Pagina 1 R.G. n. 12214/2015 IL TRIBUNALE DI CAGLIARI SEZIONE

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Pagina 1 R.G. n. 12214/2015 IL TRIBUNALE DI CAGLIARI SEZIONE
R.G. n. 12214/2015
IL TRIBUNALE DI CAGLIARI
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA
riunito in camera di consiglio con l’intervento dei magistrati
Dott. ssa Maria Mura
Presidente
Dott. Ignazio Tamponi
Giudice
Giudice relatore
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 4.2.2016, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. iscritto al n. 12214/2015 R.G.
Promosso dalla
GOLD & CORAL S.N.C. DI PUDDU SERGIO E C., con sede in Cagliari, in persona
del legale rappresentante pro tempore (c.f. 01608760920), rappresentata e difesa dagli
avvocati Benedetto Ballero, Stefano Ballero e Simone Ballero, presso il cui studio in
Cagliari, Corso Vittorio Emanuele II n. 76, è elettivamente domiciliata
Reclamante
Contro la
TUUM S.R.L., con sede in San Giustino (PG), in persona del legale rappresentante pro
tempore (c.f. 03091240543), rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Pozzi,
Giovanni Ghisletti e Francesco Angioni, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di
quest’ultimo in Cagliari, via G.B. Tuveri n. 16
Reclamata
*****
MOTIVI DELLA DECISIONE
Svolgimento del giudizio di prima cure e del giudizio di reclamo.
1. Con ricorso ex artt. 700 c.p.c. e 121, 129, 131 e 132 c.p.i. del 14.10.2015 (R.G. n.
9335/2015) la Tuum s.r.l. ha richiesto a questo Tribunale di voler accogliere le seguente
domande in via d’urgenza:
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Dott. Andrea Bernardino
1) inibire - alla odierna reclamante Gold & Coral s.n.c. di Puddu Sergio e C. - la
produzione, commercializzazione e pubblicizzazione dei gioielli S’AVE MARIA
raffigurati sub doc. 9 (pagine tratte dal sito web www.savemaria.it);
2) disporre il sequestro di tutti i prodotti che si trovino presso la sede della resistente,
presso i suoi magazzini, punti vendita o altri locali di proprietà, nonché presso terzi
detentori, autorizzando un rappresentante della ricorrente ed i suoi difensori ad
assistere alle operazioni di sequestro;
3) ordinare alla resistente il ritiro dal commercio, entro 7 giorni dalla comunicazione o
notifica del provvedimento, di tutti i prodotti già distribuiti, nei confronti di chi ne sia
o al dettaglio;
4) disporre l’estrazione di copia degli elementi di prova dell’entità della violazione,
con particolare riferimento ai documenti attestanti i numero di prodotti venduti ed i
ricavi ed utili conseguiti dalla vendita (inclusi libri IVA, bolle di consegna, ordini e
fatture d’acquisto e di vendita);
5) fissare a carico della parte resistente una penale pari a € 1.000,00 – o al diverso
importo che sarà ritenuto congruo – per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione
dell’emanando provvedimento e pari a € 500,00 – o al diverso importo che sarà
ritenuto congruo – per ogni prodotto reperito sul mercato successivamente alla
comunicazione o notifica dell’emanando provvedimento di inibitoria e ritiro dal
commercio;
6) ordinare la pubblicazione dell’intestazione e del dispositivo dell’emanando
provvedimento, per due volte e con le denominazioni delle parti in grassetto, sui
quotidiani “Corriere della Sera” e “La Repubblica” e sulla rivista “Vanity Fair”, a
cura del resistente, nel termine di 15 giorni dalla comunicazione o notifica del
provvedimento, con diritto della ricorrente, in difetto, a procedere a propria cura e
ottenere il rimborso da parte della resistente delle spese anticipate;
7) ordinare la pubblicazione dell’intestazione e del dispositivo dell’emanando
provvedimento sulla home page del sito web www.savemaria.it, entro 15 giorni dalla
comunicazione o notifica del provvedimento stesso, per un periodo di 30 giorni
consecutivi, con dimensione dei caratteri doppia rispetto alle altre diciture presenti
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proprietario o ne abbia comunque la disponibilità, inclusi terzi rivenditori all’ingrosso
sulla stessa home page;
8) condannare la resistente alla rifusione di compensi e spese legali, oltre oneri di legge.
A sostegno delle proprie domande Tuum ha innanzitutto affermato di aver ideato,
realizzato e commercializzato, sin dal 2009, anelli ed altri gioielli con impresse in rilevo
le preghiere cristiane più note, il Padre Nostro e l’Ave Maria, così realizzando un nuovo
concetto di gioiello, che consentisse un contatto diretto e tangibile con la spiritualità di
chi lo indossa.
I suddetti gioielli, che avevano avuto un immediato successo tra il pubblico a livello
nazionale, avevano prodotto una crescita esponenziale del fatturato aziendale, anche in
apparsi fin dalla prima collezione.
I gioielli Tuum erano stati pubblicizzati su varie riviste, su varie trasmissioni televisive,
sulle principali testate della carta stampata e sui principali social networks, ed erano
presenti in circa 900 punti vendita, situati su tutto il territorio italiano ed in vari paesi
europei ed extraeuropei.
Il notevole successo dei gioielli aveva tuttavia originato numerosi
tentativi
di
imitazione, per proteggersi dai quali essa ricorrente aveva nel tempo registrato i propri
marchi ed il design dei gioielli.
Per quanto concerne i marchi, la peculiare figura di croce che contraddistingue i gioielli
Tuum, utilizzata sia da sola che all’interno del capolettera delle preghiere (come dalle
foto dei gioielli di pag. 6 del ricorso), era stata protetta con le seguenti registrazioni di
marchio italiano:
a) n. 0001507666, richiesta il 23.2.2012 e rilasciata il 29.8.2012 nelle classi 14, 28 e 25,
relativa al simbolo grafico riprodotto a pag. 6 dopo il secondo capoverso (il capolettera
M con la croce all’interno);
b) n. 0001507666, richiesta il 23.2.2012 e rilasciata il 29.8.2012 nelle classi 14, 28 e 25,
relativa al simbolo grafico riprodotto a pag. 6 dopo l’ultimo capoverso (il capolettera P
con la croce all’interno);
c) n. 302015902337459, richiesta l’11.3.2015 (ed ancora in corso di concessione alla
data del deposito del ricorso: verrà poi concessa il 15.12.2015), nelle classi 14, 28 e 25,
relativa al simbolo grafico riprodotto a pag. 7 dopo il primo capoverso.
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conseguenza dei notevoli investimenti pubblicitari, oltre che dei commenti positivi
Insieme ai tre predetti marchi registrati, i tratti distintivi dei gioielli Tuum erano
caratterizzati dallo stile inconfondibile del design.
A tale proposito Tuum era titolare delle seguenti registrazioni di disegni comunitari:
a) n. 00118376-0002, concessa il 6.4.2009, relativa alla figura riprodotta a pag. 7 dopo
il secondo capoverso;
b) n. 0011789363-0002, concessa il 3.12.2010, relativa alla figura riprodotta a pag. 7
dopo il terzo capoverso;
c) n. 001789363-0004, concessa il 3.12.2010, relativa alla figura riprodotta a pag. 7
dopo l’ultimo capoverso;
il primo capoverso.
Tuum ha quindi affermato di essere di recente venuta a conoscenza del sito web
www.savemaria.it, appartenente alla Gold & Coral s.n.c. di Puddu Sergio e C., che
promuove la vendita di anelli costituenti copie pedisseque della collezione di essa
ricorrente, trattandosi di prodotti che, già ad una prima occhiata, risultano essere
un’imitazione pedissequa degli anelli Tuum contenenti la riproduzione dell’identica
croce da quest’ultima utilizzata e registrata come marchio.
Sul predetto sito internet, oltre che nel suo punto vendita in Villasimius, ove essa
ricorrente aveva acquistato un anello S’Ave Maria (acquisto documentato dallo
scontrino prodotto), Gold & Coral offriva, in particolare, fedi in argento e in oro di vari
formati, con incisa la preghiera dell’Ave Maria in lingua sarda, che presentano la
medesima impressione visiva generale dei corrispondenti anelli Tuum.
Tanto premesso in fatto, Tuum ha affermato la piena ricorrenza nel caso di specie di
tutti i presupposti per ottenere la tutela cautelare invocata in via d’urgenza.
Quanto al fumus boni iuris, emergeva, innanzitutto, la violazione delle disposizioni di
cui agli artt. 10 e 19 del Regolamento (CE) n. 6/2002 sui disegni e modelli comunitari.
L’art. 19 del predetto Regolamento dispone che “il disegno o modello comunitario
registrato conferisce al titolare il diritto esclusivo di utilizzare il disegno o il modello e
di vietarne ai terzi l’utilizzo senza il suo consenso (…)”, mentre l’art. 10 prevede che
“la protezione conferita da un disegno o modello comunitario si estende a qualsiasi
disegno o modello che non produca nell’utilizzatore informato un’impressione generale
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d) n. 001994922-0001, concessa il 2.2.2012, relativa alla figura riprodotta a pag. 8 dopo
diversa (…)”.
Nel caso di specie gli anelli S’Ave Maria presentano un’impressione visiva generale
pressoché identica a quella data dagli anelli Tuum, rientrandosi quindi nell’ambito di
applicazione delle norme richiamate.
In particolare:
- per quanto riguardava le fedi a fascia alta il confronto dei gioielli raffigurati a pag. 11
del ricorso dimostrava che Gold & Coral aveva riprodotto esattamente gli elementi
individuanti dei corrispondenti anelli Tuum, ovvero: bordi più sporgenti sul profilo
superiore e inferiore, tagliati allo stesso modo; sequenze di parole in bassorilievo
capolettera contenente la medesima figura di croce, che provoca una percezione visiva
assai simile, nonostante la diversità della lettera (M e P per gli anelli Tuum, D per quelli
Gold & Coral);
- analogamente, per quanto riguardava le fedi bombate, il confronto dei gioielli
raffigurati a pag. 12 del legittimava le medesime considerazioni, dimostrando l’estrema
confondibilità degli anelli.
Tuum ha quindi affermato che la contraffazione dei design registrati da Tuum doveva
ritenersi vietata come tale, a prescindere dall’accertamento di un effettivo rischio di
confusione per il pubblico sull’identità del produttore del bene, perché la registrazione
di un disegno comunitario ha la finalità di tutelare il proprietario contro atti di indebito
sfruttamento del pregio e dell’attrattiva di un design nuovo e originale anche nel caso in
cui il consumatore fosse in grado di comprendere la diversa origine imprenditoriale del
prodotto.
A detta di Tuum, in ogni caso, sussistevano altresì tutti i presupposti per l’accertamento
di un effettivo rischio di confusione.
Ai sensi dell’art. 20 del Codice della Proprietà Industriale, il titolare di un marchio
registrato ha il diritto di vietare ai terzi di utilizzare nell’attività economica “un segno
identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi identici o affini, se a causa
dell’identità o affinità fra i prodotti o servizi possa determinarsi un rischio di
confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i
due segni”, mentre secondo l’art. 2598, n. 1) c.c. “compie atti di concorrenza sleale
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ordinate su righe parallele e nelle stesse due versioni (tono su tono e con fondo scuro);
chiunque usi nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni
distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente,
o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con
l’attività di un concorrente”.
Nel caso di specie era evidente il rischio che il consumatore medio possa confondere o,
quanto meno, associare gli anelli S’Ave Maria agli anelli Tuum, ritenendo che la
collezione S’Ave Maria sia una particolare linea di gioielli Tuum dedicata al pubblico
sardo.
Tale circostanza integrava altresì una condotta illecita ai sensi dell’art. 2598 n. 3) c.c.,
di cui godono i gioielli Tuum sul mercato, anche grazie alla già descritta attività
promozionale, approfittando così parassitariamente del lavoro e della creatività altrui.
Sussisteva anche il periculum in mora, che nei casi di contraffazione o concorrenza
sleale è in re ipsa, poiché la perdita di avviamento e lo sviamento della clientela
rappresentano il tipico effetto dannoso di tali condotte, che sfugge però ad ogni criterio
obiettivo e certo di quantificazione.
Nel caso di specie, poi, i prodotti contraffatti erano già commercializzati da numerosi
rivenditori sul territorio sardo, con un danno rilevantissimo per essa ricorrente.
2. Si è costituita in giudizio la Gold & Coral s.n.c. di Puddu Sergio e C., che ha richiesto
il rigetto dell’avverso ricorso, in quanto infondato in fatto e in diritto, non sussistendo
alcuna delle violazioni ex adverso lamentate.
Parte resistente ha osservato che con domanda presentata il 25.2.2014, ed accolta il
15.4.2015, essa si era legittimata all’uso del modello multiplo ivi descritto, ovvero
all’uso del logo S’Ave Maria, con affiancate sui lati due piccole croci trilobate bizantine
(rectius copte), che si estende all’uso di una preghiera in lingua sarda sui prodotti della
classe 1101 (anelli, bracciali, ciondoli, ecc.).
Come poi, inequivocabilmente, si poteva evincere dal brevetto n. 0000102181, essa
resistente aveva ottenuto la registrazione con effetti estesi all’aspetto graficodesignativo delle scritte e/o denominazioni, da applicarsi ad anelli e bracciali recanti
detta preghiera in lingua sarda, che, a differenza di quella in lingua italiana, inizia con il
capolettera D (Deus ti salvet Maria).
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essendo ovvio che la resistente stesse sfruttando indebitamente la notorietà ed il credito
Contrariamente a quanto sostenuto da Tuum, non vi era alcuna possibilità di confusione
dei prodotti, misurata sul consumatore di media cultura, in quanto: i gioielli di essa
resistente sono di dimensioni diverse rispetto a quelli della ricorrente; in luogo dei
capolettera M o P utilizzano il capolettera D, assolutamente inequivoco e distinguibile;
contengono la preghiera in caratteri minuscoli, in luogo di quelli maiuscoli usati da
Tuum; la preghiera è scritta in lingua sarda invece che in lingua italiana.
Per tali motivi i gioielli commercializzati da essa resistente non comportavano il
paventato rischio di confusione o sviamento di clientela, dovendosi invece presumere
che il consumatore medio acquisti tali gioielli proprio perché contenenti preghiere in
Né poteva dirsi che essa resistente avesse indebitamente sfruttato le campagne
pubblicitarie della ricorrente, poiché quest’ultima non produce alcun gioiello con
preghiera in lingua sarda e la relativa pubblicità non è quindi funzionale alla produzione
dell’esponente.
3. Con l’ordinanza del 9.12.2015, costituente il provvedimento reclamato, il giudice di
prime cure, condividendo appieno le argomentazioni difensive di Tuum, ha accolto il
ricorso, così disponendo: “1) inibisce a Gold & Coral di Puddu Sergio & C snc la
produzione, commercializzazione e pubblicizzazione dei gioielli S’AVE MARIA
raffigurati sub doc. 9 (tratto dal sito web www.savemaria.it); 2) autorizza la società
ricorrente a procedere al sequestro di tutti i prodotti sub 1) che si trovino presso la
sede della resistente o presso i suoi magazzini, punti vendita o altri locali di proprietà,
nonché presso terzi detentori; 3) ordina alla società resistente di ritirare dal
commercio, entro 7 giorni dalla notifica del presente provvedimento, tutti i prodotti sub
1) già distribuiti a terzi rivenditori all’ingrosso o al dettaglio, fissando a suo carico una
penale pari a € 250,00 per ogni prodotto reperito sul mercato successivamente al
decorso di giorni 8 dalla notifica del presente provvedimento; 4) dispone che
l’intestazione ed il dispositivo del presente provvedimento, nel termine di 15 giorni
dalla sua notifica, siano pubblicati a spese della resistente (con diritto della ricorrente,
in difetto, a procedere a propria cura e ottenere dalla resistente il successivo rimborso
delle spese anticipate): a) per una volta sui quotidiani “L’Unione Sarda” e “La Nuova
Sardegna”; b) per un periodo di 30 giorni consecutivi sulla home page del sito web
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lingua sarda.
www.savemaria.it, con dimensione dei caratteri doppia rispetto alle altre diciture
presenti sulla stessa home page; condanna la società resistente, in persona del suo
legale rappresentante pro tempore, a rifondere a Tuum srl le spese del presente
procedimento, che si liquidano in € 4.500 per compensi di avvocato, oltre IVA ed
accessori di legge, ed in € 545,00 per esborsi”.
4. Con ricorso del 21.12.2015 la Gold & Coral s.n.c. di Puddu Sergio & C. ha proposto
reclamo avverso la citata ordinanza, chiedendone l’integrale riforma.
Parte reclamante ha svolto difese analoghe a quelle della fase svoltasi dinanzi al giudice
di prime cure.
brevetto per disegno n. 0000102181, registrato nell’aprile 2015, ed ha altresì
fermamente contestato la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 10 del Regolamento
comunitario n. 6/2002, posto che non poteva affermarsi che i gioielli commercializzati
da essa resistente, agli occhi di un utilizzatore informato, non producessero un
impressione generale diversa da quelli Tuum.
Nel caso di specie il giudice di prime cure non aveva considerato le notevoli e non certo
irrilevanti divergenze presenti nei due tipi di gioielli, e non aveva altresì tenuto nella
dovuta considerazione la peculiarità dell’uso della lingua sarda presente soltanto nei
gioielli S’Ave Maria.
Sul punto la reclamante ha ribadito che il consumatore medio non acquista l’anello
S’Ave Maria per il suo aspetto o perché vi trova una qualsiasi preghiera, ma soltanto
perché vi trova la preghiera in lingua sarda, evocativa della forte identità che connota la
Sardegna.
5. Con ordinanza del 22.12.2015 il Presidente ha disposto la sospensione
dell’esecuzione del provvedimento reclamato.
6. Instaurato il contraddittorio, si è costituita la Tuum, che ha richiesto il rigetto
dell’avverso reclamo in quanto infondato in fatto ed in diritto.
7. All’udienza del 21.1.2016 il Tribunale ha rinviato all’udienza del 4.2.2016
assegnando alla parte reclamante termine per note entro il 28.1.2016 ed alla parte
reclamata termine per repliche entro il 3.2.2016.
All’udienza del 4.2.2016 sono stati acquisiti i seguenti gioielli: quattro anelli a fascia
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Ha osservato che il predetto giudice non aveva tenuto in alcuna considerazione il
alta consegnati da Gold & Coral e due fedi bombate consegnate da Tuum.
Dopo breve discussione il Tribunale si è riservato di decidere.
******
La decisione in merito al reclamo.
8. Il reclamo è infondato, per i motivi di seguito esposti.
Tuum ha denunciato la contraffazione dei disegni comunitari e dei marchi registrati di
cui si è detto (v. il paragrafo 1.).
Ai sensi dell’art. 19, primo comma, del Regolamento CE n. 6/2002, “La protezione
conferita da un disegno o modello comunitario si estende a qualsiasi disegno o modello
Tale disposizione è ripresa dal legislatore nazionale all’art. 33 primo comma C.P.I.,
secondo il quale “Un disegno o modello ha carattere individuale se l’impressione
generale che suscita nell’utilizzatore informato differisce dall’impressione generale
suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato
prima della data di presentazione della domanda di registrazione o, qualora si
rivendichi la priorità, prima della data di quest’ultima”.
Ai sensi dell’art. 20, primo comma, C.P.I., “I diritti del titolare del marchio d’impresa
registrato consistono nella facoltà di fare uso esclusivo del marchio. Il titolare ha il
diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell’attività economica:
a) un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è
stato registrato;
b) un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o
affini, se a causa dell’identità o somiglianza fra i segni e dell’identità o affinità fra i
prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può
consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni;
c) un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non
affini, se il marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l'uso del segno senza
giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o
dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi”.
La nozione di utilizzatore informato è stata chiarita dalla Corte di Giustizia CE con la
nota pronuncia del 20.10.2011 resa nel procedimento C-281/10 P (PepsiCo, Inc. C/
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che non produca nell’utilizzatore informato un’impressione generale diversa”.
Grupo Promer Mon Graphic, SA e UAMI).
Al par. 53 la Corte, dopo aver premesso che il Regolamento n. 6/2002 non contiene una
definizione di “utilizzatore informato”, ha precisato che tale espressione deve essere
intesa “come una nozione intermedia tra quella di consumatore medio, applicabile in
materia di marchi, al quale non è richiesta alcuna conoscenza specifica e che in
generale non effettua un confronto diretto tra i marchi in conflitto, e quella della
persona
competente
in
materia,
esperto
provvisto
di
competenze
tecniche
approfondite”.
Ed ancora, secondo la Corte (par. 59), se da un lato l’utilizzatore informato “non è il
percepisce di norma un disegno o modello come un tutt’uno e non effettua un esame dei
suoi singoli elementi”, dall’altro “non è neppure l’esperto o la persona competente in
materia in grado di osservare nei dettagli le differenze minime che possono esistere tra
i modelli o disegni in conflitto”.
Sempre secondo la Corte, non è richiesto che l’utilizzatore informato debba sempre
procedere ad un confronto diretto dei disegni o modelli di cui trattasi, non potendosi
escludere che un confronto del genere non sia fattibile o sia inusuale nel settore
interessato. Ed infatti l’utilizzatore informato ben può procedere ad un confronto
soltanto indiretto, basato sul suo ricordo.
La giurisprudenza comunitaria e la giurisprudenza di merito italiana hanno chiarito che
il giudizio di confondibilità va fatto tenendo conto dell’impressione d’insieme che il
raffronto tra i due segni può suscitare e procedendo all’esame comparativo dei segni in
conflitto non in via analitica, ma in via unitaria sintetica, mediante un apprezzamento
complessivo che tenga conto degli elementi principali e di tutti i fattori pertinenti del
caso di specie (v. Trib. Milano, sentenza n. 3128/2015 pubbl. il 10.3.2015, e Trib.
Milano, sentenza n. 9250/2015 pubbl. il 5.8.2015, che richiamano entrambe C.G.C.E.,
10 aprile 2008, caso Adidas/Marca Mode e C.G.C.E., 12 giugno 2008, caso O2).
Nel caso di specie la registrazione del brevetto per disegno da parte della Gold & Coral
è avvenuta nell’aprile del 2015, ed è quindi successiva di alcuni anni rispetto alla
registrazione di tutti i marchi e i disegni comunitari di Tuum (ad eccezione della sola
registrazione del marchio nazionale n. 0001661919 concessa in data 15.12.2015, che
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consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto che
non riguarda i capolettera).
Dall’esame visivo degli anelli si può affermare che quelli S’Ave Maria presentano una
impressione visiva generale pressoché identica a quella degli anelli Tuum.
Per quanto riguarda le fedi c.d. a fascia alta, quelle S’Ave Maria riproducono gli
elementi individualizzanti degli anelli Tuum, caratterizzati da:
- bordi più sporgenti sul profilo superiore e inferiore, tagliati allo stesso modo;
- sequenze di parole in bassorilievo ordinate su righe parallele (nelle stesse versioni, sia
tono su tono che con sfondo scuro);
- capolettera contenente una figura di croce pressoché identica.
in bassorilievo ordinate su righe parallele.
L’effetto visivo dei gioielli è davvero simile.
Ad avviso del Collegio le differenze pur presenti negli anelli S’Ave Maria (lettera D nel
capolettera in luogo della P o della M, caratteri minuscoli in luogo di quelli maiuscoli e
croce all’interno del capolettera leggermente differente) costituiscono dettagli di non
immediata percezione, ma apprezzabili soltanto da un esperto del settore, e, come tali,
non suscettibili di ingenerare nell’utilizzatore informato un’impressione generale
differente.
A tale proposito il Collegio osserva ancora che, per quanto concerne più specificamente
la tutela del marchio registrato, secondo l’orientamento della giurisprudenza
comunitaria (v. C.G.C.E., Prima Sezione, sentenza del 3 settembre 2009, C-498/07),
ripresa anche dalla giurisprudenza italiana (v. Trib. Torino, ordinanza 11.7.2014,
relativa al caso Seven), “la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi,
per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi in esame,
sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi”, ragion per cui “nel verificare
l’esistenza di un rischio di confusione, la valutazione della somiglianza tra due marchi
non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio
complesso e paragonarla con un altro marchio. Occorre invece effettuare il confronto
esaminando i marchi in questione considerati ciascuno nel suo complesso”.
Nel caso di specie il Collegio, in seguito all’esame visivo dei gioielli acquisiti a tal fine,
ritiene che l’impressione complessiva prodotta ingeneri il rischio di confusione.
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Lo stesso discorso vale per le fedi c.d. bombate, che presentano la sequenza delle parole
Non vi è pertanto necessità di disporre C.T.U., quantomeno nella presente fase
cautelare.
E ciò anche in considerazione del fatto che, per le ragioni di cui si è detto, il giudizio di
confondibilità non deve essere formulato da un esperto del settore, come finirebbe per
essere il C.T.U..
Per quanto poi attiene alla peculiarità della preghiera in lingua sarda presente nei gioielli
S’Ave Maria, osserva il Collegio che l’identità dei prodotti che vengono contraddistinti
con i marchi in contestazione e la riproduzione dell’altrui marchio anteriormente
registrato comporta, all’esito della predetta valutazione sintetica e di insieme, il
marchio registrato di fare uso di un segno simile al marchio registrato per prodotti
identici o affini, determinandosi un rischio di confusione per il pubblico, che potrebbe
anche solo ritenere che vi sia un qualche legame commerciale (ad es. di co–branding)
tra le due aziende (v. in tal senso Trib. Torino, ordinanza 11.7.2014).
Per quanto poi attiene alla doglianza di parte reclamante in merito al sequestro dei
gioielli eseguito presso terzi rivenditori, ai sensi dell’art. 130, quarto comma, C.P.I.,
“La descrizione e il sequestro possono concernere oggetti appartenenti a soggetti
anche non identificati nel ricorso, purché si tratti di oggetti prodotti, offerti, importati,
esportati o messi in commercio dalla parte nei cui confronti siano stati emessi i suddetti
provvedimenti e purché tali oggetti non siano adibiti ad uso personale”.
In considerazione della ratio legis sottesa a tale disposizione, che mira evidentemente a
garantire la piena efficacia della misura cautelare evitando la diffusione dei prodotti
oggetto di inibitoria, il sequestro deve essere disposto non solo presso l’impresa
convenuta, ma anche presso terzi allo stato non individuati (v. ad es., tra le varie
pronunce in tal senso, l’ordinanza del Trib. Torino pubbl. il 24.10.2014 – R.G. n.
26590/2014, che ha disposto il sequestro dei prodotti “sia presso la sede legale, sia
presso sedi secondarie, unità locali, magazzini e pertinenze, nonché presso terzi
grossisti, intermediari e rivenditori commerciali”).
9. In conseguenza della decisione sul reclamo si osserva che il provvedimento
depositato in data 23.12.2015, di sospensione dell’esecuzione dell’ordinanza reclamata,
ha perduto ogni sua efficacia.
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verificarsi di quel rischio di associazione tra segni distintivi che consente al titolare del
L’ordinanza reclamata, pertanto, riprende ad avere efficacia esecutiva.
10. Deve essere disposta la restituzione dei gioielli acquisiti alle parti che li hanno
rispettivamente consegnati (v. il punto 7.).
11. Per quanto concerne le spese, si osserva che non vi è luogo a provvedere su di esse.
Con l’ordinanza reclamata è stato disposto il sequestro dei prodotti ivi indicati.
Stante la natura del provvedimento cautelare emanato, esso rende necessario il giudizio
di merito, trattandosi di misura cautelare conservativa.
Nel caso di specie, peraltro, il giudizio di merito è stato già introdotto da Tuum (v. l’atto
di citazione prodotto sub doc n. 23).
giurisprudenza in casi analoghi (v. la citata ordinanza del Trib. Torino pubbl. il
24.10.2014 – R.G. n. 26590/2014; v. l’ordinanza del Trib. Torino pubbl. il 21.2.2013,
R.G. n. 3328/2013), ogni decisione in ordine alle spese deve essere rimessa al giudizio
di merito.
La condanna della Gold & Coral alle spese della prima fase non doveva pertanto essere
disposta dal giudice di prime cure.
E tuttavia, non essendo stato tale capo dell’ordinanza fatto oggetto di uno specifico
motivo di reclamo (parte reclamante si è limitata a richiedere la vittoria delle spese di
entrambe le fasi cautelari), il Collegio non può provvedere d’ufficio alla modifica
dell’ordinanza in parte qua.
P.Q.M.
Il Tribunale, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione:
1) rigetta il reclamo;
2) dispone la restituzione dei gioielli acquisiti all’udienza del 4.2.2016 alle parti che li
hanno rispettivamente consegnati;
3) nulla sulle spese.
Si comunichi.
Cagliari, 16.3.2015.
La Presidente
Dott. ssa Maria Mura
Il giudice estensore
Dott. Andrea Bernardino
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Ed allora, in applicazione degli artt. 669-octies c.p.c. e 132 C.P.I., e come stabilito dalla