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commentary Commentary, 17 aprile 2014 ALGERIA 2014: VERA INCOGNITA IL POST-ELEZIONI CATERINA ROGGERO e elezioni presidenziali in Algeria molto probabilmente non rappresenteranno alcuna svolta per il paese. Il vero nocciolo della questione riguarda il post-elezioni, ovvero ciò che accadrà dopo il 17 aprile. L ©ISPI2014 Dei sei candidati alla carica dello stato solo uno ha dalla sua parte tutti i sondaggi e le intenzioni di voto: il “candidato assente”, ovvero l’attuale presidente Abdelaziz Bouteflika. In corsa per ottenere un quarto mandato, il capo dello stato algerino rappresenta in maniera quasi manualistica la situazione politica in cui vive il paese dagli anni Ottanta. Alla vigilia delle elezioni, non è chiaro se Bouteflika sia in grado non solo di camminare e stare in piedi (le poche immagini che circolano lo ritraggono sempre su un divano, tranne una volta in cui è stata mostrata, quasi come un trofeo, una sua foto in piedi), ma soprattutto di parlare e ragionare fluentemente (la televisione algerina ha addirittura manipolato un filmato, facendo ripetere più volte un unico stesso gesto delle mani, che il presidente era riuscito a compiere). Tutta la campagna elettorale è stata quindi fatta per procura dal primo ministro Abdelmalek Sellal, arrivato a dichiarare che il presidente dovrebbe non solo essere rieletto, ma essere proclamato “re” perché – oltre al solito leitmotiv dell’uomo che ha guidato il paese fuori dagli anni bui e sanguinosi della guerra civile – si è talmente impegnato per il suo paese da ammalarsi per esso. Bouteflika è quindi nei fatti un “fantoccio” dietro al quale si nasconde il “sistema” che domina il paese dall’indipendenza. A livello popolare e non solo, attraverso questo termine – in arabo, nidham, “sistema, ordine, ordinamento” – viene indicato quell’insieme costituito dai vari poteri: presidenza, governo, esercito, servizi segreti e poi di seguito amministrazione, magistratura, partiti politici, primi fra tutti il Front de libération nationale (Fln) e il “gemello” Rassemblement national démocratique (Rnd). D’importanza diversa e decrescente queste parti rappresentano i singoli ingranaggi di una medesima macchina – costituita da migliaia di persone e dotata di un’ampia base di consenso clientelare – che è alimentata e oliata dalla rendita proveniente dal commercio degli idrocarburi. L’ultimo presidente algerino che ha incarnato effettivamente il proprio ruolo è stato Boumedienne (1965-1978). Non essendo arrivati all’accordo sul successore si è scelto da allora di mandare avanti una figura che rappresentasse la facciata istituzionale del regime, mentre i veri detentori Caterina Roggero, dottore di ricerca in Storia delle Relazioni internazionali e cultrice della materia Storia e Istituzioni dell’Africa presso l’Università degli Studi di Milano, è autrice di L'Algeria e il Maghreb. La guerra di liberazione e l'unità regionale, Milano-mimesis, 2012. 1 Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI. Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo. commentary di gas, in un quadro di tensione con la Russia. Tuttavia, è proprio dopo la molto probabile rielezione di Bouteflika che sarà necessario mantenere l’attenzione su questo paese. Solo allora potranno venire a galla da una parte, le divisioni e rotture interne al sistema tenute a bada fino a oggi e, dall’altra parte, le tensioni sociali e i nuovi movimenti popolari mobilitatisi nella protesta contro la rielezione di Bouteflika. Se è vero che il nidham sostiene la candidatura del presidente uscente è anche vero che esistono da alcuni anni delle divisioni al suo interno essenzialmente tra il Département du Reinsegnement et de la Sécurité (Drs) – guidato, forse ancora per poco, dal générale Mediène Mohamed, meglio noto come générale Toufik e il suo “clan”, che ha appoggiato controvoglia la campagna per il quarto mandato di Boutflika – e lo Stato Maggiore, che è invece più controllato dal “clan Bouteflika”. In seno all’esercito esistono anche delle tensioni tra vecchie e nuove generazioni: negli ultimi anni sono stati nominati 300 nuovi quadri (generali) e alcuni contano proprio su queste mutazioni all’interno dell’esercito per sostenere un “cambiamento” all’indomani delle elezioni. del potere (lo Stato Maggiore dell’esercito e i servizi segreti) sono sempre rimasti nell’ombra. Nel sistema politico algerino se il presidente di turno prende “troppo sul serio” il proprio ruolo viene immediatamente rimesso sui binari dai “decisori” o, come nel caso più tragico di Mohammed Boudiaf, eliminato fisicamente (giugno 1992). La campagna elettorale del 2014 ha pertanto rappresentato meglio di molte teorie la particolarità del regime algerino: Bouteflika rappresenta quella facciata istituzionale necessaria affinché il nidham possa auto-perpetuarsi, non importa se l’uomo in questione sia lontano dalla scena politica da quando, nell’aprile 2013, una lieve ischemia l’ha costretto a un lungo ricovero e a una degenza nei fatti mai conclusasi. Non importa se la situazione economica del paese sia peggiorata negli ultimi anni di questo suo terzo mandato e se ogni settimana manifestazioni di disoccupati o precari sfilino nelle principali città algerine per protestare contro la mancanza di lavoro. Bouteflika vincerà perché è sostenuto, verrebbe da dire tenuto letteralmente in piedi, da una rete capillare che va dalle televisioni pubbliche (quelle private che trasmettono critiche alle autorità sono state vittime di restrizioni se non di chiusura ) alle prefetture, che dovranno verbalizzare i risultati dei singoli seggi elettorali. L’ombra dei brogli rappresenta una delle principali accuse se non il “vero avversario” dell’unico altro candidato che, pur non potendo contare sull’enorme disponibilità finanziaria di cui beneficia il presidente-candidato, ha ottenuto un certo seguito e una discreta visibilità: Ali Benflis, già primo ministro di Bouteflika e segretario generale del Fln. Infine i giovani di Barakat! (“basta!”): ancora non ha i numeri di un movimento di piazza, seppur si è fatto notare nel corso di contestazioni durante i comizi elettorali di Sellal, ma per ora è riuscito a tenersi alla larga dai tentativi di corruzione che puntualmente sono diretti contro oppositori che ottengono un certo seguito (come nel caso del comitato dei disoccupati, una parte del quale “a vendu le match”, come si dice in gergo). Barakat! sta inoltre svolgendo un lavoro sul campo “porta a porta” e se riuscirà ad affiancarsi e unirsi ai partiti d’opposizione e ai sindacati autonomi potrebbe dare del filo da torcere al sistema, che dopo il 17 aprile comincerà a scricchiolare. ©ISPI2014 Dopo il 17 aprile, i riflettori della stampa nazionale e internazionale si spegneranno e l’Algeria della continuità e dello status quo rappresenterà ancora una certezza agli occhi dei governi occidentali, interessati alle sue riserve 2