Da donna Geisha a donna Manga
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Da donna Geisha a donna Manga
114-116 Giappone_Layout 1 15/02/13 15:36 Pagina 114 GIAPPONE Da donna Geisha a donna Manga Dalle geisha alle lolita, dai samurai agli uomini erbivori: gli ideali di donna e uomo nel Paese del Sol Levante sono in profonda trasformazione. di Francesca Lancini 114 P ura, disincarnata e delicata come un fiore che sta per schiudersi. Per alcuni uomini giapponesi l’ideale di donna richiama ancora i disegni della tradizione, i tessuti luminosi dei kimono, le corolle dei ciliegi. D’altra parte, il maschio dovrebbe essere per queste fanciulle rarefatte un guerriero forte e coraggioso. Lo dicono alcuni sociologi locali, ma in un Paese che da oltre vent’anni conosce la parola crisi e che proprio due anni fa, ne ricorre l’anniversario l’11 marzo 2011, è stato travolto sia fisicamente che emotivamente dal maremoto e dal disastro nucleare di Fukushima, le parole d’ordine sono trasformazione, ricerca, tensione. I modelli nascono, si aggiustano, scompaiono, ritornano. Si incontrano ed entrano in contraddizione fra loro. Sono il riflesso dell’inquietudine che si vive in tutti gli strati sociali e al tempo stesso l’espressione di qualcosa che resiste alla stagnazione e magari la supera. E così si scopre che le figure simboliche della Geisha o della Yamato Nadeshiko (antica personificazione della donna ideale) hanno affascinato e attraggono più alle nostre latitudini, nell’Occidente autocentrato, che nell’Arcipelago asiatico. “Non credo che siano mai state delle figure di riferimento importanti per la maggior parte della popolazione, se non come mito propagandistico durante la Guerra del Pacifico, o per una certa élite di scrittori e intellettuali tradizionalisti”, spiega a “East” Toshio Miyake, ricercatore Marie Curie all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Secondo lo studioso, la Geisha “è da più di un secolo, grazie anche al contributo di Puccini (che le dedicò l’opera Madame Butterfly, ndr.), una figura molto più importante per l'immaginario euro-americano, mentre la Yamato Nadeshiko è diventata una delle mille mode fra le tante, e ha a che fare con una delle numerose ondate di neo-tradizionalismo nei consumi”. Più radicato di questi riferimenti retrò è la Ryosai Kenbo, il binomio di buona moglie, saggia madre che da fine ‘800 fu proposto e imposto alle donne dalle autorità imperiali. Lo racconta a “East” Paola Scrolavezza, docente di letteratura giapponese presso l’Università di Bologna: “Ancora oggi le cinquantenni giapponesi si rifanno a questo modello che le considera importanti ma solo all’interno delle mura domestiche”. Come più di un secolo fa – aggiunge Scrolavezza – “incontriamo madri istruite con l’unico fine di educare i figli maschi a diventare dei bravi cittadini”. La bolla immobiliare degli anni Novanta e l’ultima crisi globale, tuttavia, hanno accelerato lo sgretolamento di questi retaggi patriarcali. Alcune donne continuano a indossare il kimono e a camminare un passo indietro all’uomo, mentre nascono generi femminili, maschili e cross-gender sempre più vistosi, colorati e sfuggenti. La famiglia capeggiata dal patriarca funziona finché sopravvive il lavoro a vita, in cui l’uomo porta a casa lo stipendio e la donna bada al focolare. Ma gli impieghi a tempo indeterminato sono venuti meno. I figli dei salary man, i maschi votati all’azienda 24 ore su 24 e per tutta la loro esistenza, si sono ribellati. La ragazza, detta anche working woman, non si accontenta più del ruolo da segretaria (office lady), ma aspira a una carriera. I vecchi equilibri sono rotti. Ci sono “modelli di genere e stili di vita più consoni a una società opulenta e dei consumi avanzati, ma con un mercato del lavoro sempre più precario”, sottolinea Miyake. Il cambiamento più marcato è iniziato con i furita, giovani che scel- east european crossroads 114-116 Giappone_Layout 1 15/02/13 15:36 Pagina 115 WILFRIED MAISY/REA/CONTRASTO GIAPPONE \ Ragazze in Kimono nella città di Minami Sanriku, una delle più colpite dalla catastrofe del 2011. gono il precariato o lavori a termine anziché la carriera classica. Il furita, tuttavia, ora si trova anch’esso a fronteggiare la preoccupazione di mantenersi, prodotta dall’ultima crisi economica. Il periodo in cui i giovani scelgono di essere liberi dalle convenzioni, quindi, è limitato di solito dai 20 ai 30 anni di età inoltrati, quando – dopo la divisa scolastica – si torna a numero 46 marzo/aprile 2013 vestire quella del tailleur o del completo giacca-cravatta-pantalone rigorosamente scuro. Questo è il ventennio più interessante nell’esplorazione dei modelli. Il gioco della libertà e della seduzione ruota intorno a ragazze lolita curatissime e moderatamente intraprendenti, e a ragazzi altrettanto attenti al look da non temere di mostrare il proprio lato femminile. 115 114-116 Giappone_Layout 1 15/02/13 15:36 Pagina 116 LAIF/CONTRASTO GIAPPONE Giappone in cifre • Il Giappone occupa per demerito il 101° posto su 135 nel Gender Gap Report 2012 (sul divario fra uomo e donna) del World Economic Forum. Il conformismo sociale è ancora molto diffuso, soprattutto in azienda dove pochissime donne hanno ruoli dirigenziali. • La pulizia di una donna è il primo elemento di seduzione per gran parte degli uomini giapponesi. Nel loro ideale femminile l’altezza non dovrebbe superare il metro e sessanta. • Nel 2010 il 47,3 per cento dei giapponesi fra i 30 e i 34 anni erano single; nei ragazzi fra i 25 e i 29 anni il numero di celibi sale al 71,8 per cento. Ma quando si sposano preferiscono una donna finanziariamente indipendente. • Nonostante la crisi, il Giappone presenta un tasso di disoccupazione del 4,6% e un’aspettativa di vita media di 84 anni grazie a un buon sistema sanitario. 116 Scrolavezza conferma che questi due modelli sono paralleli e si cercano l’un l’altro. La ragazza che lavora non vuole accanto un uomo aggressivo, mentre il giovane – chiamato herbivorous – approva che lei si realizzi, anche se spesso disdegna la carnalità, la sessualità e sceglie di esserle solo amico restando single per anni. Dopotutto disimpegno e narcisismo, forse risultato di un estremo rifiuto della tradizione, si registrano anche fra i giovani occidentali e gli stessi italiani, cresciuti in una società patriarcale alla base e ogni giorno più individualista. Le nuove tendenze vengono dalle strade di Tokyo, la capitale e centro culturale del Paese. Nell’influenzare i giovani, inoltre, hanno un ruolo importantissimo i manga e i media, tra cui riviste di fashion-style, soap- opera e programmi tv dove si esibiscono gli aidoru, i vip locali. “Nello specifico, in ambito manga, sono state le donne forse le prime a sperimentare e rendere popolari sin dai primi anni ‘70 fantasie su ragazzi e giovani uomini più effemminati, androgini, sensibili”, puntualizza Miyake. “Entrando progressivamente nel mercato del lavoro, dagli anni Ottanta in poi sono diventate le protagoniste dei consumi e delle mode nazionali”. Detto ciò, bisogna fare attenzione. Il professore della Cà Foscari dice che, come altre, la categoria dell’uomo erbivoro è utile al panico sociale e alla spettacolarizzazione. “Stando a sondaggi nazionali, i giovani giapponesi non sono così spettacolari o asociali, come vorrebbero invece far credere i grandi media nazionali e soprattutto internazionali. Questi ultimi, nella maggior parte dei casi, non fanno altro che amplificare ideologie egemoni: interne nipponiche di tipo gerontocratico (il vecchio che prevale sul nuovo, ndr.), ed esterne di tipo euro-centrico o orientalista”. I giapponesi, dunque, non lo farebbero strano. Pur essendo portati loro stessi a costruire categorie di ogni tipo, non possono essere visti solamente come erbivori o carnivori, suicidi online di gruppo, revisionisti e fascisti, o altro. Secondo la World Values Survey, riusultano i più razionali del pianeta e per fonti governative del 2009, fra i 18 e i 24 anni si sentirebbero più realizzati con gli amici, in famiglia e quando praticano sport e passatempi. east european crossroads