GALLUZZO Sicilia
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GALLUZZO Sicilia
Sicilia “Tutto ebbe inizio la sera dell’8 giugno” disse Maria, torcendosi le mani nervosamente esitando a parlare come persa nei ricordi. “La prego continui” disse una voce calma e roca. “Mi stavo avvicinando al lavabo per posare i piatti quando un colpo… si, un colpo forte, mi fece sussultare al punto che, non rendendomi conto, la porcellana era tutta sparsa per terra, ormai irrecuperabile!” “Signora Maria, deve essere più precisa, si ricorda che ore erano? Ha sentito qualcosa prima o dopo il colpo? Non saprei, tipo il rombo di una motocicletta o di un’auto?” “Erano le 21.15 ed il cielo non era ancora nero fitto e niente signore, non ho sentito niente, nemmeno il cancello, eppure l’abbiamo trovato aperto, mentre mio marito era sicuro di averlo chiuso con catena e lucchetto” “Niente, nessun rumore e lucchetto intatto, davvero singolare, ma potrebbero esserci mille ipotesi a riguardo” disse il commissario Interrante, massaggiandosi i baffi tra indice e pollice. “Ma la prego, mi dica cosa faceva suo marito, ha notato in quei giorni atteggiamenti diversi dal solito?” “Dunque, Giuggio aveva finito di mangiare due pesche col vino, erano le prime pesche della stagione, lui ne andava matto, perché erano del nostro giardino, mi piace coltivare piante e fiori ornamentali, ma tornando a quella maledetta sera… Giuggio si accese un toscanello e se ne stava come tra le nuvole con i gomiti appoggiati al tavolo, forse mi nascondeva qualcosa? Commissario, di una cosa sono sicura, mio marito è un uomo onesto, infaticabile lavoratore, spesso si assentava da casa per lavoro.” Sospirò e riprese, “quel colpo lo fece scattare dalla sedia e ci guardammo, quando a grandi passi, si recò alla porta, l’aprì e trovo 4 proiettili sull’uscio della casa, era una minaccia”. Prese a singhiozzare. “Va bene signora, si calmi, ho bisogno ancora un po’ della sua collaborazione, prenda un sorso d’acqua e mi dica del 19 luglio” “Commissario, le ricordo che dopo quella volta c’è stata un'altra minaccia, abbiamo trovato appeso nel cancello una corda con un nodo particolare, sembrava un cappio per l’impiccagione, si figuri la paura, poi il 19 luglio, avevo preparato la parmigiana di melenzane, la preferita di Giuggio ed aspettavo, convinta che da un momento all’altro mio marito sarebbe tornato, ma il tempo passava e di lui nessuna traccia, fino a quando capii che non sarebbe tornato, perché non era da lui ritardare, sa? Fu allora che pensai di denunciare la scomparsa. Commissario, non so come ne perché, ma sono convinta che mio marito è stato un’altra vittima di lupara bianca, troppe se ne sentono in questo periodo, povero Giuggio!” Quello stesso giorno, un ragazzo si presenta in questura. “Scusate, buonasera, volevo dirvi qualcosa riguardo alla scomparsa di Curò”, disse un ragazzo ben vestito ed il fiatone in gola. “Con chi ho il piacere di parlare?” disse Interrante, disturbato proprio in un momento di riordino di cartelle e fogli volanti. “Sono Calogero, figlio di del Signor Giuseppe Aiello, mi trovavo a passare per la contrata Filiciuzza e sentivo qualcuno che litigava, erano forti grida, così pur sapendo che non mi riguardava, mi avvicinai alla casa che fa da angolo e sentii tutto, volevano soldi da Curò, soldi che lui diceva di non avere. Il pizzo, chi non paga la vede brutta, che tempi che stiamo vivendo… nessuno ci difende. Ma tornando a me, la curiosità rende l’uomo ladro… ho fatto il giro della casa e trovai a terra un foglietto, un pizzino, ecco qua: “Per onore”, poi le urla ruppero il silenzio, mi rimarrà nella memoria per l’eternità, il signor Curò, probabilmente è stato ucciso… ed intimorito scappai ed eccomi qui, se correte forse…” “Prima di correre, lei aveva detto che c’erano voci di persone, vide qualcuno, un mezzo di trasporto?” “A nessuno vidi, ma li sentii..” Mi accostai alla porta e non mi sorpresi di trovarla aperta, , osservo con cura ogni angolo della stanza, abbandonata, vuota, pulita, l’aria era calda e stantia, il luogo ideale come covo di ritrovo, mi avvicinai alla sola porta chiusa e afferro la maniglia, forzo e niente non si apre è chiusa da dentro. Dopo che la porta venne aperta con fatica, veniamo colpiti da un odore forte e persistente.. fogna, il corpo senza vita di Curò era riverso sul pavimento di una stanza da letto, le braccia indurite del cadavere si stringevano attorno alla pancia, le gambe vicine al petto, nessun segno di arma da fuoco, nessun segno di colluttazione. Si da inizio alla prassi: rilievi, analisi, autopsia. Nessuna idea sul movente e sull’esecutore del delitto, una cosa era certa: avvelenamento da Aconite, assorbita dalla pelle, l’erba del diavolo, bella e mortale, morto per aver tenuto dei fiori in mano. Dopo una notte inquieta, chiamai un collega della squadra omicidi. “Ettore, hai presente il caso Curò? Ecco devi fare qualcosa per me, in caso di esito positivo chiamami, non occorre che io ti risponda” Mi reco nella casa abbandonata e faccio un giro di perlustrazione più attento, se loro pensano di farmi scemo, hanno fatto male i conti. Gli occhi si posano sul lavabo del bagno, apro il cassetto, mi avvicino e li prendo in mano, per essere una casa abbandonata è molto curioso, gli spazzolini sono umidi internamente, le goccioline sono ancora tra le setole, i fantasmi avranno l’ossessione dell’igiene orale o semplicemente, “Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”. Squillo “Signora Maria, pur nella tragedia, abbiamo buone notizie…” silenzio, “Signora, li vede questi spazzolini da denti? Sono simbolo di una routine, un vizio, un’abitudine, lei aveva detto che suo marito aveva abitudini ben precise, orari che rispettava e lei conosceva benissimo le sue abitudini, ed è risaputo che quando il gatto non c’è…” “ma cosa sta dicendo” “voglio dire che lei si recava in quel posto abbandonato, con Calogero Aiello, un ragazzino, nonché fratello del collega di suo marito. Sembra un delitto d’amore. Inoltre lo sa cosa abbiamo scoperto? Che suo marito è stato avvelenato, da una pianta tipica di queste zone… sbaglio o lei è un’amante di piante, coltivatrice di fiori…sa bene che effetto hanno i fiori viola che ha nel giardino… ?” “io non ho ucciso mio marito, avrebbe potuto raccoglierli lui per me o per un’amante quei fiori, io non so niente..” “invece si, sa eccome, i messaggi minatori, il cancello aperto ma non forzato, la porta dove il signor Curò ha trovato la morte chiusa a chiave… tutto portava ad un complice! lo sa signora Maria, i suoi calcoli erano sbagliati, non si trattava di lupara bianca, ma di Lupa, ricorda la Lupa di Verga? E’ lei la lupa, una donna manipolatrice, demoniaca, con voracità sessuale… ha usato Calogero con il trucchetto mal riuscito di mandarlo qui da me a raccontare la storiella dei ladroni, ha ingannato suo marito dandogli dei fiori da portare alla Signora Teresa dicendole che era tornata dalla Germania… come lo so? Signora siamo in Sicilia, pure le mura sentono… nessuno vede ma tutti spiano, nessuno sente ma tutti origliano, nessuno parla… ma tutti sparlano, non c’è rimedio.”