva ma no all'acquisto di bond Il presidente Bce contestato a Roma: investimenti mai così bassi dagli anni Novanta Stefania Tamburello ROMA La Bce ha messo in atto «un'espansione monetaria senza precedenti» per combattere gli effetti della crisi. Mario Draghi, presidente della banca centrale europea illustra le misure adottate, ricordando in particolare la decisione di allargare il bilancio della Bce ai livelli di inizio 2012 - che significa 1000 miliardi di nuova liquidità per l'economia - e l'impegno preso per ulteriori interventi straordinari se fosse necessario. Draghi interviene alla cerimonia per il centenario della nascita di Federico Caffè, e mentre parla da Berlino rimbalzano le critiche dei consiglieri economici del governo tedesco che invece invitano la Bce ad evitare «l'annunciata grande espansione» del bilancio, perlomeno fino a quando «la deflazione non sarà una realtà dell'eurozona, non solo una previsione», dicono nel loro rapporto in cui rivedono anche al ribasso le previsioni di crescita della Germania provocando il risentimento della cancelliera Angela Merkel. Ma un assist al numero uno dell'Eurotower arriva - e non è cosa frequente - dal presidente della Bundesbank Jens Weidmann che, in contrasto con gli economisti tedeschi, rileva come sia «appropriato» che la Bce adotti una «politica monetaria espansiva e che il consigli o direttivo discuta nuove misure e continui a farlo». Un indiretto appoggio a Draghi, dunque, dopo i rumors sull'esistenza di polemiche circolati nelle scorse settimane, anche se Weidmann continua a non cedere sull'ipotesi di un eventuale futuro acquisto di titoli pubblici che «spingerebbe - dice - gli stati dell'area euro a indebitarsi ulteriormente». Dalla politica monetaria all'economia reale. Draghi segnala ancora una volta che il livello di disoccupazione «è inaccettabile, è contro ogni nozione di equità, è la più grande forma di spreco delle risorse, è causa di deterioramento del capitale umano, incide sulle potenzialità delle economie diminuendone la crescita per gli anni a venire». E la perdita di posti, soprattutto fra i giovani, è più forte nei paesi con debito alto. «È il momento di passare dalla riflessione all'azione» dice ai governi: con misure che «permettano ai lavoratori disoccupati di trovare rapidamente un nuovo posto». Il tono è didattico, per una platea di studenti. Tra loro anche gli ex allievi di Caffè, compreso il governatore Ignazio Visco, che cita il suo antico maestro e il suo «siate sempre vigili. Non cedete mai agli idoli del momento, vale a dire alle frasi fatte, alle frasi convenzionali, rifletteteci con il vostro pensiero e la vostra capacità intellettuale». Fuori dall'aula un altro gruppo di studenti spinge per entrare. Vogliono porre domande a Draghi al grido, però, non proprio benevolo di «fuori i banchieri dall'Università» e «sciopero sociale». Nella protesta la Bce finisce a fianco delle grandi banche private responsabili della crisi. Non sono molti, una trentina in tutto. Non riescono a entrare e finiscono davanti all'uscita del garage in attesa della vettura di Draghi. Li fronteggia un cordone di poliziotti, in tenuta anti-sommossa e manganello in mano. Cartelli, lancio di vernice rossa e slogan urlati a squarciagola fino ai pochi momenti di tensione, in cui uno studente rimane ferito, sanguinante per un esteso taglio alla fronte. Draghi spiega di non parlare in particolare dell'Italia ma di tutta l'Eurozona. C'è però molto del nostro paese nella descrizione della Grande Crisi. C'è, in particolare, quando, sollecitando un rafforzamento della governance politica, sostiene che non esiste un problema di «perdere la sovranità, perché quella i paesi con alto debito l'hanno già persa, ma di acquistarla con la condivisione». E con le riforme. Perché politiche di bilancio e monetarie espansive comunque «da sole non bastano per generare una ripresa della crescita forte». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il discorso «Un grande economista capace di indignarsi, un grandissimo professore e una straordinaria figura umana». Con queste parole il presidente della Bce, Mario Draghi (foto ), allievo di Federico Caffè negli anni '70, ha SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 20 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Stimoli all'economia, Draghi accelera I saggi tedeschi criticano Merkel 13/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 17 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 21 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ricordato l'economista scomparso a Roma nel 1987. Caffè «ha saputo vedere dentro di me, indirizzarmi come un padre, mi ha dato fiducia», ha aggiunto Draghi nell'intervento per il centenario della nascita del celebre economista, sottolineando come sia stato «una persona umana per me straordinaria». Draghi ha quindi ricordato come Caffè abbia «scommesso su di me». Foto: Contestazioni all'Università Roma Tre all'uscita del presidente della Bce Mario Draghi intervenuto al convegno organizzato per il centenario della nascita di Federico Caffè 13/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 17 (diffusione:619980, tiratura:779916) Il futuro dell'euro nel triangolo tra Francoforte, Berlino e Bruxelles Danilo Taino La Banca centrale europea e Mario Draghi vanno avanti, uniti, con il programma di politica monetaria estremamente espansiva nonostante alcune critiche, di peso, in arrivo dalla Germania. E con la non opposizione della tedesca Bundesbank e del suo presidente Jens Weidmann, si capisce da quello che si è visto ieri. L'attacco da parte del panel dei saggi economici consulenti del governo di Berlino alla decisione della Bce di espandere il suo bilancio - cioè immettere liquidità nell'Eurozona - per mille miliardi di euro avrebbe potuto essere, portato in un clima di divergenze all'interno dell'istituzione di Francoforte, un momento estremamente critico se anche Weidmann avesse ribadito le stesse argomentazioni. Il numero uno della Bundesbank, invece, ha usato toni moderati e unitari per affermare la posizione della banca centrale tedesca. Al punto di essere apparso più preoccupato di non dare l'idea di divisioni inconciliabili nella Bce che non di ribadire in modo rigoroso l'ortodossia tedesca in fatto di politica monetaria. E' vero che ha riaffermato il suo scetticismo sull'eventuale acquisto di titoli pubblici dell'Eurozona da parte della Bce - che a suo parere favorirebbero la propensione dei governi a fare nuovi debiti. Ma la frase chiave che ha pronunciato ieri davanti a imprenditori e politici locali tedeschi è questa: «La politica monetaria espansionista è fondamentalmente appropriata. Ed è comprensibile che il Consiglio della Bce abbia discusso misure addizionali e continui a discuterle». Forse ha qualche idea diversa da quelle di Draghi sul futuro ma certamente, di fronte al rischio deflazione, offre un sostegno pieno per ciò che si tratta di fare ora. La cosa non è indifferente, se si tiene conto di due elementi. Da una parte ci sono le voci di contrasti all'interno della Bce e di critiche alle scelte di Draghi: smentite giovedì e ieri di nuovo. Dall'altra, soprattutto, la Bce è entrata in un territorio di politica monetaria non convenzionale che non ha mai calpestato, nuovo, ed è decisivo che il suo stimolo all'economia per mille miliardi abbia successo e sia sostenuto da tutti, principalmente dalla Germania. Non è possibile sostenere a questo punto che Draghi e Weidmann siano della stessa opinione su tutto. Si può però dire che sono uniti nel giudicare il momento delicatissimo e nel ritenere fondamentale preservare l'unità della Bce. Messaggio importante a politici e mercati. danilotaino SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 22 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il commento 13/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 19 (diffusione:619980, tiratura:779916) Il vicepresidente dell'Europarlamento «Ora un'inchiesta per fare chiarezza» Tasse Le multinazio-nali non pagano le tasse, i cittadini sì Regole L'obiettivo è chiudere quei buchi neri sulle regole fiscali L. Off. BRUXELLES «C'è molta ipocrisia, ci sono molti comportamenti cinici in questa vicenda. Io sono greco: ricordo Juncker che accusava noi e voi, gli italiani, come evasori fiscali. Ed ecco qui, proprio lui ha creato nel suo Paese un sistema di regole che per trent'anni ha consentito l'evasione fiscale. Questo sì, è antieuropeismo...». Dimitrios Papadimoulis, eurodeputato della Sinistra unita europea (Gue/Ngl) e militante del movimento Syriza nella sua Grecia, è uno dei vicepresidenti del parlamento europeo. L'11 novembre ha lanciato con i suoi colleghi a Strasburgo e a Bruxelles una petizione per censurare il comportamento della nuova Commissione Europea sul caso «LuxLeaks». Com'è andata? «Occorrono 76 firme e finora non ci siamo arrivati. Fra le altre ci sono varie firme dei populisti, della destra estrema. E noi vorremmo invece quelle dei Verdi, dei socialisti che non hanno votato Juncker..». Qual è il vostro obiettivo? «Avviare una chiara indagine su quello che è accaduto e soprattutto su come e perché possa esistere in Europa una cornice di regole che consenta questa enormità: le multinazionali non pagano le tasse, i cittadini sì. E vogliamo naturalmente che le regole siano cambiate. Subito. Con una nuova norma europea, un minimo comune denominatore che non permetta gli scandali. Ogni impresa deve pagare le tasse sui suoi profitti nello stesso Paese in cui li ha realizzati». Un'indagine è stata comunque già avviata dalla stessa Commissione europea... «Non ci fidiamo di questa Commissione, e neppure della sua indagine. Non ci fidiamo dei partiti di governo che negli Stati Ue hanno creato queste stesse regole, forse legali ma non morali, non etiche, consentendo la nascita dei paradisi fiscali sulle spalle dei cittadini». E allora? «Allora chiediamo una commissione speciale di inchiesta nominata dall'Europarlamento, che dia risultati rapidi e credibili». Chiedete anche le dimissioni immediate di Jean-Claude Juncker? «Non vogliamo fare di questo tema una questione personale. Comprendo bene le varie responsabilità, ci mancherebbe. Ma Juncker, quand'era primo ministro, ha usato gli stessi sistemi che vengono usati oggi da molti Paesi». Colpa comune, mezza assoluzione? «Nell'Europarlamento c'è una chiara maggioranza di 3 partiti che sostiene Juncker, e che finora ha retto. Noi non vogliamo sfasciare tutto. Ripeto: il nostro obiettivo è cambiare le regole in Europa, chiudere quei buchi neri sulle regole fiscali. E c'è anche un rischio che non vogliamo correre». Quale? «Guardi: noi non abbiamo votato per la Commissione Juncker. Il risultato di tutta questa vicenda è che oggi la Commissione si è indebolita, Juncker si è indebolito. Non intendiamo spingere la Commissione in una deriva che la porti verso gli anti-europeisti, per esempio britannici». Sta pensando a Nigel Farage? «Farage è stato ed è un ottimo specialista nel preparare i "pacchetti" di istruzioni su come non pagare le tasse. Ma a parte lui, non vogliamo neppure che dopo questo caso la Commissione si senta intimidita dalla pressione tedesca». SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 23 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA 13/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 19 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 24 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi è Vicepresi-dente del Parlamento europeo, il greco Dimitrios Papadimoulis fa parte del Gruppo della Sinistra unitaria europea/Sini-stra verde nordica 13/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 33 (diffusione:619980, tiratura:779916) Pesano gli accantonamenti e le rettifiche emerse dopo l'analisi della Bce sugli attivi Viola: «Problemi ereditati dalle passate gestioni». La Borsa di Milano perde il 2,87% Fabrizio Massaro Era previsto che la bocciatura agli esami della Bce avrebbe avuto effetti sui conti di Mps, e così è stato: la banca ha chiuso i nove mesi del 2014 con una perdita netta di 1,15 miliardi. La Borsa l'aveva già scontato ieri facendo perdere al titolo il 6,48%, andamento che con le perdite registrate soprattutto dalle altre banche ha spinto il Ftse Mib in calo del 2,87%. La perdita di Mps è stata causata in particolare da accantonamenti e svalutazioni emersi dopo l'analisi della qualità degli attivi (aqr) della Bce. Inoltre hanno pesato 300 milioni di accantonamenti straordinari per l'uscita di oltre 1.300 dipendenti e la chiusura di 150 filiali. In totale entro l'anno avranno lasciato la banca 5.200 persone sulle 8 mila previste dal piano di ristrutturazione. E non è finita, perché altri effetti degli esami Bce potranno esserci anche nel quarto trimestre, ha specificato l'istituto. Nonostante questo il patrimonio rimane alto al 12,8% come tier 1. Insomma la banca continua ad affrontare problemi «eredità del passato», ha detto il ceo Fabrizio Viola. Il banchiere ha comunque rivendicato che «la trasformazione del modello di business è in atto. Il risultato operativo, al netto di rettifiche e componenti non ricorrenti, è stato di 1,6 miliardi, +16,6%. In seguito soprattutto all'esito degli stress test, Mps ha registrato una carenza di patrimonio di 2,1 miliardi da coprire con una ricapitalizzazione fino a 2,5 miliardi. Gli advisor Ubs e Citi stanno anche «identificando le migliori opzioni strategiche per consentire alla banca di operare serenamente in futuro», ha ricordato Viola. E un'integrazione con un'altra banca non è esclusa. © RIPRODUZIONE RISERVATA Un anno a Piazza Affari Fonte: Borsa Italiana d'Arco 0.51 1,009 2.301 1.943 1.585 1.227 0.869 Ieri Mps 2013 2014 0,635 euro (-6,48%) Novembre Gennaio Marzo Maggio Luglio Settembre Novembre La vicenda Fabrizio Viola, amministratore delegato di Mps. La banca ha chiuso i nove mesi del 2014 con una perdita di 1,15 miliardi di euro soprattutto a causa degli accantona-menti e delle svalutazioni emerse con gli esami della Bce 2,5 miliardi di euro l'aumento di capitale con cui Mps coprirà la carenza di patrimonio rilevata dalla Bce SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 25 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Mps svaluta, rosso di 1,15 miliardi 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Ma la priorità è il nuovo lavoro Lina Palmerini La «scossa» di Mario Draghi sulle riforme piomba nelle stanze romane qualche ora prima dei due vertici politici. E il Jobs act diventa il primum vivere di Renzi, più dell'Italicum. «Dalla riflessione si passi ora all'attuazione delle riforme». La frase asciutta di Mario Draghi - detta mentre parla della crisi «specialmente dell'Italia» - sembra dedicata a Matteo Renzi. Parole che rimbalzano nel pomeriggio del premier che si preparava a un doppio vertice, prima con Berlusconi, poi con la direzione del Pd. Il piatto forte di entrambi i tavoli è la legge elettorale, le modifiche all'Italicum e la nuova versione del patto del Nazareno ma il segnale di Draghi ha rimesso un ordine di priorità all'agenda. E ristabilito un'urgenza: prima le riforme strutturali e prima tra tutte la riforma del lavoro. Che il Governatore ha espressamente citato tra quelle necessarie, come aveva fatto già quest'estate da Jacksone Hole. La parola chiave del Governatore è «attuazione», dunque il tempo per Renzi si sta consumando. Non basta più un impegno, un calendario dei lavori della Camera, una Direzione Pd come quella di ieri, ora serve una legge in Gazzetta Ufficiale. Il primum vivere del premier per tenere la trattativa in Europa, a questo punto, è il Jobs act. E Renzi sembra esserne consapevole perché nella riunione dei capigruppo di maggioranza di lunedì scorso - prima che si affrontasse il tema legge elettorale, soglie e premio di lista - ha chiesto tempi stretti sul lavoro. «Entro il 1° gennaio l'articolo 18 deve essere abolito perché le misure sull'occupazione della legge di stabilità funzionano solo se contemporaneamente si fa la riforma del lavoro». Ma non è solo una questione di efficacia in combinazione con la manovra, il punto è che Renzi rischia uno stop dall'Europa. Che il premier non sarebbe in grado di gestire perché a Bruxelles, Berlino o Francoforte non c'è una minoranza Pd da strattonare o il partito debole di Berlusconi a cui dare ultimatum. Se in Italia non ha avversari, nei circoli europei li trova. E accelerare sulla legge elettorale anziché sulla riforma del lavoro avrebbe il sapore di una mossa elettorale, non anti-recessiva. Finora il bottino del 40,8% di voti alle europee gli ha consentito margini di trattativa e più tempo ma ora è agli sgoccioli. A fine novembre c'è il giudizio sulla manovra e le notizie - finora - non sono del tutto rassicuranti. La spada di Damocle sono circa 3 miliardi che la Commissione Ue potrebbe chiedere all'Italia. Il secondo e fondamentale tornante è con la Bce che i primi mesi del 2015 dovrebbe decidere se dare il via libera a misure non convenzionali per rispondere alla crisi dell'euro «e specialmente dell'Italia», come ha puntualizzato Draghi citando espressamente il nostro caso. E chiarendo, una volta di più, che «senza le necessarie misure strutturali del mercato del lavoro e dei prodotti» non c'è politica monetaria che tenga. E quindi se pure il patto del Nazareno racconta la nuova versione dell'Italicum e in Direzione la minoranza Pd resiste, l'urgenza per Renzi si chiama Jobs act. Per questa ragione si apre la strada alla fiducia nonostante le barricate di una minoranza Pd che può ritrovarsi unita solo su un fronte: l'articolo 18. Il collante resta quello, sul resto va in ordine sparso. Sia sull'euro che sul referendum anti-Fornero non c'è più una sola sinistra Pd come non c'è più una sola Cgil. Sono almeno tre. © RIPRODUZIONE RISERVATA 44,2% Tasso di disoccupazione dei giovani In termini assoluti corrisponde a 710mila senza lavoro tra i 15 e i 24 anni SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 26 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato POLITICA 2.0 Economia & Società 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Quei paradossi del mercato Morya Longo Il debito pubblico lievita, ma i titoli di Stato italiani attirano una buona domanda a tassi in generale bassi. Le banche aumentano gli utili, ma la Borsa le bastona. Il comportameto dei mercati sembra paradossale. Ma non lo è. u pagina 3 Il debito pubblico italiano passerà dal 127,9% del Pil di fine 2013 al 132,2% di fine 2014, secondo le stime della Commissione europea. Eppure il rendimento dei BTp decennali è sceso dal 4,09% di dicembre 2013 fino al 2,35% di ieri: segno che la fiducia degli investitori ha quasi dimezzato i tassi d'interesse che lo Stato deve pagare. Per le banche italiane, invece, il destino sembra quello opposto: sebbene solo Mps e Carige dopo gli stress test debbano varare aumenti di capitale e sebbene abbiano presentato conti in generale con utili in aumento (+81,3% per UniCredit e +88% per Intesa), la Borsa le sta bastonando. A Piazza Affari hanno mediamente bruciato il 5,68% negli ultimi due giorni, annullando quasi tutti i guadagni da gennaio. E dalla data degli stress test hanno perso il 13,43%. Insomma: a fronte di cattive notizie sul debito pubblico i BTp vengono iper-acquistati, mentre le banche vengono iper-vendute nonostante le notizie relativamente buone. E sebbene in bilancio abbiano 425 miliardi di titoli di Stato, che dovrebbero aiutarle in una fase positiva per i BTp. I mercati sono impazziti? No, il paradosso è solo apparente: i titoli di Stato sono infatti favoriti da quella che potremmo chiamare la «scommessa-Bce», mentre le banche sono sfavorite dal fatto che in una congiuntura economica pesante faticheranno sempre di più. I risultati diramati in questi giorni lo dimostrano: dietro utili in grande aumento (trainati principalmente dalle commissioni), si nascondono ricavi ben meno brillanti. Banche e titoli di Stato vivono quindi sorti opposte per lo stesso motivo: la recessione. Più l'economia peggiora, più si scommette sulla Bce (e questo aiuta i BTp) e meno si scommette sulle banche (deprimendole in Borsa). La nuova vita dei BTp Sui titoli di Stato (non solo italiani) gioca l'aspettativa che prima o poi la Bce dovrà partire con il «quantitative easing»: di fatto dovrà iniziare a comprare proprio titoli di Stato europei stampando moneta. È vero che l'opposizione politica è forte. Ma è anche vero che l'economia e l'inflazione non promettono nulla di buono: prima o poi la Bce qualcosa dovrà pur fare. Questa aspettativa ha ancorato i rendimenti in basso. Anche per un Paese come l'Italia che ha un debito pubblico in costante aumento. A favore dei titoli europei (BTp inclusi) inizia forse a giocare anche un altro elemento: sul mercato si scommette sui futuri acquisti da parte dei giapponesi. Da quando la Banca centrale ha aumentato le iniezioni di liquidità e da quando il maggior fondo pensione nipponico (il Gpif, che è il più grande al mondo) ha annunciato che aumenterà gli acquisti di azioni e bond internazionali, i mercati hanno iniziato ad attendere flussi di capitali in arrivo dall'estremo oriente. I primi dati ufficiali dimostrano che in effetti qualcosa si muove: già a settembre (prima di entrambi gli annunci) dal Giappone c'è stato il più grande movimento di capitali che non si registrava dal novembre 2013: 3.340 miliardi di yen. I più gettonati dai giapponesi sono stati i titoli di Stato tedeschi, americani e australiani. Ma anche i BTp italiani hanno attirato un po' di capitali: per ora poche briciole (gli acquisti netti sono stati pari a 75,2 miliardi di yen, cioè 500 milioni di euro), ma in futuro potrebbero aumentare. E contribuire a tenere bassi i rendimenti. Banche al bivio Per quanto riguarda gli istituti di credito, sembra che il mercato si stia accorgendo del fatto che la recessione pesa. E peserà in futuro. Possiamo considerare opinabile il fatto che se ne accorga solo ora, dopo mesi di iper-acquisti. La speculazione, certamente, esaspera le vendite. Che, del resto, riguardano il settore creditizio in tutta Europa. Ma il dato di fatto resta: tassi bassi, disinflazione e recessione prolungata erodono il margine d'interesse (cioè la principale fonte di ricavi), aumentano i crediti deteriorati (causando forti rettifiche in bilancio) e pesano sulla redditività delle banche. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 27 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ANALISI 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 28 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Non è un caso che gli utili annunciati in questi giorni siano stati realizzati ancora una volta soprattutto con le commissioni (cioè con la vendita di prodotti allo sportello) e meno con la tradizionale erogazione di finanziamenti (tant'è vero che i crediti alla clientela in generale calano). Del resto è difficile avere banche sane in un Paese bancocentrico e malato. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 2 (diffusione:334076, tiratura:405061) Draghi: fare subito le riforme Bce pronta se necessario a misure non convenzionali contro la crisi POLITICA ESPANSIVA «Ci attendiamo una crescita del bilanco ai livelli del 2012 e un miglioramento delle aspettative d'inflazione» Rossella Bocciarelli ROMA. «L'attuale, inaccettabile livello della disoccupazione, il 23% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni non ha un lavoro, è contro ogni nozione di equità, é la più grande forma di spreco di risorse, è causa di deterioramento del capitale umano, incide sulle potenzialità delle economie diminuendone la crescita per gli anni a venire». È il Mario Draghi allievo di Federico Caffè che parla e affronta di petto uno dei temi più cari all'antico maestro, misteriosamente scomparso il 15 aprile del 1987. Il presidente della Bce è infatti intervenuto ieri alla celebrazione per il centenario della nascita dell'economista pescarese volute dall'Università Roma Tre, al termine della quali purtroppo si è svolto il solito, brutto rituale di scontri fra qualche decina di studenti contestatori e forze di polizia. «Sono qui per spiegarvi l'azione che la Bce ha intrapreso per rispondere alla crisi in cui l'area euro, e specialmente l'Italia, si trovano» aveva esordito il presidente della Bce. Dopo aver ricordato l'insieme delle misure di politica monetaria, convenzionali e non, messe in opera per contrastare la crisi, e il fatto che il livello dei tassi d'interesse è oggi allo 0,05 % e che resterà molto basso a lungo, Draghi ha riassunto lo stato dell'arte sottolineando che l'Eurotower ha attuato «una espansione monetaria che non ha precedenti e che prevede due risultati: che il bilancio della Bce si espanda al livello che aveva a marzo 2012 e che le aspettative di inflazione a medio termine tornino vicine ma sotto il 2%» Se poi tutto quel che è stato deciso non dovesse bastare, ha ribadito, il consiglio dei governatori è impegnato anche a decidere altre misure non convenzionali. Tuttavia, ha aggiunto «gran parte delle misure intraprese può avere effetto sull'economia reale solo attraverso le banche, che nell'eurozona intermediano l'80% del credito». Quindi tocca alle banche, ora, agire. Infatti «solo se esse passano a famiglie e imprese le condizioni straordinariamente espansive sia in termini di tasso d'interesse sia di durata, sia di quantità disponibile che la Bce offre loro, la politica monetaria è pienamente efficace nella sua azione di stimolo». Naturalmente, perché questo stimolo si trasmetta all'economia ha aggiunto Draghi occorre non solo che vi sia una domanda di credito sufficiente ma anche che le banche stesse siano sane. È per questo, ha ricordato, che la Bce prima di diventare il supervisore unico dell'eurozona ha lanciato il Comprehensive assessment sulle 130 banche europee più significative. La politica monetaria ha fatto e continuerà a fare la sua parte, ha detto ancora il presidente dell'Eurotower ma da sola non basta. «Una politica monetaria espansiva, una politica fiscale che nel rispetto delle regole esistenti veda maggiori investimenti e minori tasse, non sono sufficienti a generare una ripresa della crescita forte e sostenibile senza le necessarie riforme strutturali dei mercati dei prodotti e del lavoro». E su quali riforme si debbano fare, secondo il presidente della Bce si è riflettuto abbastanza: «Maggiore concorrenza, completamento del mercato unico europeo, misure che permettano ai disoccupati di trovare rapidamente un nuovo posto di lavoro diminuendo la durata della disoccupazione» sono tutte riforme necessarie, da tempo nell'agenda della politica economica di molti paesi dell'euro. «La riflessione faccia ora posto all'attuazione» taglia corto Draghi. Che aggiunge un'osservazione: i paesi che sono in fondo alle classifiche Ocse per l'istruzione sono anche quelli che presentano il tasso di disoccupazione giovanile più elevato. Infine, Draghi affronta il tema della «condivisione della sovranità nazionale»: «La nostra esperienza mostra che la condivisione della sovranità nazionale è condizione necessaria per una fiducia duratura nel disegno del nostro comune viaggio europeo». Dunque, conclude «non si tratta di perdere la sovranità, quella l'hanno persa i Paesi troppo indebitati, ma di acquistarla condividendola con altri Paesi dell'Eurozona». SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 29 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La lunga crisi LE MOSSE DELLE BANCHE CENTRALI 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 2 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 30 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato © RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Quantitative easing È una politica monetaria non convenzionale con cui una banca centrale mira a rilanciare l'economia. La banca centrale acquista sul mercato titoli di vario tipo (generalmente titoli di Stato, ma non solo) stampando moneta. Questa politica da un lato tiene bassi i tassi d'interesse dei titoli acquistati, dall'altro inietta sul mercato finanziario una gran quantità di liquidità a basso costo. Il Qe è stato usato più volte dalla Fed Usa, dalla Bank of England e dalla Bank of Japan. Mai dalla Bce. 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1.7 (diffusione:334076, tiratura:405061) Più fondi a «Made in» e legge Sabatini L'orientamento del governo: «Local tax» in tempi rapidi, su Tfr e fondi pensione non si cambia PARTITE IVA AGEVOLATE Modifiche in arrivo per il regime dei «minimi» in modo da venire incontro alle richieste avanzate dai professionisti Marco Mobili Dino Pesole ROMA Sì al rifinanziamento della nuova "Sabatini" per i macchinari industriali e via libera al sostegno del made in Italy. Per la nuova Local tax a breve si potrebbero aprire le porte della Camera con un emendamento sottoscritto dal Governo, mentre la rimodulazione del «bonus bebè» avverrebbe in funzione del reddito aprendo spazi per risorse aggiuntive comunque destinate alle famiglie più bisogonose. E ancora: modifiche in arrivo per quel che riguarda il regime dei minimi così da venire incontro alle richieste avanzate soprattutto dai professionisti. Nessuno spazio per una riduzione del prelievo sui fondi pensione, che con la stabilità passerebbe dall'11,5 al 20 per cento. Quanto al Tfr la linea del Governo al momento resta quella di confermare il dispositivo previsto dalla legge di stabilità, senza modifiche al regime di tassazione ordinaria. In sostanza, a quanti decideranno di optare dal prossimo anno per il Tfr in busta paga verrà applicata l'aliquota marginale riferita all'intero reddito dell'anno. Disco rosso alla tassazione separata, che invece continuerà ad essere applicata per quanti percepiranno il Tfr al termine del rapporto di lavoro. Decisione - si apprende in ambienti parlamentari motivata essenzialmente dalla constatazione che a fruire dell'anticipo del Tfr in busta paga dovrebbero essere soprattutto le fasce di reddito medio-basse. Delle modifiche in via di definizione alla legge di stabilità all'esame della commissione Bilancio della Camera si è discusso ieri mattina in un vertice a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, Matteo Renzi e il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, cui hanno partecipato anche il viceministro Luigi Casero e lo staff economico del premier. Correzioni che comunque dovranno garantire - questa la linea del Governo - la sostanziale invarianza dei saldi della manovra. Nel primo passaggio alla Camera saranno altresì messi a punto gli emendamenti per rendere effettivo il potenziamento della riduzione del deficit strutturale (dallo 0,1 allo 0,3% del Pil), in linea con le intese raggiunte finora con la Commissione europea. Il tutto in attesa del giudizio che l'esecutivo comunitario esprimerà il prossimo 24 novembre sull'impianto complessivo della legge di stabilità, con annesse le nuove stime macroeconomiche definite dal governo. Mentre a Palazzo Chigi si definivano gli spazi di intervento per ritoccare il Ddl di stabilità, la commissione Bilancio procedeva di buona mattina al recupero di una novantina dei 1.600 emendamenti dichiarati inammissibili 24 ore prima. Nella serata di ieri, poi, la Bilancio ha definito i 500 emendamenti "segnalati" dai gruppi politici su cui si concentrerà l'esame di merito (che comunque prima di lunedì prossimo non prenderà il via). Al netto della decisione della Capigruppo della Camera sulla calendarizzazione in Aula del Jobs act, attesa per oggi. Nel caso l'esame dovesse partire da lunedì, i lavori della Bilancio subirebbero uno slittamento in avanti così come la data di approdo in Aula della ex Finanziaria, oggi fissata al 24 novembre. Nel gruppone dei "segnalati" entrano anche le proposte di rifinanziamento della "nuova Sabatini" per i macchinari industriali. Da Pd, Ncd e Per l'Italia arriva la richiesta di raddoppiare il plafond gestito dalla Cassa depositi e prestiti (portandolo a 5 miliardi) per concedere finanziamenti agevolati destinati all'acquisto e al leasing di beni strumentali nuovi. Di conseguenza scatterebbe la proroga di un anno per i finanziamenti, che potrebbero essere concessi fino al 31 dicembre 2017. Dal Pd arriva anche una rateazione "semplice" per tutti i debiti fiscali, con un tasso d'interesse agevolato al 3,69%, per un massimo di 10 anni (senza dover dimostrare di essere in difficoltà). La misura potrà essere applicata a più tipologie di debiti, che vanno dalle cartelle di pagamento di Equitalia, alle ingiunzioni fiscali dei comuni che riscuotono in proprio, passando per gli avvisi di accertamento esecutivi e quelli con adesione SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 31 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La lunga crisi LA LEGGE DI STABILITÀ 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1.7 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 32 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato emessi dalle Entrate. Da Ncd la proposta di eliminare la clausola di salvaguardia con l'aumento della benzina. © RIPRODUZIONE RISERVATA Le modifiche in discussione SABATINI-BIS Nuovi macchinari, più risorse Tra i 500 emendamenti alla Stabilità "segnalati" anche le proposte di rifinanziamento della "nuova Sabatini". Da Pd, Ncd e Per l'Italia arriva la richiesta di raddoppiare il plafond dalla Cdp (portandolo a 5 miliardi) per concedere finanziamenti agevolati destinati all'acquisto e al leasing di beni strumentali nuovi. Di conseguenza scatterebbe la proroga di un anno per il beneficio, che potrebbe essere concesso fino al 2017 MADE IN ITALY Finanziamento da sbloccare Via libera alla promozione dell'export e all'attrazione degli investimenti esteri con il finanziamento del Piano per il Made in Italy. A dispetto delle promesse e delle aspettative, infatti, nella versione iniziale della legge di stabilità le iniziative previste dal decreto Sblocca-Italia erano rimaste a secco di risorse (130 milioni per il primo anno e 270 nel triennio quelle necessarie) TFR E FONDI PENSIONE No alla tassazione separata Negli interventi correttivi non ci sarà spazio per la tassazione separata sull'anticipo del Tfr in busta paga, né per una riduzione del prelievo sui fondi pensione, che passerebbe dall'11,5 al 20 per cento. Sul trattamento di fine rapporto la linea del Governo al momento resta quella di confermare il dispositivo previsto, senza modifiche al regime di tassazione ordinaria 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 8 (diffusione:334076, tiratura:405061) Jobs Act, più vicina la fiducia Accordo in salita, ma per il governo il testo va approvato prima della manovra LE REAZIONI Damiano (Pd): pronti al confronto sulle correzioni Sacconi (Ncd): no a cambiamenti, al Senato siamo decisivi Giorgio Pogliotti ROMA Sul Jobs act si profila un maxiemendamento del Governo alla Camera, dove probabilmente verrà posta la fiducia. La strada per un accordo su alcune modifiche da recepire ieri sera era ancora tutta in salita, e il premier Renzi, preoccupato di mandare segnali chiari all'Europa, punta su un'approvazione in tempi rapidi del Ddl delega. Circa 600 emendamenti sono stati presentati in commissione Lavoro, di questi 300 sono del Movimento 5 stelle, 150 di Sel, 50 della Lega, 15 sono firmati da quasi tutti i componenti del gruppo Pd della commissione, 20 da singoli deputati Dem e 11 da Forza Italia. In questo quadro Renzi ha delineato due scenari possibili: «Sul Jobs act la discussione c'è già stata, c'è un problema di tecnicalità parlamentare - ha detto parlando ieri sera alla direzione nazionale -. Vedo due alternative e cioè se procedere mettendo la fiducia sul testo del Senato per una rapida approvazione o se comunque garantire entro il primo gennaio l'entrata in vigore anche attraverso delle modifiche da verificare con le forze della coalizione». Il punto, ha ribadito Renzi «è che il primo gennaio il Jobs act deve entrare in vigore» per consentire alle imprese di utilizzare la decontribuzione prevista dalla legge di stabilità per fare nuove assunzioni nell'arco temporale del 2015 con il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Alla Camera la partita si gioca prevalentemente all'interno del Pd, considerando che sui 45 deputati della commissione Lavoro ben 21 sono Dem - in prevalenza della minoranza -, compreso il relatore del Ddl delega, che presiede la commissione Cesare Damiano. Uno degli emendamenti firmati dal gruppo Pd riguarda le modifiche all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, riproponendo in sostanza l'ordine del giorno votato a fine settembre dalla direzione del Pd per «assicurare la garanzia del reintegro nei casi di licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare, previa qualificazione specifica della fattispecie». L'obiettivo dell'emendamento è quello di fissare dei paletti sui licenziamenti per non lasciare mano libera al Governo nei decreti delegati. Con altri emendamenti si afferma il ruolo della contrattazione nelle decisioni sul demansionamento, si specifica che il controllo a distanza deve riguardare gli impianti e non i lavoratori, si frena l'estensione dell'utilizzo dei voucher, si conferma il ricorso alla Cig anche per cessazione del ramo d'azienda, si riducono le tipologie dei contratti precari. «La commissione ha svolto egregiamente il proprio lavoro - afferma Damiano - siamo sempre pronti a confrontarci per cercare un accordo sulle modifiche al testo approvato dal Senato». Il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, ha cercato di mediare in commissione Lavoro aprendo su «modifiche che non stravolgano l'impianto del testo», compreso il tema dell'articolo 18, sottolineando «la priorità del fattore tempo»: il testo deve essere approvato prima della legge di stabilità che è in calendario in Aula il 24 novembre. Secondo il timing indicato da Bellanova, quindi, il Jobs act deve andare in Aula tra il 18 e il 19 novembre, così vi sarebbero i tempi per un terzo passaggio al Senato. Ma da Palazzo Madama il capogruppo del Ncd, Maurizio Sacconi, frena sulle modifiche al testo, sottolineando che «la presentazione di circa 600 emendamenti al Jobs act rende davvero impervio l'esame del provvedimento e preannuncia quello stesso ostruzionismo che almeno in Aula abbiamo conosciuto al Senato». Sacconi invita il Pd a «ricordare sempre che il Nuovo centrodestra non accetta maggioranze spurie e che esiste ancora il Senato della Repubblica ove esso è tutt'altro che autosufficiente». Intanto ieri un sostegno al Jobs Act è arrivato da Annemarie Muntz, Director Group Public Affairs Randstad, presidente di Ciett (la confederazione internazionale delle agenzie per il lavoro), e di Eurociett (la confederazione europea delle agenzie per il lavoro): «Va nella direzione giusta dell'introduzione di una SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 33 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La lunga crisi LAVORO E PREVIDENZA 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 8 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 34 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato maggiore flessibilità nel mercato del lavoro italiano, assicurando nel contempo le necessarie tutele ai lavoratori in maniera inclusiva». © RIPRODUZIONE RISERVATA I nodi da sciogliere LICENZIAMENTI Richiesti limiti ai disciplinari Uno degli emendamenti firmati dal gruppo Pd in commissione ripropone in sostanza l'ordine del giorno votato dalla direzione del Pd per «assicurare la garanzia del reintegro nei casi di licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare, previa qualificazione specifica della fattispecie» DEMANSIONAMENTI Ruolo al sindacato Con altri emendamenti si afferma il ruolo della contrattazione e del sindacato nei casi di demansionamento, chiedendo di definire con più precisione le situazioni in cui possa intervenire uno o l'altro degli strumenti. Sotto la lente anche la disciplina dei controlli a distanza, per i quali si chiede di specificare che deve riguardare gli impianti e non i lavoratori 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 13.18 (diffusione:334076, tiratura:405061) «Patto per rilanciare la crescita» «Per investire si devono alleggerire fisco e burocrazia e incentivare la ricerca» IL TERRITORIO «Il Governo ha dimostrato coraggio nell'avvio delle riforme ma per Roma Capitale si deve fare di più» Nicoletta Picchio ROMA «Un nuovo patto di fiducia» con la politica. Per ricominciare ad investire ed affrontare i tre problemi fondamentali che penalizzano la competitività del Paese: innovazione e ricerca, pressione fiscale e burocrazia. Se il paese non riuscirà a cambiare passo su questi aspetti importanti difficilmente potrà sperare in un nuovo processo di sviluppo e di crescita». È il messaggio che Maurizio Stirpe, presidente di Unindustria, lancerà davanti alla platea dell'assemblea degli imprenditori di Roma e del Lazio. È la prima volta, da quando è presidente, cioè dal settembre del 2012, che Stirpe organizza l'assemblea. Ha voluto aspettare che l'unificazione completa delle territoriali laziali, con l'ingresso di Latina. «È stata la conclusione di un percorso, per me essenziale. Con il completamento della fusione abbiamo realizzato una grande territoriale di Confindustria su base regionale». Una nuova organizzazione, che ha anticipato la riforma Pesenti approvata prima dell'estate, e che dovrà essere più funzionale alle esigenze delle aziende associate. Proprio per rispondere alle richieste della base l'assemblea di quest'anno si svolge in una formula innovativa: «è la porta di ingresso di Unirete, una due giorni di attività, tra incontri btob e altri eventi, per aumentare le relazioni tra gli associati creando una business community. Un nuovo modo di intendere il sistema associativo». Di fronte alla crisi le aziende, quindi, si rimboccano le maniche per fare la propria parte: quali sono i progetti che state mettendo in piedi? Come Unindustria stiamo puntando su tre macro-obiettivi: l'economia del mare, il remanufacturing, turismo ed Expo 2015. L'economia del mare riguarda le aree lungo il litorale, con una zona fanca aperta nel porto di Civitavecchia. Poi vogliamo rilanciare il manufatturiero, mettendo al centro l'industria, creando condizioni competitive per evitare delocalizzazioni. E poi il turismo, su cui contiamo di avere l'effetto dell'Expo: dobbiamo bilanciare il forte calo delle costruzioni e della domanda pubblica che hanno molto pesato sull'economia del Lazio. È uno sforzo necessario. Negli ultimi due anni si è anche arrestata la spinta dell'export: il 2013 ha avuto un calo del 2% rispetto al 2012 e i primi sei mesi del 2014 hanno segnato una diminuzione del 3% rispetto al dato 2013. Lei parla di un patto di fiducia con la politica: in cosa consiste? L'Italia deve ricominciare a crescere e non potrà farlo senza il rilancio degli investimenti pubblici e privati. Per realizzarli occorre ripristinare la fiducia di imprese, e cittadini e che l'Italia imbocchi senza ripensamenti la strada delle riforme. Apprezziamo il taglio dell'Irap da 5 miliardi che c'è nella manovra, ma non possiamo concederci marce indietro. Il calo degli investimenti pubblici previsto nella stessa legge di stabilità non è invece un buon segnale: politica industriale significa avere uno Stato che spende su una visione e la condivida con quegli imprenditori che, come ha detto il presidente Renzi, non dovrebbero avere più alibi per investire. Ma anche lo Stato deve fare la sua parte, andando avanti con la spending review per trovare le risorse per gli investimenti. Bisogna agire per esempio sulle partecipate locali, privatizzare per renderle più efficienti. In società a Roma come Atac e Ama c'è un tasso di assenteismo attorno al 13%, percentuali impensabili per il privato. Quindi meno carico fiscale su cittadini e imprese, investimenti in istruzione ricerca, innvazione, semplificazione. Sul lavoro? Non serve una riforma tanto per farla, non servono mediazioni al ribasso. La legge delega è una buona cornice, ma non deve essere snaturata nei decreti attuativi. Fermo restando che serve un'azione delle parti SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 35 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA Competitività. Il presidente di Unindustria Roma, Maurizio Stirpe, lancia la proposta per un accordo di fiducia con la politica LAZIO 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 13.18 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 36 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sociali tra di loro su come recuperare competitività, agendo sulla formazione, sulla mutualità, sulla contrattazione decentrata che deve avere più spazio. Come giudica l'azione del governo? Ha dimostrato convinzione nell'avvio delle riforme, ma adesso c'è bisogno ancora una volta di coraggio e concretezza, elementi che sono mancati in molti dei cambiamenti epocali annunciati nel quadro normativo nazionale e locale. Il quadro istituzionale è ancora molto incerto. Sarebbero dovute sparire le province, le città metropolitane avrebbero dovuto dare un impulso dinamico al governo del territorio, Roma Capitale avrebbe dovuto avere un riconoscimento chiaro di risorse e poteri. Invece i traguardi raggiunti sono a dir poco modesti. Nel Lazio poi la questione è ancora più complessa. Uno Stato moderno ha bisogno di un'architettura semplice. La confusione non è alleata della fiducia e noi imprenditori oggi più che mai viviamo di fiducia. © RIPRODUZIONE RISERVATA MAURIZIO STIRPE Presidente di Unindustria Maurizio Stirpe (foto), nato a Frosinone nel 1958, dal 2012 è presidente di Unindustria, l'associazione di Confindustria che rappresenta le imprese di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo L'imprenditore Stirpe è presidente della Prima Spa, società capofila di un gruppo industriale della componentistica in plastica per l'industria dell'auto, delle moto e degli elettrodomestici. Stirpe è anche presidente del Frosinone Calcio IMAGOECONOMICA 13/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Sciopero generale il 5 dicembre Operai dell'Ast bloccano l'Autosole Gli studenti contestano Draghi LUISA GRION FABIO TONACCI Sciopero generale il 5 dicembre Operai dell'Ast bloccano l'Autosole Gli studenti contestano Draghi A PAGINA 11 TERNI. Fabio si arrotola un po' di tabacco, mentre i pezzi di carne sfrigolano sulla brace. «Siamo stati bravi oggi... ma possibile che per farci ascoltare dobbiamo paralizzare l'Italia?». Davanti a lui Matteo inzuppa il pane nel vino, addosso ha la giacca dell'acciaieria. Soddisfatto anche lui, almeno per stasera. «Sai quanto ci staremo qui? Fino a Natale, te lo dico io». Qui è il presidio dei lavoratori dell'acciaieria di Terni su viale Brin, l'ingresso principale. Ce ne sono altri tre in città. Sul diario di bordo della protesta, al giorno 22, i lavoratori hanno scritto: "occupazione dell'autostrada". E a qualcosa quelle cinque ore sull'asfalto dell'Autosole all'altezza del casello di Orte, sono servite: la trattativa con il governo sul piano industriale della ThyssenKrupp riprenderà già oggi alle 16 e non la prossima settimana come era previsto. Una battaglia vinta, la guerra è ancora lunga. Tra chi si è seduto sull'autostrada ieri c'era anche Fabio. Ha 32 anni, una moglie incinta disoccupata e Sofia che nascerà a gennaio. La busta paga di novembre però sarà magra. Invece dei soliti 1.500 euro, non supererà i 300. «Sono capomeccanico dell'area a freddo» . Il cognome non lo dice, nessuno te lo dice. «Non serve, noi siamo quello che facciamo là», spiega, mentre indica col dito una torre di cemento blu alta cento metri. Dentro c'è l'unico forno rimasto acceso in tutta l'acciaieria da quando è iniziato lo sciopero a oltranza dei 2.700 lavoratori, tre settimane fa. La fabbrica scorre talmente nelle vene di questi uominie queste donne che, per dire, i turni ai presidi sono gli stessi che fanno in azienda. Otto ore ciascuno, orari stabiliti. Anche se in strada a protestare giorno e notte, a irrigidire il muscolo nel braccio di ferro che ha bloccato tutta la produzione della Thyssen di Terni, ci sono sì e no 400 dipendenti. «Il resto se ne sta a casa al caldo», osserva Domenico, capo manutenzione, altro senza cognome. Ha 42 anni, 20 dei quali spesi nell'area a freddo dell'acciaieria. «Non molleremo fino a quando non avremo un piano industriale credibile. Cosa vuol dire? Che ci devono assicurare che non la smantelleranno, come vogliono fare i padroni tedeschi». Alle 10.30 di ieri mattina c'è stata un assemblea. Avevano programmato di occupare il casello di Orte il giorno dopo. «Poi però un gruppo ha deciso di farlo subito». Hanno preso le macchine e si sono fatti i 20 chilometri fino all'A1. Una carovana di 300 persone, esattamente come a luglio quando la Thyssen annunciò il piano industriale con i tagli da 100 milioni di euro. Ad aspettarli allo svincolo c'erano poliziotti e carabinieri. «Nessuno in assetto anti sommossa, tutto si è svolto in maniera pacifica, senza tensione», racconta Stefano Garzuglia, che un cognome ce l'ha ma solo perché è il delegato Fiom, il leader della protesta. Ha la voce roca è stanca di chi non dorme da tre giorni. Operai e impiegati hanno occupato la carreggiata alle 12.52, in entrambi i sensi, mentre la polizia rallentava il traffico. Si sono seduti sull'asfalto, e hanno aspettato. Pioveva. Gli agenti provavanoa convincerlia uscire, ma niente. «Non ce ne andiamo». Intanto la colonna di tir e automobili si allungava, dieci chilometri di fila tra Ponzano Romano e Magliana Sabina, dove venivano fatte uscire per proseguire sulla statale, otto chilometri tra Orvieto e Attigliano. E non sono mancati, naturalmente, disagi e lamentele di automobilisti e camionisti. «Alle 17.05 ci hanno chiamato i sindacati da Roma e ci hanno detto di essere stati convocati domani pomeriggio (oggi per chi legge) al ministero dello Sviluppo economico». Conquistato il punto, il blocco si è sciolto. Dunque la discussione sul piano industriale della Thyssen, che prevede 290 esuberi (141 sono già usciti volontariamente), ripartirà subito, ma su due tavoli separati: uno con i sindacati, l'altro con l'azienda. «Il SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 37 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'EMERGENZA LAVORO 13/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 38 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato governo non deve fare da arbitro - si arrabbia un altro Domenico, operatore della manutenzione nel settore Px1 - prenda una posizione. E' stato Renzi a dire che l'acciaieria di Terni è strategica, no?». Dietro di lui i suoi "colleghi di linea produttiva" alimentano con la legna il fuoco che hanno acceso dentro due bidoni arrugginiti. Qualcuno ha portato una tanica di vino. Ci si scalda così. «I bar e i ristoratori ci portano da mangiare. Altrimenti scollettiamo tra noi, mettiamo i soldi e andiamo a comprare il cibo». Tutta Terni è con loro, e Domenico l'operatore di manutenzione, sa perché: «La fabbrica è nata prima della città, è come la Fiat per Torino. Possiamo accettare che ce la tolgano?». La risposta la conoscono tutti, al presidio. Ma sono rimasti in quattordici. La carne alla brace è pronta. Si mangia e si beve, per non pensare alla notte. Tra poco comincia il giorno 23. Foto: Il blocco sull'Autosole 13/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 13 (diffusione:556325, tiratura:710716) Il governo cerca di aumentare l'importo per gli ammortizzatori e di ridurre le tasse a fondi pensione e liquidazioni E si propone di alleggerire i tagli agli enti locali. Tetto più basso per il bonus bebé. In un emendamento rispunta la web tax ROBERTO PETRINI ROMA. Caccia ad 1 miliardo nelle pieghe della legge di Stabilità per tentare l'intesa con il Parlamento. Lunga riunione nella giornata di ieri a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio Matteo Renzi, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan e il suo staff. Quasi due ore di lavoro durante le quali sono stati posti sul tavolo quattro pacchetti di temi, oggetto della maggior parte delle richieste di modifica, da parte della maggioranza parlamentare ma che vedono anche alcune convergenze delle opposizioni. Su tutti il governo ha espresso la disponibilità ad intervenire, ma naturalmente a saldi invariati: dunque i costi dovranno essere coperti con risparmi all'interno della manovra. Il primo tema caldo è l'inserimento del Tfr in busta-paga: esclusa almeno per il momento la neutralità fiscale per le somme anticipate in busta-paga (la Commissione Bilancio ha bocciato un emendamento in tal senso per carenza di coperture, mentre in un altro emendamento di Sel rispunta la web tax) si lavora a ridurre l'aumento di tassazione per i fondi pensione (fino al 20 per cento) e per i rendimenti del Tfr (fino al 17 per cento). Nel pacchetto anche la disponibilità a rivedere i tagli ai patronati, che hanno sollevato le proteste dei sindacati. Risolvere la questione costerebbe circa 400 milioni. Il secondo pacchetto di «attenzione» è quello del lavoro: in primo piano le risorse per i nuovi ammortizzatori sociali previsti dal jobs act. L'idea è quella di trovare in "Stabilità" più risorse degli 1,5 miliardi previsti per il 2015 e dunque la necessità di ulteriori interventi. Sotto esame anche le modifiche, proposte in Parlamento dal Pd, ai criteri che consento l'accesso agli sconti contributivi per le assunzioni triennali: il punto è che potranno beneficiarne solo le aziende che non hanno licenziato recentemente. L'altra questione riguarda il bonus bebè da 80 euro : il reddito familiare per beneficiarne è di 90 mila euro Isee una cifra che riguarderebbe circa il 95 per cento delle famiglie. La proposta del Pd è di scendere a 70 mila, ridurre la platea e destinare le risorse a famiglie in stato di povertà. Infine gli enti locali: la partita con i Comuni è ancora aperta. In particolare l'obiettivo è quello di introdurre, se ci si farà in tempo, la local tax nella legge di Stabilità, tornado ad imporre target generalizzati sui saldi, eliminando le griglie del Patto di stabilità interno e lasciando ai Comuni autonomia impositiva e di bilancio totale. I PUNTI JOBS ACT Si cercano più risorse per gli ammortizzatori sociali del Jobs act e si punta a evitare il beneficio degli scontri contributivi triennali per i nuovi assunti alle aziende che hanno fatto recenti licenziamenti TFR E FONDI Si lavora alla riduzione della tassazione del Tfr e dei Fondi pensione che il testo della legge di Stabilità 2015 ha collocato rispettivamente al 17 e al 20 per cento. La misura costerebbe 400 milioni BONUS BEBÈ Il tetto di reddito stabilito dall'attuale testo della legge di Stabilità è pari a 90 mila euro Isee e investirebbe una platea troppo ampia. Si mira a scendere a 70 mila euro per destinare le risorse alla povertà Foto: IL MINISTRO Pier Carlo Padoan ministro dell'Economia SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 39 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Un miliardo in più per la manovra 13/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) MARIO DEAGLIO Ieri l'Europa era alle prese con il proprio clima politico, dai tumulti parafascisti di Varsavia agli scandali sulle spese elettorali a Parigi, dalla possibile secessione della Catalogna ai possibili conflitti di interesse del neopresidente della Commissione, Juncker, fino all'incontro Renzi-Berlusconi. Anche le due maggiori potenze mondiali, Stati Uniti e Cina, ieri si sono occupate di clima, ma di quello «vero». I presidenti Obama e Xi hanno messo fine a decenni di indifferenza climatica e annunciato congiuntamente una grande intesa contro l'inquinamento atmosferico. Al termine della riunione dei Paesi dell'area Asia-Pacifico, hanno comunicato di aver concordato un accordo innovativo e forse epocale: gli Usa accettano di ridurre di oltre un quarto in 10 anni le loro emissioni di gas a effetto serra, la Cina invece continuerà ad aumentare le proprie emissioni inquinanti ma si è impegnata a raggiungere il picco "intorno al 2030". Econtemporaneamente, a soddisfare con fonti rinnovabili non inquinanti (energia solare, termoelettrica, eolica) un quinto del proprio fabbisogno energetico. Per entrambi - e per tutto il mondo - l'accordo comporta cambiamenti radicali nell'economia e nella società. Basti pensare che uno dei primi atti del presidente George W. Bush, entrato in carica nel gennaio 2001, fu quello di ritirare l'adesione degli Stati Uniti al Protocollo di Kyoto, primo tentativo - opera di europei e giapponesi - di controllare il clima del pianeta. Il motivo? L'accordo di Kyoto «costava troppo» ed era contrario all'«American way of life», fatta di luci sempre accese, aria condizionata al massimo e automobili che divorano carburante, sull'onda di uno spreco ostentato di energia allora a basso costo, acquistabile con dollari che tutto il mondo accettava senza fatica e Washington stampava volentieri. L'America che dice sì al disinquinamento sta uscendo, con difficoltà e profondi mutamenti, dalla crisi iniziata nel 2008 e ha subito quest'anno un terribile inverno, con una tempesta polare dopo l'altra che hanno provocato una caduta record del prodotto interno lordo nel primo trimestre. A questo si deve aggiungere una siccità ormai più che decennale nelle regioni occidentali. Entrambi i fenomeni sono probabilmente determinati, almeno in parte, da variazioni climatiche legate all'inquinamento. Sotto l'effetto della crisi e del clima, il Paese è diventato più «biologico», più «verde», maggiormente preoccupato per le risorse e (un po') meno sprecone. Il cambiamento del modo di vita americano, che George W. Bush riteneva immutabile e irrinunciabile è ormai in atto, gli Stati Uniti sono culturalmente pronti a prendere sul serio i problemi climatici. Espresso in tonnellate di gas serra immesse nell'atmosfera, il contributo della Cina all'inquinamento globale è poco più del doppio di quello degli Stati Uniti; siccome però i cinesi sono tantissimi, l'inquinamento per abitante in Cina è pari a poco più della metà di quello della Usa. Questo contribuisce a spiegare perché, se per gli Stati Uniti l'applicazione del nuovo accordo comporterà soprattutto un cambiamento nel modo di vivere, per la Cina si tratta soprattutto di un cambiamento nel modo di produrre e nella struttura stessa della produzione. La Cina produce quasi la metà di tutto l'acciaio del mondo, assai più di quanto oggi le serve. Ne produce tre volte di più di dieci anni fa e riesce a esportarne una buona quantità perché il suo costo di produzione è molto basso, non tanto, o non solo, per il basso livello dei salari ma perché p e r q u e s t a p ro d u z i o n e b r u c i a un'enorme quantità di carbone, di cui ha depositi immensi a basso costo di estrazione. Paga però un prezzo occulto fortissimo, per questa e per altre produzioni industriali di base, rappresentato da un inquinamento travolgente, soprattutto da polveri di carbone. Un recente studio cinese mostra che, delle 161 maggiori città del Paese, 152 non rispettano il livello di qualità dell'aria fissato dal governo: una grigia nebbiolina inquinante è l'aspetto più caratteristico del paesaggio urbano cinese e si traduce in malattie e minor durata della vita. Meno acciaio e più «design», meno industria di base e più elettronica, informatica, servizi: è questo, in sostanza, il programma di cambiamento strutturale della produzione messo a punto dalla nuova dirigenza cinese che recepisce la domanda che sale da una popolazione di giovani molto più istruiti dei loro genitori che vogliono lavorare a un computer e non vicino a un altoforno. Naturalmente i cambiamenti tecnici, a differenza dei mutamenti di stili di vita, richiedono tempi tecnici, spesso molto lunghi, il che spiega il SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 40 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SE LA SOCIETÀ CONDIZIONA L'ECONOMIA 13/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 41 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato maggior tempo per diventare «verde» che la Cina ha concordato con gli Stati Uniti. E l'Europa? Su scala mondiale, il nostro continente è verdissimo: ha applicato l'accordo di Kyoto e si appresta a nuove, fortissime riduzioni delle emissioni dannose (pagando il beneficio in salute con maggior costo di produzione, minori esportazioni, minor crescita e occupazione, uno scambio che abbiamo accettato). Gli europei hanno tutti un forte interesse economico a che americani e cinesi seguano la stessa strada. A Pechino, però, l'Europa non c'era, trattandosi di una riunione dell'area Asia-Pacifico. Il fatto è che americani e cinesi hanno deciso da soli, senza chiedere né il parere né il permesso all'Europa o al resto del mondo. Il nostro rischio è quello di diventare virtuosamente meno inquinati ma anche sempre più lontani dalla prima fila: di occuparci maggiormente delle variazioni della nostra temperatura politic a c h e d i q u e l l e d e l l 'at m o s fe ra mondiale. Di subire le grandi decisioni mondiali invece di contribuire a determinarle. [email protected] 13/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 9 (diffusione:309253, tiratura:418328) Draghi: i Paesi troppo indebitati hanno già perso la sovranità All'uscita dall'Università, secchi di vernice contro il governatore MARCO SODANO «La nostra esperienza mostra che la condivisione della sovranità nazionale è condizione necessaria per una fiducia duratura nel disegno del nostro comune viaggio europeo». Parole pronunciate dal presidente della Bce Mario Draghi, ieri, alla celebrazione del centenario della nascita del grande economista Federico Caffè. Ancora: «Ogni legame duraturo vuole una solida base di fiducia reciproca. I paesi dell'Eurozona, in questi anni, hanno rafforzato i loro legami e allargato la base di fiducia su cui poggiano: una politica monetaria comune, regole di bilancio comuni, ora una vigilanza bancaria comune e presto anche un mercato di capitali comune». Insomma, secondo Draghi la questione non è «perdere la sovranità, quella l'hanno persa i Paesi troppo indebitati, ma di acquistarla condividendola con altri Paesi dell'Eurozona». Questa condivisionerinuncia di sovranità, comporta anche vantaggi. E infatti Draghi ieri ha ricordato che la Banca centrale europea resta pronta a usare tutti gli strumenti possibili contro una crisi che tocca diversi paesi europei e «specialmente l'Italia». È guerra dichiarata alla disoccupazione, che «nell'area euro è inaccettabile: è la più grande forma di spreco delle risorse e incide sulle potenzialità delle economie diminuendo la crescita». E la crisi s'è fatta sentire fuori dall'Università Roma Tre (dove Draghi celebrava Caffè con il governatore di Bankitalia Visco). All'uscita, lanci di vernice accompagnati da slogan tipo «fuori i banchieri dall'Università» attendevano Draghi e Visco. Il bilancio degli scontri con la polizia che sono seguiti parla di un ragazzo ferito con un visibile taglio alla fronte: da giorni circolavano messaggi che invitavano a far sentire la protesta in occasione della visita di Draghi alla sede dell'ateneo. Di giovani - e del lavoro che non c'è - ha parlato lungamente anche Visco, spiegando che non ci si può aspettare che sia lo Stato a risolvere il problema del lavoro «perché non ci sono i quattrini e lo Stato programmatore non ce la fa, non può leggere nel futuro». Secondo Visco bisogna invece investire nella scuola «creando un ambiente nel quale si possa avere maggior successo nell'accumulare capacità di progredire. E contemporaneamente garantire condizioni ragionevoli agli esclusi o aiutarli a essere inclusi». Ha detto Sono qui per spiegarvi l'azione Bce contro la crisi in cui l'area euro, e specialmente l'Italia, si trovano Mario Draghi La contestazione Antagonisti all'attacco Foto: GIUSEPPE LAMI/ANSA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 42 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato EUROPA LA CRISI ECONOMICA 13/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 23 (diffusione:309253, tiratura:418328) Scandalo dei cambi manipolati La maximulta affonda le Borse Sanzione da oltre quattro miliardi per sei grandi banche internazionali Ubs, Hsbc, Citigroup, Jp Morgan, Rbs e BofA gli istituti coinvolti nell'indagine SANDRA RICCIO MILANO Giornata nera quella di ieri sui mercati. Il listino di Milano ha chiuso la seduta con un tonfo del 2,87%, il peggiore in Europa, trascinato a fondo dalle vendite a raffica sull'intero comparto bancario e dal crollo di un peso massimo come Enel (-5,9%). Il gruppo dell'energia ha deluso il mercato con un risultato in sensibile flessione confermando però i target di Ebitda e utile netto per fine anno. A innervosire gli operatori è stata però la revisione della previsione di riduzione del debito per il 2014. Enel aveva detto che sarebbe scesa a 37 miliardi ma ieri il target è stato portato a 39-40 miliardi. Un fulmine a ciel sereno che gli analisti di Fidentiis l'hanno bollato come "un colpo alla credibilità dell'azienda". Più cauti gli esperti di Bernstein che hanno invece giudicato la revisione come un contrattempo che sarà riassorbito nei prossimi mesi piuttosto che un tema strutturale del gruppo. Per la piazza milanese la caduta di un titolo come Enel è stata un motivo di nervosismo in più in un contesto già molto volatile. Ad affondare il colpo è stato però il ritorno di tensione sui bancari. La miccia l'ha innescata la notizia della maxi multa da oltre quattro miliardi per lo scandalo sulla manipolazione del mercato dei cambi a sei dei più grandi gruppi bancari internazionali (Ubs, Hsbc, Royal Bank of Scotland, Citigroup, Jp Morgan Chase e BofA). A livello europeo l'indice di settore ha perso oltre due punti percentuali ma le vendite sono state molto più intense sui titoli dell'Italia. A fine giornata Unicredit ha perso il 5,6%, Intesa il 3,6%, Banco Popolare il 4,2% e PopMilano è caduta del 7,2% mentre Mediobanca è arretrata del 3,4%. Molto male ha fatto Monte dei Paschi con un crollo di oltre il 6% che a contrattazioni terminate si è trasformato in un vero e proprio panic sell nonostante le sospensioni al ribasso del titolo. «A pochi minuti dalla pubblicazione della trimestrale della banca senese, tra gli investitori si è diffuso il panico e i volumi sono letteralmente schizzati» fa notare Vincenzo Longo, Market Strategist di Ig. Per l'esperto le banche italiane stanno soffrendo anche per le trimestrali sotto le attese per molti istituti e a causa di una serie di revisioni di giudizi di alcune banche d'investimento sui nomi principali. A pesare è però anche l'attesa di dati negativi nelle prossime sedute sul fronte inflazione e Pil per i Paesi dell'eurozona mentre ieri deboli segnali positivi sono arrivati dall'industria: a settembre la produzione ha segnato un rimbalzo dello 0,6% (dal 1,4% di agosto). Il dato non è bastato a sollevare l'umore delle piazze europee: Londra è scesa dello 0,2%, Parigi dell'1,5%, Francoforte dell'1,6%. La maglia nera è andata a Milano e ricorda la fragilità dell'Italia che rimane osservato speciale e su di sé attira ancora un certo scetticismo da parte degli operatori sulla capacità di riformarsi e spingere sulla crescita. Le indicazioni positive arrivano dal comprato dei titoli di Stato. La tensione di ieri non l'ha contagiato con i rendimenti sul Btp a 10 anni che sono saliti in misura marginale passando dal 2,34% al 2,37%. Lo spread Btp-Bund si è allargato a 156 punti base. Oggi il Tesoro offrirà fino a 6 miliardi di titoli a 3, 7 e 15 anni. Foto: REUTERS Foto: I grattacieli di Canary Wharf, a Londra, con le sedi di alcune delle banche sanzionate ieri SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 43 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PIAZZA AFFARI MAGLIA NERA IN EUROPA. BENE I TITOLI DI STATO, SPREAD POCO MOSSO A 156 PUNTI BASE 13/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 1.9 (diffusione:104189, tiratura:173386) Jack Ma (Alibaba): così provo a conquistare l'America Stiamo preparando la quotazione in borsa di Alipay, ma non vogliamo fare la guerra agli istituti di credito Everett Rosenfeld C A pag. 9 Jack Ma, fondatore e ceo di Alibaba, è ben deciso a replicare in tutto il mondo, soprattutto negli Usa, il successo del Single Day, che in Cina ha generato un volume di vendite online per 9 miliardi di dollari. E nel frattempo rassicura le banche. Con Alipay, la piattaforma dei pagamenti che in un futuro non troppo lontano sarà quotata, il gruppo non intende fare guerra alle banche, con le quali anzi i rapporti si stanno rasserenando. E il ceo non esclude un possibile accordo con Apple. Domanda. È realistico pensare che Alibaba diventi così globale che anche negli Usa si festeggi il Giorno dei single, per così dire? Negli Usa si comprano già tanti prodotti su Alibaba, e, come lei sa, diversamente dalla Cina, il 67% dell'economia degli Usa è fatto dai consumi. Risposta. Penso ci sia una grande opportunità anche negli Usa. Perché organizziamo queste giornate? Non si tratta solo di una giornata di vendita online. È un momento in cui il produttore comunica con i consumatori. È un modo per far conoscere le innovazioni, i nuovi prodotti, i nuovi trend del business ogni anno. Penso che se gli americani conoscessero altri prodotti, che non vengono solo dalla Cina, ma da Filippine, Kenya, Africa Argentina e Paesi simili sarebbe un'occasione unica. Non pensiamo che possa succedere l'anno prossimo, ma nei prossimi cinque anni sì. D. Se e quando questo momento arriverà negli Usa, o in altri Paesi, potrete configurare diversamente la piattaforma di Alibaba, che si tratti di Alibaba, AliExpress, Taobao, o TMall, e pensate di differenziarle dagli Amazon o dagli eBay del mondo? R. Sì, è possibile. Cinque anni fa venivamo sfidati. Alibaba può diventare più grande di Amazon? Oppure di eBay? Ebbene, fidatevi di questa generazione dell'innovazione, stanno cambiando le cose ogni giorno. Tutti lo vedono. Si vogliono novità, articoli economici, prodotti buoni, oggetti unici? Se i consumatori sanno di poter ottenere queste cose, arriveranno. D. Lo farete anche in Cina? R. Sì, anche se lì è davvero difficile. Perché in Cina la ricchezza è meno diffusa. Ma se lo possiamo fare in Cina, a maggior ragione perché non negli Usa? D. Ma in Cina approfittate della carenza di punti vendita non virtuali, dato che non ci sono tante catene di vendita al dettaglio come negli Usa, in Germania o Giappone. Poi siete avvantaggiati dalla crescita del wireless. Molte transazioni da voi gestite avvengono sui cellulari. Vantaggi ottenuti perché siete stati i primi. R. Ma c'è anche lo svantaggio che i consumatori cinesi non sono ricchi come gli occidentali. E quindi ora cerchiamo di aiutare le aree più remote e la gente dei villaggi a guadagnare per spingere lo shopping online. D. In Cina il consumo pesa per il 34% del pil contro una percentuale doppia negli Usa, pensate di modificare questo stato di cose in poco tempo? R. Non ho i dati esatti, ma circa l'80-90% dei circa 200 milioni di acquirenti oggi sono giovani e non così ricchi, ma hanno iniziato a comprare. Ma ci vorrà tempo. D. Siete arrivati a capitalizzare più di Wal-Mart. R. Ciò mi rende nervoso. Penso a molti anni fa, quando la gente sosteneva che Alibaba fosse una società terribile, ma sapevo che eravamo meglio di ciò che la gente pensava. Oggi invece ci sono molte aspettative su di noi, il che mi preoccupa perché non siamo ancora a tale livello di eccellenza. Comunque non guardo mai il titolo. D. Alipay non è parte di Alibaba, ma è famoso per i servizi, che includono il micro-credito. Lo quoterete? R. Dovremmo. Dobbiamo essere molto trasparenti. Con la trasparenza ci miglioreremo. Siamo in un business legato alla finanza e siccome voglio che la società duri a lungo. Non mi interessano tanto i proventi dell'ipo, quanto la trasparenza. D. Molte grandi banche non ne saranno molto felici. R. Si abitueranno. Intanto hanno cominciato ad apprezzarci perché forniamo loro tecnologia e know-how. Le vogliamo aiutare, per aiutare meglio i nostri clienti. Abbiamo avuto molti scontri, molte discussioni, ma abbiamo iniziato a capirci. Sanno che non possono ucciderci e noi non vogliamo uccidere loro. Quindi abbiamo iniziato a lavorare insieme. Abbiamo spiegato che possiamo fare le cose in modo più efficiente, economico e veloce. Vogliamo cercare di aiutare le piccole imprese e i consumatori che usano la loro tecnologia. Le banche da sole non sono in grado di farlo. D. A quando l'ipo? R. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 44 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA DOPO L'ABBUFFATA DI RICAVI NELLA FESTA DEI SINGLE, IL PATRON DELLA SOCIETÀ DI E-COMMERCE A CNBC: SIAMO ANCORA LONTANI DALL'ECCELLENZA 13/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 1.9 (diffusione:104189, tiratura:173386) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 45 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Non abbiamo date precise. La società è pronta e sana, con una crescita sostenibile. Ma penso che Alibaba non debba diventare troppo grande. Meglio una sana e stabile crescita. D. L'ipo avverrà in Cina o negli Usa? R. La Cina è un posto ideale visto che l'80-90% dei giovani usa i nostri servizi e sarebbe fantastico se potessero comprare le nostre azioni. Ma non abbiamo mai detto che questo possa avvenire solo in Cina. D. Lei ha incontrato Tim Cook poco tempo fa. È pensabile una partnership tra Alipay e Apple Pay in Cina o altrove? R. Tutto è possibile. Apple è una grande società che ha cambiato il mondo, specialmente nel mobile. traduzione di Giorgia Crespi Foto: Jack Ma Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/alibaba 13/11/2014 Panorama - N.47 - 19 novembre 2014 Pag. 52 (diffusione:446553, tiratura:561533) TFR BLUFF Il governo calcola che almeno il 50 per cento dei lavoratori dipendenti aderirà alla sua offerta di incassare subito il Trattamento di fine rapporto. Ma è un'illusione. Perché più di otto italiani su dieci non lo chiederanno. La Legge di stabilità 2015 prevede la possibilità di chiedere l'anticipo del Tfr in busta paga. Lei pensa che lo chiederà? vedere note a pagina 55 Undici milioni di dipendenti su 13 rispondono «no»: meglio non rischiare di Alessandra Paola Ghisleri * Su 13 milioni di dipendenti delle aziende private, oltre 11 dicono di no. Il governo nel progetto di Legge di stabilità offre loro la possibilità di farsi anticipare in busta paga la quota spettante del Trattamento di fine rapporto, il Tfr. Ma l'82 per cento degli interessati risponde: «No, grazie; ci teniamo l'indennità di liquidazione». In base al sondaggio condotto da Euromedia Research (vedere le schede in queste pagine) soltanto il 17 per cento degli italiani vorrebbe subito i soldi del Tfr. Costoro lavorano da almeno 10 anni e sanno che la loro pensione, un giorno, sarà la metà dello stipendio. E allora perché non provare a spendere subito la liquidazione? Il 17, però, è una percentuale decisamente bassa. E questo ha due significati: i lavoratori dipendenti di aziende private si fidano della gestione del loro Tfr. Ma soprattutto è finita l'epoca del «li investo in Borsa, guadagno benissimo e ci pago sopra due lire di tasse». Paradossalmente, la maggioranza relativa di quanti rispondono sì, e cioè il 35,4 per cento, prevede che accantonerà il Tfr come «risparmio»: è evidente la contraddizione (e forse anche l'ignoranza del dibattito normativo), perché mentre oggi il Tfr è assoggettato a una tassazione del 23 per cento, il suo incasso anticipato, soprattutto per cifre superiori ai 15 mila euro, potrebbe sottoporlo a un'imposizione superiore. Ma allora che risparmio sarebbe? Forse la possibilità di averli immediatamente a portata di mano... Quella piccola minoranza pronta a chiedere subito il Tfr dice anche che lo verserà «nel mucchio» delle spese e nelle utenze domestiche. Nessun sogno, insomma, nessun grande acquisto. Sono le stesse voci di spesa che il sondaggio attribuisce a quanti hanno beneficiato del bonus degli 80 euro. Anche loro li hanno messi «nel mucchio» (il 58,9 per cento). Il 19 per cento li ha spesi per pagare le bollette. Vicino allo zero è la percentuale di chi li ha usati per le vacanze o si è concesso un capriccio. E concludiamo con il Jobs act, la riforma del lavoro. Chi «suggerisce» a Renzi la politica sul lavoro? Solo il 21,4 per cento è convinto che il premier agisca per il meglio del Paese; il 30,6 crede siano l'Europa, la Confindustria e i «poteri forti»; il 32,2 pensa che Renzi sia più attento alla sua linea politica piuttosto che all'Italia. Insomma, la maggioranza degli elettori non ha ancora capito che cosa preveda davvero questa attesissima riforma. Gli unici «puri e duri» nel sostenere il premier e le sue promesse sono gli elettori del Pd, al 64 per cento sicuri che Renzi agisca per il bene del Paese. Da questo elemento del sondaggio, insomma, emerge forse l'unica notizia positiva per Renzi: che il Pd non è affatto diviso sui temi forti. La sinistra radicale e quella estrema non riescono ancora a scalfire il dominio dei renziani. * direttore di Euromedia Research Risposte al sondaggio di Panorama. Risposte a un sondaggio condotto per Porta a Porta l'8 settembre 2014. Come pensa Che utilizzerà l'antiCipo del tfr? Li accantonerò come risparmio Andranno nel mucchio: li spenderò assieme al resto del mio stipendio Ci pagherò le utenze domestiche Li userò per integrare il budget delle ferie Ci farò una buona spesa Mi concederò un capriccio Altro E comE lo ha spEso? chE cosa nE ha fatto? Quei soldi sono finiti «nel mucchio»: li ho spesi, ma per nulla di specifico Ci ho pagato le mie utenze domestiche Ci ho fatto una buona spesa Ho integrato il budget delle mie ferie Li ho messi da parte come risparmio Mi sono concesso un capriccio Altro lEi ha ricEvuto il bonus da 80 Euro di mattEo rEnzi? QUESTO SONDAGGIO Il sondaggio è stato condotto in esclusiva per Panorama da Euromedia Research il 7 novembre 2014 con interviste telefoniche (e con metodologia Cati-Cawi): ha coinvolto 800 elettori italiani, un campione prestratificato, rappresentativo di un universo di 50.624.663 abitanti. Note: * Rispondono soltanto lavoratori dipendenti del settore privato. ** Rispondono solo quanti hanno dichiarato di volere l'anticipo del Tfr: il 17,1% del campione. *** Rispondono solo quanti hanno dichiarato di SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 46 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato copertina 13/11/2014 Panorama - N.47 - 19 novembre 2014 Pag. 52 (diffusione:446553, tiratura:561533) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato avere ricevuto il bonus: il 21% del campione. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 47 13/11/2014 Panorama - N.47 - 19 novembre 2014 Pag. 129 (diffusione:446553, tiratura:561533) E poi ho capito che il profitto non è tutto Luna Berlusconi si divide tra famiglia (due figlie) e lavoro (è impegnata in una società di produzioni teatrali e tv). Ma è grazie al marito-attore che ha imparato a emozionarsi. a renzi dico che si possono fare ottimi profitti anche con l'arte. in italia sprechiamo tante occasioni ogni giorno Annalia Venezia Tacchi alti e pantaloni attillati, apre lei la porta dell'ufficio, un loft dalle pareti viola alla periferia di Milano. «Il mio assistente è malato oggi» spiega Luna Berlusconi mentre intorno a lei cinque ragazzi sotto i trent'anni sono intenti a lavorare con una videocamera. Seconda figlia di Paolo Berlusconi, fa parte di quattro cda (tra cui Il Giornale) ed è amministratore delegato di Rg Produzioni, società che ha fondato insieme al marito, l'attore Edoardo Sylos Labini, a cui è legata da cinque anni. Da pochi giorni si è conclusa la seconda stagione del programma da lei prodotto, Bella più di prima su La5, che ha come obiettivo la remise en forme di sei donne. Lei, però, è già concentrata sul futuro. Che programmi guarda in tv? Guardo la tv di sera, dopo aver messo a letto le bambine. Mi piacciono i programmi di informazione, tra tutti seguo con attenzione Virus di Nicola Porro, l'unico che mi tiene incollata allo schermo anche quando sono stanca. Non a caso sto lavorando con lui a un progetto per il Teatro Manzoni di Milano. Che cosa non le piace invece? La volgarità e le discussioni troppo accese. Come passa il tempo libero? Non amo la vita sociale. Quando non lavoro cerco di stare il più possibile in famiglia. A vederla così curata deduco che le piaccia anche fare shopping. Non lo nego, ma avendo poco tempo ormai mi riduco a comprare negli aeroporti anche i pezzi più importanti del guardaroba. Ha prodotto un programma sulla bellezza, che rapporto ha con la chirurgia estetica? Se aiuta ad avere meno complessi e a rendersi la vita migliore ben venga. Ma il nostro programma mirava a far sentire le sei protagoniste meglio con se stesse. Non ridurrei tutto al bisturi. Com'è lavorare col proprio marito? Ci compensiamo, ma il rischio di parlare sempre di lavoro è alto. Ci vuole pazienza e metodo. Le piacciono di più gli applausi o il profitto? Mio marito mi ha insegnato ad amare il teatro e a capirlo. Lui recita, io mi occupo di tutta la produzione. E, come lui, ho imparato a emozionarmi più per un applauso scrosciante che per un profitto eccellente. In ogni caso, con le nostre produzioni teatrali anche i profitti sono arrivati, e questa è stata una grande soddisfazione. Che cosa pensa di Matteo Renzi? È un bravo comunicatore, peccato sia dalla parte sbagliata. Da imprenditrice per ora sto a guardare. La politica dovrebbe occuparsi di riforme urgenti. Se non diminuiscono le tasse per chi assume, inutile parlare dell'articolo 18. Se lavorasse con lui che cosa gli suggerirebbe? Sono convinta che si possano fare ottimi profitti anche con l'arte. In Italia sprechiamo tante occasioni ogni giorno. Foto: a teatro Luna Berlusconi, 39 anni, è l'ad di Rg Produzioni. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 13/11/2014 48 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA link _donne manager SCENARIO PMI 4 articoli 13/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 19 (diffusione:619980, tiratura:779916) Il capo della Commissione Ue rompe il silenzio sullo scandalo LuxLeaks «Non dipingetemi come amico del grande capitale». I fischi dei deputati Ivo Caizzi BRUXELLES Nega responsabilità e conflitti d'interessi. Il presidente della Commissione europea, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, ha interrotto una settimana di imbarazzato silenzio per respingere nell'Europarlamento e con i giornalisti il suo coinvolgimento nello scandalo LuxLeaks, che ha rivelato i favoritismi fiscali concessi a centinaia di società straniere quando era premier del Lussemburgo. Juncker si ritiene ancora adeguato e credibile davanti ai 500 milioni di cittadini dell'Ue. Ha promesso di impegnarsi per l'armonizzazione fiscale e per lo scambio automatico di informazioni tra Stati sui tax ruling, le richieste preventive delle società su come verranno tassate dal Lussemburgo e da altri paradisi fiscali disponibili a concedere forti riduzioni in modo riservato. La Germania preme per accelerare. «Non dipingetemi come il miglior amico del grande capitale», ha replicato Juncker, dopo essere stato accolto con fischi e critiche da vari settori dell'Europarlamento di Bruxelles. Ha negato di essere «l'architetto» del regime da paradiso fiscale del suo Granducato, sviluppato nei circa 20 anni da premier e ministro delle Finanze, quando è stato anche il principale frenatore delle iniziative Ue contro i grandi evasori fiscali. Si considera in regola con le leggi comunitarie, nonostante la precedente Commissione europea abbia avviato una procedura su presunti favoritismi fiscali in Lussemburgo (a Fiat Finance e Amazon) in contrasto con la normativa sugli aiuti di Stato. «Se anche dovesse essere accertato che aiuti di Stato sono stati deliberati da qualche istituzione lussemburghese - ha precisato - non vedo perché mi dovrei dimettere». Juncker è stato difeso da Manfred Weber, il leader tedesco del suo europartito Ppe. «È vergognoso che i governi firmino con le imprese accordi segreti che le aiutano a non pagare le tasse», ha invece attaccato il capogruppo degli eurosocialisti Gianni Pittella, che non intende però far saltare la maggioranza con il Ppe e un presidente della Commissione appena insediato. Il leader degli euroliberali, il belga Guy Verhofstadt, ha chiesto di concludere entro dicembre i procedimenti su Fiat e Amazon perché, se quegli accordi risultassero illegali, sarebbe «un problema» per Juncker. Gli euroscettici (Ukip e M5s) hanno chiesto «sospensione o dimissioni». Juncker è atteso al G20 a Brisbane in Australia, dove è in agenda la lotta alla grande evasione fiscale. Ma poi a Bruxelles dovrà considerare le irritazioni popolari soprattutto nei Paesi dove, quando era presidente dei ministri finanziari dell'Eurogruppo, ha sollecitato misure di austerità (con aumenti delle tasse), mentre da premier guidava un paradiso fiscale con rigido segreto bancario a vantaggio di multinazionali, società e ricchi investitori. Inoltre piccole imprese e negozi, sottoposti a pesanti imposizioni fiscali, hanno scoperto con LuxLeaks di essere stati penalizzati nelle concorrenza con multinazionali e grandi catene, che pagano tasse minime grazie ai favoritismi dei vari Lussemburgo, Olanda, Irlanda o Regno Unito. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il caso Lo scandalo «LuxLeaks» esplode il 7 novembre con un'inchiesta giornalistica internazionale, pubblicata in 31 Paesi, che svela accordi segreti tra le autorità del Lussemburgo e 340 aziende in tutto il mondo, tra cui 31 in Italia, per spostare flussi finanziari enormi pagando tasse minime Il caso coinvolge il neopresidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, che ha guidato il Lussemburgo da 1995 al 2013, e con lui giganti come Amazon, Ikea, Deutsche Bank Procter & Gamble, Pepsi e Gazprom Diversi europarlamen-tari della Germania, sostenitrice della sua candidatura, hanno chiesto a Juncker di chiarire la sua posizione 28 I commissari SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 13/11/2014 50 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Juncker si assolve: non mi dimetto 13/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 19 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato cioè i «ministri» europei, tanti quanti gli Stati dell'Unione 500 Milioni i cittadini dei 28 Stati membri dell'Unione Europea Foto: Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ieri durante la conferenza stampa a Bruxelles in cui si è difeso dalle accuse di accordi fiscali segreti con le multinazionali in Lussemburgo (Epa) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 13/11/2014 51 13/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 35 (diffusione:334076, tiratura:405061) Il Fondo italiano in campo per le Pmi Mara Monti Il Fondo Italiano di Investimento firma un accordo con il Fondo Europeo per gli Investimenti per puntare sulle start up e sui finanziamenti alle piccole e medie imprese. Con una dotazione di 500-600 milioni di euro, i due fondi investiranno in fondi di private equity e di private debt (specializzati nei cosiddetti minibond) e in fondi di Venture capital dedicati a imprese innovative sia nella fase seed quella iniziale che nelle fasi successive di finanziamento. Allo scopo di sostenere le attività di investimento in imprese di nuova costituzione, è allo studio un fondo dedicato al seed capital per mettere a disposizione circa 30 milioni di euro che investirà insieme ai business angel selezionati sulla scorta del modello già utilizzato dal Fondo europeo. «La scommessa è sostenere attraverso finanziamenti diffusi anche di piccole entità, quelle attività che possano in futuro diventare di successo come già accaduto in alcuni settori ad esempio le biotecnologie - ha detto Innocenzo Cipolletta, presidente del Fondo Italiano di Investimento -. Lo strumento servirà anche per la diffusione in Italia del venture capital creando le basi per attrarre nuove risorse di capitale dal mercato sia domestico sia internazionale». Il Fondo Italiano di Investimento che non esclude di allargare la collaborazione con altri investitori a cominciare dai Fondi sovrani ("stiamo parlando" ha detto Cipoletta), ha già collaborato con il Fondo Europeo da quando nell'ottobre 2011 venne firmato un protocollo d'intesa che definì la partnership per investimenti in fondi di private equity. La cifra messa a disposizione dei due fondi (100 milioni ciascuno) in tre anni è stata ampiamente superata avendo investito insieme in 10 fondi, per quasi 500 milioni di euro, di cui 370 milioni di euro in 7 fondi di private equity e la parte restante in 3 fondi di venture capital. «La collaborazione con il Fondo Italiano di Investimento riafferma la nostra determinazione a sostenere il mercato italiano del venture capital e del private equity - ha detto Pier Luigi Gilibert, chief executive del Fei in una nota - e consente di unire le forze per aumentare le risorse messe a disposizione delle Pmi italiane nelle varie fasi della loro attività, dando loro l'opportunità di crescere anche all'estero». © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 13/11/2014 52 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Finanziamenti. Accordo con Fei per puntare sulle start-up 13/11/2014 ItaliaOggi Pag. 1 (diffusione:88538, tiratura:156000) Fallita una pmi ogni cinque dall'inizio della crisi DI TINO OLDANI Oldani a pag. 7 Il solco che separa il bla-bla del governo dalla cruda realtà dei fatti sta diventando preoccupante. Prendiamo le piccole e medie imprese (pmi), che da sempre sono la vera spina dorsale dell'economia italiana. Il primo rapporto Cerved dedicato a questo settore, potendo contare su una messe di dati senza eguali, ha rivelato pochi giorni fa che, dall'inizio della crisi economica (2008) ad oggi, una piccola e media impresa su cinque è uscita dal mercato. In dettaglio: su 144 mila pmi censite, 13 mila sono fallite, più di 5 mila hanno avviato una procedura concorsuale non fallimentare, altre 23 mila sono state liquidate volontariamente. L'amministratore delegato del Cerved, Gianandrea De Bernardis, ha tenuto a precisare che le pmi considerate, secondo la defi nizione Ue, sono quelle con un fatturato tra 2 e 50 milioni di euro e tra 10 e 250 dipendenti. In questa forchetta, in Italia ci sono 144 mila società che generano un giro d'affari di 851 miliardi, con un valore aggiunto di 183 miliardi, pari al 12% del pil nazionale. Dunque, una colonna portante dell'economia, che purtroppo si sta sgretolando sempre di più. Poiché la crisi dura da ben sette anni, cosa hanno fatto finora i vari governi per le pmi? Cercando una risposta su Google, si scopre che il 28 agosto scorso il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha emesso un comunicato grondante ottimismo sul successo dei mini bond, introdotti con il decreto Competitività per aiutare le pmi, con un carico fi scale ridotto. «Lo strumento dei mini bond» recitava il comunicato, «è ormai decollato e diventa sempre più diffuso tra le piccole e medie imprese che intendono accedere al mercato per reperire risorse di fi nanziamento in alternativa al credito bancario. Negli ultimi due mesi sono ben 26 le pmi che, per la prima volta, si sono affacciate sul mercato dei capitali e hanno emesso mini bond per un valore complessivo di un miliardo. Le emissioni vanno da un minimo di 5 milioni a un massimo di 200 milioni». Concludeva entusiasta Padoan: «Porteremo questa positiva esperienza all'attenzione dei partner europei in occasione dell'Ecofin di Milano». Purtroppo per Padoan, il presunto «decollo» dei mini bond viene ora smentito dai dati del Cerved, che descrivono una realtà ben diversa. Su 144 mila imprese, sono soltanto 29 quelle che hanno emesso fi nora obbligazioni fi nanziarie, per un valore che si è fermato a 226 milioni; la torta complessiva dei mini bond agevolati sul piano fi scale, pari a 4,2 miliardi, è andata per il 95% alle grandi imprese. Di certo, spiega la ricerca Cerved, su questi dati ha in uito un certo ritardo culturale delle pmi italiane, che,a differenza di quelle tedesche e francesi, dipendono per il 98% dai fi nanziamenti bancari. E poiché il credit crunch non ha mollato la presa, e poiché i pagamenti dei clienti e dello Stato hanno accumulato ritardi pazzeschi, ecco spiegati i fallimenti che hanno costretto una pmi su cinque a chiudere i battenti. È evidente che senza una vera ripresa dei ussi del credito bancario, non vi sarà alcuna ripresa. Lo sa bene anche Matteo Renzi, che sul sito che porta il suo nome ( matteorenzi.it) ha postato qualche tempo fa una proposta dettagliata, con un titolo roseo: «250 miliardi di credito garantito per le aziende». Recita il testo: «Oggi molte imprese, anche sane, soffrono, e in alcuni casi chiudono perché il credito non è disponibile. E quando è disponibile, è erogato a condizioni molto onerose. Tante aziende sono inoltre messe in diffi coltà dai crediti verso la pubblica amministrazione. In queste condizioni, competere con i tedeschi e gli olandesi è quasi impossibile». Ecco allora la soluzione di Renzi: «Riteniamo che l'accesso al credito sarà una delle leve principali per consentire alle piccole imprese di sopravvivere e per avviare un nuovo ciclo di crescita. Per questo prevediamo di riallocare sui fondi di garanzia del credito almeno 20 miliardi di fondi europei, in modo da garantire almeno 250 miliardi di crediti a piccole e medie imprese, dando all'imprenditoria sana, in particolare nel Sud, l'ossigeno per ripartire, a tassi competitivi con le imprese tedesche e olandesi». Dettaglio importante: il post reca la data del 14 novembre 2012, quando Renzi era ancora sindaco di Firenze, ma parlava già come se fosse il presidente del Consiglio. I fondi di garanzia del credito, infatti, erano una sua idea: voleva che ne sorgesse uno in ogni Regione, con fondi del programma europeo Jeremie ( Joint european resources for micro to medium enterprises ). Peccato che da quando è premier se ne sia completamente scordato, per dare la precedenza a riforme controverse SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 13/11/2014 53 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato DATI CERVED 13/11/2014 ItaliaOggi Pag. 1 (diffusione:88538, tiratura:156000) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 13/11/2014 54 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato (Jobs act, articolo 18, Senato regionale, legge elettorale), buone per stare ogni giorno sul teatrino mediatico, ma del tutto inutili per favorire la ripresa delle pmi, o quanto meno per ridurre il numero dei loro fallimenti.© Riproduzione riservata 13/11/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:104189, tiratura:173386) Si allarga l'accordo tra Fondo Italiano e Fondo Europeo Bei Stefania Peveraro a pag. 18 ll Fondo Italiano d'Investimento sgr (Fii) e il Fondo Europeo per gli Investimenti (Fei) hanno siglato un nuovo accordo di coinvestimento finalizzato a supportare lo sviluppo delle piccole e medie imprese italiane, rinnovando e ampliando quello firmato tre anni fa e che nel periodo ha dato luogo a investimenti per un totale di 520 milioni di euro in nuovi fondi di private equity e di venture capital con obiettivo puntato sulle piccole e medie imprese e sulle startup italiane. Il nuovo accordo, siglato per il Fondo Italiano dal presidente Innocenzo Cipolletta e dall'amministratore delegato Gabriele Cappellini e per il Fei dal ceo Pier Luigi Gilibert e dal responsabile degli investimenti in equity John A. Holloway, avrà una durata di quattro anni e prevede l'investimento complessivo di un totale di risorse di 500-600 milioni di euro per nuovi fondi di private equity, di venture capital, di private debt e al fianco di business angel. Il Fondo Italiano infatti dedicherà parte delle risorse del nuovo fondo di fondi di venture capital proprio all'investimento in veicoli di seed capital, in modo tale da seguire tutto il ciclo di vita delle aziende. In particolare, al seed capital sarà dedicato un veicolo di circa 30 milioni di euro, che saranno appunto investiti sistematicamente al fianco di business angel selezionati congiuntamente da Fii e Fei, sulla scorta del modello già utilizzato da Fei nell'ambito del mercato europeo. Di un simile progetto con focus sull'Italia aveva parlato per la prima volta Dario Scannapieco, presidente del Fei e vicepresidente della Bei, in occasione dell'intervento al convegno annuale dell'Aifi del marzo 2013, accennando al fatto che Il Fondo Europeo per gli Investimenti avrebbe potuto replicare in Italia il progetto-pilota varato in Germania e Spagna sulla base del programma European Angels Fund varato a inizio 2012. L'accordo di coinvestimento con il Fondo Italiano firmato nel 2011 si riferiva inizialmente a un impegno di 100 milioni di euro per ciascuna delle due istituzioni, ma quell'obiettivo è stato poi ampiamente superato: in poco più di tre anni di attività infatti Fii e Fei hanno investito congiuntamente in dieci fondi per un ammontare complessivo di oltre 500 milioni di euro, di cui 370 milioni in sette fondi di private equity e i restanti capitali in tre fondi di venture capital. Il nuovo accordo ha dunque l'obiettivo di proseguire e rafforzare la proficua collaborazione tra le due istituzioni, mantenendo pur sempre indipendenti le attività di due diligence svolte da ciascuna delle parti e le relative decisioni finali di investimento. L'accordo con Fii si inserisce nell'attività di investimento, ormai decennale, in fondi gestiti da operatori italiani da parte del Fei, che ha portato oggi a impegnare sul mercato domestico dall'inizio dell'operatività del Fei nel 1994 un totale di oltre 669 milioni di euro in 32 fondi di venture capital e private equity a supporto di aziende italiane. A fine dicembre 2013 il Fei aveva investito circa 8 miliardi di euro in oltre 435 fondi europei e aveva impegnato 5,6 miliardi in oltre 300 operazioni di garanzia. A oggi il Fei ha in portafoglio quote di una ventina di fondi italiani o comunque con particolare focus sull'Italia, gestiti dai seguenti operatori. (riproduzione riservata) Foto: Innocenzo Cipolletta e Gabriele Cappellini SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 13/11/2014 55 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PRIVATE EQUITY
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