Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Taranto
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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Taranto
Ufficio stampa Rassegna stampa 2 Aprile 2005 Responsabile : Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected]) SOMMARIO Pag. 3 SCUOLE FORENSI: Alcune componenti puntano sui corsi di specializzazione Contrari i giovani (il sole 24 ore) Pag. 5 COMPETITIVITA’: Senza revocatorie, il gettito in calo (italia oggi) Pag. 6 COMPETITIVITA’: Colap: « La competitività va modificata » (il sole 24 ore) Pag. 7 COMPETITIVITA’: Notai, competitività a caro prezzo (italia oggi) Pag. 9 TRIBUNALI: Il security day della giustizia: a Torino il punto sulla sicurezza informatica - di Gabriele Guarda (diritto e giustizia) Pag.11 AVVOCATI: Sentenze contumaciali: ai penalisti non piacciono le modifiche (diritto e giustizia) Pag.13 CONCORDATO PREVENTIVO: Semplificata l' adesione al concordato preventivo (italia oggi) Pag.15 CONVEGNI E MANIFESTAZIONI: Meeting point (diritto e giustizia) 02/04/2005 2 IL SOLE 24ORE RIFORME IN CANTIERE • In stand by il progetto per la formazione degli avvocati Scuole legali senza intesa Alcune componenti puntano sui corsi di specializzazione Contrari i giovani ROMA • La riforma dell' iter di accesso alla professione da avvocato è ancora in stand by. Continuano i lavori della commissione coordinata dal sottosegretario al ministero dell' Istruzione, Maria Grazia Siliquini, ma il punto di arrivo sembra lontano. Trovato l' accordo sul modello « 1+ 4 » per ricalibrare il percorso della laurea magistrale in Giurisprudenza, non c' è invece ancora un' intesa complessiva sulle modalità della formazione post laurea per i candidati avvocati. E non si è ancora trovato uno schema per l' equiparazione tra scuole di specializzazione universitaria per le professioni legali ( le cosiddette " Bassanini" che sono circa una quarantina) e le 80 scuole gestite dai Consigli degli Ordini forensi. « Su alcuni aspetti — spiega Antonio Padoa Schioppa, che fa parte del gruppo di lavoro coordinato da Siliquini— l' intesa si è già delineata, in particolare sul fatto che l' approccio pratico delle scuole vada accentuato e che il tirocinio effettivo in uno studio legale sia irrinunciabile purché inserito all' interno del biennio di specializzazione. Si tratta di vedere se la commissione indicherà miglioramenti destinati alle scuole post universitarie per tutte le professioni legali o se invece provvederà a riscrivere il sistema di accesso per gli avvocati. Nel primo caso sarebbero probabilmente sufficienti interventi regolamentari, nel secondo si renderebbero indispensabili provvedimenti di tipo legislativo». Giuseppe Bassu, delegato del Consiglio nazionale forense nell' ambito della commissione, in attesa della conclusione dei lavori preferisce non sbilanciarsi. « Le scuole forensi — dice Bassu — continueranno senz' altro a occuparsi della formazione esclusiva degli avvocati, accanto alle specializzazioni universitarie oggi rivolte anche a chi vuole diventare magistrato o notaio » . Tra l' altro, Bassu non esclude che in futuro l' iscrizione a una struttura di formazione, a numero programmato, diventi l' unica via per svolgere il periodo di praticantato. La " pratica" in studio legale verrebbe conciliata con lezioni ed esercitazioni. Anche sulla durata delle scuole non c' è una posizione univoca, se cioè sarà biennale e se comporterà uno sconto sul tirocinio presso lo studio. In ogni caso le componenti dell' avvocatura difendono il ruolo delle scuole di categoria. Afferma Mario Papa, alla guida dei giovani avvocati dell' Aiga: « Anche l' offerta formativa delle scuole forensi dovrà garantire un mix equilibrato fra teoria e pratica, evitando di configurarsi come un mero prolungamento dell' università » . Inoltre, se verrà prevista una prova di ingresso e una intermedia, oltre a un sistema di valutazione continua, occorrerà — secondo Papa — alleggerire l' esame di Stato. Per Ettore Randazzo, presidente dell' Unione Camere Penali, « Nell' iter formativo degli aspiranti avvocati un ruolo di preminenza deve essere attribuito alle scuole e in generale alle iniziative promosse da Ordini e associazioni di categoria». Dello stesso avviso Michelina Grillo, alla guida dell'Oua: « La frequenza in studio dovrà continuare durante il biennio di corso che, gradualmente, dovrà diventare l'iter obbligatorio per esercitare la professione, mentre il sistema tradizionale sopravviverà nel periodo transitorio ». Invece, un forte dissenso rispetto al sistema " scuole" di specializzazione legale, viene dall' Anpa, l' Associazione praticanti e giovani avvocati: « La pratica — sostiene il presidente, Gaetano Romano 3 — va svolta in studio in quanto il rapporto con il dominus è unico. Il tirocinio attraverso la scuola diventerebbe privilegio di pochi, in quanto porrebbe a carico del praticante costi pesanti. Con la riforma è a rischio anche la possibilità di esercitare il patrocinio dopo il primo anno di pratica » . Tuttavia, il sottosegretario Siliquini manifesta ottimismo: « L' intesa sostanzialmente è stata raggiunta. Chiuderemo entro il mese di aprile la riforma e — spiega una nota— con l' introduzione dei criteri di accreditamento renderemo di pari dignità le scuole forensi e quelle universitarie » . CHIARA CONTI 02/04/2005 4 ITALIA OGGI DECRETO COMPETITIVITÀ/Sono le conseguenze delle modifiche alle procedure fallimentari Senza revocatorie, il gettito in calo L' erario soffre per il mancato incasso del contributo unificato Niente revocatorie e il piatto dello stato piange. La riduzione delle ipotesi in cui è possibile esperire l' azione revocatoria prevista dal dl sulla competitività, infatti, rischia di creare qualche problema di gettito per il mancato introito del contributo unificato. Non solo. In tema di irrevocabilità degli atti di compravendita di prime abitazioni, infatti, è stato creato un ingorgo normativo per la presenza di due norme che potrebbero creare incertezza tra gli operatori. Da una parte, il dl competitività, dall' altra, l' art. 9 del dlgs sui fallimenti immobiliari che non sono perfettamente coincidenti. Problemi di gettito. A segnalare il rischio di perdite secche per le casse dello stato dal nuovo regime di revocabilità degli atti nel corso di procedure fallimentari è il servizio bilancio del senato nel rapporto sul dl, che precede il parere dell' omologa commissione. In particolare, sono tre i profili critici segnalati. Da una parte, il minor gettito a titolo di contributo unificato. ´Il contributo' , ricorda il servizio bilancio, ´sostituisce l' imposta di bollo e i diritti di cancelleria relativi agli atti di procedura fallimentare, cioè atti necessari e funzionali alla procedura stessa' . Meno azioni revocatorie (sulle rimesse bancarie, sui pagamenti in termini d' uso), quindi, e meno introiti per la casse dello stato, anche di carattere ingente visto i grandi numeri delle procedure fallimentari in essere (le pendenze a giugno 2004 erano oltre 109 mila). In secondo luogo, non è chiaro se il concordato preventivo proposto ai creditori da parte dell' imprenditore sia sottoposto o meno al contributo unificato. Infine, sottolinea il servizio bilancio, la riduzione dei tempi per la chiusura della procedura di concordato potrebbe implicare effetti in termini di cassa. ´In particolare' , sottolinea il dossier, ´i creditori del soggetto sottoposto a procedura concorsuale potrebbero, entro un lasso di tempo di più breve rispetto a quello attuale, vantare il credito Iva per la quota o la totalità di ricavo non incassato. Circostanza che, riflessa nel gran numero di procedure poste in essere, potrebbe generare effetti di cassa' . Delle due, l' una. Due le norme, per di più non coincidenti, che attualmente disciplinano l' irrevocabilità degli atti di compravendita di immobili a uso abitativo. Il governo dovrà decidere quale mantenere. Da una parte, la lettera c) comma 3, articolo 2, del dl competitività in fase di conversione; dall' altra l' articolo 9 dello schema di decreto legislativo che attua la legge 210/2004 sui fallimenti immobiliari. Più asciutta la prima, con qualche dettaglio in più la seconda. Ma la loro coesistenza provoca problemi di incertezza. La prima parla solo di ´giusto prezzo'senza specificare in quale momento deve essere considerato, laddove lo schema di dlgs parla di data della stipula del preliminare. Inoltre, lo schema di dlgs ha una portata più ampia visto che estende l' irrevocabilità agli atti di trasferimento oltre che della proprietà anche di altri diritti reali. Si tratta, per esempio, del trasferimento delle nuda proprietà anche se non è plausibile che da tale contratto si possa derivare nell' arco di 12 mesi la propria residenza nell' immobile, come richiede lo stesso art. 9. Tuttavia, anche se sotto il profilo pratico queste distinzioni potrebbero apparire formali, un chiarimento si impone. E infatti il sottosegretario alla giustizia Michele Vietti, che ha predisposto per il governo le due norme, nei prossimi giorni formalizzerà la scelta sulla disposizione da preferire, probabilmente quella più secca del dl. D' altra parte, i confini dell' intervento sul fallimentare ancora non sono chiari. In sede di conversione del dl è certo che l' intervento sulle revocatorie e sul concordato preventivo non rimarranno gli unici. Si tratta di stabilire adesso quanta parte del ddl collegato trasmigrerà nella legge di conversione. (riproduzione riservata) Claudia Morelli 02/04/2005 5 IL SOLE 24 ORE Colap: « La competitività va modificata » ROMA • Contrastare la presa di potere economico e politico che gli Ordini potrebbero incassare. In questa prospettiva si innesta il pacchetto di emendamenti elaborati dal Colap ( il coordinamento delle associazioni non regolamentate) alla " mini riforma" delle professioni inserita nel Dl competitività. A formulare le richieste di modifica, con votazione unanime, è stata, giovedì scorso, l' assemblea dei presidenti del Colap. Le associazioni non regolamentate nel testo in fase di conversione alla Camera vedono un pericoloso sbilanciamento a favore degli Albi, per la loro possibile moltiplicazione, per gli obblighi di iscrizione per i dipendenti abilitati e per la presenza decisiva dei rappresentanti degli Ordini nelle commissioni d' esame. Ma a preoccupare è soprattutto l' ambiguità della formulazione relativa alle attività tipiche, riconosciute ai profili ordinistici, che rischiano — secondo il Colap — di tradursi in un' estensione a macchia d' olio delle riserve, impedendo, di fatto, il riconoscimento delle associazioni ( che non possono duplicare gli Albi) e mettendo fuori legge centinaia di migliaia di professionisti. Secondo il Colap, infatti, « l' unico risultato certo della norma è di rafforzare politicamente ed economicamente gli Ordini » , imponendo nuovi vincoli burocratici e costose farraginosità ai professionisti dipendenti delle pubbliche amministrazioni e dell' impresa privata. Fatti salvi gli Ordini attualmente esistenti, il Colap chiede, dunque, che ulteriori istituzioni siano subordinate alla necessità di tutelare interessi costituzionalmente rilevanti, con parere vincolante del Cnel e dell' Authority sulla concorrenza. Il riconoscimento delle Associazioni — sostiene il Colap — non attribuisce loro alcun diritto di esclusiva, né di sovrapposizione alle attività riservate degli Ordini. Ma le Associazioni, per poter essere riconosciute con iscrizione al registro del ministero della Giustizia, devono essere dotate di una struttura e di una rappresentanza interna a base democratica. A loro dovrebbe essere, inoltre, demandata la determinazione dei livelli di qualificazione professionale degli iscritti e la certificazione, così come l' aggiornamento periodico. Il Colap chiede che le Associazioni, di natura privata e a iscrizione volontaria, siano abilitate a rilasciare attestati e a vigilare sul rispetto delle regole di correttezza nello svolgimento dell' attività professionale. Il Colap propone che le associazioni già iscritte nell' elenco del Cnel alla data di entrata in vigore della legge siano incluse nel registro della Giustizia, fermo restando l' obbligo di adeguarsi ai requisiti normativi entro tre anni. Altrimenti, scatterà la cancellazione. Il Governo, infine, è sollecitato a stabilire presupposti e limiti per l' istituzione di uno o più enti previdenziali per i " professionisti emergenti". 02/04/2005 6 ITALIA OGGI Il senato sull' eliminazione dell' intervento notarile per la registrazione delle auto. Cnn preoccupato Notai, competitività a caro prezzo Si riduce il lavoro negli studi. Ne risentono fisco e dipendenti L' eliminazione dell' autentica del notaio per la registrazione de i veicoli al Pra e l' estensione ad altri soggetti dell' attività di autenticazione nei passaggi di proprietà avranno tre effetti pericolosi. Un danno economico per i professionisti che si vedranno sottrarre di punto in bianco un discreto giro d' affari. Il conseguente licenziamento di parte del personale degli studi, come già avvenuto all' associazione notarile di Cuneo specializzata in pratiche auto. E, infine, una riduzione dell' imponibile fiscale di circa 176 milioni di euro. Tre effetti che si deducono analizzando sia le conclusioni a cui è giunto il servizio studi della commissione bilancio del senato, che ha esaminato comma per comma tutto il decreto sulla competitività in fase di conversione presso palazzo Madama, che le informazioni che ci hanno fornito gli stessi notai. Scrivono i tecnici del senato: ´Considerando che il reddito notarile è direttamente correlato agli atti stipulati dal professionista, l' eliminazione dell' obbligo di autentica nei trasferimenti dei veicoli fa venire meno una delle loro componenti reddituali' . In effetti, secondo quanto riportano alcune stime dell' Aci, nel 2004 le immatricolazioni e i passaggi di proprietà avrebbero superato i 7 milioni complessivi. Ora se, come sembra, l' effetto del decreto sarà quello di sottrarre alla competenza dei notai non solo le autentiche sulle immatricolazioni, ma anche quelle sui passaggi di proprietà che sarebbero estese in via gratuita ad altri soggetti, la base imponibile ai fini fiscali sarebbe ridotta di 176 milioni di euro, prendendo in considerazione una parcella media di 25 euro. Dati che i notai conoscono bene e che potrebbero avere effetti nefasti anche a fini previdenziali. Secondo alcune recenti valutazioni della Cassa del notariato, infatti, l' ammanco che deriverebbe dall' eliminazione delle autentiche sulle immatricolazioni sarebbe di circa 6 milioni di euro che raggiungerebbe i 25 milioni di euro se a quelle si dovessero aggiungere i passaggi di proprietà. Effetti richiamati anche dal servizio studi della commissione bilancio che sottolinea l' opportunità di valutare ´eventuali conseguenti effetti sulle contribuzioni a favore della Cassa notarile' . Considerazioni che non sorprendono il presidente del Notariato Paolo Piccoli che, già in fase di elaborazione del decreto, aveva censurato in più di un' occasione l' iniziativa del governo. ´Abbiamo sempre evidenziato i problemi di controllo che sarebbero derivati dall' affidare ad altro personale che non siano i funzionari pubblici preposti la funzione delle autentiche: questo è il profilo della faccenda che più ci interessa' , spiega Piccoli, che però non nasconde di nutrire una certa preoccupazione sugli effetti economici e anche occupazionali che possono essere legati a questa vicenda. Alle preoccupazioni del numero uno del Cnn si aggiungono quelle ancora più allarmati dei presidenti territoriali, che in questi giorni stanno cominciando a fare i conti con la riduzione del 7 carico di lavoro e con i conseguenti esuberi di personale. Presso l' associazione notarile di Cuneo, che si occupa esclusivamente di immatricolazioni e passaggi di proprietà di autoveicoli, per esempio, sono già stati licenziati due dipendenti su sette a causa della riduzione di un terzo del lavoro. ´E se continua così la stessa sorte toccherà ad altri sette' , commenta preoccupato Ivo Grosso, presidente del consiglio notarile di Cuneo. Poco lontano, a Bergamo, dove esiste una delle più grandi associazioni specializzate in pratiche automobilistiche del Nord, la situazione non è tanto migliore. Spiega Guido De Rosa, presidente del consiglio bergamasco e del comitato regionale dei notai della Lombardia, che sul posto al momento non si registrano particolari cali del carico di lavoro, cosa che è invece da aspettarsi in futuro e che porterà necessariamente al ridimensionamento del personale attivo negli studi. Perplessità condivise da Leonardo Pizzo, del consiglio dei distretti notarili di Trapani e Marsala, che dice: ´La riduzione del lavoro a livello nazionale sarà del 10%, bisogna accettare che si apre una breccia nel sistema che potrebbe portare ad altre riduzioni di competenze' . Preoccupazioni condivise da molti dei notai della provincia italiana che si trovano a fare i conti con la realtà dei fatti: la riduzione del giro d' affari e personale in esubero. Non appare particolarmente preoccupato, invece, Paolo Bucciarelli Ducci, presidente del consiglio di Arezzo, il quale registra pochi cambiamenti rispetto al passato. ´I cittadini per certe pratiche sono abituati a rivolgersi ai notai perché si sentono più sicuri' , afferma. E Tertulliano Magnanini, a capo del consiglio dei distretti di Viterbo e Rieti, aggiunge: ´Al momento stiamo ancora smaltendo il pregresso delle concessionarie' , quindi è troppo presto per fare delle previsioni. Situazione stazionaria anche a Genova, dove il presidente del consiglio territoriale, Silvestro Ferrandino, aspetta di capire di quanto diminuirà il lavoro prima di trarre delle conclusioni. (riproduzione del personale) Ginevra Sotirovic e Ignazio Marino 02/04/2005 8 DIRITTO E GIUSTIZIA Il security day della giustizia: a Torino il punto sulla sicurezza informatica di Gabriele Guarda L’elemento determinante per avere una effettiva sicurezza nell’utilizzo dei sistemi informatici è l’approccio culturale degli utenti. Questo, in sintesi, il principio ribadito da tutti i relatori che hanno portato il proprio contributo al primo “Security day – Strategie per la sicurezza dei dati negli Uffici giudiziari”, il Convegno organizzato giovedì 31 marzo, dalla Corte d’appello di Torino nell’aula magna del nuovo Palazzo di Giustizia. Con questo tema infatti ha aperto i lavori Giancarlo Caselli, Procuratore generale di Torino, sottolineando come, in materia di sicurezza informatica, sia necessario affiancare alle tecnologie norme e regolamenti che disciplinino, attraverso una attività costante di formazione, i comportamenti dei magistrati e del personale. Le preoccupazioni dei responsabili sono poi state esposte da Bruno Tinti, magistrato referente per l’informatica del Distretto di Torino, il quale ha evidenziato i rischi a cui sono esposti i documenti archiviati su supporti magnetici, se non vengono attivate dai singoli autori e titolari dei dati, le procedure corrette per la loro conservazione. Gabriella Teghillo, dirigente del CISIA - Coordinamento dei sistemi informativi automatizzati di TORINO, ha poi presentato alcuni progetti che sono stati sviluppati negli uffici del Distretto: -l’analisi del rischio da intrusioni interne nei sistemi informatici giudiziari; - l’elaborazione di un documento base per aiutare i responsabili a predisporre il piano per la sicurezza previsto dalla normativa (TU per la tutela dei dati personali); - l’attività di formazione rivolta al personale tecnico del Ministero; - l’alfabetizzazione informatica di tutto il personale. I lavori sono poi proseguiti con alcune relazioni sugli standard internazionali di sicurezza (BS7799) e sulle possibilità tecnologiche offerte attualmente dal mercato. Particolare interesse hanno suscitato gli interventi proposti dal personale della SISGE Informatica: la sessione tecnica di Marco Basso, che, operando direttamente su una copia della rete del Palazzo di giustizia, ha dimostrato quanto sia semplice violare i sistemi informatici e modificare i documenti senza lasciare tracce che, da sole, possano far nascere il sospetto di una intrusione non autorizzata; e l’esposizione di Gianpiero Ardissono, che ha illustrato i risultati dell’analisi del rischio operata nel sistema giudiziario torinese. Tali risultati sono stati sconcertanti: è emerso infatti che un semplice programmino scaricabile dalla rete ha rivelato in pochi minuti la password di ben 987 dei 1882 utenti collegati. A chiudere il Convegno la relazione di Stefano Aprile, che ha illustrato le procedure attivate dalla Direzione generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia per la tutela delle infrastrutture, e l’intervento di Floretta Rolleri, che ha segnalato la recente pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del D. Lgs. 28/2/05 n. 42 “Istituzione del sistema pubblico di connettività e della rete internazionale della pubblica amministrazione, a norma dell’articolo 10 della L. 229/2003”, un provvedimento che istituisce la Commissione di coordinamento del “SPC – Sistema pubblico di connettività” ed apre nuovi scenari nel panorama dei sistemi informatici delle amministrazioni pubbliche. 02/04/2005 9 DIRITTO E GIUSTIZIA Sentenze contumaciali: ai penalisti non piacciono le modifiche Le Camere penali non ci stanno e non assisteranno interti «al tentativo di restaurazione che porterebbe le lancette dell’orologio della giustizia di questo paese indietro di vent’anni». Dopo le modifiche apportate dalla commissione Giustizia del Senato (vedi tra gli arretrati del 23 marzo 2005), i penalisti ritornano all’attacco sul disegno di legge di conversione del decreto sulle sentenze contumaciali con un documento approvato dalla giunta il 30 marzo scorso (leggibile tra i documenti correlati). La II commissione di Palazzo Madama, infatti ha, tra le altre cose, ripristinato il mandato specifico per il difensore che voglia impugnare una sentenza contumaciale, passaggio previsto nel testo di Palazzo Chigi ma cancellato in prima lettura da Montecitorio. Le prime modifiche apportate dalla Camera, riporta il documento della giunta, avevano «operato una certa ortopedia, eliminando la necessità che la mancata conoscenza del provvedimento debba risultare agli atti processuali ed attenuando la perentorietà del sistema di notifiche in capo al difensore (…)». Insomma, il primo passaggio si era rivelato, agli occhi dei penalisti, tutto sommato «migliorativo». «Ciononostante – continua il testo – non può sottacersi che la complessiva idea riformatrice si muove su direttrici distanti dall’attuazione dei principi internazionali e della nostra Carta costituzionale». Altri sistemi giudiziari che, ritenendo di difficile attuazione un sistema di conoscenza legale del procedimento penale capace di integrare anche il requisito della conoscenza effettiva dello stesso, hanno scelto di eliminare direttamente il processo contumaciale. Il nostro Legislatore, avendo invece scelto la strada opposta, secondo l’Ucpi dovrebbe «perseguire lo scopo di individuare forme di conoscenza legale dell’esistenza del procedimento e del processo tali da coincidere il più possibile con la conoscenza effettiva dello stesso. Ma il testo del Senato «si colora di restaurazione facendo perdere anche qual poco di reale ed effettiva riforma che il testo aveva assunto a seguito dell’approvazione della Camera». Questo perché è stata «cancellata la norma con la quale gli atti sarebbero stati rimessi al giudice che procedeva al tempo in cui si è verificata una delle ipotesi di mancata vocatio, si è esclusa la facoltà del difensore di rifiutare la notificazione nelle ipotesi in cui sia cessato il rapporto fiduciario». «Ma quel che più sconforta – continua il documento – e tradisce la chiara strumentalizzazione dell’intervento normativo per fini diversi da quelli dichiarati è la reintroduzione della vecchia e giustamente vituperata norma per la quale il difensore potrà impugnare una sentenza contumaciale solo se munito di specifico mandato». Una modifica appunto irrazionale «partorita dalla mente di chi, per finalità poco comprensibili, non ha esitato ad introdurre una previsione che si muove in una direzione diametralmente opposta rispetto allo scopo della riforma». La speranza, conclude il documento, è che il Senato «azzeri tali proposte rimettendo il provvedimento legislativo sui binari della civiltà giuridica, con l’adeguamento dell’attuale normativa ai nostri principi costituzionali ed a quelli del diritto internazionale». 02/04/2005 10 Unione delle Camere penali italiane «Disposizioni in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali» Documento approvato dalla Giunta il 30 marzo 2005 Le recenti e preoccupanti modifiche che la Commissione Giustizia del Senato ha apportato al testo del ddl 5650/C, recante “Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna”, in vista della discussione generale in Aula, costituiscono la riprova della fondatezza del giudizio negativo sulla mini-riforma, espresso a più riprese dall’Ucpi. L’intervento di modifica legislativa, come dichiarato dallo stesso Governo proponente, è ispirato dall’intento di adeguare il nostro sistema processual-penalistico ai principi della nostra Carta costituzionale, alla normativa sopranazionale e, segnatamente, ai principi contenuti all’art. 6 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo riguardo alla celebrazione del processo in absentia dell’imputato. Nel tempo, infatti, si è succeduta una serie di interventi della Corte europea dei diritti dell’uomo che hanno condannato il nostro Paese proprio per la violazione dell’art. 6 della Convenzione. Questo sancisce, infatti, che il diritto di ogni imputato a comparire nel processo a suo carico non è irrinunciabile, sempre che la rinuncia risulti in modo espresso ed inequivoco e non sia presunta. In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto che la Cedu garantisce il diritto di ogni imputato a prendere parte all’udienza e che, in particolare, una condanna in absentia è incompatibile con la disciplina internazionale, se al ricorrente che non abbia inequivocabilmente rinunciato al proprio diritto a comparire non è data la possibilità di ottenere la celebrazione di un nuovo processo di merito. Lo stesso principio, del resto, già qualche anno addietro è stato posto al centro di un parere espresso dal Comitato dei diritti umani dell’Onu, secondo il quale, nei casi di processo e condanna in absentia dell’autore presunto del fatto, non sussiste violazione dell’art.14 della Convenzione internazionale dei diritti civili e politici solo nel caso in cui l’imputato venga convocato in tempo ed informato dell’inizio di un procedimento nei suoi confronti. Al fine di poter dare prova del fatto che siano stati rispettati i requisiti necessari per un processo equo che si svolga in absentia, rileva il detto Comitato, non è sufficiente assumere che il suo autore sia stato informato dal suo avvocato del procedimento avviato nei suoi confronti. Il problema posto dal l’adeguamento del sistema processuale interno alla normativa internazionale è, quindi, costituito dal superamento di ogni presunzione in ordine alla conoscenza da parte dell’interessato dell’esistenza del procedimento penale. Ne deriva la necessità di introdurre un sistema legale di effettiva conoscenza dell’interessato, tale da far ritenere la sua absentia dal processo come il frutto di una scelta consapevole e quindi di una vera e propria rinuncia. A fronte degli intenti dichiarati, l’intervento riformatore di iniziativa governativa, destinato a modificare la delicata materia, si è rivelato in realtà una sorta di malcelata scorciatoia per raggiungere finalità estranee a quell’esigenza primaria, quali la deflazione delle attività degli uffici giudiziari. Ritenere che la prova della mancata conoscenza del procedimento dovesse risultare dagli atti, come prevedeva la prima stesura del testo di legge, non è null’altro che un divertente ossimoro. Ritenere, poi, che fosse sufficiente la notifica al difensore di fiducia per presumere la conoscenza dell’esistenza di un processo non è altro che un espediente grossolano per evitare alla Stato italiano di esperire, in caso di dubbio sull’effettiva comunicazione all’imputato della pendenza a suo carico, le verifiche necessarie per assicurarsi che i principi del giusto processo siano stati rispettati. Su tale prima stesura è intervenuta l’approvazione da parte della Aula della Camera dei deputati, con i suggerimenti correttivi della Commissione Giustizia. 11 Nonostante le prime notizie di stampa, che davano per approvato senza modifiche il testo licenziato dal Governo, infatti, l’Aula di Montecitorio ha operato una certa ortopedia, eliminando la necessità che la mancata conoscenza del provvedimento debba risultare dagli atti processuali ed attenuando la perentorietà del sistema di notifiche in capo al difensore con la previsione che quelle successive alla prima venissero effettuate comunque nelle mani dell’imputato in caso di sua elezione di domicilio. Al difensore, infine, viene riconosciuta la facoltà di dichiarare di non accettare la notificazione quando il rapporto fiduciario sia venuto meno. Anche se questa facoltà non include l’ipotesi in cui il difensore non sappia ancora se riuscirà a rintracciare il suo assistito, abbiamo già affermato che l’intervento della Camera in sede di approvazione del decreto è stato comunque migliorativo. Ciononostante, non può certo sottacersi che la complessiva idea riformatrice si muove su direttrici distanti dalla attuazione dei principi internazionali e della nostra Carta costituzionale. Il nucleo fondamentale della riforma rimane sempre l’effettiva conoscenza da parte dell’imputato del procedimento, nonché l’individuazione delle procedure di notificazione che in modo adeguato possano soddisfare tale esigenza. Sembra pertanto evidente che la notificazione al difensore di fiducia, anche con i correttivi da ultimo apportati, non possa essere strumento per poter veicolare nel processo il requisito della certezza della conoscenza, a meno che non venga introdotta una vera e propria presunzione. Nell’ambito dei sistemi giudiziari sia di civil che di common law esistono ordinamenti che, realisticamente, hanno ritenuto di difficile attuazione un sistema di conoscenza legale del procedimento penale capace di integrare anche il requisito della conoscenza effettiva dello stesso, così pervenendo all’eliminazione del processo contumaciale. Nel nostro ordinamento, il Legislatore, avendo scelto di non percorrere tale via, deve allora perseguire lo scopo di individuare forme di conoscenza legale dell’esistenza del procedimento e del processo tali da coincidere il più possibile con la conoscenza effettiva dello stesso. E certamente ciò non può dirsi per il sistema di notificazione al difensore fiduciario, per una serie di intuibili ragioni di ordine pratico e sistematico. Ma l’orizzonte che si defila allorché il testo del ddl si accinge ad essere approvato dal Senato si colora di restaurazione facendo perdere anche quel poco di reale ed effettiva riforma che il testo aveva assunto a seguito dell’approvazione della Camera dei Deputati. Il 23 marzo scorso, infatti, la Commissione Giustizia di quel ramo del Parlamento ha approvato alcune modifiche peggiorative. Si è così cancellata la norma con la quale gli atti sarebbero stati rimessi al giudice che procedeva al tempo in cui si è verificata una delle ipotesi di mancata vocatio, e si è esclusa la facoltà del difensore di rifiutare la notificazione nelle ipotesi in cui sia cessato il rapporto fiduciario. Ma quel che più sconforta e tradisce la chiara strumentalizzazione dell’intervento normativo per fini diversi da quelli dichiarati è la reintroduzione della vecchia e giustamente vituperata norma per la quale il difensore potrà impugnare una sentenza di condanna contumaciale solo se munito di specifico mandato. Si tratta di una modifica irrazionale partorita dalla mente di chi, per finalità poco comprensibili, non ha esitato ad introdurre una previsione che si muove in una direzione diametralmente opposta rispetto allo scopo della riforma. L’avvocatura penalistica italiana non può certamente assistere inerte ad un simile tentativo di restaurazione che, ove riuscisse, porterebbe le lancette dell’orologio della giustizia di questo Paese indietro di vent’anni, e darà battaglia per sconfiggere tale disegno. Confidiamo che il Senato azzeri tali proposte di modifica, rimettendo il provvedimento legislativo sui binari della civiltà giuridica, con l’adeguamento dell’attuale normativa ai nostri principi costituzionali ed a quelli del diritto internazionale. 02/04/2005 12 ITALIA OGGI Semplificata l'adesione al concordato preventivo Snellito il concordato preventivo. Non sarà più necessario valutare la meritevolezza dell' imprenditore né la sussistenza delle serie garanzie reali e personali. Tutto sarà dunque più semplice e spedito. Addirittura la sua omologazione potrà avvenire in camera di consiglio. Basterà solo la presentazione di un piano nel quale illustrare come potrà avvenire la ristrutturazione dei debiti facendo ricorso anche alla cessione di alcuni o di tutti i beni o di rami di attività. Se la maggioranza dei creditori ammessi al voto è d' accordo il concordato è approvato. È questo il nuovo volto del concordato preventivo così disciplinato dall' art. 2 del dl n. 35/2005 in materia fallimentare inserite nel corpo del provvedimento che si riferisce al piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Le riforme introdotte nella legge fallimentare hanno dunque questo scopo: non appesantire ma dare un senso alla (ri)crescita delle imprese nell' ottica del mantenimento del loro valore occulto. In tale prospettiva, va rispolverato l' istituto concordatario utilizzato spesso per evitare il fallimento. Il contenuto del piano Come nella ristrutturazione dei debiti di cui all' art. 182-bis, il piano o una programmazione economico, finanziaria e patrimoniale viene ad assumere un ruolo centrale e vitale per la riuscita del concordato preventivo. Esso dovrà servire a convincere i creditori ed i terzi in genere; non ci si dovrà preoccuparsi più di tanto del tribunale giacché lo stesso è chiamato a svolgere una sorta di controllo notarile anche se un po'più spinto. Tanto è vero che il concordato deve essere approvato se lo vuole la maggioranza dei creditori ammessi al voto. Sul punto, però, non tutto potrebbe andare liscio vista la prassi che di solito si adotta in tribunale. Le linee essenziali del piano sono tracciate dal nuovo art. 160 della legge fallimentare che spazza via in un solo colpo tutte le condizioni soggettive sinora previste. Non sarà più necessario verificare l' anzianità dell' iscrizione dell' imprenditore nell' apposito registro o la sussistenza di eventuali condanne per reati patrimoniali né tanto meno verificare l' esistenza delle serie garanzie personali o reali o la consistenza dei beni ceduti. Ora basterà concentrarsi sulla tenuta del piano in cui andrà predisposto il modo e la forma di soddisfazione dei creditori. Anche mediante la previsione di una cessione in blocco dei propri beni o di alcuni di essi. Addirittura tali debiti potranno essere accollati da terzi o potranno essere previste operazioni di ingegneria finanziaria o straordinarie. Basta pensare alla possibilità creare una struttura societaria nuova (la cosiddetta new company con la quale far ricorso al credito bancario che serva poi a permette una trattativa diretta o indiretta con i creditori della società in crisi). Diventerà, quindi, possibile attribuire ai creditori, verosimilmente 13 quelli maggiori, o a società da questi partecipate azioni, quote o obbligazioni come pure strumenti finanziaria o titoli di debito. Grazie a questo meccanismo di intervento, si generalizza ciò che è già oggi previsto per alcune tipologie di operazioni. È indubbio che tale meccanismo risveglierà tecniche di finanza aziendale o economiche di solito accantonate dagli imprenditori. Sarà possibile allora tramutare il credito vantato con azioni della medesima società o ottenere strumenti finanziari legati al risultato della stessa. In tal caso sarebbe necessario, come è stato già previsto dall' art. 113 del Tuir per le partecipazioni acquisite per il recupero dei crediti bancari, ipotizzarne l' allargamento a tutti. Anche la cessione delle attività o, meglio, di singoli rami della stessa, potrà essere utile per facilitare l' accordo preventivo attuabile mediante il loro conferimento in società appositamente costituite che potrebbero fare da schermo onde permettere l' uscita della impresa dallo stato di crisi. Se si pensa che i creditori potranno essere suddivisi in classi secondo la loro posizione giuridica e con interessi economici omogenei anche la fine di riservare loro trattamenti diversi, si ha la precisa misura di quanta libertà sia usufruibile nel predisporre il piano di accordo. Non vi è dubbio che una particolare attenzione dovrà essere riservata alla preparazione documentale a corredo del ricorso. Cioè a dire, una aggiornata situazione patrimoniale, economica e finanziaria nella quale illustrare tutte le potenziali inespresse, non da un punto di vista contabile, ma reale avendo quindi cura di far emergere le plusvalenze latenti e le risorse intangibili della impresa nascoste tra le pieghe delle risorse umane, della valorizzazione dei marchi e della penetrazione dei mercati di riferimento. Ciò al fine di far comprendere l' appetibilità del piano ai creditori e l' inutilità distruttiva di una procedura fallimentare. Il ruolo del tribunale Si è sempre discusso su quale fosse il ruolo del tribunale: se di mera legittimità o anche sindacato del merito della proposta concordataria. Non vi è dubbio, che viene dato spazio ai creditori, relegando il ruolo del tribunale a quello di legittimità. Le fasi sono tre: la prima attiene all' ammissione della procedura così come è stata attivata, la seconda riguarda invece l' approvazione del concordato da parte dei creditori; la terza, infine, il giudizio di omologazione. Sul primo aspetto (ammissione) il tribunale è chiamato a verificare ´la completezza e la regolarità della documentazione'nonché, ove siano previste classi di creditori, ´la valutazione della correttezza dei criteri di formazione'delle stesse. Si tratta di un intervento procedurale che riguarda esclusivamente la documentazione portata a corredo della proposta e non del piano; esso deve arrestarsi di fronte al patto raggiunto tra concordatario e propri creditori dando rilievo a tale funzione giuridica. Parimenti, ci si dovrà attenere alla verifica della correttezza della suddivisione per classi. Riguardo invece alla approvazione della proposta così come ammessa, sarà sufficiente a questo fine che ci sia il voto favorevole dalla maggioranza dei creditori ammessi al voto. Addirittura il tribunale, una volta verificato tale minimo, può intervenire sui creditori dissenzienti divisi per classi, se ritiene che gli stessi possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore alle alternative concretamente applicabili. Il nuovo art. 177, superate la fasi processuali di garanzia previste per il creditori dissenzienti, se la maggioranza è stata acclarata, prevede l' approvazione del concordato da parte del tribunale con decreto motivato. Anzi, sussistendo la maggioranza, si procede all' approvazione nonostante il dissenso di una o più classi di creditori. In tale ipotesi dunque viene emesso il decreto di omologazione che chiude il concordato preventivo. (riproduzione riservata) Alessandro Felicioni e Giuseppe Ripa 02/04/2005 14 DIRITTO E GIUSTIZIA Meeting point A Roma, martedì 5 aprile, ore 9.15, presso l’aula magna «G. Marongiu» della Scuola superiore della pubblica amministrazione, via Robilant 1, il convegno dal tema «La giurisdizione della Corte dei conti fra diritto pubblico e diritto privato», organizzato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione. Interverranno, tra gli altri, Marcello Clarich, Università Luiss di Roma, Stefano Rodotà, Università «La Sapienza» di Roma, Alessandro Pajno, consigliere di Stato, Cinthia Pinotti, consigliere della Corte dei conti e Enrico Altieri, consigliere della Corte di cassazione. A Roma, martedì 5 aprile, ore 14.30, presso il Palazzo di Giustizia, Piazza Cavour, aula Avvocati l’incontro di studio «Onori ed oneri nel patrocinio a spese dello Stato», organizzato dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma, con il patrocinio dell’Associazione nazionale volontari avvocati per il gratuito patrocinio e la difesa dei non abbienti (Anvag). Interverranno, tra gli altri, Alessandro Cassiani, presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma, Nicola Ianniello, presidente dell’Anvag, Alberto Bucci, presidente della prima sezione civile del Tribunale di Roma, Antonio Martone, sostituto procuratore generale presso la Corte suprema di cassazione. È prevista anche la partecipazione di Gaetano Pecorella, presidente della Commissione Giustizia della Camera dei deputati. A Milano, mercoledì 6 aprile 2005, il seminario sul diritto di famiglia dal tema «Rapporti patrimoniali nella crisi: vendicarsi con l’assegno. Qual’è il punto di equilibrio?». A Siracusa, dall’8 al 10 aprile 2005, il seminario nazionale Isisc dal tema «Testimoni e testimonianze “deboli”», in collaborazione con l’Unione camere penali. Interverranno, tra gli altri, Maurizio Marasco, Università degli Studi «La Sapienza», Gustavo Sergio, magistrato, procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Venezia, Glauco Giostra, Università di Macerata, Mario Chiavario, Università di Torino, Elvio Fassone, senatore della Repubblica, Giovanni Tinebra, presidente dell’amministrazione penitenziaria, ministero della Giustizia, Ettore Randazzo, presidente dell’Unione camere penali italiane e Valerio Spigarelli, segretario generale dell’Unione camere penali italiane. A Roma, mercoledì 13 aprile 2005, presso l’Avvocatura generale dello Stato, sala Vanvitelli, via dei Portoghesi, 12 il convegno dal tema «L’atto amministrativo: evoluzione dei vizi di legittimità, nuove anomalie e nodi problematici nella gestione del territorio dopo la riforma della legge 241/90» organizzato dall’Associazione romana di studi giuridici Avvocatura generale dello Stato e dall’Unione Consiglio di Stato. Interverranno, tra gli altri, Luigi Mazzella, avvocato generale dello Stato, Filoreto D’Agostino, consigliere di Stato, Mario Sanino, Università degli studi di Bologna, Sergio Santoro, consiglio di Stato, Bruno Amoroso, presidente del Tar Veneto, Alfonso Celotto, Università degli studi di Roma Tre, Riccardo Fuzio, procura generale della Corte di cassazione, Mauro Orefice, Corte dei conti e Sveva Rossi, associazione romana di studi giuridici. A Padova, venerdì 15 aprile 2005, ore 15.00, presso il Palazzo del Bo, aula E, il convegno dal tema «La giurisdizione tra Costituzione, leggi, potere Esecutivo e aspettative dei cittadini», organizzato dall’Anm sezione Veneto. Interverranno, tra gli altri, Ennio Fortuna, procuratore generale, Giuseppe Maria Berruti, consigliere di Cassazione, Roberto Kostoris, Università di Padova e Vittorio Borraccetti, procuratore della Repubblica di Venezia. 02/04/2005 15