2015.05.05 LaRegione AITI Rischio delocalizzazione elvato
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2015.05.05 LaRegione AITI Rischio delocalizzazione elvato
Le industrie ticinesi soffrono il franco forte in modo più sensibile rispetto al resto del Paese Rischio delocalizzazione elevato Finora sono stati effettuati almeno 150 licenziamenti. Un numero che potrebbe salire a 500 unità. Fabio Regazzi prossimo presidente di Aiti. di Generoso Chiaradonna «La situazione congiunturale per le imprese manifatturiere ticinesi è più difficile rispetto a quella delle aziende svizzere. Il Ticino sta subendo in modo più marcato le conseguenze dell’abolizione del tasso minimo di cambio tra franco ed euro deciso a gennaio dalla Banca nazionale svizzera». Così Daniele Lotti, presidente uscente dell’Associazione industrie ticinesi (Aiti). Alla prossima assemblea che si terrà a Bellinzona lunedì 11 maggio, infatti, verrà proposto alla presidenza Fabio Regazzi, consigliere nazionale e titolare della Regazzi Sa. Si chiude, quindi, il secondo mandato triennale alla testa degli industriali ticinesi per Daniele Lotti. Un mandato iniziato nel 2009 – nel pieno della crisi internazionale – e che ha visto in questi sei anni due shock valutari. Il primo nell’estate del 2011, quando il tasso di cambio tra franco ed euro sfiorò la parità. Parità scongiurata con un intervento d’imperio della Bns che ‘svalutò’ di fatto il franco portando a inizio settembre di quell’anno il tasso minimo a 1,20 per un euro. Imperio – quello della Bns – venuto meno lo scorso 15 gennaio. Ora si è di nuovo ai piedi della scala. «A seguito dell’eliminazione del peg con l’euro, diverse aziende hanno messo a punto una serie di misure straordinarie per salvaguardare l’occupazione e la competitività delle stesse aziende», spiega invece Stefano Modenini, direttore dell’Aiti. Stando a un sondaggio effettuato a fine aprile tra le imprese associate all’Aiti, circa il 31% ha aumentato l’orario di lavoro a parità di salario, mentre il 22% ha ridotto il costo del lavoro e circa il 16% delle imprese interpellate ha introdotto il lavoro ridotto. Gli ultimi dati disponibili indicano in 150 le aziende che hanno chiesto di introdurre il lavoro ridotto (in pratica la disoccupazione parziale). «Potenzialmente entro la fine dell’anno potremmo contare 500 licenziamenti. Attualmente siamo già a 150 disdette effettuate», precisa ancora Modenini. Se il clima d’instabilità dovesse persistere, la delocalizzazione di aziende o di parti di produzione è un’opzione valutata da circa il 7% degli interpellati. «Ci sono Paesi – soprattutto nell’Europa centroorientale – che stanno facendo delle offerte affinché le imprese svizzere si spostino nelle loro giurisdizioni. Si offrono esenzioni fiscali, sgravi per i contributi sociali e addirittura forti sconti sulla fornitura di energia», continua Modenini. Per Daniele Lotti sarà l’ultima assemblea da presidente A preoccupare gli industriali ticinesi, oltre alla situazione valutaria, c’è anche l’applicazione dell’articolo costituzionale sull’immigrazione di massa. A fine maggio si concluderà la consultazione promossa del Consiglio federale. «Come Aiti chiediamo che l’applicazione dell’articolo costituzionale avvenga senza compromettere il mantenimento degli Accordi bilaterali e che la concessione dei permessi di lavoro debba essere facilitata in quei settori dove non c’è sufficiente manodopera residente. Il tutto senza dimenticare di utilizzare il potenziale locale quale i lavoratori anziani e il personale femminile», commenta anco- TI-PRESS ra Modenini. E proprio per valorizzare le professioni dell’industria tra i giovani ticinesi da qualche anno Aiti ha promosso una serie di incontri nelle scuole medie (progetto ‘Industria? We like it!’). «Sono stati 1’700 gli allievi avvicinati e sono state realizzate visite in 15 aziende del territorio», ha ricordato Andrea Bertagni.