Da donna Geisha a donna Manga

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Da donna Geisha a donna Manga
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GIAPPONE
Da donna Geisha
a donna Manga
Dalle geisha alle lolita, dai samurai agli uomini
erbivori: gli ideali di donna e uomo nel Paese
del Sol Levante sono in profonda trasformazione.
di Francesca Lancini
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P
ura, disincarnata e delicata come un fiore
che sta per schiudersi. Per alcuni uomini
giapponesi l’ideale di donna richiama
ancora i disegni della tradizione, i tessuti luminosi dei kimono, le corolle dei ciliegi. D’altra parte, il maschio dovrebbe essere per
queste fanciulle rarefatte un guerriero forte e
coraggioso. Lo dicono alcuni sociologi locali,
ma in un Paese che da oltre vent’anni conosce
la parola crisi e che proprio due anni fa, ne ricorre l’anniversario l’11 marzo 2011, è stato
travolto sia fisicamente che emotivamente dal
maremoto e dal disastro nucleare di Fukushima, le parole d’ordine sono trasformazione,
ricerca, tensione. I modelli nascono, si aggiustano, scompaiono, ritornano. Si incontrano
ed entrano in contraddizione fra loro. Sono il
riflesso dell’inquietudine che si vive in tutti
gli strati sociali e al tempo stesso l’espressione
di qualcosa che resiste alla stagnazione e magari la supera.
E così si scopre che le figure simboliche
della Geisha o della Yamato Nadeshiko (antica
personificazione della donna ideale) hanno affascinato e attraggono più alle nostre latitudini,
nell’Occidente autocentrato, che nell’Arcipelago asiatico. “Non credo che siano mai
state delle figure di riferimento importanti per
la maggior parte della popolazione, se non
come mito propagandistico durante la Guerra
del Pacifico, o per una certa élite di scrittori e
intellettuali tradizionalisti”, spiega a “East”
Toshio Miyake, ricercatore Marie Curie all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Secondo
lo studioso, la Geisha “è da più di un secolo,
grazie anche al contributo di Puccini (che le
dedicò l’opera Madame Butterfly, ndr.), una figura molto più importante per l'immaginario
euro-americano, mentre la Yamato Nadeshiko
è diventata una delle mille mode fra le tante,
e ha a che fare con una delle numerose ondate
di neo-tradizionalismo nei consumi”.
Più radicato di questi riferimenti retrò è la
Ryosai Kenbo, il binomio di buona moglie,
saggia madre che da fine ‘800 fu proposto e
imposto alle donne dalle autorità imperiali. Lo
racconta a “East” Paola Scrolavezza, docente
di letteratura giapponese presso l’Università
di Bologna: “Ancora oggi le cinquantenni
giapponesi si rifanno a questo modello che le
considera importanti ma solo all’interno delle
mura domestiche”. Come più di un secolo fa
– aggiunge Scrolavezza – “incontriamo madri
istruite con l’unico fine di educare i figli maschi a diventare dei bravi cittadini”.
La bolla immobiliare degli anni Novanta e
l’ultima crisi globale, tuttavia, hanno accelerato lo sgretolamento di questi retaggi patriarcali. Alcune donne continuano a indossare il
kimono e a camminare un passo indietro all’uomo, mentre nascono generi femminili, maschili e cross-gender sempre più vistosi,
colorati e sfuggenti. La famiglia capeggiata dal
patriarca funziona finché sopravvive il lavoro
a vita, in cui l’uomo porta a casa lo stipendio
e la donna bada al focolare. Ma gli impieghi a
tempo indeterminato sono venuti meno. I figli
dei salary man, i maschi votati all’azienda 24
ore su 24 e per tutta la loro esistenza, si sono
ribellati. La ragazza, detta anche working
woman, non si accontenta più del ruolo da segretaria (office lady), ma aspira a una carriera.
I vecchi equilibri sono rotti. Ci sono “modelli di genere e stili di vita più consoni a una
società opulenta e dei consumi avanzati, ma
con un mercato del lavoro sempre più precario”, sottolinea Miyake. Il cambiamento più
marcato è iniziato con i furita, giovani che scel-
east european crossroads
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WILFRIED MAISY/REA/CONTRASTO
GIAPPONE
\ Ragazze in Kimono
nella città di Minami
Sanriku, una delle più
colpite dalla catastrofe
del 2011.
gono il precariato o lavori a termine anziché la
carriera classica. Il furita, tuttavia, ora si trova
anch’esso a fronteggiare la preoccupazione di
mantenersi, prodotta dall’ultima crisi economica. Il periodo in cui i giovani scelgono di essere liberi dalle convenzioni, quindi, è limitato
di solito dai 20 ai 30 anni di età inoltrati,
quando – dopo la divisa scolastica – si torna a
numero 46 marzo/aprile 2013
vestire quella del tailleur o del completo
giacca-cravatta-pantalone rigorosamente scuro.
Questo è il ventennio più interessante nell’esplorazione dei modelli. Il gioco della libertà
e della seduzione ruota intorno a ragazze lolita
curatissime e moderatamente intraprendenti, e
a ragazzi altrettanto attenti al look da non temere di mostrare il proprio lato femminile.
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LAIF/CONTRASTO
GIAPPONE
 Giappone in cifre
• Il Giappone occupa per demerito il 101°
posto su 135 nel Gender Gap Report
2012 (sul divario fra uomo e donna)
del World Economic Forum.
Il conformismo sociale è ancora molto
diffuso, soprattutto in azienda dove
pochissime donne hanno ruoli
dirigenziali.
• La pulizia di una donna è il primo
elemento di seduzione per gran parte
degli uomini giapponesi. Nel loro ideale
femminile l’altezza non dovrebbe
superare il metro e sessanta.
• Nel 2010 il 47,3 per cento dei
giapponesi fra i 30 e i 34 anni erano
single; nei ragazzi fra i 25 e i 29 anni il
numero di celibi sale al 71,8 per cento.
Ma quando si sposano preferiscono una
donna finanziariamente indipendente.
• Nonostante la crisi, il Giappone
presenta un tasso di disoccupazione
del 4,6% e un’aspettativa di vita media
di 84 anni grazie a un buon sistema
sanitario.
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Scrolavezza conferma che questi due
modelli sono paralleli e si cercano
l’un l’altro. La ragazza che lavora non
vuole accanto un uomo aggressivo,
mentre il giovane – chiamato herbivorous – approva che lei si realizzi,
anche se spesso disdegna la carnalità,
la sessualità e sceglie di esserle solo
amico restando single per anni. Dopotutto disimpegno e narcisismo,
forse risultato di un estremo rifiuto
della tradizione, si registrano anche
fra i giovani occidentali e gli stessi
italiani, cresciuti in una società patriarcale alla base e ogni giorno più
individualista.
Le nuove tendenze vengono dalle
strade di Tokyo, la capitale e centro
culturale del Paese. Nell’influenzare
i giovani, inoltre, hanno un ruolo importantissimo i manga e i media, tra
cui riviste di fashion-style, soap-
opera e programmi tv dove si esibiscono gli aidoru, i vip locali. “Nello
specifico, in ambito manga, sono
state le donne forse le prime a sperimentare e rendere popolari sin dai
primi anni ‘70 fantasie su ragazzi e
giovani uomini più effemminati, androgini, sensibili”, puntualizza
Miyake. “Entrando progressivamente
nel mercato del lavoro, dagli anni
Ottanta in poi sono diventate le protagoniste dei consumi e delle mode
nazionali”.
Detto ciò, bisogna fare attenzione.
Il professore della Cà Foscari dice
che, come altre, la categoria dell’uomo erbivoro è utile al panico sociale e alla spettacolarizzazione.
“Stando a sondaggi nazionali, i giovani giapponesi non sono così spettacolari o asociali, come vorrebbero
invece far credere i grandi media
nazionali e soprattutto internazionali. Questi ultimi, nella maggior
parte dei casi, non fanno altro che
amplificare ideologie egemoni: interne nipponiche di tipo gerontocratico (il vecchio che prevale sul
nuovo, ndr.), ed esterne di tipo
euro-centrico o orientalista”. I giapponesi, dunque, non lo farebbero
strano. Pur essendo portati loro
stessi a costruire categorie di ogni
tipo, non possono essere visti solamente come erbivori o carnivori,
suicidi online di gruppo, revisionisti e fascisti, o altro. Secondo la
World Values Survey, riusultano i
più razionali del pianeta e per fonti
governative del 2009, fra i 18 e i 24
anni si sentirebbero più realizzati
con gli amici, in famiglia e quando
praticano sport e passatempi.
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