L`arte di Kengo Kuma a Palazzo della Ragione

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L`arte di Kengo Kuma a Palazzo della Ragione
Comune
di Padova
L’arte di Kengo Kuma a Palazzo della Ragione
Goffredo Parise nella furiosa ricerca
del tempo perduto che lo porta in
giro per il mondo, dal Vietnam, al
Biafra, alla Cina, è preso da amore
fatale per un paese straordinario: il
Giappone. Il Giappone è un luogo
dove il tempo ha un suo tempo e in
cui, forse, sarebbe dolce morire. Che
cosa cerca e che cosa trova, Parise,
da ciò che affiora in quel reportage
poetico, limpido e armonioso come
fosse vergato su carta da musica
che è “L’eleganza è frigida” (titolo
di una poesia di Saito Ryokku)?
Trova il senso di un’esistenza che
ha le sue ragioni estetiche nelle
sue origini, origini che l’Occidente
ha tradito. “In tutte le cose – dice a
“Voglio
spiegarvi
perché
– ha detto Kuma – mi piace
sminuzzare i materiali fino
a ridurli in piccoli frammenti,
perché scompongo la pietra,
il bambù e la carta di riso in
particelle simili a lamelle, perché
pratico nella materia un’infinità
di fori. La risposta è che mi
piacciono le sensazioni tattili
dei materiali…solo così riesco
ad apprezzzarli in quanto tali,
a sentirli vibrare”. E l’architetto
confessa di essere “cintura nera”
di origami, l’arte di costruire
con la carta castelli, merletti,
trappole e uccellini. Kuma è un
challenger, ama l’adrenalina
delle sfide, ha fatto muro contro
Marco, il protagonista del viaggio,
un vecchietto nipponico con la
farfallina e una magnifica canna
di Malacca – c’è uno spirito, siano
esse persone, animali o oggetti. Ma
lo spirito delle persone, che è qui
intorno noi, è , in una parola sola,
il Giappone, con le sue migliaia di
milioni di vivi e di morti. I morti hanno
insegnato ai vivi che poi sono morti
e via dicendo. Hanno insegnato il
teatro No e gli incroci dei crisantemi
e molte altre cose”. Ecco, questa
spiritualità, questo animismo che
si spalma sulle creature, questa
ammirazione della natura senza
adorare il dio che l’ha concepita,
tutto ciò ritroviamo, ci sembra, in un
grandissimo architetto giapponese,
un tranquillo rivoluzionario, un
sorridente cinquantenne che travolge
il dominio dei sensei del canone
architettonico, dei feudatari dell’arte
di costruire: Kengo Kuma. Kuma
espone a palazzo della Ragione dal
27 ottobre al 27 gennaio 2008. La
mostra è nel quadro dell’edizione
2007 della Biennale Internazionale
di Architettura Barbara Cappochin”.
Come ogni anno, oltre al Premio vinto
in questa edizione dal finlandese
Matti Sanaksenao, la Biennale
ha dedicato un’esposizione a un
architetto contemporaneo di fama
mondiale.
Perché Kengo Kuma? “Scegliere
Kengo Kuma - ha detto il presidente
dell’Ordine degli Architetti, Giuseppe
Cappochin, è stato innanzitutto
un
omaggio
all’architettura
giapponese, già premiata con
l’opera del giovane Jun Igarashi
nell’edizione 2005 del Premio. Ci
conquistano e ci affascinano in
particolar modo la sua straordinaria
sensibilità progettuale, il suo intenso
rapporto con la natura nel costante
tentativo di utilizzare l’architettura
come occasione per far emergere
specifiche qualità di un luogo, lo
studio meticoloso dei materiali che
gli consentono di ottenere soluzioni
inusuali, ricercate, ma anche
ambientalmente sostenibili”.
quel delirio architettonico, quello
tsu-nami in vetro-cemento che
ha invaso il Giappone a cavallo
tra gli anni Ottanta e i primi anni
Novanta, i “bubble years” del boom
economico che hanno prodotto
edifici imponenti nel segno della
monumentalità, della pesantezza,
della definizione cartesiana delle
geometrie. Kuma “dipinge” tra terra
e acqua, sfuma, frastaglia, gioca
con la luce e con le trasparenze.
“Il mio obiettivo ultimo – disse una
volta – è cancellare l’architettura”.
“Odia il calcestruzzo – dice di lui
l’assessore Luisa Boldrin – usa
materiali naturali con un rispetto
del contesto che diventa quasi
religione, è un mago della luce”.
Tornando a Parise, il viaggiatore Marco che viene dal paese della Politica si incanta di fronte alla timidezza, all’ordine , alla gentilezza, al rispetto, al gusto
del dettaglio e del piccolo, ma soprattutto al silenzio, al “Ma” del Sol Levante. Questa volta però il paese della Politica ha offerto all’architetto giapponese
una grande piazza pensile da trasformare in atelier, in grande vetrina: Il Palazzo della Ragione, la più bella cattedrale laica d’Europa, con un vortice di
affreschi medievali e una foresta di travi, un prodigioso soffitto ligneo. “Nella mostra di Renzo Piano – dice Luisa Boldrin – i modellini di legno dei progetti
sono di per sé opere d’arte, è una rassegna di opere d’arte in sedicesimo. Quello che ha fatto Kuma in Salone con la collaborazione dell’architetto Carlotta
De Bevilacqua è qualcosa di molto diverso: è uno spettacolo formidabile, è un grande evento artistico. L’antica tradizione giapponese, quella più spirituale,
densa di allegorie, parla con una delle opere architettoniche simbolo di Padova medievale, coinvolgendo il pubblico in un percorso emozionante. Le
sensazioni che questo viaggio suscita sono avvertibili da tutti, non occorre essere degli iniziati.
Kengo, 53 anni, è un personaggio sorprendente: alto, sempre vestito di nero, cordiale e aperto, non catafratto di superiorità tecnica, di supponenza culturale,
pur studioso di Heidegger e musicofilo, amico personale del grande musicista Sakamoto. In Salone colloca due imponenti strutture a forma di carpa, il pesce
simbolo della vita: gonfie cupole d’organza in cui si può entrare e una pedana di vetro retroilluminata fungono da schermo per le proiezioni delle opere più
celebri dell’architetto giapponese. E’ come un grande gioco di specchi in cui si fondono immagini, si incontrano fantasmi, si elidono icone. L’impressione è
quella di uno strano spaesamento in cui lo spazio si dilata, il dentro e il fuori diventano un’unica dimensione, si provano anche strane impressioni tattili e di
postura per cui sembra di procedere in salita su un tappeto di immagini o di scivolare improvvisamente verso il limen di un baratro”.
Kuma è un pontifex, un ingegnere in “ponts e chaussées” metaforico in cui prevale, sulla tecnica, pure robustamente rappresentata, la leggerezza del
genio. L’architetto lancia ponti tra passato e futuro. Kuma spiega: “Quando si mettono insieme due dimensioni così diverse, si crea qualcosa di nuovo.
Questo edificio, il Salone, è stato costruito nel Medioevo, ma è in sé uno spazio che definirei futuristico. Resta importante allora raccogliere e individuare
l’essenza della sua originalità e abbinarla a quanto può esserci di nuovo nella mia esposizione in modo da creare una nuova filosofia”.
Kengo Kuma, nato a Kanagawa nel 1954, laurea a Tokyo nel 1979 è Visiting Scholar alla Columbia University di New York, dal 1998 è stato professore
alla Facoltà di Enviromental Informatio della Keio University. Tra i progetti la nuova sede della Louis Vuitton di Tokyo, lo Hanging Garden a Fukusaki, il
Museo d’arte della prefettura di Nagasaki, la casa prototipo della Grande Muraglia nelle vicinanze di Pechino.
“Da piccolo – dichiara l’assessore Luisa Boldrin – Kengo voleva fare il veterinario. Forse una trasposizione perché il marito della sua insegnante di
pianoforte, per lui un’icona dell’arte, grande maestra e grande interprete, era veterinario. Insomma la felicità di curare gli animali tra un chiaro di luna e
una sonata a Kreutzer. Poi la voglia di costruire, il fascino del legno. La gioia del contatto con la natura Kuma la assume nella casetta di legno che abitava
nel bosco in qualche vacanza con i genitori. C’erano spifferi gelidi, ma anche l’odore degli alberi, il sole, la voce del vento”.
Comunicazione
istituzionale
La mostra di Kuma resta in Salone fino al 27 gennaio ma avrà la coda lunga di un dragone. Già all’inaugurazione, il 26 ottobre, ci sono state due esibizioni
delle più antiche arti marziali giapponesi: lo Iaido con la katana e il Kyudo con l’arco. Particolarmente apprezzate si sono svolte sotto la loggia che dà su
piazza delle Erbe. Pioveva. I giapponesi giudicano bellissima una giornata sfumata, ambigua, tra pioggia e sole, con vari, delicati passaggi di luce.
In dicembre è prevista una cerimonia del tè con la regìa di una grande maestra giapponese, una vera e propria sacredotessa di questo rito rasserenante
e complesso. Sempre nell’ultimo mese dell’anno la loggia affrescata del Salone sarà trasformata in un giardino Zen allestito con le piante e la coreografia
dell’Associazione Euganea Bonsai. Più avanti, alla fine del febbraio, è in programma anche una mostra di bonsai, con pezzi assolutamente eccellenti, al
Pedrocchi. Sempre a far strascico alla mostra di Kengo Kuma, l’esibizione di scrittura giapponese, lo Shodô, l’arte dei caratteri tracciati con inchiostro e
pennellino. Nel programma di Luisa Boldrin c’è anche una sogno ambizioso, una grande sfida: sulla pista a 8 disegnata da Kuma ci potrebbe essere una
grande rassegna di moda di calibro internazionale: le grandi case di Kenzo e di Issey Miyake contrapposte in passerella, la prima, più tradizionale, con
la magia dei fiori, la seconda più tecnologica. Un grande spettacolo e un grande business per la città.