Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Taranto

Transcript

Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Taranto
Ufficio stampa
Rassegna
stampa
2 Aprile 2005
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
SOMMARIO
Pag. 3 SCUOLE FORENSI: Alcune componenti puntano sui corsi di specializzazione
Contrari i giovani (il sole 24 ore)
Pag. 5 COMPETITIVITA’: Senza revocatorie, il gettito in calo (italia oggi)
Pag. 6 COMPETITIVITA’: Colap: « La competitività va modificata » (il sole 24 ore)
Pag. 7 COMPETITIVITA’: Notai, competitività a caro prezzo (italia oggi)
Pag. 9 TRIBUNALI: Il security day della giustizia: a Torino il punto sulla
sicurezza informatica - di Gabriele Guarda (diritto e giustizia)
Pag.11 AVVOCATI: Sentenze contumaciali: ai penalisti non piacciono le modifiche
(diritto e giustizia)
Pag.13 CONCORDATO PREVENTIVO: Semplificata l'
adesione al concordato
preventivo (italia oggi)
Pag.15 CONVEGNI E MANIFESTAZIONI: Meeting point (diritto e giustizia)
02/04/2005
2
IL SOLE 24ORE
RIFORME IN CANTIERE • In stand by il progetto per la formazione degli avvocati
Scuole legali senza intesa
Alcune componenti puntano sui corsi di specializzazione Contrari i giovani
ROMA • La riforma dell'
iter di accesso alla professione da avvocato è ancora in stand by.
Continuano i lavori della commissione coordinata dal sottosegretario al ministero dell'
Istruzione,
Maria Grazia Siliquini, ma il punto di arrivo sembra lontano. Trovato l'
accordo sul modello « 1+ 4 »
per ricalibrare il percorso della laurea magistrale in Giurisprudenza, non c'
è invece ancora un'
intesa
complessiva sulle modalità della formazione post laurea per i candidati avvocati. E non si è ancora
trovato uno schema per l'
equiparazione tra scuole di specializzazione universitaria per le professioni
legali ( le cosiddette " Bassanini" che sono circa una quarantina) e le 80 scuole gestite dai Consigli
degli Ordini forensi.
« Su alcuni aspetti — spiega Antonio Padoa Schioppa, che fa parte del gruppo di lavoro coordinato
da Siliquini— l'
intesa si è già delineata, in particolare sul fatto che l'
approccio pratico delle scuole
vada accentuato e che il tirocinio effettivo in uno studio legale sia irrinunciabile purché inserito
all'
interno del biennio di specializzazione. Si tratta di vedere se la commissione indicherà
miglioramenti destinati alle scuole post universitarie per tutte le professioni legali o se invece
provvederà a riscrivere il sistema di accesso per gli avvocati. Nel primo caso sarebbero
probabilmente sufficienti interventi regolamentari, nel secondo si renderebbero indispensabili
provvedimenti di tipo legislativo».
Giuseppe Bassu, delegato del Consiglio nazionale forense nell'
ambito della commissione, in attesa
della conclusione dei lavori preferisce non sbilanciarsi. « Le scuole forensi — dice Bassu —
continueranno senz'
altro a occuparsi della formazione esclusiva degli avvocati, accanto alle
specializzazioni universitarie oggi rivolte anche a chi vuole diventare magistrato o notaio » . Tra
l'
altro, Bassu non esclude che in futuro l'
iscrizione a una struttura di formazione, a numero
programmato, diventi l'
unica via per svolgere il periodo di praticantato. La " pratica" in studio
legale verrebbe conciliata con lezioni ed esercitazioni.
Anche sulla durata delle scuole non c'
è una posizione univoca, se cioè sarà biennale e se comporterà
uno sconto sul tirocinio presso lo studio.
In ogni caso le componenti dell'
avvocatura difendono il ruolo delle scuole di categoria. Afferma
Mario Papa, alla guida dei giovani avvocati dell'
Aiga: « Anche l'
offerta formativa delle scuole
forensi dovrà garantire un mix equilibrato fra teoria e pratica, evitando di configurarsi come un
mero prolungamento dell'
università » . Inoltre, se verrà prevista una prova di ingresso e una
intermedia, oltre a un sistema di valutazione continua, occorrerà — secondo Papa — alleggerire
l'
esame di Stato.
Per Ettore Randazzo, presidente dell'
Unione Camere Penali, « Nell'
iter formativo degli aspiranti
avvocati un ruolo di preminenza deve essere attribuito alle scuole e in generale alle iniziative
promosse da Ordini e associazioni di categoria».
Dello stesso avviso Michelina Grillo, alla guida dell'Oua: « La frequenza in studio dovrà
continuare durante il biennio di corso che, gradualmente, dovrà diventare l'iter obbligatorio
per esercitare la professione, mentre il sistema tradizionale sopravviverà nel periodo
transitorio ».
Invece, un forte dissenso rispetto al sistema " scuole" di specializzazione legale, viene dall'
Anpa,
l'
Associazione praticanti e giovani avvocati: « La pratica — sostiene il presidente, Gaetano Romano
3
— va svolta in studio in quanto il rapporto con il dominus è unico. Il tirocinio attraverso la scuola
diventerebbe privilegio di pochi, in quanto porrebbe a carico del praticante costi pesanti. Con la
riforma è a rischio anche la possibilità di esercitare il patrocinio dopo il primo anno di pratica » .
Tuttavia, il sottosegretario Siliquini manifesta ottimismo: « L'
intesa sostanzialmente è stata
raggiunta.
Chiuderemo entro il mese di aprile la riforma e — spiega una nota— con l'
introduzione dei criteri di
accreditamento renderemo di pari dignità le scuole forensi e quelle universitarie » .
CHIARA CONTI
02/04/2005
4
ITALIA OGGI
DECRETO COMPETITIVITÀ/Sono le conseguenze delle modifiche alle procedure fallimentari
Senza revocatorie, il gettito in calo
L'
erario soffre per il mancato incasso del contributo unificato
Niente revocatorie e il piatto dello stato piange. La riduzione delle ipotesi in cui è possibile esperire l'
azione
revocatoria prevista dal dl sulla competitività, infatti, rischia di creare qualche problema di gettito per il
mancato introito del contributo unificato. Non solo. In tema di irrevocabilità degli atti di compravendita di
prime abitazioni, infatti, è stato creato un ingorgo normativo per la presenza di due norme che potrebbero
creare incertezza tra gli operatori. Da una parte, il dl competitività, dall'
altra, l'
art. 9 del dlgs sui fallimenti
immobiliari che non sono perfettamente coincidenti.
Problemi di gettito. A segnalare il rischio di perdite secche per le casse dello stato dal nuovo regime di
revocabilità degli atti nel corso di procedure fallimentari è il servizio bilancio del senato nel rapporto sul dl,
che precede il parere dell'
omologa commissione. In particolare, sono tre i profili critici segnalati. Da una
parte, il minor gettito a titolo di contributo unificato. ´Il contributo'
, ricorda il servizio bilancio, ´sostituisce
l'
imposta di bollo e i diritti di cancelleria relativi agli atti di procedura fallimentare, cioè atti necessari e
funzionali alla procedura stessa'
. Meno azioni revocatorie (sulle rimesse bancarie, sui pagamenti in termini
d'
uso), quindi, e meno introiti per la casse dello stato, anche di carattere ingente visto i grandi numeri delle
procedure fallimentari in essere (le pendenze a giugno 2004 erano oltre 109 mila). In secondo luogo, non è
chiaro se il concordato preventivo proposto ai creditori da parte dell'
imprenditore sia sottoposto o meno al
contributo unificato. Infine, sottolinea il servizio bilancio, la riduzione dei tempi per la chiusura della
procedura di concordato potrebbe implicare effetti in termini di cassa. ´In particolare'
, sottolinea il dossier, ´i
creditori del soggetto sottoposto a procedura concorsuale potrebbero, entro un lasso di tempo di più breve
rispetto a quello attuale, vantare il credito Iva per la quota o la totalità di ricavo non incassato. Circostanza
che, riflessa nel gran numero di procedure poste in essere, potrebbe generare effetti di cassa'
.
Delle due, l'
una. Due le norme, per di più non coincidenti, che attualmente disciplinano l'
irrevocabilità degli
atti di compravendita di immobili a uso abitativo. Il governo dovrà decidere quale mantenere. Da una parte,
la lettera c) comma 3, articolo 2, del dl competitività in fase di conversione; dall'
altra l'
articolo 9 dello
schema di decreto legislativo che attua la legge 210/2004 sui fallimenti immobiliari. Più asciutta la prima,
con qualche dettaglio in più la seconda. Ma la loro coesistenza provoca problemi di incertezza. La prima
parla solo di ´giusto prezzo'senza specificare in quale momento deve essere considerato, laddove lo schema
di dlgs parla di data della stipula del preliminare. Inoltre, lo schema di dlgs ha una portata più ampia visto
che estende l'
irrevocabilità agli atti di trasferimento oltre che della proprietà anche di altri diritti reali. Si
tratta, per esempio, del trasferimento delle nuda proprietà anche se non è plausibile che da tale contratto si
possa derivare nell'
arco di 12 mesi la propria residenza nell'
immobile, come richiede lo stesso art. 9.
Tuttavia, anche se sotto il profilo pratico queste distinzioni potrebbero apparire formali, un chiarimento si
impone. E infatti il sottosegretario alla giustizia Michele Vietti, che ha predisposto per il governo le due
norme, nei prossimi giorni formalizzerà la scelta sulla disposizione da preferire, probabilmente quella più
secca del dl. D'
altra parte, i confini dell'
intervento sul fallimentare ancora non sono chiari. In sede di
conversione del dl è certo che l'
intervento sulle revocatorie e sul concordato preventivo non rimarranno gli
unici. Si tratta di stabilire adesso quanta parte del ddl collegato trasmigrerà nella legge di conversione.
(riproduzione riservata)
Claudia Morelli
02/04/2005
5
IL SOLE 24 ORE
Colap: « La competitività va modificata »
ROMA • Contrastare la presa di potere economico e politico che gli Ordini potrebbero incassare. In
questa prospettiva si innesta il pacchetto di emendamenti elaborati dal Colap ( il coordinamento
delle associazioni non regolamentate) alla " mini riforma" delle professioni inserita nel Dl
competitività.
A formulare le richieste di modifica, con votazione unanime, è stata, giovedì scorso, l'
assemblea dei
presidenti del Colap. Le associazioni non regolamentate nel testo in fase di conversione alla Camera
vedono un pericoloso sbilanciamento a favore degli Albi, per la loro possibile moltiplicazione, per
gli obblighi di iscrizione per i dipendenti abilitati e per la presenza decisiva dei rappresentanti degli
Ordini nelle commissioni d'
esame. Ma a preoccupare è soprattutto l'
ambiguità della formulazione
relativa alle attività tipiche, riconosciute ai profili ordinistici, che rischiano — secondo il Colap —
di tradursi in un'
estensione a macchia d'
olio delle riserve, impedendo, di fatto, il riconoscimento
delle associazioni ( che non possono duplicare gli Albi) e mettendo fuori legge centinaia di migliaia
di professionisti.
Secondo il Colap, infatti, « l'
unico risultato certo della norma è di rafforzare politicamente ed
economicamente gli Ordini » , imponendo nuovi vincoli burocratici e costose farraginosità ai
professionisti dipendenti delle pubbliche amministrazioni e dell'
impresa privata.
Fatti salvi gli Ordini attualmente esistenti, il Colap chiede, dunque, che ulteriori istituzioni siano
subordinate alla necessità di tutelare interessi costituzionalmente rilevanti, con parere vincolante del
Cnel e dell'
Authority sulla concorrenza.
Il riconoscimento delle Associazioni — sostiene il Colap — non attribuisce loro alcun diritto di
esclusiva, né di sovrapposizione alle attività riservate degli Ordini. Ma le Associazioni, per poter
essere riconosciute con iscrizione al registro del ministero della Giustizia, devono essere dotate di
una struttura e di una rappresentanza interna a base democratica. A loro dovrebbe essere, inoltre,
demandata la determinazione dei livelli di qualificazione professionale degli iscritti e la
certificazione, così come l'
aggiornamento periodico. Il Colap chiede che le Associazioni, di natura
privata e a iscrizione volontaria, siano abilitate a rilasciare attestati e a vigilare sul rispetto delle
regole
di
correttezza
nello
svolgimento
dell'
attività
professionale.
Il Colap propone che le associazioni già iscritte nell'
elenco del Cnel alla data di entrata in vigore
della legge siano incluse nel registro della Giustizia, fermo restando l'
obbligo di adeguarsi ai
requisiti normativi entro tre anni. Altrimenti, scatterà la cancellazione.
Il Governo, infine, è sollecitato a stabilire presupposti e limiti per l'
istituzione di uno o più enti
previdenziali per i " professionisti emergenti".
02/04/2005
6
ITALIA OGGI
Il senato sull'
eliminazione dell'
intervento notarile per la registrazione delle auto. Cnn preoccupato
Notai, competitività a caro prezzo
Si riduce il lavoro negli studi. Ne risentono fisco e dipendenti
L'
eliminazione dell'
autentica del notaio per la registrazione de i veicoli al Pra e l'
estensione ad altri
soggetti dell'
attività di autenticazione nei passaggi di proprietà avranno tre effetti pericolosi. Un
danno economico per i professionisti che si vedranno sottrarre di punto in bianco un discreto giro
d'
affari. Il conseguente licenziamento di parte del personale degli studi, come già avvenuto
all'
associazione notarile di Cuneo specializzata in pratiche auto. E, infine, una riduzione
dell'
imponibile fiscale di circa 176 milioni di euro. Tre effetti che si deducono analizzando sia le
conclusioni a cui è giunto il servizio studi della commissione bilancio del senato, che ha esaminato
comma per comma tutto il decreto sulla competitività in fase di conversione presso palazzo
Madama, che le informazioni che ci hanno fornito gli stessi notai.
Scrivono i tecnici del senato: ´Considerando che il reddito notarile è direttamente correlato agli atti
stipulati dal professionista, l'
eliminazione dell'
obbligo di autentica nei trasferimenti dei veicoli fa
venire meno una delle loro componenti reddituali'
. In effetti, secondo quanto riportano alcune stime
dell'
Aci, nel 2004 le immatricolazioni e i passaggi di proprietà avrebbero superato i 7 milioni
complessivi. Ora se, come sembra, l'
effetto del decreto sarà quello di sottrarre alla competenza dei
notai non solo le autentiche sulle immatricolazioni, ma anche quelle sui passaggi di proprietà che
sarebbero estese in via gratuita ad altri soggetti, la base imponibile ai fini fiscali sarebbe ridotta di
176 milioni di euro, prendendo in considerazione una parcella media di 25 euro.
Dati che i notai conoscono bene e che potrebbero avere effetti nefasti anche a fini previdenziali.
Secondo alcune recenti valutazioni della Cassa del notariato, infatti, l'
ammanco che deriverebbe
dall'
eliminazione delle autentiche sulle immatricolazioni sarebbe di circa 6 milioni di euro che
raggiungerebbe i 25 milioni di euro se a quelle si dovessero aggiungere i passaggi di proprietà.
Effetti richiamati anche dal servizio studi della commissione bilancio che sottolinea l'
opportunità di
valutare ´eventuali conseguenti effetti sulle contribuzioni a favore della Cassa notarile'
.
Considerazioni che non sorprendono il presidente del Notariato Paolo Piccoli che, già in fase di
elaborazione del decreto, aveva censurato in più di un'
occasione l'
iniziativa del governo. ´Abbiamo
sempre evidenziato i problemi di controllo che sarebbero derivati dall'
affidare ad altro personale che
non siano i funzionari pubblici preposti la funzione delle autentiche: questo è il profilo della
faccenda che più ci interessa'
, spiega Piccoli, che però non nasconde di nutrire una certa
preoccupazione sugli effetti economici e anche occupazionali che possono essere legati a questa
vicenda. Alle preoccupazioni del numero uno del Cnn si aggiungono quelle ancora più allarmati dei
presidenti territoriali, che in questi giorni stanno cominciando a fare i conti con la riduzione del
7
carico di lavoro e con i conseguenti esuberi di personale. Presso l'
associazione notarile di Cuneo,
che si occupa esclusivamente di immatricolazioni e passaggi di proprietà di autoveicoli, per
esempio, sono già stati licenziati due dipendenti su sette a causa della riduzione di un terzo del
lavoro. ´E se continua così la stessa sorte toccherà ad altri sette'
, commenta preoccupato Ivo Grosso,
presidente del consiglio notarile di Cuneo. Poco lontano, a Bergamo, dove esiste una delle più
grandi associazioni specializzate in pratiche automobilistiche del Nord, la situazione non è tanto
migliore. Spiega Guido De Rosa, presidente del consiglio bergamasco e del comitato regionale dei
notai della Lombardia, che sul posto al momento non si registrano particolari cali del carico di
lavoro, cosa che è invece da aspettarsi in futuro e che porterà necessariamente al ridimensionamento
del personale attivo negli studi. Perplessità condivise da Leonardo Pizzo, del consiglio dei distretti
notarili di Trapani e Marsala, che dice: ´La riduzione del lavoro a livello nazionale sarà del 10%,
bisogna accettare che si apre una breccia nel sistema che potrebbe portare ad altre riduzioni di
competenze'
. Preoccupazioni condivise da molti dei notai della provincia italiana che si trovano a
fare i conti con la realtà dei fatti: la riduzione del giro d'
affari e personale in esubero. Non appare
particolarmente preoccupato, invece, Paolo Bucciarelli Ducci, presidente del consiglio di Arezzo, il
quale registra pochi cambiamenti rispetto al passato. ´I cittadini per certe pratiche sono abituati a
rivolgersi ai notai perché si sentono più sicuri'
, afferma. E Tertulliano Magnanini, a capo del
consiglio dei distretti di Viterbo e Rieti, aggiunge: ´Al momento stiamo ancora smaltendo il
pregresso delle concessionarie'
, quindi è troppo presto per fare delle previsioni. Situazione
stazionaria anche a Genova, dove il presidente del consiglio territoriale, Silvestro Ferrandino,
aspetta di capire di quanto diminuirà il lavoro prima di trarre delle conclusioni. (riproduzione del
personale) Ginevra Sotirovic e Ignazio Marino
02/04/2005
8
DIRITTO E GIUSTIZIA
Il security day della giustizia: a Torino il punto sulla sicurezza informatica
di Gabriele Guarda
L’elemento determinante per avere una effettiva sicurezza nell’utilizzo dei sistemi informatici è l’approccio
culturale degli utenti. Questo, in sintesi, il principio ribadito da tutti i relatori che hanno portato il proprio
contributo al primo “Security day – Strategie per la sicurezza dei dati negli Uffici giudiziari”, il Convegno
organizzato giovedì 31 marzo, dalla Corte d’appello di Torino nell’aula magna del nuovo Palazzo di
Giustizia.
Con questo tema infatti ha aperto i lavori Giancarlo Caselli, Procuratore generale di Torino, sottolineando
come, in materia di sicurezza informatica, sia necessario affiancare alle tecnologie norme e regolamenti che
disciplinino, attraverso una attività costante di formazione, i comportamenti dei magistrati e del personale.
Le preoccupazioni dei responsabili sono poi state esposte da Bruno Tinti, magistrato referente per
l’informatica del Distretto di Torino, il quale ha evidenziato i rischi a cui sono esposti i documenti archiviati
su supporti magnetici, se non vengono attivate dai singoli autori e titolari dei dati, le procedure corrette per la
loro conservazione.
Gabriella Teghillo, dirigente del CISIA - Coordinamento dei sistemi informativi automatizzati di TORINO,
ha poi presentato alcuni progetti che sono stati sviluppati negli uffici del Distretto:
-l’analisi del rischio da intrusioni interne nei sistemi informatici giudiziari;
- l’elaborazione di un documento base per aiutare i responsabili a predisporre il piano per la sicurezza
previsto dalla normativa (TU per la tutela dei dati personali);
- l’attività di formazione rivolta al personale tecnico del Ministero;
- l’alfabetizzazione informatica di tutto il personale.
I lavori sono poi proseguiti con alcune relazioni sugli standard internazionali di sicurezza (BS7799) e sulle
possibilità tecnologiche offerte attualmente dal mercato. Particolare interesse hanno suscitato gli interventi
proposti dal personale della SISGE Informatica: la sessione tecnica di Marco Basso, che, operando
direttamente su una copia della rete del Palazzo di giustizia, ha dimostrato quanto sia semplice violare i
sistemi informatici e modificare i documenti senza lasciare tracce che, da sole, possano far nascere il
sospetto di una intrusione non autorizzata; e l’esposizione di Gianpiero Ardissono, che ha illustrato i risultati
dell’analisi del rischio operata nel sistema giudiziario torinese. Tali risultati sono stati sconcertanti: è emerso
infatti che un semplice programmino scaricabile dalla rete ha rivelato in pochi minuti la password di ben 987
dei 1882 utenti collegati.
A chiudere il Convegno la relazione di Stefano Aprile, che ha illustrato le procedure attivate dalla Direzione
generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia per la tutela delle infrastrutture, e
l’intervento di Floretta Rolleri, che ha segnalato la recente pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del D. Lgs.
28/2/05 n. 42 “Istituzione del sistema pubblico di connettività e della rete internazionale della pubblica
amministrazione, a norma dell’articolo 10 della L. 229/2003”, un provvedimento che istituisce la
Commissione di coordinamento del “SPC – Sistema pubblico di connettività” ed apre nuovi scenari nel
panorama dei sistemi informatici delle amministrazioni pubbliche.
02/04/2005
9
DIRITTO E GIUSTIZIA
Sentenze contumaciali: ai penalisti non piacciono le modifiche
Le Camere penali non ci stanno e non assisteranno interti «al tentativo di restaurazione che
porterebbe le lancette dell’orologio della giustizia di questo paese indietro di vent’anni».
Dopo le modifiche apportate dalla commissione Giustizia del Senato (vedi tra gli arretrati del 23
marzo 2005), i penalisti ritornano all’attacco sul disegno di legge di conversione del decreto sulle
sentenze contumaciali con un documento approvato dalla giunta il 30 marzo scorso (leggibile tra i
documenti correlati). La II commissione di Palazzo Madama, infatti ha, tra le altre cose, ripristinato
il mandato specifico per il difensore che voglia impugnare una sentenza contumaciale, passaggio
previsto nel testo di Palazzo Chigi ma cancellato in prima lettura da Montecitorio. Le prime
modifiche apportate dalla Camera, riporta il documento della giunta, avevano «operato una certa
ortopedia, eliminando la necessità che la mancata conoscenza del provvedimento debba risultare
agli atti processuali ed attenuando la perentorietà del sistema di notifiche in capo al difensore (…)».
Insomma, il primo passaggio si era rivelato, agli occhi dei penalisti, tutto sommato «migliorativo».
«Ciononostante – continua il testo – non può sottacersi che la complessiva idea riformatrice si
muove su direttrici distanti dall’attuazione dei principi internazionali e della nostra Carta
costituzionale».
Altri sistemi giudiziari che, ritenendo di difficile attuazione un sistema di conoscenza legale del
procedimento penale capace di integrare anche il requisito della conoscenza effettiva dello stesso,
hanno scelto di eliminare direttamente il processo contumaciale. Il nostro Legislatore, avendo
invece scelto la strada opposta, secondo l’Ucpi dovrebbe «perseguire lo scopo di individuare forme
di conoscenza legale dell’esistenza del procedimento e del processo tali da coincidere il più
possibile con la conoscenza effettiva dello stesso.
Ma il testo del Senato «si colora di restaurazione facendo perdere anche qual poco di reale ed
effettiva riforma che il testo aveva assunto a seguito dell’approvazione della Camera». Questo
perché è stata «cancellata la norma con la quale gli atti sarebbero stati rimessi al giudice che
procedeva al tempo in cui si è verificata una delle ipotesi di mancata vocatio, si è esclusa la facoltà
del difensore di rifiutare la notificazione nelle ipotesi in cui sia cessato il rapporto fiduciario».
«Ma quel che più sconforta – continua il documento – e tradisce la chiara strumentalizzazione
dell’intervento normativo per fini diversi da quelli dichiarati è la reintroduzione della vecchia e
giustamente vituperata norma per la quale il difensore potrà impugnare una sentenza contumaciale
solo se munito di specifico mandato». Una modifica appunto irrazionale «partorita dalla mente di
chi, per finalità poco comprensibili, non ha esitato ad introdurre una previsione che si muove in una
direzione diametralmente opposta rispetto allo scopo della riforma». La speranza, conclude il
documento, è che il Senato «azzeri tali proposte rimettendo il provvedimento legislativo sui binari
della civiltà giuridica, con l’adeguamento dell’attuale normativa ai nostri principi costituzionali ed a
quelli del diritto internazionale».
02/04/2005
10
Unione delle Camere penali italiane
«Disposizioni in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali»
Documento approvato dalla Giunta il 30 marzo 2005
Le recenti e preoccupanti modifiche che la Commissione Giustizia del Senato ha apportato al testo del
ddl 5650/C, recante “Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei
decreti di condanna”, in vista della discussione generale in Aula, costituiscono la riprova della fondatezza
del giudizio negativo sulla mini-riforma, espresso a più riprese dall’Ucpi.
L’intervento di modifica legislativa, come dichiarato dallo stesso Governo proponente, è ispirato dall’intento
di adeguare il nostro sistema processual-penalistico ai principi della nostra Carta costituzionale, alla
normativa sopranazionale e, segnatamente, ai principi contenuti all’art. 6 della Convenzione europea dei
Diritti dell’Uomo riguardo alla celebrazione del processo in absentia dell’imputato.
Nel tempo, infatti, si è succeduta una serie di interventi della Corte europea dei diritti dell’uomo che hanno
condannato il nostro Paese proprio per la violazione dell’art. 6 della Convenzione. Questo sancisce, infatti,
che il diritto di ogni imputato a comparire nel processo a suo carico non è irrinunciabile, sempre che la
rinuncia risulti in modo espresso ed inequivoco e non sia presunta.
In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto che la Cedu garantisce il diritto di ogni imputato a
prendere parte all’udienza e che, in particolare, una condanna in absentia è incompatibile con la disciplina
internazionale, se al ricorrente che non abbia inequivocabilmente rinunciato al proprio diritto a comparire
non è data la possibilità di ottenere la celebrazione di un nuovo processo di merito.
Lo stesso principio, del resto, già qualche anno addietro è stato posto al centro di un parere espresso dal
Comitato dei diritti umani dell’Onu, secondo il quale, nei casi di processo e condanna in absentia dell’autore
presunto del fatto, non sussiste violazione dell’art.14 della Convenzione internazionale dei diritti civili e
politici solo nel caso in cui l’imputato venga convocato in tempo ed informato dell’inizio di un procedimento
nei suoi confronti.
Al fine di poter dare prova del fatto che siano stati rispettati i requisiti necessari per un processo equo che si
svolga in absentia, rileva il detto Comitato, non è sufficiente assumere che il suo autore sia stato informato
dal suo avvocato del procedimento avviato nei suoi confronti.
Il problema posto dal l’adeguamento del sistema processuale interno alla normativa internazionale è, quindi,
costituito dal superamento di ogni presunzione in ordine alla conoscenza da parte dell’interessato
dell’esistenza del procedimento penale.
Ne deriva la necessità di introdurre un sistema legale di effettiva conoscenza dell’interessato, tale da far
ritenere la sua absentia dal processo come il frutto di una scelta consapevole e quindi di una vera e propria
rinuncia.
A fronte degli intenti dichiarati, l’intervento riformatore di iniziativa governativa, destinato a modificare la
delicata materia, si è rivelato in realtà una sorta di malcelata scorciatoia per raggiungere finalità estranee a
quell’esigenza primaria, quali la deflazione delle attività degli uffici giudiziari.
Ritenere che la prova della mancata conoscenza del procedimento dovesse risultare dagli atti, come
prevedeva la prima stesura del testo di legge, non è null’altro che un divertente ossimoro. Ritenere, poi, che
fosse sufficiente la notifica al difensore di fiducia per presumere la conoscenza dell’esistenza di un processo
non è altro che un espediente grossolano per evitare alla Stato italiano di esperire, in caso di dubbio
sull’effettiva comunicazione all’imputato della pendenza a suo carico, le verifiche necessarie per assicurarsi
che i principi del giusto processo siano stati rispettati.
Su tale prima stesura è intervenuta l’approvazione da parte della Aula della Camera dei deputati, con i
suggerimenti correttivi della Commissione Giustizia.
11
Nonostante le prime notizie di stampa, che davano per approvato senza modifiche il testo licenziato dal
Governo, infatti, l’Aula di Montecitorio ha operato una certa ortopedia, eliminando la necessità che la
mancata conoscenza del provvedimento debba risultare dagli atti processuali ed attenuando la perentorietà
del sistema di notifiche in capo al difensore con la previsione che quelle successive alla prima venissero
effettuate comunque nelle mani dell’imputato in caso di sua elezione di domicilio. Al difensore, infine, viene
riconosciuta la facoltà di dichiarare di non accettare la notificazione quando il rapporto fiduciario sia venuto
meno.
Anche se questa facoltà non include l’ipotesi in cui il difensore non sappia ancora se riuscirà a rintracciare il
suo assistito, abbiamo già affermato che l’intervento della Camera in sede di approvazione del decreto è stato
comunque migliorativo.
Ciononostante, non può certo sottacersi che la complessiva idea riformatrice si muove su direttrici distanti
dalla attuazione dei principi internazionali e della nostra Carta costituzionale.
Il nucleo fondamentale della riforma rimane sempre l’effettiva conoscenza da parte dell’imputato del
procedimento, nonché l’individuazione delle procedure di notificazione che in modo adeguato possano
soddisfare tale esigenza. Sembra pertanto evidente che la notificazione al difensore di fiducia, anche con i
correttivi da ultimo apportati, non possa essere strumento per poter veicolare nel processo il requisito della
certezza della conoscenza, a meno che non venga introdotta una vera e propria presunzione.
Nell’ambito dei sistemi giudiziari sia di civil che di common law esistono ordinamenti che, realisticamente,
hanno ritenuto di difficile attuazione un sistema di conoscenza legale del procedimento penale capace di
integrare anche il requisito della conoscenza effettiva dello stesso, così pervenendo all’eliminazione del
processo contumaciale.
Nel nostro ordinamento, il Legislatore, avendo scelto di non percorrere tale via, deve allora perseguire lo
scopo di individuare forme di conoscenza legale dell’esistenza del procedimento e del processo tali da
coincidere il più possibile con la conoscenza effettiva dello stesso.
E certamente ciò non può dirsi per il sistema di notificazione al difensore fiduciario, per una serie di intuibili
ragioni di ordine pratico e sistematico.
Ma l’orizzonte che si defila allorché il testo del ddl si accinge ad essere approvato dal Senato si colora di
restaurazione facendo perdere anche quel poco di reale ed effettiva riforma che il testo aveva assunto a
seguito dell’approvazione della Camera dei Deputati.
Il 23 marzo scorso, infatti, la Commissione Giustizia di quel ramo del Parlamento ha approvato alcune
modifiche peggiorative.
Si è così cancellata la norma con la quale gli atti sarebbero stati rimessi al giudice che procedeva al tempo in
cui si è verificata una delle ipotesi di mancata vocatio, e si è esclusa la facoltà del difensore di rifiutare la
notificazione nelle ipotesi in cui sia cessato il rapporto fiduciario.
Ma quel che più sconforta e tradisce la chiara strumentalizzazione dell’intervento normativo per fini diversi
da quelli dichiarati è la reintroduzione della vecchia e giustamente vituperata norma per la quale il difensore
potrà impugnare una sentenza di condanna contumaciale solo se munito di specifico mandato.
Si tratta di una modifica irrazionale partorita dalla mente di chi, per finalità poco comprensibili, non ha
esitato ad introdurre una previsione che si muove in una direzione diametralmente opposta rispetto allo scopo
della riforma.
L’avvocatura penalistica italiana non può certamente assistere inerte ad un simile tentativo di restaurazione
che, ove riuscisse, porterebbe le lancette dell’orologio della giustizia di questo Paese indietro di vent’anni, e
darà battaglia per sconfiggere tale disegno.
Confidiamo che il Senato azzeri tali proposte di modifica, rimettendo il provvedimento legislativo sui binari
della civiltà giuridica, con l’adeguamento dell’attuale normativa ai nostri principi costituzionali ed a quelli
del diritto internazionale.
02/04/2005
12
ITALIA OGGI
Semplificata l'adesione al concordato preventivo
Snellito il concordato preventivo. Non sarà più necessario valutare la meritevolezza
dell'
imprenditore né la sussistenza delle serie garanzie reali e personali. Tutto sarà dunque più
semplice e spedito. Addirittura la sua omologazione potrà avvenire in camera di consiglio. Basterà
solo la presentazione di un piano nel quale illustrare come potrà avvenire la ristrutturazione dei
debiti facendo ricorso anche alla cessione di alcuni o di tutti i beni o di rami di attività. Se la
maggioranza dei creditori ammessi al voto è d'
accordo il concordato è approvato.
È questo il nuovo volto del concordato preventivo così disciplinato dall'
art. 2 del dl n. 35/2005 in
materia fallimentare inserite nel corpo del provvedimento che si riferisce al piano di azione per lo
sviluppo economico, sociale e territoriale. Le riforme introdotte nella legge fallimentare hanno
dunque questo scopo: non appesantire ma dare un senso alla (ri)crescita delle imprese nell'
ottica del
mantenimento del loro valore occulto. In tale prospettiva, va rispolverato l'
istituto concordatario
utilizzato spesso per evitare il fallimento.
Il contenuto del piano
Come nella ristrutturazione dei debiti di cui all'
art. 182-bis, il piano o una programmazione
economico, finanziaria e patrimoniale viene ad assumere un ruolo centrale e vitale per la riuscita del
concordato preventivo. Esso dovrà servire a convincere i creditori ed i terzi in genere; non ci si
dovrà preoccuparsi più di tanto del tribunale giacché lo stesso è chiamato a svolgere una sorta di
controllo notarile anche se un po'più spinto. Tanto è vero che il concordato deve essere approvato
se lo vuole la maggioranza dei creditori ammessi al voto. Sul punto, però, non tutto potrebbe andare
liscio vista la prassi che di solito si adotta in tribunale.
Le linee essenziali del piano sono tracciate dal nuovo art. 160 della legge fallimentare che spazza
via in un solo colpo tutte le condizioni soggettive sinora previste. Non sarà più necessario verificare
l'
anzianità dell'
iscrizione dell'
imprenditore nell'
apposito registro o la sussistenza di eventuali
condanne per reati patrimoniali né tanto meno verificare l'
esistenza delle serie garanzie personali o
reali o la consistenza dei beni ceduti. Ora basterà concentrarsi sulla tenuta del piano in cui andrà
predisposto il modo e la forma di soddisfazione dei creditori. Anche mediante la previsione di una
cessione in blocco dei propri beni o di alcuni di essi. Addirittura tali debiti potranno essere accollati
da terzi o potranno essere previste operazioni di ingegneria finanziaria o straordinarie. Basta
pensare alla possibilità creare una struttura societaria nuova (la cosiddetta new company con la
quale far ricorso al credito bancario che serva poi a permette una trattativa diretta o indiretta con i
creditori della società in crisi). Diventerà, quindi, possibile attribuire ai creditori, verosimilmente
13
quelli maggiori, o a società da questi partecipate azioni, quote o obbligazioni come pure strumenti
finanziaria o titoli di debito. Grazie a questo meccanismo di intervento, si generalizza ciò che è già
oggi previsto per alcune tipologie di operazioni. È indubbio che tale meccanismo risveglierà
tecniche di finanza aziendale o economiche di solito accantonate dagli imprenditori. Sarà possibile
allora tramutare il credito vantato con azioni della medesima società o ottenere strumenti finanziari
legati al risultato della stessa. In tal caso sarebbe necessario, come è stato già previsto dall'
art. 113
del Tuir per le partecipazioni acquisite per il recupero dei crediti bancari, ipotizzarne l'
allargamento
a tutti. Anche la cessione delle attività o, meglio, di singoli rami della stessa, potrà essere utile per
facilitare l'
accordo preventivo attuabile mediante il loro conferimento in società appositamente
costituite che potrebbero fare da schermo onde permettere l'
uscita della impresa dallo stato di crisi.
Se si pensa che i creditori potranno essere suddivisi in classi secondo la loro posizione giuridica e
con interessi economici omogenei anche la fine di riservare loro trattamenti diversi, si ha la precisa
misura di quanta libertà sia usufruibile nel predisporre il piano di accordo. Non vi è dubbio che una
particolare attenzione dovrà essere riservata alla preparazione documentale a corredo del ricorso.
Cioè a dire, una aggiornata situazione patrimoniale, economica e finanziaria nella quale illustrare
tutte le potenziali inespresse, non da un punto di vista contabile, ma reale avendo quindi cura di far
emergere le plusvalenze latenti e le risorse intangibili della impresa nascoste tra le pieghe delle
risorse umane, della valorizzazione dei marchi e della penetrazione dei mercati di riferimento. Ciò
al fine di far comprendere l'
appetibilità del piano ai creditori e l'
inutilità distruttiva di una procedura
fallimentare.
Il ruolo del tribunale
Si è sempre discusso su quale fosse il ruolo del tribunale: se di mera legittimità o anche sindacato
del merito della proposta concordataria. Non vi è dubbio, che viene dato spazio ai creditori,
relegando il ruolo del tribunale a quello di legittimità. Le fasi sono tre: la prima attiene
all'
ammissione della procedura così come è stata attivata, la seconda riguarda invece l'
approvazione
del concordato da parte dei creditori; la terza, infine, il giudizio di omologazione. Sul primo aspetto
(ammissione) il tribunale è chiamato a verificare ´la completezza e la regolarità della
documentazione'nonché, ove siano previste classi di creditori, ´la valutazione della correttezza dei
criteri di formazione'delle stesse. Si tratta di un intervento procedurale che riguarda esclusivamente
la documentazione portata a corredo della proposta e non del piano; esso deve arrestarsi di fronte al
patto raggiunto tra concordatario e propri creditori dando rilievo a tale funzione giuridica.
Parimenti, ci si dovrà attenere alla verifica della correttezza della suddivisione per classi.
Riguardo invece alla approvazione della proposta così come ammessa, sarà sufficiente a questo fine
che ci sia il voto favorevole dalla maggioranza dei creditori ammessi al voto. Addirittura il
tribunale, una volta verificato tale minimo, può intervenire sui creditori dissenzienti divisi per
classi, se ritiene che gli stessi possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore
alle alternative concretamente applicabili.
Il nuovo art. 177, superate la fasi processuali di garanzia previste per il creditori dissenzienti, se la
maggioranza è stata acclarata, prevede l'
approvazione del concordato da parte del tribunale con
decreto motivato. Anzi, sussistendo la maggioranza, si procede all'
approvazione nonostante il
dissenso di una o più classi di creditori. In tale ipotesi dunque viene emesso il decreto di
omologazione che chiude il concordato preventivo. (riproduzione riservata)
Alessandro Felicioni e Giuseppe Ripa
02/04/2005
14
DIRITTO E GIUSTIZIA
Meeting point
A Roma, martedì 5 aprile, ore 9.15, presso l’aula magna «G. Marongiu» della Scuola superiore della
pubblica amministrazione, via Robilant 1, il convegno dal tema «La giurisdizione della Corte dei conti fra
diritto pubblico e diritto privato», organizzato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dalla Scuola
superiore della pubblica amministrazione. Interverranno, tra gli altri, Marcello Clarich, Università Luiss di
Roma, Stefano Rodotà, Università «La Sapienza» di Roma, Alessandro Pajno, consigliere di Stato, Cinthia
Pinotti, consigliere della Corte dei conti e Enrico Altieri, consigliere della Corte di cassazione.
A Roma, martedì 5 aprile, ore 14.30, presso il Palazzo di Giustizia, Piazza Cavour, aula Avvocati
l’incontro di studio «Onori ed oneri nel patrocinio a spese dello Stato», organizzato dal Consiglio
dell’Ordine degli avvocati di Roma, con il patrocinio dell’Associazione nazionale volontari avvocati per il
gratuito patrocinio e la difesa dei non abbienti (Anvag). Interverranno, tra gli altri, Alessandro Cassiani,
presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma, Nicola Ianniello, presidente dell’Anvag,
Alberto Bucci, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Roma, Antonio Martone, sostituto
procuratore generale presso la Corte suprema di cassazione. È prevista anche la partecipazione di Gaetano
Pecorella, presidente della Commissione Giustizia della Camera dei deputati.
A Milano, mercoledì 6 aprile 2005, il seminario sul diritto di famiglia dal tema «Rapporti patrimoniali
nella crisi: vendicarsi con l’assegno. Qual’è il punto di equilibrio?».
A Siracusa, dall’8 al 10 aprile 2005, il seminario nazionale Isisc dal tema «Testimoni e testimonianze
“deboli”», in collaborazione con l’Unione camere penali. Interverranno, tra gli altri, Maurizio Marasco,
Università degli Studi «La Sapienza», Gustavo Sergio, magistrato, procuratore della Repubblica presso il
Tribunale dei minorenni di Venezia, Glauco Giostra, Università di Macerata, Mario Chiavario, Università di
Torino, Elvio Fassone, senatore della Repubblica, Giovanni Tinebra, presidente dell’amministrazione
penitenziaria, ministero della Giustizia, Ettore Randazzo, presidente dell’Unione camere penali italiane e
Valerio Spigarelli, segretario generale dell’Unione camere penali italiane.
A Roma, mercoledì 13 aprile 2005, presso l’Avvocatura generale dello Stato, sala Vanvitelli, via dei
Portoghesi, 12 il convegno dal tema «L’atto amministrativo: evoluzione dei vizi di legittimità, nuove
anomalie e nodi problematici nella gestione del territorio dopo la riforma della legge 241/90»
organizzato dall’Associazione romana di studi giuridici Avvocatura generale dello Stato e dall’Unione
Consiglio di Stato. Interverranno, tra gli altri, Luigi Mazzella, avvocato generale dello Stato, Filoreto
D’Agostino, consigliere di Stato, Mario Sanino, Università degli studi di Bologna, Sergio Santoro, consiglio
di Stato, Bruno Amoroso, presidente del Tar Veneto, Alfonso Celotto, Università degli studi di Roma Tre,
Riccardo Fuzio, procura generale della Corte di cassazione, Mauro Orefice, Corte dei conti e Sveva Rossi,
associazione romana di studi giuridici.
A Padova, venerdì 15 aprile 2005, ore 15.00, presso il Palazzo del Bo, aula E, il convegno dal tema «La
giurisdizione tra Costituzione, leggi, potere Esecutivo e aspettative dei cittadini», organizzato dall’Anm
sezione Veneto. Interverranno, tra gli altri, Ennio Fortuna, procuratore generale, Giuseppe Maria Berruti,
consigliere di Cassazione, Roberto Kostoris, Università di Padova e Vittorio Borraccetti, procuratore della
Repubblica di Venezia.
02/04/2005
15