IL VECCHIO DI ARTIMINO

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IL VECCHIO DI ARTIMINO
IL VECCHIO DI ARTIMI NO
Giovanna Garzoni, acquerello su pergamena, 1648-1651
Galleria Palatina (Palazzo Pitti), Firenze
L’OPERA
Giovanna Garzoni (Ascoli Piceno, 1600 – Roma, tra il 10 e il 15 febbraio 1670) fu una pittrice e
miniaturista italiana.
Nacque probabilmente nel 1600 ad Ascoli Piceno da una famiglia di origine veneziana. Incline alle
belle arti fin da giovanissima, lavorò in varie città d’Italia (Venezia, Napoli, Torino, Firenze, Roma).
Si specializzò in ritratti delle autorità che le offrivano appoggio e protezione (la casa regnante Savoia,
i Medici a Firenze, il Viceré di Napoli) e in nature morte, influenzate dalla pittura di scuola lombarda e
da Fede Galizia.
“Il vecchio di Artimino” fu eseguito durante il suo soggiorno a Firenze (1642-1651) e rappresenta i
prodotti locali della campagna intorno alla villa medicea di Artimino.
Sono visibili quindi prodotti appartenenti a stagioni diverse: prosciutto e salame toscani, un fiasco di
vino, uova e galline, limoni (o cedri?), frutta autunnale (mele, castagne, uva) e d estiva/primaverile
(ciliegie e melone), un latticino in tazza (ricotta?), verdure come c ardi e il carciofo (quest’ultimo
particolarmente apprezzato da Caterina de ‘ Medici, che lo fece poi conoscere in Francia).
Non poteva mancare infine l’accoppiata ideale pecorino (visibile sullo sfondo) e fave (in primo
piano).
PECORINO E FAVE
Il pecorino con le fave è un piatto tipico della Toscana e del Lazio, composto di fave sbollentate e
sgusciate, accompagnate da scaglie di pecorino e condite con olio, sale, pepe e aglio tritato.
L’ importanza delle fave nella cultura contadina toscana è immortalata da una serie di proverbi, come
“Chi semina fave, pispola grano” o “Son meglio le fave che durano, che i capponi che vengon meno”.
Il consumo di questo legume (Vicia Faba) risale al tempo dei romani, tanto è
vero che il legume è
citato da Plinio il Vecchio ((23 – 79), nella sua Naturalis Historia.
L’usanza di mangiare le fave solo sbollentate, e in generale di mangiare la verdura cruda o poco
cotta, è tipica della cultura italiana da partire dal tardo Medioevo; viene poi diffusa a partire dal
Rinascimento da italiani espatriati negli altri Paesi d’Europa.
Il modenese Giacomo Castelvetro, esule in Inghilterra, dove la dieta è esclusivamente a base di
carne, dedica alle fave con formaggio un paragrafo del suo trattato “Brieve racconto di tutte le radici,
di tutte l’erbe e di tutti i frutti che crudi o cotti in Italia si mangiano” (1616):
“Nel medesimo tempo vengono le fave verdi, d’alcuni chiamate casaline e d’altri capodiche, le quali
noi mangiamo dopo pasto con formaggio salato; e non avendone di tale, usiamo del parmegiano, e
sempre col pepe; ma non avendo formaggio alcuno, usiamo ancora il sale.”
Anche Pellegrino Artusi, nel suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (1891) include una
ricetta con le fave, la n. 429 “Fave fresche in stufa”.
FONTE IMMAGINE
http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Giovanna_Garzoni_-_The_Man_from_Artemino__WGA8486.jpg?uselang=it
.
BIBLIOGRAFIA
Giacomo Castelvetro, “Brieve racconto di tutte le radici, di tutte l’erbe e di tutti i frutti che crudi o cotti
in Italia si mangiano”, 1616:
http://www.liberliber.it/mediateca/libri/c/castelvetro/brieve_racconto_di_tutte_le_radici_etc/pdf/briev
e_p.pdf
Pellegrino Artusi, “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”,1891:
http://www.casartusi.it/sites/artusi/files/libro%20artusi.pdf
Alessandro Marzo Magno, “Il genio del gusto”, Garzanti 2014:
http://csbno.medialibrary.it/media/scheda.aspx?id=150035450
Paolo Petroni, “Il grande libro della vera cucina toscana”, 2008:
Collocazione in biblioteca – Sede Centrale: Accademia Italiana di Cucina B.09.074