Animali e vegetali «transgenici

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Animali e vegetali «transgenici
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TEMI E PROBLEMI
Pier Giorgio Viberti
Animali e vegetali «transgenici»
TEMI
1. bioingegneria: disciplina che applica le nozioni più avanzate della
matematica, della fisica e
della chimica alla medicina e alla biologia.
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Sorprendenti sono i risultati ottenuti dalla bioingegneria1 con la creazione di animali e vegetali transgenici, ossia modificati con l’inserzione nel loro organismo di geni appartenenti ad altre specie. Si tratta
di un particolare tipo di incrocio che avviene in laboratorio e che
permette di modificare la struttura fisica di un essere vivente soltanto
per certe caratteristiche predeterminate. In questo modo è possibile, ad esempio, ottenere salmoni che crescono assai più rapidamente
di quelli normali, oppure mucche che producono circa otto litri di
latte in più rispetto alle «colleghe», e così via. Sono possibili anche
inserzioni di geni umani in alcuni animali, come è già avvenuto con
le carpe e, nel luglio del 1997, con una pecora clonata dalla stessa
équipe scozzese che pochi mesi prima aveva clonato Dolly. Lo scopo
è in entrambi i casi quello di riuscire a estrarre dagli organismi così
modificati delle proteine di notevole importanza in campo farmaceutico. Molto si parla, in questo periodo, di maiali transgenici, ossia
di maiali debitamente trattati in laboratorio da cui si spera di poter
molto presto ricavare organi che possano essere trapiantati nel corpo
umano. Questo animale, infatti, possiede organi simili ai nostri per
dimensioni e caratteristiche fisiologiche, e gli scienziati di Cambridge
hanno trovato il modo di farli accettare dal nostro sistema immunitario, che solitamente attacca e respinge qualsiasi organo estraneo. Per
ora non si è ancora passati a una sperimentazione sul corpo umano,
ma le prove di trapianto di cuore e di rene da maiale a scimmia hanno dato risultati positivi e si spera che entro pochissimi anni quella
che oggi è una speranza possa diventare realtà.
I miracoli della bioingegneria non si fermano alle sole specie animali,
ma hanno dato vita a una vera e propria rivoluzione verde grazie a
una serie di interventi genetici sul mondo vegetale che hanno prodotto le cosiddette piante transgeniche. Vediamo qualche esempio.
La parola carciotopo non esiste di certo sul dizionario, ma forse fra
non molto tempo troveremo anche quella. Essa indicherà un particolare tipo di carciofo nel quale è stato inserito un gene di topo che
lo rende inattaccabile dai virus e dai batteri. La realizzazione, dovuta
a Eugenio Benvenuto, un biologo molecolare italiano, si basa su un
presupposto piuttosto semplice (in teoria): dal momento che le piante
non possiedono armi capaci di combattere efficacemente i loro nemici naturali (virus e batteri, appunto), è sufficiente trasferire in esse il
sistema immunitario di un topo ed esse diventeranno assai resistenti. L’operazione è stata compiuta mediante il trapianto di un gene
dell’animale, che è stato in grado di riprodurre nell’ortaggio le difese
della propria specie. Inserendo sempre nei topi il gene della clorofilla
si possono ottenere esemplari rivestiti da un pelo verde, particolar-
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
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2. letali: mortali.
HIV: virus che provoca l’AIDS.
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mente adatti a certi tipi di esperimenti in laboratorio. Analogamente
si è giunti alla produzione di albicocche «vaccinate» contro il cosiddetto «vaiolo delle piante»; oppure di cicoria, soia, mais e patate
corazzati contro eventuali attacchi di insetti e quindi coltivabili senza
l’uso di insetticidi. Le novità sono numerose, e fra queste ricorderemo la produzione di pomodori a lunga conservazione, di fragole
grandi come un pugno, di cavoli capaci di sopravvivere alle gelate,
di tabacco resistente agli erbicidi. In questo caso le nuove tecnologie
offrono vantaggi di tipo essenzialmente economico, poiché permettono sostanzialmente di produrre maggior quantità di alimenti, ma la
bioingegneria ci ha fatto compiere anche progressi in campo farmaceutico, poiché ha reso possibile, ad esempio, la creazione di banane
che vaccinano contro l’epatite b, di carote che contengono sostanze
capaci di ritardare l’invecchiamento delle cellule, di mucche che producono nel loro latte un antibiotico naturale. L’elenco di questi «miracoli» sarebbe lungo e certo si allungherà ulteriormente nei prossimi
anni. Tutto bene, dunque? Non proprio, per la verità. La portata
della rivoluzione in atto è tale da inquietare molti studiosi, i quali
temono che lo sconvolgimento della natura possa determinare conseguenze non prevedibili ma gravissime. Intanto, osservano alcuni,
se gli investimenti multimiliardari delle grandi industrie alimentari
favoriranno la coltivazione di poche specie opportunamente trattate,
molte altre varietà animali e vegetali verranno abbandonate e la vita
sul pianeta perderà la sua ricchezza. Verrà insomma distrutta quella
biodiversità che è da sempre il motore della vita e dell’evoluzione, e
tutti i viventi – anche l’uomo – finiranno per aggirarsi stancamente
in un universo di replicanti dove tutto è previsto e standardizzato, e
dove la mancanza di difficoltà farà perdere ai suoi abitanti l’abitudine
di accettare e vincere le sfide per la sopravvivenza grazie alle quali
ognuno di essi ha acquisito nel tempo quelle caratteristiche che ne
fanno un capolavoro di ingegneria genetica naturale.
Ma la produzione di creature transgeniche comporta anche pericoli più immediati, quali il possibile svilupparsi di allergie e forse di
malattie letali2. Qualche caso di allergia si è già verificato, in realtà,
ma le preoccupazioni maggiori riguardano l’eventualità, per ora soltanto teorica, che virus sconosciuti possano passare da una specie
all’altra, come è accaduto ad esempio con l’HIV3, trasmesso all’uomo
dalle scimmie. L’utilizzazione degli organi dei maiali per i trapianti
potrebbe in effetti comportare un rischio di questo genere, che sarebbe tanto più grave in quanto l’organismo umano si troverebbe di
fronte a virus a lui sconosciuti, ai quali non saprebbe opporre una
valida resistenza.
I sostenitori di queste tecniche rassicurano i dubbiosi, sostenendo
che grazie alle raffinate analisi molecolari oggi possibili il pericolo
che avvenga qualche cosa del genere è assai ridotto. Ma ridotto non
vuol dire eliminato, e dunque occorrerà che a prevalere sia una do-
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verosa cautela, non gli interessi delle aziende alimentari e farmaceutiche, portate ad affrettare i tempi per anticipare e aumentare i loro
colossali profitti.
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(da Oltre il Duemila, Agorà, adatt.)
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