[EDIZIO-MI - 47] GIORN/MILANO/PAG09 15/11/09

Transcript

[EDIZIO-MI - 47] GIORN/MILANO/PAG09 15/11/09
MILANO CRONACA
il Giornale
Domenica 15 novembre 2009
47
IN VIA SPADARI
I sotterranei di Peck e la caverna di Alì Babà
L’emporio dei fratelli Stoppani occupa 5mila metri quadri su tre piani, solo un terzo sono riservati alla vendita
Tutti gli altri servono a conservare prodotti squisiti, compresi quei formaggi e quei salumi confezionati in casa
Paolo Marchi
Peck è Peck dal 1883, ma
nel 1918, al salumiere arrivato
da Praga sarebbe subentrato
Eliseo Magnaghi, che nel 1956
avrebbecedutol’attivitàallafamiglia Grazioli che a sua volta
fecealtrettantocon gliStoppani nel 1970. Gli Stoppani perché in via Spadari brillano due
distinte generazioni. Ecco Angelo,cavaliere del lavoro, classe 1937, e i suoi tre fratelli, Mario (1939), Remo (1942) e Lino
(1952). Quindi Mauro, figlio di
Angelo,eitrefiglidiMario,Andrea, Stefano e Paolo, tutti attornoaiquarant’annietutti loro con figli troppo baby per
coinvolgerlineltrantranquotidiano. Rimarca però Paolo:
«Sotto Natale le braccia non
bastano mai, così a dodici anni venivamo reclutati per portareivassoidallecucineaibanconi. A me toccava l’insalata
russa, pesava una dozzina di
chili e bastava una distrazione
minima perché ti scappasse di
mano. Era dura, ma era anche
una bella scuola di vita». Tanto sudore e poca bambagia.
Angelo, presidente di una
ditta che impiega 140 addetti,
dei quali una trentina tra cuochiepasticcieri,haunapassionaccia per carne e salumi, Mario per i vini e i cosiddetti prodottiamarchio,Remoperiformaggi, Lino è l’amministratore, si ricorda ogni fattura e non
c’è verso di prenderlo in castagna. Capita che uno butti una
frase del tipo «ho sentito
l’azienda Pinco, dicono che
nel1998...?». «No,era ilgennaio 1999 e ordinarono questo,
questo e quest’altro». Ed è ve-
LA FAMIGLIA
Foto ricordo per gli Stoppani davanti
all’orologio che nel negozio scandisce le ore golose della giornata. Da
sinistra Mario, Stefano, Remo, Angelo, Andrea e Paolo, accucciato Mauro
ro, sempre.
Peck non ha un punto di forza,bensìdue:unoèladeterminazione e la compattezza degliStoppani, otto tutti in prima
linea, nove con Lidia, la moglie di Lino, alla cassa dall’apertura alla chiusura. L’altrosonoledimensioni.Chien-
tra nel negozio, può fare la migliore spesa della sua vita in
1.500 metri quadri suddivisi
su tre piani: sotto l’enoteca; a
livello strada i reparti carne,
piatti pronti (antipasti, primi,
secondi di pesce e di carne),
frutta e verdura, salumi, formaggi, pane, gelati e dolci; so-
pracaffetteria, theecaffè sfusi,
qualcosa come 180 varietà di
the e 50 di caffè. Manca solo il
pesce fresco.
Poi però vi sono altri 3.500
metri chiusi al pubblico dove
tutto viene preparato, stoccato, accudito, servito come fosse la caverna del tesoro di Alì
Babà. Le cucine non sfuggono
all’occhio di chi si ferma davantiaprosciutti,salamiedelicatezze dai mille profumi. Si
estendono subito oltre il bancodelcentralino,isolecomposte da fuochi, forni e fornelli,
piani di lavoro lucidi come
specchi, tortiere, pentole e
pentoloni, padelle e casseruole, mestoli e ramaioli, piatti,
zuppiereelastreinacciaio,tutto quello che ci deve essere in
unacucinachesfornacentinaia di pietanze. Un dato rende
bene l’idea dello sforzo dei
cuochi: sabato scorso il banco
gastronomia offriva qualcosa
come 108 referenze diverse,
cento e otto! Ci sono piatti che
non conoscono le stagioni: le
lasagne,la pastaefagioli, ilminestrone, la trippa, il pollo arrosto,ilrisoallamarinaracisono sempre.
E se gli uffici sono al primo
piano, nei sotterranei non vi
sono solo le celle frigorifere
(quella del mascarpone è da
fiaba). Peck si estende sotto
l’intero isolato compreso tra
via Spadari, Torino, Santa Maria Beltrade e l’Ambrosiana,
unformidabilelaboratoriodove si producono i salumi, in
pratica tutti esclusi i prosciutti, le torte di formaggio e l’autentico mascarpone che non è
un formaggio anche se passa
per tale. È in pratica latte pannoso fatto sobbollire con aggiuntadi solo acido citricofino
a ottenereuna crema del paradiso. Peck ne produce 18 tonnellate e mezza ogni anno così
cometremilabresaole(dibovino tedesco, non sudamericano come in Valtellina), otto tipi diversi di salsicce fresche, i
prodottiamarchiosonounmigliaio,lebottigliedivinocentomila (e le etichette 3mila), le
forme di parmigiano vendute
2mila (e di prosciutto crudo,
settetipologie,anche).Da vertigini alcuni dati nei tre giorni
di Natale: 800 chili di scampi
puliti (scarto dell’85%!), 500 di
aragoste, una tonnellata di
stracottoperilpatè(edimattonelle con il logo Peck ne vanno
tremila), 500 chili di verdure
per l’insalata russa. Peck riesce a vendere anche il blocco
di gelatina, da sciogliere e ricompattare a casa. C’è tutto,
anche lo Sbaffin club, cene
che gli Stoppani offrono alle
autorità. L’idea venne a un tale D’Annunzio...
La polemica Ma a Milano
si mangia davvero male?
I MIGLIORI Le stelle non mancano
e chef come Cracco e Berton hanno
aperto dopo il 2000, segno di una
realtà che sa proporre del nuovo
Noto come nel mondo i congressi si contendono i cuochi di Milano e non quelli di
Roma e in fondo bastano le eccezioni citate
dallo stesso Vizzari per domandarmi se
l’obiettivo degli strali non sia altro, un club,
uncollega,unsindaco:«Craccocapofilaindiscusso, inossidabili e magnifici Aimo e
Nadia Moroni, sfavillante e ottimo il TrussardidiAndreaBerton,ilsolitoesolidoSadler e, dopo l'ultima svolta in chiave rigidamente vegetariana, Joia per chi apprezza il
genere... Quindi, se non il buio tanto grigio,
con qualche buon ristorante d'albergo,
qualche sempre affidabile trattoria (che ci
vengano conservate La Nuova Arena, L'Altra Isola, Masuelli), qualche giovane o ex
giovane con i piedi per terra (Pane e Acqua,
Nicola Cavallaro, Sempione 42, lo stimolante Zero nippo-fusion, la piacevole Langosteria, la nuova scommessa del Savini)».
Saremo anche nel momento più banale e
Concerto straordinario
a favore del FAI
LA CAPITALE Per L’Espresso
Roma surclassa la città del Duomo,
la cui cucina vivrebbe il momento
più opaco degli ultimi vent’anni
LONDON
SYMPHONY
ORCHESTRA
inerme, però Cracco ha aperto nel 2000 (e
poi si è affrancato dagli Stoppani), Berton
nel 2006 (e quest’estate locale rifatto completamente) e i giovani citati tutti nel nuovo secolo, non mi pare segno di calma piatta.
E Roma? Di certo ha un filone a tutta pizza e birra che Milano nemmeno si immagina, però a livello di cucine del mondo è vero l’esatto contrario. Quanto alla tradizione, la capitale la conserva meglio, ma abbondalafuffatruffa-turistichesarebbemeglio sopprimere. Ma se per certi versi CraccoeGenovese (il Pagliaccio),BertoneBeck
(laPergola),SadlereColonnapossono procedere affiancati, la ristorazione meneghina è meno dopata dai grandi alberghi che
sul Tevere garantiscono sicurezza a tanti
chef.Milano èpiùautentica elaLombardia
ancora più ricca, a differenza di un Lazio
che vanta ben poche perle, Salvatore Tassa
un grande, poi si scende in un Lazio fagocitato dal capoluogo.
La verità? Che la cucina italiana conquisterà per davvero il mondo quando invece
dimetterelerealtàcontro,lesispingeràverso una comune meta.
PMar
Teatro alla Scala
Domenica 15 Novembre, ore 20
Daniel Harding, direttore
Christian Tetzlaff, violino
Nell’ambito del progetto
Grandi Orchestre Sinfoniche Internazionali
per Deutsche Bank a favore del FAI
Informazioni: AMIT 800 166 250
Con il Patrocinio di:
Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano - Cultura
e la collaborazione di SERATE MUSICALI - Milano
Daniel Harding - Foto di Matt Stuart
«Miracolo sui Navigli», titola nell’ultimo numero L’Espresso, parafrasando il Miracolo a Milano di De Sica. Un nuovo miracolo, questa volta grazie alla Brioschina di
Edoardo Ruggiero che i lettori del Giornale
conoscono da quasi un anno, tavola recensita da Enzo Vizzari, uno dei critici più preparati, pronto a raffrontare Milano con Roma. Lasciandomi con un dubbio: possibile
che Milano sia così grigia, desolata e desolante? Trascrivo: «Da almeno vent’anni la
ristorazione milanese non ha vissuto momenti opachi come l'attuale. Solo chi è a
libro-pagadiistituzioniedentivari milanesi può negare la piattezza e la staticità del
panorama meneghino, se confrontato, per
esempio, con la vivacità e la varietà di Roma».
Vent’anni non sono uno scherzo. Nell’89
Gualtiero Marchesi nemmeno si immaginava che quattro anni dopo avrebbe chiuso in Bonvesin de la Riva per emigrare in
Franciacorta, il Gambero Rosso, editore in
Roma, era ai primi passi e la capitale non
aveva ancora superato Milano a livello di
pubblicisticagolosa,ma davveroilpanorama attorno al Colosseo è tutto una novità?