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COSE DELL’ALTRO MONDO
Cose dell’altro mondo
a cura di Francesca Lancini
MANAGER IN ADOZIONE
FEMMINISMO COREANO
Fra i tuoi eredi non c’è maschio che possa
gestire la tua azienda? Adotta un
manager! È la nuova soluzione che le
grandi compagnie giapponesi hanno
trovato alla carenza di eredi all’interno
delle loro dinastie. A riportarlo è The
Economist: in Giappone il legame di
sangue continua a essere così
importante, soprattutto nelle stirpi
industriali, che gli anziani imprenditori
hanno bisogno di qualcosa di più di un
assistente fidato. Serve un figlio, almeno
sulla carta, meglio se non troppo giovane
e con esperienza. L’anno scorso oltre
81mila persone sono state adottate in
Giappone, una delle cifre più alte al
mondo, delle quali il 90% era adulto.
Se manca un figlio maschio o quest’ultimo
non è abile nella gestione degli affari di
famiglia, ventenni e trentenni potranno
candidarsi alla posizione di nuovo
amministratore delegato, figlio del capo
e magari marito di sua figlia.
Un bell’intrico che però non spaventa i
carrieristi giapponesi. Come molti di loro,
Tsunemaru Tanaka sta cercando moglie,
ma soprattutto è disposto a sacrificare il
suo nome in cambio di uno facoltoso.
Se sarà fortunato, nel 2013 troverà una
sposa, la sua ricca famiglia lo adotterà e
lui ne gestirà l’azienda. “Sono sicuro di
avere molte doti da offrire alla famiglia
giusta”, dice. Alle sue esigenze sta
provvedendo un consulente matrimoniale
come Chieko Date, che ha già combinato
600 unioni. Ma le figlie dei magnati sono
d’accordo? “Noi procuriamo felicità a
entrambi”, spiega Date. “Non si tratta
solo di una transazione economica.
Se l’uomo e la donna non si piacciono,
falliranno sia il matrimonio che
l’azienda”. La signora Date finora ha
selezionato 20mila top manager e
nessuno dei prescelti ha divorziato.
La pratica dell’adotta-manager esiste per
ora solo in Giappone e probabilmente
non si espanderà altrove. I vicini tycoon
cinesi l’hanno definita “incivile”.
Le condizioni disastrose dell’economia
nordcoreana si riflettono in grandi
cambiamenti nella vita delle donne.
Gli stipendi dei mariti non bastano più a
mantenere la famiglia e sempre più madri
e figlie contribuiscono al budget comune.
Con un beneficio indiretto: un maggior
potere decisionale negli affari di casa.
“Gli uomini non riescono a racimolare
abbastanza soldi, così adesso tocca a noi”,
dice Lee Young. “Noi mamme paghiamo la
retta di scuola e compriamo abiti e cibo per
i nostri figli. I maschi vogliono delle
compagne ubbidienti, ma non possono
permettersi di ordinare più nulla.” Lee,
quarantenne, ricorda: “Mia madre non
poteva esprimere un’accentuata felicità o
tristezza. Io, invece, se una cosa non mi sta
bene litigo con mio marito, se sono
contenta condivido la mia gioia con lui.”
Fino al XX secolo la cultura coreana era
numero 47 maggio/giugno 2013
UN CORSO PER TUTTI
La crescita economica
indiana rallenta, ma nella
più grande democrazia del
mondo si registra un
nuovo boom, quello dei
corsi. Ce n’è uno per ogni
esigenza come evidenzia
un articolo di Jason Burke,
corrispondente da Nuova
Delhi per The Guardian.
Il signor Aggarwal, munito
di iPad, insegna come
parlare in pubblico. I suoi
studenti, sei mesi al costo
di 400 dollari, sembrano
soddisfatti: “La
comunicazione è uno
strumento chiave nel
mercato globale”, dice
Meera Gulati, 28 anni.
“Devi saper promuovere
un prodotto in 30
secondi”. In India,
nell’ultimo anno il Pil è
cresciuto meno del 6%, la
mancanza di elettricità è
cronica e la corruzione in
aumento, il vero business
patriarcale, durante la dinastia Yi (13921910) furono imposte restrizioni alle donne
in nome dell’ideologia confuciana. Una
donna virtuosa obbediva al maschio per
tutta la sua esistenza: bambina al padre,
sposa al coniuge, vedova al figlio. Con la
divisione delle due Coree, negli anni
Cinquanta il regime comunista del Nord
garantì uguali diritti ai due sessi, costruì
asili e spronò le donne a uscire di casa. Ma
le donne continuavano a guadagnare meno
dei maschi e lasciavano i loro impieghi.
A sconvolgere gli equilibri furono la grande
crisi economica degli anni Novanta e lo
sgretolamento del sistema di distribuzione
alimentare. Le paghe dei capi-famiglia non
bastavano più e le donne inventarono
nuovi mezzi di sostentamento.
Inaugurarono sartorie casalinghe o
andarono a vendere beni da loro prodotti,
un’attività che i mariti coreani hanno
sempre considerato disdicevole.
si chiama “miglioramento
di sé”. Anche i più poveri
vogliono adeguarsi al
mondo del lavoro.
Indicatore di una
maggiore mobilità sociale
è anche il successo delle
scuole d’inglese, fra il
2003 e il 2011 hanno visto
aumentare gli studenti del
274%, un bacino di 20
milioni di bambini.
Secondo un ricercatore
della Ipsos Indica
Research, vanno a ruba i
libri sull’autostima. Tutto
ciò è anche sintomo di un
sistema scolastico carente
e dell’insicurezza di quei
ragazzi che si trovano a
competere su un mercato
spietato, pur provenendo
da famiglie di analfabeti.
I giovani devono far fronte
a rapidi cambiamenti
senza punti di riferimento
da cui partire. I ricchi,
invece, possono
permettersi il lusso di
corsi più bizzarri, un po’
come in Occidente. Nella
Pria Warrick’s Finishing
Academy, vicino a Delhi,
ogni anno centinaia di
clienti pagano fino a 1800$
per frequentare il corso di
“Assumi l’immagine di un
gentleman”, “Ragazza
sicura di sé”, “Perfetta
signora”. In realtà la
motivazione non è così
vacua: “Chi lavora per le
multinazionali e ha
rapporti con l’estero deve
spesso colmare un divario
culturale”, spiega lo
psicologo Pria Warrick.
“Deve imparare l’etichetta
del business, come ci si
comporta a un pranzo di
lavoro o quando è più
opportuno rispondere al
cellulare. In India,
rispondiamo al telefono
nel mezzo di una riunione
senza chiedere scusa e
molti uomini non sanno
trattare con capi donne.”