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Anno 2011, Numero 570
19 ottobre 2011
Tribunale R.G. n. 431/2008
Istituto Grandi Infrastrutture
APPALTI e CONCESSIONI
Europa e Regioni
SINTESI DELLE RISPOSTE AL LIBRO VERDE
DI ENTI PUBBLICI, ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA, IMPRESE
DEI PRINCIPALI PAESI UE
Premessa metodologica generale
Nella maggior parte dei casi le risposte, anche da parte delle grandi Associazioni nazionali di
categoria o delle principali stazioni appaltanti pubbliche come pure delle maggiori imprese dei paesi
UE, risultano spesso espresse in modo sintetico per gruppi di quesiti e quasi mai risultano relative
alla totalità dei 114 quesiti; in taluni casi poi le risposte hanno uno sviluppo discorsivo ed inglobano
vari temi di particolare interesse per i rispondenti.
PARTE PRIMA
LE RISPOSTE DELLE RAPPRESENTANZE EUROPEE DELLE IMPRESE
Le risposte della FIEC, dell’EFCA e dell’ACE
1) La FIEC – Federazione Europea delle Imprese della Costruzione – ha risposto ai quesiti del
Libro Verde della Commissione europea mettendo in evidenza la priorità assoluta di assicurare
stabilità al quadro normativo, dato che a tutt’oggi vi è ancora una notevole non conoscenza e non
applicazione di molte regole introdotte dalla Direttive 17 e 18 del 2004. Di conseguenza, piuttosto
che modificare le regole, sarebbe più utile uno sforzo per una loro applicazione ottimale.
La FIEC afferma poi che le regole devono essere uguali per tutti, opponendosi dunque ad una
disciplina specifica di favore per le PMI come pure alla generalizzazione delle procedure accelerate
per timore di una caduta nella qualità delle offerte.
Forti riserve sono anche avanzate per l’eventuale estensione della procedura del dialogo
competitivo, soprattutto in ragione della possibile violazione del principio di confidenzialità, mentre
si auspica maggiore attenzione all’innovazione ed alla possibilità per le imprese di avanzare
proposte alternative o varianti in sede di offerta che possano meglio rispondere ai bisogni espressi
dall’amministrazione aggiudicatrice di quanto progettato dallo stesso ente appaltante.
2) L’EFCA, la Federazione europea dell’ingegneria, è in generale favorevole a molti degli
orientamenti che paiono emergere dal Libro Verde, ma è contraria a generalizzare la procedura del
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dialogo competitivo sia per le ragioni legate alla carenza di confidenzialità delle proposte, che a
causa dei costi eccessivi per le società di ingegneria e le imprese partecipanti.
3) L’ACE – il Consiglio d’Europa degli Architetti – evidenzia tre ostacoli principali alla
partecipazione agli appalti pubblici:
1) l’accesso della maggior parte degli architetti europei costituiti in micro imprese da meno di 5
addetti risulta di fatto inesistente e, dato il carattere fortemente quantitativo dei requisiti richiesti, di
fatto ristretto ad un esiguo numero di società strutturate;
2) la gran parte degli affidamenti di incarichi avviene al massimo ribasso;
3) la procedura di affidamento non valorizza né il merito né la reputazione.
Occorre quindi passare a norme UE che valorizzino qualità e merito di proposta prima e più del solo
prezzo e che nella selezione dei candidati consentano di apprezzare la reputazione prima del
fatturato.
Nello specifico, le risposte più significative sono sostanzialmente le seguenti:
Q2) La suddivisione in appalti di lavori, forniture e servizi deve restare, con l’aggiunta però di uno
speciale capitolo relativo ai “servizi intellettuali”, per evitare che la competizione continui sui costi
e non sulla qualità dei servizi progettuali, aspetto grave e purtroppo generalizzato, soprattutto nel
sottosoglia.
Q3) La suddivisione tra contratti di progettazione e di lavori dovrebbe emergere con più nettezza,
essendo i primi focalizzati sulla qualità ed i secondi sul profitto finanziario.
Q15 e da Q21 a Q70) Per i servizi intellettuali legati alla progettazione la procedura negoziata
preceduta da pubblicità è la più appropriata e dovrebbe essere generalizzata: per garantire la
trasparenza si dovrebbe imporre la pubblicazione integrale del verbale dettagliato di tutti i passaggi
della negoziazione. In ogni caso va ribadito che tutte le procedure basate unicamente sul prezzo per
gli affidamenti di prestazioni intellettuali non sono appropriate: quindi, tutte le procedure vanno riorientate verso la qualità (migliore soluzione tecnica e di costi/efficienza) ed anche la negoziata non
deve ridursi alla negoziazione del prezzo. In generale, poi, il prezzo più basso andrebbe abolito
come mezzo di aggiudicazione delle prestazioni intellettuali od almeno fortemente limitato con
norma UE.
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Q24) La distinzione tra fase della selezione e fase dell’aggiudicazione dovrebbe essere meno stretta
e si dovrebbe consentire l’applicazione di criteri anche legati alle precedenti esperienze e alla
reputazione in generale.
Q46) Esiste un problema generale di adeguatezza delle norme nei confronti delle PMI, soprattutto
perché la pratica generale vede una richiesta di requisiti troppo elevati per giro d’affari, capacità
tecniche e garanzie finanziarie. Inoltre gli oneri amministrativi di accesso alle gare per la stragrande
maggioranza degli operatori (ministudi di architettura) sono troppo alti. Infine, l’autodichiarazione
dei partecipanti dovrebbe divenire la regola, con verifica mediante certificati soltanto
dell’aggiudicatario.
PARTE SECONDA
LE RISPOSTE DEL MONDO DELLE IMPRESE DEI PRINCIPALI PAESI
1.BELGIO: CONFÉDERATION CONSTRUCTION
Le risposte riguardano la maggior parte dei quesiti, ma sono sviluppate in modo molto sintetico
(con un documento di 7 pagine in tutto) e secondo la logica per cui il livello di dettaglio delle norme
Ue è, in generale, adeguato, mentre sono le norme nazionali che appesantiscono la disciplina:
quindi, le direttive non vanno radicalmente mutate, come nel caso della proposta generalizzazione
della procedura negoziata preceduta da pubblicità che va mantenuta per casi particolari come ora
previsto. Pertanto, soltanto alcuni aggiustamenti operativi ed interpretativi sono necessari per
migliorare la disciplina Ue, come ad esempio per le gare elettroniche e il dialogo competitivo, in
questo ultimo caso al fine di non gravare troppo sulle imprese con i costi delle elaborazioni
progettuali.
Vanno poi anche considerati molto attentamente i costi per stazioni appaltanti e imprese legati alle
eventuali modifiche normative UE così come la riduzione dei tempi per la presentazione delle
offerte che può minarne la qualità.
Un aspetto importante (e che ricorre anche in altre risposte ai quesiti: ad es. quella di Bouygues) è
quello di modificare la procedura del dialogo competitivo in modo da giungere con
elaborazioni/offerte soltanto ad una fase preliminare e dunque meno costosa in cui si sceglie, alla
maniera delle procedure ristrette inglesi, il c.d. preferred bidder: e poi solo con questo si negozia la
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fase successiva di definizione degli aspetti di dettaglio del progetto e del contratto, la più lunga e
costosa.
Pieno accordo sulla generalizzazione delle dichiarazioni sull’onore da parte delle imprese per
ridurre gli oneri amministrativi della partecipazione alle gare; pieno disaccordo invece sulla
ipotizzata concentrazione della domanda, salvo nei casi di prodotti o servizi ripetitivi e della
manutenzione per i lavori.
No secco poi all’estensione delle norme UE alla fase esecutiva così come all’ulteriore
regolamentazione del subappalto ed invece sì convinto alla suddivisione in lotti degli appalti, ma
non quale misura obbligatoria a carattere generale da assumersi per via legislativa Ue.
Viene poi consigliata molta cautela nel perseguimento di obiettivi di politica generale non
direttamente legati all’oggetto dell’appalto, per non creare discriminazioni e distorsione degli
obiettivi d’impresa e pericolo di caduta di qualità delle prestazioni offerte, mentre si può cercare di
raggiungere tali obiettivi con norme specifiche di settore: al contrario, piena aderenza al
perseguimento di obiettivi sociali, ambientali, di efficienza energetica e simili mediante la
generalizzazione delle prescrizioni tecniche in termini prestazionali, anche per incentivare
l’innovazione e la ricerca. (Lo stesso dicasi per la previsione legislativa Ue di principio circa la
possibilità per gli offerenti di presentare varianti).
Infine, aspetto urgente è quello di intervenire per garantire reciprocità nell’accesso ai mercati: in
particolare, occorre modificare gli artt. 57/D.17 e 55 D.18 per garantirsi che le imprese estere
dimostrino la stessa trasparenza sugli aiuti di Stato di cui godono imposta alle imprese europee.
2.FRANCIA
1. FÉDÉRATION NATIONALE TRAVAUX PUBLICS – FNTP –
Nella risposta alla prima questione, la Federazione indica la propria linea interpretativa,
appoggiando una revisione limitata delle Direttive e sostenendo un rinnovamento “sostanziale”
basato sul rilancio del “mieux disant” tramite la promozione dell’offerta economicamente più
vantaggiosa quale chiave di volta di un approccio qualitativo verso l’innovazione, la costruzione
sostenibile ed il sostegno alle PMI (e parallelo rilancio dei metodi di eliminazione automatica delle
offerte anomale). Correlato a tale aspetto centrale, il lancio del criterio del costo dell’intero ciclo di
vita dell’opera, basato su di una metodologia comune a livello UE, abbinato al sostegno degli studi
sulle proposte innovative e la tutela piena e certa della proprietà intellettuale delle proposte delle
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imprese, con assoluta riservatezza fino all’accettazione tramite aggiudicazione ed oltre per quelle
perdenti.
I punti che a parere della FNTP non giustificano una revisione delle direttive attengono
principalmente alla definizione di appalto, alle soglie e alla soppressione/distinzione della disciplina
dei settori speciali: tutti aspetti ben disciplinati dalla normativa vigente.
Allo stesso modo, l’ampliamento del ricorso alla negoziazione è da respingere come pure
l’ipotizzata inversione della fase della selezione/aggiudicazione: opposizione pure per la
regolamentazione a livello UE dell’esecuzione dell’appalto così come per il subappalto.
All’inverso, la cooperazione pubblico-pubblico è un fenomeno in espansione che va adeguatamente
disciplinato in via legislativa Ue senza ampliare l’eccezione costituita dall’in house come elaborato
dalla Corte, che anzi va sempre interpretata in via restrittiva.
Quanto al sostegno delle PMI, la FNTP si ritrova pienamente nelle indicazioni contenute nella
Guida alle buone pratiche della Commissione europea e suggerisce quindi di dare a tali indicazioni
maggiore formalizzazione trasformandole in Comunicazione per il sostegno alle PMI.
Per quanto riguarda poi la verifica dei requisiti, FNTP ritiene non si debba abbandonare la
procedura tradizionale della verifica preliminare dei requisiti di tutti i partecipanti, mentre le
imprese devono produrre i certificati e non fare dichiarazioni sull’onore che non garantiscono a
sufficienza la trasparenza della gara.
Quanto al dialogo competitivo, FNTP lamenta il fatto che si tratta di una procedura complessa,
costosa per le imprese, discriminatoria per le PMI e con pericolo grave di violazione della proprietà
intellettuale delle proposte delle imprese: per tentare di ovviare a tali inconvenienti sarebbe
auspicabile una Comunicazione formale della Commissione europea che, con maggior peso di una
Guida o una semplice Fiche come è attualmente, chiarisca con precisione i passaggi più delicati e
magari inserisca un obbligo di indennizzo delle imprese ammesse alla short list e che hanno fornito
un contributo reale.
Quanto poi agli accordi quadro, si presentano problemi di comprensione analoghi, nella sostanza, al
dialogo competitivo: anche in tal caso vi è la necessità di un chiarimento formale mentre le gare
elettroniche andrebbero escluse per i lavori.
Quanto alla metodologia d’aggiudicazione, FNTP ritiene che si debba considerare quale unico
metodo l’offerta economicamente più vantaggiosa (e quindi con abolizione del massimo ribasso),
cioè un metodo dove l’elemento del prezzo non può mai essere il solo fattore e deve invece
diventare uno dei criteri di valutazione. Questo si può fare valorizzando l’offerta tecnica in senso
largo (qualità, sicurezza, tutela ambientale, mezzi utilizzati ecc.) rispetto al fattore prezzo, che al
momento è sempre sopravalutato e finisce per svilire od annullare l’offerta tecnica, con evidenti
conseguenze negative per P.A. e imprese.
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Questa modifica normativa deve andare di pari passo con la revisione del meccanismo delle offerte
anomale che deve essere precisato a livello UE e consentire il rispetto più ampio della sana
competitività sulla base di criteri oggettivi ed uniformi tra i vari Stati membri.
Questa nuova disciplina deve trovare urgente applicazione anche con riferimento all’esclusione
delle offerte di provenienza da imprese di paesi terzi che non applicano la reciprocità e che non
dimostrino adeguatamente la natura di eventuali aiuti di Stato di cui beneficiano.
Inoltre, FNTP è convinta che sia necessario mantenere il legame stretto con l’oggetto dell’appalto e
che non debba essere conferita una libertà illimitata di scelta alle stazioni appaltanti.
2. BOUYGUES
L’impresa (che ha conteso a lungo la prima posizione mondiale con Vinci mentre oggi sono
entrambe spodestate dalle imprese pubbliche cinesi) si concentra su poche risposte di diretto
interesse aziendale e manifesta forte contrarietà all’assenza dal Libro Verde dei quesiti sul PPP,
essendo il PPP una formula costituita da un insieme articolato di contratti complessi che riveste
crescente importanza nei mercati UE e in quelli extra UE. Tra questi un contratto di particolare
rilevanza è quello di attuazione del risparmio energetico negli edifici esistenti (contrat à
performance énérgetique).
Bouygues rileva poi in via preliminare e generale l’esigenza di semplificazione delle normative ed
auspica che possa smettere di essere materia per specialisti: in questo senso è favorevole alla
semplificazione del concetto di appalto, includendo i lavori nei servizi, così come già avviene con le
norme GPA, pure approvate dalla UE.
Due gli aspetti centrali della auspicata modernizzazione delle procedure:
1) reintrodurre la possibilità generale di proporre varianti nelle procedure, quale mezzo concreto per
sostenere l’innovazione;
2) alleggerire il dialogo competitivo che è una procedura troppo pesante, prevedendo la
negoziazione già nella prima fase per individuare, utilizzando anche le proposte innovative delle
imprese partecipanti (le cui idee vanno protette con garanzia di assoluta riservatezza), il c.d.
preferred bidder, con cui proseguire dopo una fase di competizione iniziale i necessari
approfondimenti (progettuali e contrattuali) in chiave negoziale (anche per non elevare troppo i già
alti costi di partecipazione).
Inoltre, per tali contratti di lunga durata e grande complessità, occorre inserire nelle direttive
apposite norme circa la ripartizione dei rischi, la durata contrattuale e la possibilità di
rinegoziazione delle clausole contrattuali nel tempo.
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Quanto alla possibile inversione/integrazione della fase di selezione e di aggiudicazione, Bouygues
opta per il mantenimento dell’attuale distinzione come pure per un legame forte e diretto con
l’oggetto dell’appalto.
Con riferimento al contenzioso della fase esecutiva, occorrerebbe la previsione di una norma Ue
che contempli un meccanismo snello ed indipendente di mediazione nei vari Stati mentre vanno
definiti a livello UE i concetti di forza maggiore, imprevisto e fatto dell’autorità.
Bouygues insiste in modo quasi ossessivo sull’innovazione tramite a) la libertà da riconoscere agli
offerenti di proporre varianti, b) lo svolgimento di gare su capitolati prestazionali, c) di diffusione
del dialogo competitivo, d) di generalizzazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e) di
estremo rigore nell’eliminazione delle offerte anomale: tutto ciò però garantito da una decisa azione
di tutela della proprietà intellettuale delle proposte delle imprese.
3.GERMANIA
1. DEUTSCHE BAUINDUSTRIE
Sulla stessa linea della Confédération belga si colloca l’Associazione delle imprese tedesche,
costituita da alcune grandi e dalla maggior parte di medie imprese a carattere familiare (tra 300 e
600 milionidi fatturato), che in poche pagine di risposte accorpate chiarisce la sua posizione
aderendo a questo criterio di fondo enunciato nelle premesse:
«Dal nostro punto di vista, il consolidamento delle norme esistenti appare più efficace del chiamare
a revisione norme da poco entrate in vigore. Infatti, cambiamenti continui delle norme inducono
aggravi dei costi, sforzi e incertezza legale per gli Stati membri, la Corte, le stazioni appaltanti e le
imprese. Anche perché, al momento attuale, non sono ancora ben conosciute le disposizioni da parte
di tutte le autorità aggiudicatrici. Forse sarebbe utile (prima di ogni altra cosa) tentare di abbattere
questi “ostacoli psicologici” od almeno di ridurli».
Come ribadito nella risposta al quesito n. 1, le norme UE esistenti risultano sufficienti a realizzare
una procedura di aggiudicazione trasparente, efficace e non discriminatoria e semmai i problemi
derivano dalla non conoscenza e non applicazione delle stesse.
Quanto alla procedura negoziata preceduta da pubblicità (Quesito 19), la Hauptverband afferma che
si tratta di una procedura che può portare facilmente ad “inconvenienti” e che presuppone alte
capacità, esperienza ed integrità da parte delle stazioni appaltanti: spesso tale procedura è fraintesa,
essendo identificata come “la procedura di negoziazione sul prezzo”, mentre questo contraddice
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l’art. 30 (2)-(4) della D. 18 – “Inoltre sia nella negoziata che nel dialogo competitivo occorre
neutralizzare la pratica dell’esproprio delle idee proposte dai partecipanti alle gare –
Quanto alle procedure elettroniche (quesiti 15-18), si ribadisce che sono inadatte agli appalti di
lavori.
La proporzionalità dei requisiti richiesti rispetto all’oggetto dell’appalto è un altro tema molto
sentito (quesiti da 22 a 25) e la proposta è quella di fissare dei limiti a livello UE, ad esempio per la
cifra d’affari, definire un multiplo del valore dell’appalto messo in gara.
La politica di favore verso le PMI (quesiti da 46 a 52) va ripensata in quanto crea una
discriminazione in base a criteri quantitativi delle imprese: infatti la stessa definizione europea di
PMI è stata pensata in altra epoca per scopi di ricerca, ma che sono inadeguati al contesto attuale:
oggi le PMI ( spesso imprese familiari) operanti in un mercato soprattutto locale non sono
particolarmente svantaggiate od in difficoltà maggiore di altre imprese maggiori. Pertanto lo scopo
delle norme Ue non deve essere quello di garantire una categoria di imprese (nello specifico, PMI),
bensì, in generale, di garantire un’equilibrata competizione ed un ottimale accesso al mercato ad
ogni tipo di impresa, grande, piccola e media. Infatti, ogni sforzo di favorire una categoria di
imprese si traduce inevitabilmente in elementi di restrizione della competizione e di distorsione del
mercato.
La limitata presenza statistica di contratti, soprattutto di lavori, cross-border denunciata nel Libro
verde non rivela però quanti sforzi e quindi quante offerte siano fatte dalle imprese nei vari mercati
UE: per agevolare tali sforzi la proposta sarebbe quella di rendere obbligatoria la versione inglese
degli atti di gara in tutte le procedure con finanziamenti UE.
Quanto agli aspetti sociali ed ambientali, occorre molta cautela nel collegarli all’oggetto
dell’appalto: ad es. addossare oneri di assunzione di personale locale crea una distorsione nel
mercato locale e induce oneri aggiuntivi nella programmazione (normalmente di lungo corso) del
personale delle imprese, un capitale umano molto costoso cui le imprese dedicano risorse formative
ed informative importanti in una logica che non può essere di breve periodo (questioni 74-76).
Analoghi ragionamenti valgono per la sicurezza e la salute del personale.
Infine, un tema molto avvertito dalla Hauptverband è quello delle imprese di paesi terzi che non
garantiscono reciprocità partecipanti alle gare nella UE, con piena adesione alle tesi della FIEC sul
punto.
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PARTE TERZA
LE RISPOSTE DA PARTE DELLE AUTORITA’ PUBBLICHE
1) SPAGNA: GOVERNO DELLA CATALOGNA: UFFICIO DI CONTRATTAZIONE PUBBLICA
La procedura di gara va semplificata, ma senza minare i principi di pubblicità e trasparenza come
fissati dalla D. 18. A questo proposito si può affermare che la semplificazione potrebbe avvenire,
soprattutto nel caso di gare aperte, senza la previa verifica dei requisiti sia tecnici che economici
degli offerenti: facendo “confidenza nel mercato” si potrebbe abolire ogni verifica preliminare nel
presupposto che i partecipanti posseggano i requisiti richiesti dal bando. Solo una volta fatta
l’aggiudicazione, sarà compito dell’aggiudicatario presentare all’autorità nei termini fissati tutti i
documenti comprovanti i prescritti requisiti.
Inoltre, se l’impresa avrà partecipato in carenza evidente di possesso dei requisiti, sarà esclusa da
tutte le gare successive.
Tale procedimento semplificato potrà essere eventualmente ammesso per le procedure di un
importo minimo, ad es. 10 ml di € per i lavori e 1 ml per i servizi e le forniture.
2) FRANCIA: A) RISPOSTE DEL GOVERNO
I. Premessa
Il Governo francese considera la modernizzazione degli appalti pubblici come uno strumento
efficace per il raggiungimento degli obiettivi indicati in Europa 2020. Le autorità francesi ritengono
che ogni modifica alla vigente disciplina deve essere oggetto di una preliminare, precisa verifica sul
piano giuridico ed economico ed attirano altresì l’attenzione della Commissione Europea sulla
necessità di coerenza anche con riguardo alle altre due iniziative che ha lanciato in modo parallelo,
vale a dire quella relativa alla informatizzazione delle procedure di aggiudicazione e quella della
concessione di servizi: al riguardo si dichiarano fortemente favorevoli alla prima quanto totalmente
contrarie alla seconda.
La Francia accorda una particolare importanza a due grandi orientamenti suggeriti dalla
Commissione europea cui guarda con favore:
1) semplificazione delle direttive a condizione di garantire un elevato livello di certezza giuridica;
2) utilizzazione degli appalti pubblici in favore delle politiche settoriali nel quadro della strategia
Europa 2020, soprattutto accordando alle autorità pubbliche la flessibilità necessaria alla presa in
carico di tali obiettivi.
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II. Le priorità della modernizzazione per la Francia
1. Evitare nelle modifiche legislative di compromettere
a) la stabilità attuale del campo di applicazione della Direttiva 18 e
b) le nozioni fondamentali del diritto europeo in vigore.
2. Realizzare, per ragioni di efficacia economica, due obiettivi:
a) fare della procedura negoziata preceduta da pubblicità e del dialogo competitivo due
procedure di aggiudicazione “di diritto comune” al pari di quella aperta e ristretta;
b) introdurre più elasticità nell’organizzazione delle fasi procedurali, in particolare
autorizzando l’inversione delle fasi dell’esame dei requisiti di partecipazione e delle
offerte.
3. Considerare due obiettivi fondamentali:
a) allentare la rigorosa separazione tra criteri di selezione e di aggiudicazione e l’oggetto
dell’appalto per rispondere a pieno agli obiettivi di Europa 2020 ed in particolare
stimolare l’innovazione e la presa in conto degli aspetti sociali e ambientali;
b) mantenere l’assenza di disposizioni comunitarie relative alla fase esecutiva degli appalti
nelle direttive.
4. Evitare ogni legislazione a livello UE in materia di cooperazione pubblico-pubblico, materia che
deve continuare ad essere retta dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia a partire dai casi
concreti.
5. Introdurre disposizioni che possano migliorare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici,
riducendo in particolare gli oneri amministrativi legati alla produzione di certificati e
documentazione.
6. Favorire una legislazione di sostegno ai servizi sociali.
7. Creare uno “strumento europeo” che permetta di assicurare una simmetria nell’accesso ai
mercati da parte delle imprese europee e dei paesi terzi, dato che l’apertura reciproca non è
garantita dagli attuali meccanismi (in particolare artt. 58 e 59, D. 17).
III. RISPOSTE DELLE AUTORITÀ FRANCESI SU “COME ACQUISTARE”
Le autorità francesi sottolineano l’esigenza di rendere meno rigido il vincolo tra criteri di
aggiudicazione ed oggetto dell’appalto, senza peraltro sopprimerlo del tutto. In particolare,
propongono di ampliare nell’offerta economicamente più vantaggiosa i criteri complementari di
aggiudicazione facendoli coincidere con quelli proprio di Europa 2020, vale a dire:
a) l’occupazione;
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b) la ricerca e l’innovazione;
c) il cambiamento climatico e l’energia;
d) l’educazione;
e) la lotta alla povertà.
Inoltre, propongono di allentare i legami tra specifiche tecniche e oggetto dell’appalto ampliando le
facoltà delle stazioni appaltanti di imporre specifiche tecniche che prendano in conto gli obiettivi
dello sviluppo sostenibile (quesito 62)..
La logica che ispira le risposte delle autorità francesi è quella di attribuire più poteri alle stazioni
appaltanti che potranno, caso per caso, decidere se applicare gli indicati criteri complementari o le
specifiche tecniche che inglobino obiettivi di Europa 2020.
Allo stesso modo, non si può dire che deve prevalere sempre la preferenza per i produttori locali,
ma occorre che gli aspetti ambientali siano valutati in modo da ricomprendere i diversi modi di
produzione e di trasporto (ad es. un prodotto fabbricato in loco ma con tecniche inquinanti può
essere meno valido di uno trasportato ad es. via acqua da lontano, ma prodotto con tecniche
avanzate).
Occorrerebbe inserire, negli artt. 23 D. 18 e 34 D. 17 – Specifiche tecniche – alla voce “Condizioni
di produzione”, che la valutazione più valida dell’impatto ambientale di un prodotto può essere
quello legato al “costo del ciclo di vita” (ad es. nel settore dei prodotti agricoli o industriali)
prendendo in considerazione le modalità di produzione.
In particolare, la richiesta delle autorità francesi è quella di prevedere esplicitamente nell’art. 53
della D. 18 nella lista dei criteri non limitativi di aggiudicazione nell’ambito dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, l’accessibilità e di aggiungere al criterio del costo di utilizzare
quello, alternativo o complementare, del costo globale o costo del ciclo di vita.
IV. STRUMENTI SPECIFICI PER LE PICCOLE STAZIONI APPALTANTI (risposte ai quesiti 27, 28 e 35)
Le autorità francesi ritengono che, nonostante gli sforzi di semplificazione delle procedure
contenuti nel piano del rilancio economico nazionale, le piccole stazioni appaltanti incontrano
tuttora qualche difficoltà dato che la disciplina degli appalti pubblici necessita di professionalità (si
pensi al recente recepimento della direttiva ricorsi ed all’informatizzazione delle procedure).
Infatti, in Francia vi sono 36.682 Comuni, di cui ben 34.690 che contano meno di 500 abitanti e che
non dispongono dei mezzi finanziari necessari per ricorrere alle prestazioni di professionisti nei vari
campi. Peraltro, già ora il diritto dell’Unione consente il ricorso a vari strumenti a livello nazionale
per migliorare la situazione delle piccole stazioni appaltanti: e la Francia ha recepito tali possibilità.
Così, ad esempio, l’art. 8 del Code de marchés publics permette alle amministrazioni aggiudicatrici
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(servizi dello Stato, collettività territoriali e établissements publics) di raggrupparsi per formare
gruppi di acquisto. Inoltre, gli Enti pubblici di cooperazione intercomunale (ECPI) possono, nei
campi di rispettiva competenza, affidare appalti per conto dei Comuni membri. Infatti, l’articolo L
5211-4-2 del Codice generale degli enti locali territoriali (creato dalla legge n° 2010-1563 del 16
dicembre 2010 di riforma degli enti locali territoriali) apre nuove prospettive come la costituzione
di un servizio comune senza trasferimento di competenze tra l’EPCI a fiscalità propria e uno o più
comuni membri. Questa disposizione ha come obiettivo proprio di favorire la costituzione di
“servizi mutualistici tra i membri funzionali”.
Inoltre, il piano di rilancio economico del 2008 ha già provveduto ad elevare, per gli appalti di
lavori, la soglia per le procedure semplificate (c.d. adaptées) fino al livello di quella comunitaria.
Le autorità francesi auspicano, inoltre, una modifica dell’art. 32, parag. 2,2 della D. 18 nel senso di
rendere possibile negli accordi quadro conclusi da una centrale d’achat l’ingresso anche successivo
alla stipula, senza limiti, di amministrazioni aggiudicatrici (possibilità oggi espressamente esclusa),
consentendo così il dispiegarsi delle potenzialità dell’istituto, così come la possibilità di ricorso alla
procedura negoziata.
2.FRANCIA: B) RISPOSTE DELLA COMMISSIONE AFFARI EUROPEI DEL SENATO
La Commissione affari europei del Senato ha deliberato una Risoluzione quale risposta ai quesiti
del Libro Verde che contiene gli indirizzi d’azione rivolti al Governo.
Tali indirizzi sono così sintetizzati:
1) non sussistono validi motivi per sconvolgere il quadro normativo delle regole europee definite
dalle D. 17 e 18 del 2004;
2) infatti, il fattore della relativa stabilità normativa è essenziale per garantire un’applicazione
coerente di una legislazione complessa;
3) di conseguenza, due devono essere i criteri guida della prevista riforma: semplificazione delle
procedure e libertà delle stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi dei Trattati;
4) pertanto, si deve valutare con favore la possibilità per le stazioni appaltanti di ricorrere alla
procedura negoziata preceduta da pubblicità;
5) tuttavia, in considerazione delle grandi diversità presenti nei vari Stati membri, ciascun paese
dovrebbe avere la facoltà di prevedere o meno tale generalizzazione della procedura negoziata
preceduta da pubblicità:
6) inoltre, va accolta favorevolmente l’ipotesi dell’innalzamento delle soglie Ue, anche se da
attuarsi in aderenza agli internazionali;
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7) al contrario, va respinto in toto il dibattito sulla cooperazione pubblico-pubblico, non ritenendo il
Libro verde “uno strumento adeguato” a trattare tale tema, al pari delle concessioni di servizio;
8) va sostenuto l’obiettivo di migliorare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici, ad esempio
invertendo le fasi della selezione e dell’aggiudicazione, riducendo gli oneri amministrativi ed
incoraggiando il ricorso a fornitori locali;
9) interessante si palesa l’utilizzo della domanda pubblica per perseguire anche obiettivi sociali e
ambientali;
10) tuttavia, va notato che le direttive in vigore già consentono tali obiettivi, pur mancando di
chiarezza e semplicità;
11) peraltro è da ritenere che i principi di libertà delle stazioni appaltanti e di semplificazione
spingano verso una presa in considerazione di tali obiettivi nella fase di attribuzione degli appalti,
ma occorre respingere l’ipotesi di prescrizioni comunitarie precise circa le caratteristiche dei beni o
dei servizi da acquistare;
12) infine, si osserva che in materia di lotta contro il “delitto di favoritismo” e la corruzione,, la
Francia dispone già di una legislazione completa;
13) in via conclusiva, si avanza richiesta al Governo di agire nella direzione degli indicati
orientamenti.
2.Francia c)UGAP: UNIONE DELLE CENTRALI DI COMMITTENZA (organismo creato già alla fine
degli anni 80 e molto attivo presso gli enti locali)
Le risposte riguardano soltanto alcuni quesiti (soprattutto quesiti da 19 a 21) e sono così articolate:
1) si auspica un maggior ricorso alla procedura negoziata preceduta da pubblicità, senza peraltro
generalizzarla, e soprattutto confermare quella non preceduta da pubblicità quale procedura
assolutamente eccezionale quale è ora. Infatti, la procedura negoziata comporta reali rischi di abusi
e discriminazioni.
2) Per contro, tutte le procedure dovrebbero poter utilizzare una fase di negoziazione, con cui le
amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero poter “aggiustare” al meglio i propri bisogni alle
caratteristiche del mercato e ridurre i casi di appalti/accordi quadro dichiarati infruttuosi.
In contropartita di tale facoltà di negoziare, le amministrazioni pubbliche dovrebbero svolgere la
negoziazione in condizioni di trasparenza e non discriminazione, rendendo pubblicamente conto
delle ragioni del ricorso alla negoziazione e della “performance” della negoziazione stessa.
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3) In particolare, l’UGAP propone di distinguere tra le varie stazioni appaltanti, ipotizzando che la
facoltà di negoziare anche nell’ambito delle attuali procedure formali, venga riconosciuta soltanto
alle stazioni appaltanti professionalizzate (come le UGAP appunto), che sono chiamate in
continuazione a mettere in gara importanti appalti ed accordi quadro per conto di molteplici stazioni
appaltanti, per cui sono in possesso di una reale esperienza e capacità gestionale che andrebbe
valorizzata nell’interesse generale prevedendo apposita norma valutativa delle capacità delle
stazioni appaltanti, anche in via sperimentale e transitoria, nelle future direttive.
3) REGNO UNITO: GREATER LONDON AUTHORITY – GLA – Autorità chiamata a contrarre appalti
a) in via diretta nell’ambito territoriale della “Grande Londra” con una spesa annuale diretta di circa
4 md di € in forniture, servizi e lavori e b) in via indiretta mediante il c.d. Joint procurement
(collaborazione con altri enti) di circa 18 md di € all’anno.
Risposte specifiche sono fornite solo a poco più della metà delle domande:
quanto all’innalzamento delle soglie, la risposta è decisamente favorevole tanto per la D. 18 che per
la D. 17., mentre il livello di dettaglio delle norme UE è considerato sufficiente e non va quindi
incrementato, ma vanno specificate meglio le norme in tema di aspetti sociali ed ambientali.
GLA è favorevole ad una maggiore possibilità di negoziazione, soprattutto nel caso di appalti
complessi e conviene sullo sforzo di conseguire il raggiungimento di più avanzati obiettivi sociali
ed ambientali; tutte le amministrazioni devono poter negoziare, ma la negoziazione deve essere
sottoposta a due condizioni precise:
1) complessità del contratto (per cui la negoziazione è vantaggiosa e necessaria) e
2) proporzionalità della procedura rispetto al valore del contratto, nel senso che la negoziazione
comporta di norma maggiori costi per l’ente e le imprese che devono essere giustificati dal valore
del contratto.
Tuttavia GLA ritiene che la generalizzazione delle procedure negoziate possa portare ad abusi e che
l’ampliamento dei casi di ammissibilità dovrebbe essere accompagnata da una Guida indicante
criteri precisi in analogia con quanto fatto per il Dialogo competitivo.
GLA ritiene che (quesito 25) la selezione possa basarsi anche su precedenti esperienze delle
imprese con la stessa stazione appaltante o con altre sulla base di elementi quantificabili e che
(quesito 29) non vi sia necessità di altre norme per le gare sottosoglia.
Quanto all’aggregazione della domanda (quesito 34), GLA si dichiara nettamente favorevole, in
quanto rappresenta una via per ridurre i costi e per ottenere condizioni ottimali: e questo soprattutto
nel caso di piccole stazioni appaltanti. Tuttavia il processo aggregativo comporta scelte anche
manageriali non semplici e va quindi lasciato alla volontà autonoma delle stazioni appaltanti.
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Naturalmente, l’aggregazione rappresenta anche (quesito 36) un pericolo per le PMI, che devono
essere incentivate ad una parallela aggregazione dell’offerta. L’aggregazione è molto appropriata
soprattutto per forniture e servizi e per stimolare l’innovazone (quesito 37).
Con riferimento alle PMI (quesiti 46 e 47), GLA ritiene che le attuali norme siano equilibrate e che
non si debbano tradurre in disposizioni cogenti le indicazioni della Guida delle buone pratiche per
le PMI: questo è compito specifico degli Stati e delle singole autorità. In ogni caso, a livello UE si
potrebbe delineare una norma (quesito 48) che autorizzi le stazioni appaltanti a richiedere
preventivamente nelle gare una semplice “proposta di contratto” e non un’offerta completa e
dettagliata che consenta alle PMI di partecipare senza gravi oneri, almeno nella fase di selezione e
di prima offerta. Allo stesso modo, si propone per la verifica delle capacità finanziarie delle PMI di
fare riferimento al singolo lotto in gara e non all’intero valore dell’intervento (quesito 51).
Quanto alla disciplina a livello UE del subappalto, GLA è contraria (quesito 52), mentre ritiene le
sole specifiche tecniche (quesito 62) insufficienti a consentire di raggiungere obiettivi avanzati in
campo sociale ed ambientale (quesito 62): tuttavia, vi è assenso pieno circa la previsione delle
specifiche tecniche in termini prestazionali, ma non ad una previsione normativa obbligatoria a
livello UE (quesito 63, a).
Anche la procedura del Dialogo competitivo può essere idonea (quesito 65) ad agevolare il
raggiungimento di obiettivi di innovazione, sociali ed ambientali, ma il ricorso a tale procedura è
ancora estremamente marginale e può essere utile avvalersi al meglio degli strumenti elettronici di
supporto alle fasi preparatorie e gestionali delle gare (quesito 66).
Quanto all’eliminazione del criterio del prezzo più basso, GLA è contraria mentre è favorevole
all’estensione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (quesito 70) così come alla previsione
obbligatoria della facoltà delle stazioni appaltanti di limitare ad un massimo prefissato il peso dei
criteri sociali, ambientali o dell’innovazione, per evitare che pesino più del prezzo (quesito 71).
Quanto all’introduzione del criterio del costo dell’intero ciclo di vita dell’opera (quesito 73), GLA
ritiene utile la sua introduzione quale elemento obbligatorio all’interno dei due criteri attualmente
vigenti e che la sua introduzione sia accompagnata da adeguate misure di formazione e
divulgazione.
Con riferimento ai quesiti “che cosa acquistare” GLA precisa che sarebbe utile inserire nelle
direttive una norma che imponga un insieme di requisiti minimi circa gli aspetti sociali, ambientali,
di efficienza energetica per un gruppo basilare di prodotti e servizi (core group of products and
services) che le singole stazioni appaltanti possono elevare e/ estendere, se del caso, a condizione
che siano previsti i mezzi per seguirne in concreto la loro applicazione nei vari contesti nazionali
(quesiti 82-83).
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Infine GLA valuta che non si possano introdurre elementi obbligatori ulteriori sul “che cosa
acquistare” (quesito 88) senza incidere negativamente sul livello di competizione e di apertura del
mercato.
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