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1 Sono grato agli organizzatori di questo convegno, in
Convegno “Contratto e Crisi d’Impresa”
Verona, Boscolo Hotel Leon D’Oro, 19-20 maggio 2006
Prof.Agostino Gambino, Università La Sapienza di Roma
Sono grato agli organizzatori di questo convegno, in particolare al
dott. Fabrizio Di Marzio, per avermi invitato a coordinare e ad introdurre i
lavori della prima sessione odierna, dedicata ai contratti con l’impresa in crisi
e cioè agli accordi tra l’imprenditore e i creditori con i quali si intenda
conseguire il riequilibrio economico-finanziario e il risanamento dell’impresa
anche attraverso nuovi finanziamenti.
Nel marzo del 2004 mi ero cimentato in altro convegno in una
riflessione sulle istanze che avrebbero dovuto essere soddisfatte anche in
Italia in funzione di prevenzione, sulla linea di tendenza proposta dalle
recenti legislazioni europee, prima della Gran Bretagna, poi della Germania,
Austria e Spagna, a loro volta mutuatarie del Chapter Eleven negli USA con
il procedimento di ristrutturazione dell’impresa in crisi.
La critica di allora al progetto italiano di riforma organica delle
procedure concorsuali, appena reso pubblico e fortunatamente abortito,
voleva richiamare l’attenzione sull’esigenza urgente, espressa dal mondo
delle imprese e dell’economia, di realizzare una disciplina anticipatoria, che
avesse come riferimento esclusivo la tutela dei creditori e riconoscesse a
questi la libertà di ricercare e definire una soluzione per loro accettabile del
problema del finanziamento dell’impresa quando vi siano i primi sintomi
della crisi. Mi ricollegavo idealmente alle proposte illustrate dal prof. Piero
Schlesinger, con la maestria e con la passione che gli sono proprie, al fine di
realizzare normativamente un “ombrello” di protezione dei creditori, che
garantisse l’eseguibilità degli accordi con l’imprenditore in crisi eliminando i
rischi di revocatoria e di concorso in bancarotta.
Con la prima riforma legislativa del marzo 2005, sulla quale il
Convegno riflette questa mattina, ci si è posti sulla linea di tendenza europea,
offrendo soluzioni preventive della crisi dell’impresa attraverso strumenti
essenzialmente privatistici. Di qui la ragione ispiratrice di questo convegno,
che intende valorizzare la chiave di lettura privatistica della disciplina.
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Convegno “Contratto e Crisi d’Impresa”
Verona, Boscolo Hotel Leon D’Oro, 19-20 maggio 2006
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Le nuove tipologie dei contratti diretti al salvataggio e al risanamento
dell’impresa intendono prevenire e possibilmente eliminare la prospettiva di
procedure concorsuali maggiori. Ma, proprio per tale funzione, la nuova
disciplina contrattuale si pone a fianco del rinnovato istituto del concordato
preventivo: anch’esso destinato a dare forte spazio all’iniziativa privata e alla
gestione della soluzione della crisi affidata all’imprenditore e ai suoi
creditori.
In questo quadro sistematico è chiara l’opportunità del concorso della
riflessione e dell’approfondimento tecnico-giuridico ad opera di cultori del
diritto privato, del diritto commerciale e fallimentare e del mercato
finanziario. Quanto al concorso degli esperti del mercato finanziario per i
dissesti di maggiore dimensione, esso è richiesto anche per il fatto che la
parallela riforma del diritto delle società di capitali, entrata in vigore nel
2004, offre nuove larghe opzioni ai piani di risanamento, agli accordi di
ristrutturazione e allo stesso concordato preventivo con la possibile emissione
di strumenti finanziari partecipativi e non, caratterizzati da diverse aspettative
di rimborso e di rendimento. Al riguardo è anche di notevole interesse
l’espressa previsione che nel concordato preventivo possa essere contemplata
l’assunzione del concordato da parte di società partecipata dai creditori,
secondo un modello creato e costruito dal prof. Pellegrino Capaldo per il
concordato preventivo della Federconsorzi. Tale modello potrebbe essere
attuato anche negli accordi di ristrutturazione, per i quali infatti è stato
adottato l’ampio termine di “accordi” postulando così una categoria aperta di
contratti finalizzati alla ristrutturazione dell’impresa.
Riterrei quindi che, per cogliere lo spirito e l’effettiva portata della
novella del marzo 2005, nella valutazione del ruolo dato ai creditori nei
confronti dell’imprenditore in crisi non si possa prescindere dal parallelo
esame dell’istituto marcatamente pubblicistico, in quanto caratterizzato da
limitazioni ai poteri gestori dell’imprenditore e da costante sorveglianza
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esterna del commissario giudiziale, del concordato preventivo accanto ai
nuovi istituti contrattuali finalizzati al riequilibrio e al risanamento
dell’impresa e operanti anche in assenza di stato di insolvenza. Anche nel
concordato preventivo infatti, a seguito dell’interpretazione autentica dello
“stato di crisi” con l’inserimento di un ultimo comma nel nuovo art. 160 l.
fall. (art. 36 d.l. 30 dicembre 2005, n. 273), lo stato di crisi può non
comportare attuale insolvenza (“per stato di crisi si intende anche lo stato di
insolvenza”). Si sono così superate le incertezze giurisprudenziali circa la
comprensione dello stato di difficoltà temporanea nella nozione di crisi
dell’impresa. Si è reso chiaro che lo “stato di crisi”, presupposto del
concordato preventivo, comprende anche la c.d. insolvenza reversibile, che
rappresentava il presupposto della procedura di amministrazione controllata.
Di qui, con l’esclusione dell’automaticità della dichiarazione di fallimento in
caso di rigetto della domanda di concordato preventivo, come pur
sembrerebbe dal testo dell’art. 162, co. 2, l. fall., ed in coerenza con l’ampia
portata del rinnovato concordato preventivo, l’eliminazione normativa
dell’istituto dell’amministrazione controllata effettuata dalla nuova legge
fallimentare.
Pertanto, con un radicale mutamento di prospettiva rispetto alla
disciplina anteriore al 2005 poichè anche il concordato preventivo può avere
funzione preventiva ad evitare il prodursi di una crisi irreversibile, sono oggi
operativi tre distinti istituti, fra loro complementari. Il giudizio su di essi deve
essere dato valutando in progressione le certezze giuridiche date ai creditori
che intendano contribuire alla ristrutturazione dell’impresa con sacrifici alle
loro posizioni ed in sostituzione delle procedure concorsuali maggiori con la
dispersione di ricchezza ed i tempi lunghi che queste inevitabilmente
comportano.
Il primo istituto – il più debole quanto a certezze per i creditori – è il
piano che “appaia” idoneo a consentire il risanamento della esposizione
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debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione
finanziaria. Il risanamento economico e il riequilibrio finanziario devono
espressamente concorrere, ma è sufficiente che di tale risultato si faccia
carico un piano che “appaia” idoneo all’esame dell’esperto chiamato a
garantirne idoneità e quindi ragionevolezza. Tale accordo, concluso con uno
o più creditori ha, come ogni contratto di diritto privato, “forza di legge tra le
parti” (art. 1372, co.1, cod. civ.) senza alcun intervento del tribunale. Gli
effetti giuridici sono costituiti dalla irrevocabilità degli atti e degli accordi
esecutivi nel caso in cui il piano non consegua il risultato previsto e
intervenga la procedura concorsuale maggiore (art. 67, co.3, lett. d, l. fall.).
In tal caso la certezza giuridica è ridotta perchè a seguito di fallimento,
che è sempre possibile, sarà il tribunale in sede fallimentare che dovrà
accertare se quel concreto piano apparisse effettivamente idoneo e cioè fosse
ragionevole pur in presenza di un giudizio positivo dell’esperto. Solo tale
successivo accertamento garantirà definitivamente la irrevocabilità degli atti
e dei pagamenti. Il piano non rappresenta quindi uno strumento di esenzione
certa della revocabilità degli atti e pagamenti esecutivi.
Il secondo istituto dà ai creditori e all’imprenditore un grado di
certezza molto più forte ed è rappresentato dagli accordi di ristrutturazione
dei debiti stipulati con i creditori che rappresentino almeno il sessanta per
cento dei debiti e che vengano sottoposti alla verifica del tribunale con lo
strumento dell’omologazione in camera di consiglio (quindi in tempi rapidi).
E’ questo il vero “ombrello” protettivo garantito dal giudizio del tribunale, in
quanto, in caso di successivo fallimento sempre possibile, non potranno
essere posti in discussione gli effetti giuridici verificatisi con l’attuazione
dell’accordo. Peraltro la legge si preoccupa di confermare che anche tali
accordi hanno carattere privatistico e li dichiara giuridicamente efficaci
indipendentemente dall’omologazione del tribunale, anche se in tal caso non
è assicurata la loro irrevocabilità a seguito dell’intervento successivo di una
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procedura concorsuale maggiore. E’ solo richiesto che, per l’efficacia
giuridica dell’accordo, i creditori non partecipanti ad esso ne abbiano
conoscenza legale con il suo deposito nel registro delle imprese, potendo così
essi avere conoscenza dei caratteri e delle modalità della ristrutturazione
economico-finanziaria dell’impresa, pur se in ogni caso l’accordo di
ristrutturazione non può imporre sacrifici ai creditori non partecipanti ad esso
in base al principio della relatività degli effetti dei contratti tra le parti.
L’omologazione del tribunale, in contraddittorio con i creditori
opponenti entro trenta giorni dalla pubblicazione, ha peraltro l’importante
significato pratico di anticipare il giudizio dell’autorità giudiziaria nel caso di
successivo fallimento, dando certezza giuridica ai creditori circa la
irrevocabilità degli atti e pagamenti esecutivi e l’assenza di responsabilità
penale. La stabilità degli effetti dell’accordo è piena, spettando al giudice di
valutare, già con l’omologazione, se siano previsti benefici a favore dei soli
creditori partecipanti con discriminazione di quelli estranei all’accordo.
Infine, con l’accordo dei creditori rappresentanti la maggioranza dei
crediti anche per classi si apre la prospettiva del concordato preventivo, che
consente l’imposizione di sacrifici a tutti i creditori (compresi quindi i
creditori privilegiati) ed il cui presupposto comprende ora anche le difficoltà
temporanee, alle quali era dedicata la distinta procedura di amministrazione
controllata. La certezza giuridica offerta ai creditori ed esclusiva della
procedura di concordato è duplice: la ristrutturazione del debito, con il
possibile sacrificio dei creditori per classi, vincola i creditori assenti e
dissenzienti anche all’interno della classe pregiudicata; opera il divieto di
esecuzioni individuali con la garanzia che il patrimonio dell’imprenditore è
integralmente destinato alla soddisfazione proporzionale dei creditori.
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