La zia del Canada:

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La zia del Canada:
La zia del Canada:
A volte siamo circondati da realtà, che apparentemente sembrano lontane, ma quando ne entri a
contatto, comprendi di averci convissuto da sempre. Hai solo cercato di non pensarci e credere che
con te sarà diverso. Sono nata in Italia, ma la mia famiglia è originaria dell’India e non mi sono mai
fermata a riflettere sull’usanza del matrimonio combinato. A volte ci ho pensato ma ho sempre
creduto di non appartenere a quel mondo. L’evento che ha cambiato le mie aspettative è stato
l’incontro con una zia, una delle cugine di secondo grado di mia madre. Si chiama Kuldeep, vive in
Canada e ogni due anni viene a trovarci; infatti ama viaggiare e ogni volta insieme ai suoi figli non
dimentica di visitare la sua città preferita: Venezia. Non ho mai avuto un rapporto molto
confidenziale con lei, ma ho sempre provato simpatia perché sembrava così diversa dagli altri, così
moderna. Qualche volta ho sentito mia nonna definirla come una ribelle ma non capivo il perché.
Ma quest’anno ho capito, l’ho conosciuta veramente. La mia chiamata la sorprese, provava un po’
d’imbarazzo a sottoporsi ad un’intervista, ma dopo aver ascoltato le motivazioni, sentì di avere un
ruolo importante. Mi disse che sarebbe venuta volentieri, a patto che ci fossimo solo noi due e mia
madre; mi confessò che la sua unica paura era quella di sentire i giudizi degli altri. Si era seduta
davanti a me, sembrava agitata e cominciai a chiederle del suo passato, della sua infanzia in India.
Mi disse che era nata in un piccolo paese in Punjab, aveva una sorella maggiore e viveva in una
grande casa insieme ai genitori e agli zii. Ebbe un’infanzia felice, adorava la sorella, e non si
separava mai dalla madre. Fin da piccola, come tutte le ragazze dei paesi, svolgeva le faccende
domestiche e si dedicava allo studio. Nella sua famiglia è stata l’unica donna che ha voluto
proseguire gli studi, ma poteva frequentare solo scuole femminili perché i suoi genitori avevano una
mentalità conservatrice e quindi lei non poteva avere una propria libertà al di fuori della casa o della
scuola, non poteva uscire con le amiche, non aveva il permesso di mettersi i pantaloni o i jeans. Le
era concesso solo di stare con le ragazze del vicinato o al massimo trascorrere le vacanze estive a
casa della nonna. Ha sempre provato grande ammirazione per i propri genitori e soprattutto è molto
grata a suo padre, perché fece molti sacrifici per pagarle gli studi. Andò tutto bene finché non
cominciò a frequentare il college, dove aveva scelto l’indirizzo linguistico per poi laurearsi in
inglese e in hindi. L’istituto era molto grande ed era diviso in due sezioni, una maschile e una
femminile, ma entrambe avevano in comune la mensa. Inizialmente suo padre era contrario alla sua
scelta, ma alla fine decise di assecondarla, anche perché era brava a scuola. Tutto iniziò il secondo
anno di college, quando cominciò a notare che in mensa c’era un ragazzo che la osservava sempre,
ma lei non aveva il coraggio di alzare lo sguardo, dato che sua madre le aveva insegnato che non
bisognava guardare un uomo negli occhi. Dopo pochi mesi cominciarono a conoscersi e a parlarsi;
si chiamava Hardeep. All’inizio si sentiva imbarazzata e anche spaventata, non voleva che nessuno
la vedesse insieme a lui, non voleva correre il rischio che qualcuno lo dicesse a suoi genitori. Ma
poi ogni momento era perfetto per incontrarsi, iniziò il periodo “magico”, iniziò l’amore. Mentre mi
stava raccontando questi momenti, notai la gioia nei suoi occhi, ma un certo momento quando le
chiesi di proseguire qualcosa cambiò. Mi raccontò che all’epoca non avevano cellulari e quindi a
volte lo telefonava a casa, mentre i familiari erano fuori a lavorare, se rispondeva lui allora poteva
parlare sennò doveva riattaccare. Ma un giorno un cugino spiò la sua chiamata e disse tutto al padre.
Tutto cambiò. A casa si percepiva un’aria di tensione, suo padre non la guardava più negli occhi,
era deluso, si vergognava; e così decise di non mandarla più a scuola, non si meritava più questo
privilegio. Era una ribelle e quindi doveva essere fermata prima che tutte le voci si diffondessero
per il paese. Aveva solo 19 anni quando suo padre le comunicò che entro poche settimane si sarebbe
sposata con un uomo che aveva deciso lui. Non lo aveva mai visto, le permisero solo di vederlo in
una foto. Era il periodo più triste della sua vita, non aveva la possibilità di parlare con il suo
Hardeep, neanche di raccontargli delle imminenti nozze. In un’atmosfera di tensione cominciarono i
preparativi; inizialmente pensò di ribellarsi, ma dopo che sua madre le raccontò di una ragazza del
paese che era stata spinta in un pozzo dal padre perché aveva un’amante, pensò di essere fortunata e
decise di sottomettersi alle decisioni dei genitori. Quando le chiesi del matrimonio, il suo tono
cambiò, divenne più dura e fredda. Lo definì con una parola: un inferno. La sua vita diventò un
incubo, fu costretta ad andare a casa dello sposo e dei suoceri, lontano dai propri genitori, lontana
dalla propria realtà. Quando le domandai di descrivermi suo marito mi disse che era un uomo molto
ricco, ma cattivo; per i primi giorni si mostrò gentile ma poi improvvisamente cambiò tutto.
Cominciò a picchiarla e a maltrattarla perché non voleva sottomettersi alle sue volontà, voleva
anche un figlio, ma lei non riuscì a rimanere incinta e dopo vari tentativi la accusò di essere sterile e
diventò più aggressivo fino a violentarla dentro le mura domestiche, dove i suoceri erano a
conoscenza di tutto, ma non cercarono mai di aiutarla; erano indifferenti. Nessuno mi aveva mai
raccontato questa vicenda; ero scossa da quelle parole, per un momento non seppi come reagire e
come proseguire. Vedevo che aveva gli occhi umidi, ma sorridendo mi disse di non preoccuparmi e
che ormai quello era un ricordo lontano. Ora è felice, ha una vita diversa. Le chiesi come riuscì a
dare una svolta alla propria esistenza e mi disse che dopo aver subito tanta violenza dal marito
decise di ritornare a casa dai propri genitori; pensava che loro potevano aiutarla, ma rimase delusa
quando il padre le disse di ritornare dal suo uomo e che tutto si sarebbe risolto dopo che lei fosse
rimasta incinta. In quel momento si sentì sola e indifesa, ma decise di essere forte e di reagire. Era
consapevole che denunciando tutto alle forze dell’ordine nulla sarebbe cambiato, perché suo marito
avrebbe risolto tutto col denaro e allora decise di andare al suo vecchio college per parlare con
Hardeep. Era talmente innamorato di lei che decise di aiutarla e affrontando suo marito e i suoi
genitori, riuscì ad avviare le procedure di divorzio. Decisero di sposarsi contro il volere di tutti e ciò
li allontanò dalle loro famiglie; erano visti solo come due ribelli, bisognava dimenticarseli, era
meglio credere che fossero morti, invece di comprendere il loro amore. Ora la zia vive liberamente
la propria vita e ha il diritto di trascorrere il resto della sua vita con l’uomo che ama; a volte le
manca l’affetto dei genitori, che ormai non la considerano più una figlia, perché lei è il motivo della
loro vergogna. Ha cercato di ricontattarli ma loro non ne vogliono sapere, per loro non esiste. Per
questo soffre molto, sarà sempre una ferita aperta nel suo cuore. Con i propri figli ha un rapporto
straordinario, basato soprattutto sulla fiducia e su un dialogo molto aperto; vuole essere una madre
sempre presente e non toglierà a loro la libertà di vivere la propria vita. Mi ha affascinato molto il
modo in cui ha descritto suo marito, lo considera un uomo straordinario, che le ha dato una nuova
esistenza, il suo amore l’ha fatta rinascere e rivivere. Durante il nostro dialogo, insisteva soprattutto
sul fatto che una ragazza per combattere l’usanza del matrimonio obbligato, deve soprattutto
impegnarsi negli studi per poi crearsi una libertà economica; infatti non dovrà dipendere né dal
padre e né dal marito. Mi disse che l’abolizione di quest’usanza è in mano alle nuove generazioni e
che conta anche su di me e spera vivamente che i miei genitori faranno lo stesso. Era la prima volta,
che un membro della famiglia mi raccontava così sinceramente delle usanze indiane e della
situazione delle donne. Alla fine dell’intervista, mi sentì cambiata; avevo conosciuto una nuova
realtà e avevo il timore di farne parte, ma capì che combattere contro queste tradizioni ingiuste era
un mio dovere.
Singh Kaur Kamalpreet, classe 4B Liceo scientifico “Mattei”- Fiorenzuola d’Arda