«Addio a ufficio e pc Ho messo radici nella terra di Elvis Presley»

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«Addio a ufficio e pc Ho messo radici nella terra di Elvis Presley»
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L’ECO DI BERGAMO
DOMENICA 10 LUGLIO 2016
Le storie
Bergamo senza confini
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza
confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere
gratuitamente per sei mesi l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
L’iniziativa
«Addio a ufficio e pc
Ho messo radici
nella terra
di Elvis Presley»
Giampaolo Ongaro. Manager Ict di Seriate, 50 anni
È volato nel Tennessee con la moglie e le figlie
e adesso ha un ristorante a Memphis: il «Crazy Italians»
ROSSELLA MARTINELLI
Si dice che ogni viaggio
si viva tre volte: quando lo si
sogna, quando lo si effettua e
quando lo si ricorda. E poi ci
sono viaggi che regalano una
seconda esistenza, perché in­
nescano meccanismi in grado
di scombussolare l’ordine pre­
esistente. Paesaggi e odori che,
come tarli, si insinuano nella
quotidianità, ridisegnando in­
tere biografie.
È andata più o meno così per
Giampaolo Ongaro, 50 anni, e
la moglie, Yvette Donini, che
fino a tre anni fa abitavano a
Seriate. Nel 2003 si sposano e
scelgono Maui – la seconda iso­
la per estensione nell’arcipela­
go delle Hawaii – come desti­
nazione della luna di miele: ne
restano folgorati, al punto che
da quel momento in poi la eleg­
gono a meta fissa per le loro
vacanze di agosto («Basta pre­
notare a gennaio per trovare
voli e appartamenti a prezzi
abbordabili», puntualizza
Giampaolo).
Passano gli anni: nascono
due figlie, Lucrezia e Azzurra,
e i coniugi Ongaro continuano
a lavorare rispettivamente a
Milano e Bergamo, lui come Ict
manager, lei in ABB. Però quel
tarlo non li abbandona. Desi­
derano che le loro figlie diven­
tino cittadine del mondo: le
iscrivono alla scuola svizzera,
sperando che prima o poi si
presenti l’occasione per poter
trasformare questa aspirazio­
ne in realtà. Così, quando nel
2013 Yvette riceve la proposta
da parte della sua azienda di
trasferirsi negli Stati Uniti,
non hanno dubbi: tre mesi do­
po sono già nella nuova casa di
Collierville, area metropolita­
na di Memphis, Tennessee
(«Abbiamo faticato un po’ a
trovarne una “piccola”, di 180
metri quadri: qui le metrature
sono pazzesche!», racconta­
no).
Una città che è simbolo della
musica nel mondo: è la culla del
blues, del gospel e del rock and
roll, e ha dato i natali a B.B.
King, Johnny Cash, Aretha
n n Io e Yvette innamorati
delle Hawaii, conosciute
durante il viaggio di nozze.
Da allora l’idea di partire»
GIAMPAOLO ONGARO
RISTORATORE, 50 ANNI, A MEMPHIS
Franklin, Tina Turner e, ovvia­
mente, a Elvis. «Confesso di
non aver ancora visitato Grace­
land, l’enorme magione in cui
visse Presley, ormai trasforma­
ta in un museo e meta di pelle­
grinaggi da parte di fan prove­
nienti da tutto il mondo (basti
pensare che è la seconda resi­
denza più visitata degli Usa: la
prima è la Casa Bianca, dimora
del presidente, ndr). Ma a
Memphis si respira musica
ovunque: è piena di locali dove
ogni sera fanno blues dal vivo».
«Fedele ai sapori italiani»
E di locali Giampaolo se ne in­
tende, poiché per la sua vita a
stelle e strisce ha deciso di ab­
bandonare i computer e but­
tarsi nella ristorazione. «L’idea
mi venne a Maui, mentre pre­
paravo una maxi spaghettata
per amici di tante nazionalità
diverse: mentre saltavo la pasta
ho realizzato che qui i ristoran­
ti italiani o sono molto chic e
costosi, o sono stile fast food.
Mancava, quindi, il corrispetti­
vo della nostra trattoria: un
posto dove si mangi bene,
spendendo cifre modiche. Si
tratta del settore “fast casual”
e, parlando in termini di analisi
di mercato, è anche quello che
sta crescendo maggiormente:
non serve avere uno chef e sono
bandite materie prime surgela­
te, sostituite da prodotti fre­
schi e locali. Ho passato il mio
primo anno in Tennessee a fare
il “mammo” e, nei ritagli di
tempo, rifinivo il business
plan: così, a luglio 2015, ho
inaugurato il mio ristorante,
battezzato “Crazy Italians”. Il
motto? “Fast, good and authen­
tic” (veloce, buono e autentico,
ndr). Insomma: cuciniamo ita­
liano per davvero, rifuggendo
gli stereotipi tanto cari agli
Bergamo senza confini è un progetto de
americani, come le tovaglie a
quadrettini o le lasagne con il
pollo. Mi sono dato una regola:
non mi adeguerò mai ai loro
gusti, perché non voglio tradire
i sapori tricolori».
Una formula che sembra
aver convinto gli abitanti della
zona, che lasciano commenti
entusiastici anche sulla pagina
Facebook del ristorante. «Mol­
ti clienti sono italiani di secon­
da o terza generazione. Poi ci
sono americani che sono stati
in vacanza nel Belpaese e mi
ringraziano perché, finalmen­
te, riescono ad assaggiare lo
stesso ragù. I piatti più richie­
sti? Le lasagne, la carbonara e
il tiramisù. Quando qualcuno
mi chiede le fettuccine Alfredo
(al burro, con aggiunta di pan­
na, ndr) o “mac and cheese”
(maccheroncini affogati in una
besciamella di salsa cheddar,
ndr) spiego che quelli non sono
piatti della nostra tradizione.
Il mio obiettivo, ora, è riuscire
a dare vita a una piccola catena:
sto già cercando di capire dove
sia meglio aprire il secondo lo­
cale».
«Qui i sogni si realizzano»
A parte le richieste bizzarre a
tavola, Giampaolo confessa di
essere entusiasta degli ameri­
cani. «Al Sud sono molto con­
servatori, ancorati a saldi prin­
cipi. Mi colpisce la professio­
nalità con cui affrontano qual­
siasi cosa: dal lavoro, all’allesti­
mento della recita scolastica.
Sono dei veri stakanovisti: le
donne, ad esempio, sono dietro
alla scrivania fino al giorno pri­
ma del parto. Nessuno si piange
addosso perché la loro società
è profondamente equa, basata
su un successo democratico: se
ti impegni, ce la farai certa­
mente. Non esiste l’idea del
in collaborazione con
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1. Giampaolo Ongaro, 50 anni, da Seriate a Memphis nel Tennessee (Usa) dove ha aperto un ristorante
«Crazy Italians»; 2. La foto di famiglia: Giampaolo con la moglie Yvette Donini e le figlie Lucrezia e
Azzurra: è stata scattata a Maui, alle Hawaii, dove è nato il progetto del ristorante; 3. Una foto recente
dello staff quasi al completo con l’«intrusione» delle due bimbe di Giampaolo. Nel riquadro a sinistra
l’esterno del ristorante prima dell’apertura nell’ottobre 2015
“tanto ci pensa lo Stato”: la
gente è abituata a rimboccarsi
le maniche e adoperarsi conti­
nuamente in raccolte fondi per
le cause in cui crede. E se qual­
cuno diventa ricco ripaga la
propria comunità con donazio­
ni importanti. Ci mettono un
po’ a dare confidenza, ma poi
si innesca un senso di alleanza
profondo: tutti aiutano tutti,
perché darsi una mano è visto
come una missione. Inoltre, si
percepisce una grande positi­
vità: qui capisci che “volere è
potere”. Del resto, l’ho vissuto
sulla mia pelle: in Italia non
avevo grandi prospettive di
crescita, mentre gli Stati Uniti
mi hanno regalato la possibilità
di sognare».
«Mancano le sciate sul Pora»
Ma un difetto grande il Tennes­
see ce l’ha: «Non si può sciare
– dice sorridendo –. Per trovare
delle piste dovrei andare ad
Aspen, in Colorado, ma i prezzi
sono così folli che mi costa me­
no prendere l’aereo e tornare
sul Pora!». E poi, certo, ora,
Maui è più vicina: «Perché, lo
ammetto, non ho ben chiaro
cosa ne sarà del nostro futuro,
ma un sogno nel cassetto ce
l’ho: aprire a Maui il mio quinto
ristorante, alternando le serate
ai fornelli alle mattinate sul
windsurf. Le Hawaii sono il
mio obiettivo finale».
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