Comune di Anzola dell`Emilia

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Comune di Anzola dell`Emilia
COMUNE DI ANZOLA
Lunedì, 29 febbraio 2016
COMUNE DI ANZOLA
Lunedì, 29 febbraio 2016
Cronaca
28/02/2016 Bologna Today
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I primi diplomati in Italia e nel mondo del corso di "Analisi sensoriale...
Sport
29/02/2016 Il Resto del Carlino (ed. Bologna) Pagina 26
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La coppia Spettoli­Nobis spinge in alto Granarolo
29/02/2016 Il Resto del Carlino (ed. Bologna) Pagina 26
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Magik Parma 65 Anzola 71
Pubblica Amministrazione
29/02/2016 Il Sole 24 Ore Pagina 2
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Nella girandola dei parametri c' è chi rischia di guadagnare meno
29/02/2016 Il Sole 24 Ore Pagina 2
GIANNI TROVATI
Pubblico impiego, ecco tutti i nodi dei nuovi contratti
29/02/2016 Il Sole 24 Ore Pagina 3
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Palazzo Chigi prova a difendere il suo isolamento «dorato»
29/02/2016 Il Sole 24 Ore Pagina 3
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Per i sindacati più piccoli la strada dell' aggregazione
29/02/2016 Il Sole 24 Ore Pagina 3
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Rispettare le vere esigenze
29/02/2016 Il Sole 24 Ore Pagina 4
GAIA GIORGIO FEDI
Il ticket per il pasto nel nuovo formato tutto digitale
29/02/2016 Il Sole 24 Ore Pagina 5
MARCO MOBILI
Equitalia, incassi 2015 oltre 8 miliardi
29/02/2016 Il Sole 24 Ore Pagina 31
ALBERTO BARBIERO
Acquisti centralizzati con tre soglie
29/02/2016 Il Sole 24 Ore Pagina 31
FRANCESCO CLEMENTE
Recupero crediti insoluti, apertura agli affidamenti
29/02/2016 Il Sole 24 Ore Pagina 31
PATRIZIA RUFFINI
Referendum 2016, la riforma dei bilanci complica la gestione
29/02/2016 Il Sole 24 Ore Pagina 31
LUIGI LOVECCHIO
Rifiuti, la riforma della tariffa mette a...
29/02/2016 Italia Oggi Sette Pagina 13
29/02/2016 Italia Oggi Sette Pagina 13
VINCENZO DRAGANI
Sanzioni Sistri, sconto a tempo
ANGELO COSTA
Danni della p.a., prove solide
29/02/2016 Italia Oggi Sette Pagina 207
Appalti, un soccorso istruttorio
29/02/2016 Italia Oggi Sette Pagina 207
Regioni, il
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Istanza con effetti retroattivi
29/02/2016 Italia Oggi Sette Pagina 206
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Esenzione Ici libera dal catasto
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DARIO FERRARA
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28 febbraio 2016
Bologna Today
Cronaca
I primi diplomati in Italia e nel mondo del corso di
"Analisi sensoriale dedicato al gelato"
Redazione 28 febbraio 2016 16:47
Condivisioni Approfondimenti I migliori musei
in Europa da visitare con i bambini? Nella top­
five c' è anche il Carpigiani 25 febbraio 2016 I
Musei più originali al mondo? C' è anche il
Museo del Gelato Carpigiani nella lista 4
novembre 2015 Happy Halloween al Museo
del Gelato Carpigiani 29 ottobre 2015 Eccoli i
primi diplomati in Italia e nel mondo del corso
di "Analisi sensoriale dedicato al gelato"
organizzato dalla Carpigiani Gelato University
di Anzola Emilia (Bologna) e dal Centro Studi
Assaggiatori di Brescia. Come succede per i
sommelier o per i degustatori di caffè e di
cioccolato hanno imparato le tecniche di base
per distinguere un buon prodotto artigianale
piacevole al palato e di buona fattura. Il
percorso formativo, della durata di 8 ore, è
stato studiato per avvicinare gelatieri, chef,
pasticceri e golosi alle basi scientifiche dell'
assaggio del gelato imparando a riconoscere
pregi e difetti dell' alimento. Nel 2016 sono
previste al momento altre due date ­ il 14
maggio e il 9 luglio ­ ma visto il grande
interesse già dimostrato da pubblico e
professionisti si sta già pensando all'
ampliamento del calendario.
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Il Resto del Carlino (ed.
Bologna)
Sport
La coppia Spettoli­Nobis spinge in alto Granarolo
Rimpianto Romagna amara per il Medicina di Biguzzi
Giacomo Gelati Bologna PIOVE su Bologna
nell' ultimo weekend di febbraio e ad allagarsi
sono anche i parquet della C Gold, con tutti
club bolognesi sconfitti (turno di riposo per i
New Flying Balls Ozzano).
Accarezza due punti chiave per continuare a
incalzare il sogno playoff la Salus di coach
Giuliani, che esce battuta 53­52 dal derby
contro la capolista Spes Vis Imola (i gialloneri
al nono brindisi consecutivo) e resta all' ottavo
posto.
Spreca un' occasione d' oro la Bsl, che viene
piegata tra le mura domestiche da
Castelfranco 74­83 e non approfitta così dello
stop di Bertinoro contro Piacenza per centrare
il decimo posto, la zona franca per evitare i
playout.
Nulla da fare per la Pontevecchio, al quarto
stop dopo l' 89­77 sul campo di San Marino, e
per il fanalino di coda Ghepard, 61­51 contro
Modena. Poteva essere, almeno sulla carta, la
settima vittoria consecutiva per la Virtus
Medicina di coach Curti, ma sul campo di
Riccione i gialloneri sono usciti sconfitti 68­55,
permettendo così a Lugo, che compie l' impresa contro l' ex capolista Montecchio (82­75), di avvicinarsi
a ­2: Castelnovo è adesso prima in solitudine.
Dalle retrovie vittorie importanti per Castel Guelfo, 76­54 nel derby contro gli Stars, e Granarolo, due
punti all' overtime contro Cavriago (69­68).
Nel girone A di serie D il Cvd non concede sconti alla Veni e col 52­60 sul campo di San Pietro in
Casale gli uomini di coach Loperfido consolidano la leadership con +4 su Anzola, bene a Parma 65­71.
Passo falso in terra reggiana per la Vis Persiceto, terza della classe, superata 56­53 da La Torre: si
avvicinano a 4 lunghezze gli Schiocchi Ballers Modena.
Nel girone B l' Olimpia Castello appone una firma che odora di promozione: 83­69 contro i Titans
Ozzano e +8 da Molinella, fermata in casa da Forimpopoli 64­72.
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Il Resto del Carlino (ed.
Bologna)
Sport
Magik Parma 65 Anzola 71
Magik Parma 65 Anzola 71 MAGIK PARMA:
Bazzoni 2, Donadei 5, N. Malinverni, L.
Malinverni 2, Montagna 3, Aimi 6, Caravita 4,
Allodi, Diemmi 11, Croci 17, Guidi 14, Fava.
All. Lopez.
ANZOLA: F. Poluzzi 4, D. Venturi 7, N.
Venturi 9, Boldini 6, L. Poluzzi, Lambertini 4,
Kalfus, Bastia 2, Mazza 19, Regazzi 14,
Zanata 6. All. Coppeta.
Arbitri: A. Resca e Paolazzi.
Note: parziali 20­23; 34­38; 52­55.
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Il Sole 24 Ore
Pubblica Amministrazione
L' altro «ostacolo». Obbligo di dividere i premi individuali in base a tre fasce di «merito»
Nella girandola dei parametri c' è chi rischia di
guadagnare meno
E se nella girandola dei parametri messi in
moto dall' incrocio delle riforme qualche
dipendente pubblico, dopo aver atteso anni,
finisse per perdere dei soldi proprio a causa
del rinnovo dei contratti? L' ipotesi è tutt' altro
che peregrina e anzi, a dar credito alle leggi,
non è nemmeno un' ipotesi ma una certezza.
Nelle parti della legge Brunetta rimasta in
naftalina negli anni della crisi di finanza
pubblica non c' è solo il taglio dei comparti, ma
anche la «meritocrazia» che nel 2009
infiammò il dibattito ma fu poi accantonata per
il congelamento delle buste paga pubbliche.
Tradotto in pratica, il meccanismo impone di
destinare ai premi individuali più del 50% delle
risorse per la produttività che oggi sono
ancora distribuite a pioggia, e di dividere i
dipendenti nelle famose tre fasce: alla più alta,
riservata al 25% del personale giudicato più
brillante, andrebbe il 50% dei fondi, l' altro
50% andrebbe distribuito alla fascia
intermedia (composta dal 50% dei dipendenti),
mentre l' ultimo quarto del personale, i meno
produttivi, rimarrebbe a secco.
I 300 milioni di euro messi a disposizione dalla
manovra (a cui si aggiungono i fondi che
Regioni ed enti locali dovranno trovare nei propri bilanci) si tradurrebbero in un aumento fra i 6 e i 10
euro lordi mensili secondo i calcoli dei diversi sindacati. Lo scambio fra i mini­aumenti nazionali e i tagli
allo stipendio accessorio sarebbe quindi in perdita per il 25% del personale, quello che dovrebbe
essere confinato nella fascia più bassa, e potrebbe portare qualche sorpresa spiacevole anche all'
interno della fascia intermedia.
La «meritocrazia», del resto, ha un costo e, sempre che le amministrazioni riescano a mettere in campo
sistemi di valutazione individuali e a prova di ricorso, è inevitabile che a pagare pegno siano i
dipendenti caratterizzati dai risultati individuali più opachi. Attenzione, però, perché nel gioco entra un'
altra variabile che potrebbe cambiare il risultato finale: gli 80 euro.
La questione interessa chi ha un reddito lordo all' anno compreso fra i 24mila euro, soglia fino alla quale
spettano gli 80 euro pieni, e i 26mila, cifra che fa azzerare il bonus dopo il decalage per le fasce
intermedie. Per chi è a cavallo di queste somme, può bastare un mini­aumento a far perdere il diritto al
bonus, e un mini­taglio a farlo guadagnare. Certo, il dare­avere cambia a seconda delle situazioni
individuali, e si fa più significativo man mano che ci si avvicina alle soglie che cambiano il bonus: chi
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Il Sole 24 Ore
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Pubblica Amministrazione
oggi guadagna 26mila euro, per esempio, non ha diritto all' aiuto, ma se il taglio alla produttività gli
costasse 100 euro lordi scatterebbe il diritto al bonus da 160 euro netti.
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Pubblica Amministrazione
Pubblico impiego, ecco tutti i nodi dei nuovi contratti
I prossimi rinnovi dovranno fare i conti con la riforma che impone la riduzione dei
comparti da 11 a 4
La cornice è praticamente fatta, ma poi tocca
dipingere il quadro: e lì arrivano i problemi
veri.
Per gli statali che da sei anni hanno i contratti
congelati, e da sette mesi si sono sentiti dire
dalla Corte costituzionale che il blocco va
superato, si entra ora nella fase decisiva, dopo
che nei giorni scorsi il ministro della Pa
Marianna Madia ha firmato l' atto di indirizzo
all' Aran per chiudere la riforma dei comparti:
la mossa indica che il lungo cantiere sulla
riscrittura della geografia pubblica è arrivato
all' ultima curva, dopo di che si potrà
cominciare a discutere di rinnovi, e di soldi
(pochi). Un problema diventato ancora più
urgente dopo che il tribunale di Reggio Emilia
ha riconosciuto l' illegittimità della sospensione
post 30 luglio, aprendo la porta al rischio
indennizzi (si veda Il Sole 24 Ore di sabato).
Riforme vecchie e nuove A prima vista, l'
obbligo di ridurre a quattro i dodici comparti in
cui oggi è divisa la Pubblica amministrazione
sembra una questione da burocrazie
amministrative e sindacali, ma non è così. A
ogni comparto, infatti, corrisponde un contratto
nazionale, per cui gli accorpamenti a suo
tempo imposti dalla riforma Brunetta e rimasti nel cassetto perché subito dopo la crisi di finanza
pubblica ha bloccato i rinnovi promettono di interessare da vicino la vita e le prospettive dei dipendenti
pubblici. Vediamo come.
La geografia della Pa Come ogni matrimonio che si rispetti, anche quelli fra le amministrazioni dovranno
avvenire «per affinità». La sanità, che ha caratteristiche troppo particolari, rimarrà da sola, e lo stesso
accadrà a Regioni ed enti locali. La scuola, invece, sembra destinata a unirsi a università, ricerca e alta
formazione artistica e musicale nel «comparto della conoscenza», e tutte le altre Pa dovrebbero unirsi
per formare la famiglia dei «poteri nazionali», che gli addetti ai lavori già chiamano il "compartone": un
nome che gli deriva non tanto dai numeri (305mila dipendenti circa), ma piuttosto dalle tante differenze
che è chiamato ad amalgamare.
Le buste paga Per capire il problema è bene partire dal dato più concreto, quello dei soldi. Nel
compartone dovrebbero finire in particolare i ministeri, le agenzie fiscali (i cui vertici non a caso nei mesi
scorsi hanno lanciato allarmi sulla stessa sopravvivenza delle loro strutture), e gli enti pubblici non
economici (Inps, Istat, Aci, Enav, Coni e via siglando). Oggi, però, le distanze nelle buste paga medie
fra questi settori che dovrebbero unirsi sono importanti: solo nelle voci stipendiali di base, cioè quelle
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Il Sole 24 Ore
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Pubblica Amministrazione
regolate dai contratti nazionali, secondo la Ragioneria generale il ministeriale medio si attesta a 22.852
euro lordi all' anno, il dipendente delle agenzie fiscali arriva a 24.101 euro mentre quello degli enti non
economici sale a 26.321 euro. Queste differenze sono figlie di storie e organizzazioni diverse, e si
ripetono, anche se spesso a parti invertite, guardando solo al «tabellare», cioè alla base su cui si
innestano tutte le altre voci della busta paga. Prendiamo per semplicità una casella di fascia alta fra i
non dirigenti, il funzionario appena sotto il direttore di divisione: negli enti non economici (dove ci pensa
poi l' indennità «di ente» a far salire la cifra) è il più basso, 27.062 euro lordi per 12 mesi, nelle agenzie
fiscali sale a 28.984 euro e nei ministeri arriva a 30.648 euro. Come si fa a riportare il tutto in un
contratto unico?
Le conseguenze Semplificando al massimo, le strade sono tre, ma due sono chiuse in partenza. È
impossibile, infatti, ipotizzare un livellamento sia verso il basso, che porterebbe dipendenti e sindacati
sulle barricate, sia verso l' alto, che costerebbe miliardi. Una terza via, allora, porterebbe a fissare il
nuovo tabellare di entrata per il comparto unico, mantenendo fisse le somme già maturate da ogni
dipendente nel tempo, in attesa di un allineamento progressivo. In pratica, se nei tre comparti attuali il
tabellare è di 100 negli enti pubblici, di 107 nelle agenzie e di 113 nei ministeri, il livello d' ingresso nel
nuovo compartone potrebbe essere fissato a 100,5 (i soldi sul piatto sono pochi), mantenendo inalterate
le somme aggiuntive di ciascuno in attesa dei prossimi rinnovi. Si tratterebbe di una replica in larga
scala del meccanismo dello «zainetto», poi accantonato per mancanza di fondi, con cui ogni ex
provinciale avrebbe dovuto trasportare nel nuovo ente di destinazione le somme in più maturate nel
corso della carriera. I soldi in più sarebbero poi «riassorbiti» nei futuri rinnovi, ma nei settori con le
medie più "ricche" un meccanismo così renderebbe di fatto impossibile ogni ritocco per molti anni. Per
riavviare la macchina, l' atto di indirizzo arrivato da Palazzo Vidoni apre alla possibilità di articolare i
contratti in «parti comuni», in cui scrivere le regole che si prestano meglio a un' applicazione
trasversale, e «parti speciali», in cui disciplinare ciò che non può essere uguale per tutti. Questa scelta,
avverte però la Funzione pubblica, si potrà praticare in «casi limitati», e per disciplinare solo «alcuni
aspetti del rapporto di lavoro», senza provare a riproporre in modo gattopardesco la situazione attuale.
Proprio la mobilità delle Province, del resto, ha spinto in più di un' occasione il ministro Madia a
ricordare che le esigenze di flessibilità e di innovazione della macchina pubblica spingono verso l' idea
di un «personale unico della Repubblica», abbandonando la vecchia geografia sclerotizzata dei
comparti. È una prospettiva importante, che potrebbe passare dal nuovo testo unico in cantiere con la
riforma della Pa ma chiederebbe tempi e sforzi di attuazione imponenti: difficili da allineare con la
cronaca quotidiana delle attese dei dipendenti pubblici dopo sette anni di stop.
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Il Sole 24 Ore
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Il caso. Prove di «resistenza» all' unificazione con le altre aree
Palazzo Chigi prova a difendere il suo isolamento
«dorato»
Una sigla sindacale rappresentativa ogni 56
persone. Il record, probabilmente mondiale, è
di Palazzo Chigi, dove l' ultimo contratto per i
282 dirigenti è stato firmato da cinque
sindacati: in sette, invece, sono stati impegnati
nelle trattative sull' ultima intesa per i poco più
di 1.900 dipendenti.
La galassia della Pa italiana ruota infatti
intorno a un piccolo nucleo, che abbraccia lo
0,07% dei dipendenti pubblici ma fino a oggi
ha rappresentato un comparto a sé: con regole
diverse, e retribuzioni medie che superano del
35% quelle degli altri ministeri nelle voci fisse,
e del 95% nella busta paga totale.
Sulla possibilità di continuare in questo
splendido isolamento anche dopo la riforma
dei comparti si è accesa la discussione, che
dietro alla battaglia a colpi di commi nasconde
ovviamente un braccio di ferro tutto politico.
Decreti alla mano, la questione è complicata
dalle «norme transitorie» della legge Brunetta,
in cui si dice che sono i decreti di Palazzi Chigi
a definire «limiti e modalità di applicazione»
della riforma alla stessa presidenza del
consiglio. Di decreti, da allora, ne sono stati
approvati tre, ma si sono ben guardati dal
citare l' articolo sul taglio dei comparti tra quelli applicabili anche a Piazza Colonna: ergo, spiegano i
diretti interessati, la rivoluzione della geografia del pubblico impiego non interessa la presidenza.
Questa lettura però incontra molte voci contrarie, anche nel variegato panorama sindacale, che
poggiano sulla regola generale in base alla quale i nuovi comparti può prevedere «fino a un massimo di
quattro comparti». Tutte le ipotesi di articolazione a tre del resto della Pa, che lascerebbero spazio a
Palazzo Chigi come quarto comparto, sono naufragate nel corso del lungo confronto di questi mesi, e la
strada alternativa del «4+1» è tutta da costruire.
Ma come sempre quando si parla di Palazzo Chigi, il punto è politico: un precedente di peso come un'
uscita ufficiale della presidenza dalla gabbia dei quattro comparti finirebbe per moltiplicare le richieste
di deroghe ed eccezioni, complicando parecchio la trattativa. Ma l' ultima parola, com' è ovvio, spetta a
Matteo Renzi.
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Il Sole 24 Ore
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Il tavolo della trattativa. Più difficile raggiungere i parametri per la rappresentatività
Per i sindacati più piccoli la strada dell'
aggregazione
Ad affollarsi intorno al tavolo delle trattative
che ha portato alla firma, il 21 luglio di sei anni
fa, dell' ultimo contratto per i dirigenti di
agenzie fiscali ed enti non economici erano 12
sigle sindacali. Nel caso dei dirigenti
ministeriali i sindacati erano "solo" 7, mentre
sono stati in sei a firmare le ultime intese per il
personale non dirigente, sia nei ministeri sia
nelle agenzie.
Da Palazzo Vidoni, l' allora ministro Renato
Brunetta aveva ingaggiato una lotta contro
quello che considerava l' eccesso delle
prerogative sindacali, e accanto al taglio secco
di distacchi e permessi l' obbligo di riduzione
dei comparti fu l' arma chiave di questa
battaglia.
Il primo effetto degli accorpamenti è infatti
quello di ridurre le sigle sindacali in grado di
raggiungere i requisiti per partecipare alle
trattative e, di conseguenza, anche alla
distribuzione di permessi e distacchi. Per aver
accesso ai tavoli bisogna raggiungere almeno
il 5% nella media di iscritti e voti, e per le
confederazioni il parametro va rispettato in
due comparti. È ovvio, quindi, che se la base
di calcolo si allarga aumenta il numero dei
consensi necessario a centrare l' obiettivo: e il fenomeno si annuncia forte nel comparto della
conoscenza e nel «compartone» nazionale, mentre nulla cambia per sanità, regioni ed enti locali.
Se i tre confederali guardano con un certo distacco la partita, che non mette in pericolo la loro presenza,
sono le sigle più piccole, che spesso si concentrano in uno degli attuali comparti destinati alle fusioni, a
guardare con più apprensione la riscrittura dei confini fra le Pubbliche amministrazioni.
L' ostacolo ha frenato a lungo la trattativa, e la soluzione prospettata nei giorni scorsi dall' atto di
indirizzo affida alla contrattazione il compito di trovare la via per arrivare a «tempestivi processi di
aggregazione o di riorganizzazione» fra le organizzazioni sindacali. Nemmeno l' ipotesi di articolare,
quando serve, i nuovi comparti in sezioni, caratterizzati da «spiccata specificità professionale» e da
numeri importanti, non sembra poter risolvere il problema: perché la legge è chiara quando spiega che
la base di calcolo sono i comparti, e non le eventuali sezioni interne.
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Il Sole 24 Ore
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L' ANALISI
Rispettare le vere esigenze
Il rapporto tra legge e contrattazione è un punto nevralgico
del tentativo più che ventennale di regolare al meglio il
rapporto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni. La cattiva
prova della contrattazione collettiva, soprattutto a causa della
mancanza di un vero datore di lavoro, ha portato il legislatore
del Dlgs 150/2009 a intervenire fortemente in molti ambiti
della iper regolamentazione contrattuale.
Francesco Verbaro Uno degli ambiti toccati dall' intervento
legislativo è stato quello della definizione dei comparti di
contrattazione, che certamente erano cresciuti notevolmente
negli anni, senza una giustificazione logica e funzionale,
generando una differenziazione retributiva non fondata su
specificità e specialità di organizzazione e prestazioni, ma
per esigenze di rappresentanza sindacale e di
rappresentanza corporativa di settori.
L' Atto di indirizzo del Governo all' Aran giunge dopo quasi
sette anni dalla modifica normativa del Dlgs 165/2009 per
addivenire a una regolamentazione dei comparti
prevedendone un numero non superiore a quattro. Il blocco
della contrattazione collettiva contenuto nel Dl 78/2010 aveva
portato a soprassedere sulla modifica voluta dal legislatore
del Dlgs 150/2009, fino alla sentenza della Corte
costituzionale (178/2015) che ha poi dichiarato illegittimo il
«reiterato protrarsi della sospensione delle procedure di
contrattazione economica».
La legge di Stabilità 2016 ha stanziato poche risorse per il
rinnovo della contrattazione, pertanto non sarà semplice
immaginare una ripresa della contrattazione senza un
adeguato stanziamento.
La ridefinizione dei comparti dovrebbe portare a una
omogeneizzazione dei trattamenti economici e giuridici a
livello nazionale oggi auspicata anche dalla legge 124/2015. Il
tema dell' omogeneizzazione non è nuovo per la Pa italiana:
già con il Dlgs 29/93 ci si era posto il problema di superare le
frammentazioni e le tante specialità di trattamento per singola
amministrazione e i n d i v i d u a l i e s i s t e n t i n e l l a f a s e
"pubblicistica" , o b i e t t i v o s o l o i n p a r t e r i u s c i t o . L a
proliferazione delle amministrazioni, le spinte corporative a
livello nazionale, il policentrismo amministrativo italiano e la
nefasta riforma del Titolo V della Costituzione hanno poi favorito la proliferazione dei comparti.
distanti e diversi. L' assenza di attenzione sull' organizzazione del lavoro ha portato ad avere tanti
comparti, astratti, più strumenti di spesa speciale che di governo della complessità.
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Il Sole 24 Ore
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Pubblica Amministrazione
Purtroppo anche un processo di semplificazione rischia di complicarsi, in caso di mancato raccordo con
le scelte operate nella legge Madia.
La legge delega 124/2015, infatti, prevede importanti modifiche sull' organizzazione della dirigenza, tra
cui l' organizzazione in ruoli unici e l' omogeneizzazione del trattamento economico fondamentale e
accessorio nell' ambito di ciascun ruolo unico. I ruoli previsti dal legislatore della delega sono tre: per le
amministrazioni dello Stato (ministeri, presidenza del Consiglio, enti pubblici non economici nazionali,
università statali, enti pubblici di ricerca e agenzie governative); per le regioni; per gli enti locali.
Pertanto il necessario raccordo dovrebbe prevedere Aree contrattuali per la dirigenza corrispondenti ai
ruoli.
Al contempo i comparti, secondo voci ricorrenti, dovrebbero invece essere organizzati in maniera
diversa. Si parla ancora di un comparto per la presidenza del Consiglio dei ministri, data l' alta
specializzazione del personale ivi presente; di un comparto delle amministrazioni centrali; di un
comparto scuola, università e ricerca; di un comparto sanità, regioni e d enti locali. Il comparto
presidenza del Consiglio potrebbe confluire nel comparto ministeri, salvaguardando invece la specificità
del comparto sanità, che meriterebbe specifica disciplina e non una sezione tecnica. Comunque, l'
indirizzo all' Aran del ministro Madia ricorda di tenere conto che la legge 124/2015 prevede che la
dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del Servizio sanitario nazionale confluisca nel ruolo
dei dirigenti delle Regioni. Quando il legislatore ha disegnato i ruoli della dirigenza poteva ben
immaginare le aree e i comparti di contrattazione, avrebbe limitato le incertezze di oggi.
Ma l' omogeneizzazione è la chiave di riforma che serve al lavoro nel settore pubblico?
Ridurre, semplificare, omogeneizzare sono le parole chiave della spendig review all' italiana. Ma tutto
ciò risponde a esigenze (se esistono ancora) di funzionamento e miglioramento dei servizi? Ancora una
volta spunti di riflessione ci vengono dal privato. Ormai le organizzazioni, i datori di lavoro, le parti
sociali e il diritto del lavoro guardano con favore al secondo livello di contrattazione, che costituisce il
miglior strumento per rispondere alle esigenze di flessibilità e funzionamento delle aziende.
Nel pubblico, invece, visti i guasti del passato, il secondo livello di contrattazione è stato bloccato, sia
dal punto di vista economico sia dal punto di vista giuridico.
Oltre che applicare una legge del 2009, magari non in contraddizione con una legge del 2015, sarebbe
il caso di riflettere su quale bisogno di regolamentazione ha oggi il settore pubblico. Quanta
omogeneizzazione e su cosa, quanta flessibilità e perché.
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Il Sole 24 Ore
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Il ticket per il pasto nel nuovo formato tutto digitale
Possibile anche l' utilizzo da smartphone
Dal primo luglio scorso la Legge di stabilità
2015 ha modificato il regime fiscale dei buoni
pasto elettronici, rendendoli quindi più
convenienti rispetto a quelli tradizionali: la
soglia di esenzione dei primi è stata innalzata
a 7 euro, mentre quella dei buoni tradizionali è
rimasta invariata a 5,29 euro.
Al di là di questo aspetto, ha chiarito l'
associazione Altroconsumo, non ci sono molte
differenze tra le due tipologie di strumenti, e il
cambiamento nella normativa non comporta
automaticamente il divieto di utilizzare per la
spesa anche i buoni elettronici, che sono
sottoposti alle stesse regole applicate per i
vecchi ticket di carta.
«Al pari di quelli cartacei, i buoni pasto
elettronici sono un servizio sostitutivo di
mensa», spiega Andrea Keller, amministratore
delegato di Edenred Italia. Quindi «non sono
cumulabili, ne´ cedibili, ne´ commercializzabili,
ne´ convertibili in denaro e possono essere
utilizzati dai lavoratori beneficiari in ristoranti,
supermercati, bar, alimentari e gastronomie,
trattorie e take away», aggiunge Keller. Le
regole, in definitiva, sono le stesse: anche il
buono di carta, per esempio, non è cedibile né
cumulabile, anche spesso queste limitazioni
vengono ignorate.
Quello che cambia è semmai che, trattandosi di uno strumento tracciabile, è più complicato farne un
uso improprio.
Se i buoni cartacei vengono consegnati in carnet, con foglietti staccabili segnati con un numero di serie
progressivo che possono essere consegnati manualmente all' esercente alla cassa, quelli elettronici
possono essere caricati su una card (senza bisogno di ritiro in azienda) o addirittura con soluzioni
mobile ­ come Ticket Restaurant Mobile di Edenred ­ che permettono di pagare con lo smartphone
tramite i terminali NFC (Near field communication). Con questo sistema, si riduce il rischio di perdere il
valore dei buoni in caso di furto o smarrimento, perché a differenza di quanto accade con i carnet, le
card possono essere bloccate e riemesse, con il recupero delle somme non utilizzate. Secondo Keller
«il buono pasto digitale ha introdotto dei vantaggi innegabili: rapidita` e comodita` nelle transazioni,
semplicita` ed efficienza». Questo perché consente di evitare errori e perdere tempo sui conteggi,
«visto che tutte le informazioni sono salvate nel Pos e trasmesse agli emettitori in digitale». Inoltre si
sono dei vantaggi a livello di sistema, perché il buono elettronico «consente di risparmiare sui tempi e di
non avere costi di spedizione dei buoni, di ridurre la carta stampata e le emissioni di CO2 grazie all'
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Il Sole 24 Ore
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utilizzo di card in plastica riciclabile», aggiunge Keller. I vantaggi per le aziende e per i dipendenti sono
soprattutto di natura fiscale: «In qualita` di servizio sostitutivo di mensa, il buono pasto elettronico non
prevede oneri fiscali o previdenziali, ne´ a carico del datore di lavoro, ne´ del lavoratore, fino a un valore
di 7 euro per singolo buono.
Inoltre, il costo del servizio e deducibile e l' Iva e` detraibile integralmente». Questo vuol dire anche che
le aziende che finora hanno distribuito ticket sotto i 7 euro possono essere invogliate a innalzarne il
valore fino alla massima soglia esentasse. «Da questa riforma fiscale sono attesi un rilancio dei
consumi e importanti benefici per tutto il sistema economico. Il valore dell' esenzione a 7 euro, infatti,
produce benefici a cascata su tutto il sistema economico: da un lato il lavoratore può spendere di piu in
ogni pausa pranzo, dall' altro non intacca la busta paga che potrà`essere quindi destinata ad altri settori
di consumo», osserva Keller. Secondo l' ad di Edenred, inoltre, l' innalzamento a 7 euro del valore
esentasse dei soli buoni pasto elettronici darà una spinta a questo mercato: nel giro di tre anni i buoni
pasto digitali, che oggi hanno una quota di mercato del 15­20%, saranno la meta`di quelli in
circolazione». E questo porterà anche a «una maggiore domanda di soluzioni digitali da parte degli
esercenti». I numeri del resto sono importanti: i buoni pasto in Italia, spiegano da Edenred, vengono
vengono distribuiti a circa 2,3 milioni di lavoratori (1,3 milioni nel settore privato e circa 900mila nel
settore pubblico, pari al 40% dei lavoratori che pranzano fuori casa per lavoro), per un totale di oltre 500
milioni di transazioni annue, e vengono utilizzati presso una rete di circa 150mila esercizi convenzionati.
Parliamo di un valore complessivo del mercato intorno a 2,7 miliardi.
Anche se i numeri sono promettenti, è tuttavia facile prevedere che in questa prima fase ci possa essere
qualche difficoltà per chi utilizza i buoni elettronici, perché sono ancora pochi gli esercenti che gli
accettano. Inoltre, osserva Altroconsumo, ogni società emittente ha un suo Pos, quindi un esercente che
voglia accettare diversi tipi di ticket elettronici dovrà dotarsi dei rispettivi terminali.
Non a caso, l' associazione sta premendo per l' introduzione di un Pos unico, che possa essere
utilizzato per tutti i tipi di buoni elettronici. Un altro aspetto negativo è legato alle commissioni di
incasso, più alte rispetto a quelle dei ticket cartacei. Ma anche per gli esercenti ci sono innegabili
vantaggi, legati in particolare a una contabilizzazione più rapida e all' eliminazione del rischio di furto o
smarrimento dei ticket incassati.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Sono un lavoratore dipendente. La mia azienda, che negli ultimi anni
ci dava dei buoni pasto cartacei, ha annunciato che passerà ai buoni pasto elettronici per questioni di
convenienza fiscale e contabile.
Ma io ho sentito dire che ci sono alcuni svantaggi per i dipendenti, perché i ticket elettronici
non si possono dare ad altri e, a differenza di quelli cartacei, non si possono utilizzare per
pagare la spesa al supermercato. È corretto?
GAIA GIORGIO FEDI
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Equitalia, incassi 2015 oltre 8 miliardi
Riscossione coattiva in aumento di oltre l' 11% ­ Incrementi in tutte le regioni, eccetto il
Trentino­Alto Adige
Alla voce riscossione coattiva 2015 Equitalia
può indicare un sostanzioso +11,2% rispetto al
2014. Percentuale che tradotta in euro
equivale a un aumento di 832,6 milioni. La
crescita registrata già nel 2014, quando
Equitalia era passata dai 7,10 miliardi
recuperati nel 2013 a 7,41 miliardi, si è quasi
triplicata nel 2015 attestandosi a 8,24 miliardi.
Il risultato, poi, è ancor più significativo se si
pensa che fino a giugno 2014 imprese e
cittadini hanno potuto rottamare i ruoli più
vecchi senza pagare gli interessi, beneficiando
della sanatoria prevista dalla Stabilità 2014.
A rendere noto l' ammontare riscosso
coattivamente nel 2015 è stato l' ad dell'
agente pubblico della riscossione, Ernesto
Maria Ruffini, la scorsa settimana nel corso
dell' audizione davanti alla Commissione di
vigilanza sull' anagrafe tributaria. Un dato
secco, riportato in una riga della relazione
sulle banche dati ed Equitalia, vero oggetto
dell' audizione, ma che a ben vedere
rappresenta un cambio di tendenza importante
per le casse dello Stato e soprattutto per la
stessa Equitalia. «Basta osservare i numeri ­
sottolinea Ruffini ­ per capire che Equitalia
restituisce alla collettività più di 8 miliardi l' anno, risorse indispensabili per tutti gli italiani».
Non sono così lontani i tempi in cui le misure dell' Esecutivo sostenuto dalla "strana maggioranza"
decise di «spuntare le unghie a Equitalia». Tra il 2012 e il 2013 sono arrivate rateizzazioni più ampie,
avvisi bonari, divieti di pignoramento di prime case e beni strumentali per citare soltanto alcune di
quelle misure. Che in un primo momento hanno ridotto l' azione di recupero di Equitalia, ma nel medio­
lungo periodo hanno iniziato a produrre, come testimonia il +11,2% del 2015, effetti positivi anche per le
casse dell' Erario in termini di maggior recupero dei crediti vantati.
Oltre 8 miliardi che finiranno a comporre il gettito complessivo del 2015 del recupero di evasione. Dato,
quest' ultimo, che il ministro dell' Economia, Pier Carlo Padoan, e la direttrice dell' agenzia delle Entrate,
Rossella Orlandi, presenteranno ufficialmente domani a Roma. Il successo in termini di incassi è
attribuibile a più fattori. Da una parte c' è stata sicuramente una maggiore propensione a mettersi in
regola, e questo anche grazie alla possibilità di rateizzare il proprio debito sia in tempi più veloci, senza
troppi paletti e giustificazioni almeno fino a 50mila euro. Oggi oltre il 50% dei crediti vantati dai vari enti
viene incassato a rate da Equitalia. C' è poi una maggiore produttività dell' agente pubblico. «Sono in
Equitalia da pochi mesi ­ sottolinea Ruffini ­. Abbiamo aperto una stagione di riforme e di
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modernizzazione per mettere Equitalia sullo stesso fuso orario del Paese. Sarà un lavoro di squadra.
Una squadra composta da quasi 8mila persone al servizio dei cittadini».
C' è, poi, una maggiore propensione al dialogo con cittadini e imprese. «Equitalia non potrà mai
risultare simpatica ­aggiunge l' ad di Equitalia ­. Ma deve imparare a essere e apparire sempre al fianco
delle persone e non contro di loro». Nel 2015 gli sportelli di Equitalia hanno ascoltato 5 milioni di
contribuenti e il call center ha evaso oltre 17mila telefonate. E per capire cosa chiedono i debitori lo
stesso Ruffini confessa di aver trascorso più di un giorno in prima persona dietro lo sportello «ad
ascoltare e servire i contribuenti in diversi momenti». E questo perché Ruffini crede fortemente che «l'
ascolto sia l' unico modo per iniziare a far cambiare passo a Equitalia, che ­ anche se ha un ruolo
scomodo ­ è e deve essere al servizio di tutti gli italiani».
I dati del 2015 (si vedano le tabelle) dimostrano come almeno il 50% dei recuperi effettuati da Equitalia
e pari a oltre 4,2 miliardi di euro è intestato all' agenzia delle Entrate. A questi si devono sommare altri
403, 4 milioni di entrate erariali. I recuperi contributivi ammontano a circa 2,5 miliardi (Inps 2,3 miliardi e
Inail 111,4 milioni). Mentre spiccano i 550 milioni recuperati nel 2015 per conto dei Comuni, nonostante
l' uscita dell' agente pubblico dalla riscossione dei tributi locali viva di proroga in proroga.
Sul fronte territoriale la Lombardia ancora una volta è in testa alla classifica delle somme riscosse con
1,8 miliardi, crescendo rispetto al 2014 del 16,7 per cento. Abruzzo (+11,1%), Calabria (+10,9%) e
Basilicata (+10,8%), da sempre inserite tra le aree svantaggiate del Paese, mostrano comunque una
crescita della riscossione in linea con il dato nazionale. Il Molise, grazie anche ai versamenti di un
"grande debitore", ha toccato un sorprendente +20,9 per cento. Il crollo del Trentino­Alto Adige (­25,6%)
è invece legato soprattutto al venir meno della sanatoria delle cartelle, che ha caratterizzato tutti gli
incassi del 2014.
L' obiettivo è quello di procedere su questa strada. Come spiega ancora Ruffini, «andremo avanti sulla
rotta tracciata nel 2015 e quindi più trasparenza, misure innovative per stringere un nuovo patto con chi
ha debiti ­ come è avvenuto con il fermo auto (si veda «Il Sole 24Ore» dell' 8 febbraio scorso) ­,
investimenti in nuove tecnologie per semplificare la vita ai contribuenti, meno costi, taglio delle tre
società di riscossione, taglio della burocrazia, maggiore determinazione nella lotta all' evasione. È una
vera sfida».
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MARCO MOBILI
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Spending. La bozza di decreto legislativo di attuazione del nuovo Codice appalti cambia ancora
una volta le regole da seguire
Acquisti centralizzati con tre soglie
Scelte autonome fino a 150mila euro per i lavori e a 40mila euro per beni e servizi
La centralizzazione degli acquisti di beni e
servizi cambia volto, con un assetto su tre
livelli, e si correla con la qualificazione delle
stazioni appaltanti.
I l n u o v o Codice d e g l i appalti e d e l l e
concessioni assorbe nel suo quadro normativo
la disciplina dei modelli di aggregazione per le
acquisizioni di servizi, forniture e lavori,
definendo gli spazi di intervento delle singole
amministrazioni, delle centrali di committenza
su base locale e dei soggetti aggregatori.
Le disposizioni contenute nello schema di
decreto legislativo, che sarà varato dal
Consiglio dei ministri nei prossimi giorni,
individuano un primo livello, rapportato alla
soglia dei 40mila euro per i beni e i servizi e
alla soglia dei 150mila euro per i lavori, nell'
a m b i t o d e l q u a l e l e amministrazioni
aggiudicatrici possono operare
autonomamente, senza necessità di
qualificazione, rispettando gli obblighi di
utilizzo degli strumenti elettronici (Mepa e
piattaforme telematiche). Lo stesso margine di
operatività in autonomia è garantito in
relazione all' utilizzo degli strumenti di
acquisto (ad esempio convenzioni e accordi
quadro) messi a disposizione dai soggetti aggregatori (Consip, centrali di committenza regionali, alcune
città metropolitane e province).
Per effettuare acquisti di importo superiore alle due soglie, le amministrazioni devono ottenere, come
stazioni appaltanti, la qualificazione, che ne dimostri le capacità organizzative e funzionali a gestire
appalti di maggiore rilievo.
Nella fascia di valore compresa per i beni e servizi tra i 40mila euro e la soglia comunitaria (attualmente
209mila euro), nonché per i lavori tra i 150mila euro e un milione di euro, le stazioni appaltanti dotate di
adeguata qualificazione sviluppano le procedure utilizzando le piattaforme telematiche messe a
disposizione dalle centrali di committenza qualificate e, solo in caso di indisponibilità dell' infrastruttura
informatica, svolgono la procedura in modo tradizionale.
In tale fascia di valore i Comuni non capoluogo sono tenuti a ricorrere a centrali di committenza o a
soggetti aggregatori qualificati, oppure a unioni d i Comuni già costituite e operanti come centrali di
committenza già qualificate.
Spetterà a un Dpcm definire i criteri e le modalità per la costituzione delle centrali di committenza, in
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forma di aggregazione di Comuni non capoluogo, nonché individuare gli ambiti territoriali di riferimento
in applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
In ogni caso le amministrazioni potranno fare ricorso a centrali di committenza qualificate, le quali
possono svolgere attività ausiliarie a favore di altre centrali di committenza o di stazioni appaltanti.
Le disposizioni introducono anche la possibilità di appalti congiunti (recependo la novità contenuta nelle
direttive comunitarie), ma questi possono essere realizzati solo da stazioni appaltanti qualificate,
potendo peraltro le stesse cumulare le loro qualificazioni in relazione al valore dell' appalto.
Proprio la qualificazione assume rilievo nel sistema complessivo: il nuovo Codice delinea i criteri in
base ai quali potrà essere ottenuta dalle amministrazioni, demandando all' Anac la gestione del
procedimento.
Tra gli elementi che le amministrazioni devono possedere, rilevano la presenza di un' organizzazione
stabile che si occupi di programmazione, affidamento e esecuzione degli appalti, un sistema di
formazione e di aggiornamento dei dipendenti impegnati nella gestione delle gare, nonché il numero e il
valore delle procedure svolte nell' ultimo triennio.
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ALBERTO BARBIERO
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Riscossione. Ddl sulle misure per le somme non pagate
Recupero crediti insoluti, apertura agli affidamenti
N e l l a riscossione d e i tributi locali, c o m e
indicato negli anni dalla Corte dei conti,
regnano tempi lunghi e bassi incassi, sistemi
coattivi diversi e non sempre trasparenti, e
costi di gestione spesso superiori alle entrate
effettive. Il caos normativo fa il resto.
Da una parte per la rimandata uscita di scena
di Equitalia ­ fissata al 2012 dal decreto
sviluppo 2011 è stata prorogata otto volte fino
a giugno 2016 ­ che dall' estate obbligherà i
Comuni a l l a riscossione i n v i a d i r e t t a ,
associata, o con concessionari privati iscritti
all' albo. Dall' altra per l' attesa della riforma
della disciplina, prima prevista dalla Delega
fiscale (legge 23/2014) e poi non attuata,
sebbene la fase attuativa abbia introdotto, tra
le altre cose, la mediazione obbligatoria sulle
liti fino a 20mila euro (Dlgs 156/2015).
Per dare più certezze alla Pa, nei giorni scorsi
la senatrice Lucrezia Ricchiuti (Pd) ha
presentato un Ddl sulle "Misure per il recupero
dei crediti insoluti della pubblica
amministrazione" che sposta l' iter su una fase
stragiudiziale, cioè tra la scadenza dei crediti e
il recupero coattivo, affidando a società private
i l patto conciliativo coi cittadini. Per Kpmg,
rispetto alla fase esecutiva, la Pa incasserebbe 5 miliardi di euro in più. «Gli enti locali ­ spiega Ricchiuti
­, anche alla luce delle nuove regole sul bilancio armonizzato e nuovi principi contabili, dovranno
sempre più far fronte all' incertezza sulla disponibilità delle risorse finanziarie in un quadro in cui i tempi
della riscossione coattiva risultano ancora troppo lunghi», da qui la proposta per «un intervento
tempestivo per il recupero delle somme loro spettanti non pagate, attribuendo alle imprese di recupero
crediti un' esplicita legittimazione normativa».
Stando alla bozza, l' attività sarà affidata con gara pubblica ad agenzie con licenza e requisiti di qualità,
con un contratto di servizio senza trasferimento di funzioni pubbliche. Varrà per tutte le tasse locali di
«modesta entità» e il gettito sarà versato direttamente agli enti (nei bilanci natura, anzianità, possibilità
di recupero dei crediti). Per l'«idonea copertura finanziaria» del servizio, le spese potranno essere
addebitate ai morosi purché «eque», ma il parziale o mancato incasso «non potrà in alcun modo
influire» sul contratto.
Favorevole è l' Unione nazionale imprese a tutela del credito (Unirec), l' associazione confindustriale
con più di 200 aziende del settore ­ l' 85% in Italia, 19mila addetti ­ che nel 2014 hanno recuperato 10
miliardi su 56 gestiti. «Il Ddl è estremamente positivo e appropriato ­ commenta il presidente Marco
Pasini ­, evitiamo che i mancati incassi riversino sui cittadini virtuosi con un aumento del costo del
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denaro, delle tariffe e dei servizi».
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FRANCESCO CLEMENTE
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Armonizzazione. L' effetto sul voto di aprile
Referendum 2016, la riforma dei bilanci complica la
gestione
Le spese previste per l' organizzazione del
referendum del 17 aprile sulle trivelle non
possono essere imputare in partita di giro.
Secondo i nuovi principi contabili, le partite di
giro e per conto terzi non possono accogliere
stanziamenti di spesa corrente destinati al
finanziamento delle funzioni del comune. Il
principio della competenza finanziaria
potenziata (punto 7.1) prevede infatti che non
hanno natura di "Servizi per conto di terzi" e, di
conseguenza, devono essere contabilizzate
negli altri titoli del bilancio le spese sostenute
per conto di un altro ente che comportano
autonomia decisionale e discrezionalità, anche
se destinate ad essere interamente
rimborsate, quali le spese elettorali sostenute
d a i comuni p e r a l t r e amministrazioni
pubbliche, le spese di giustizia, ecc.. Il piano
dei conti integrato prevede, tra l' altro, la voce
"Beni p e r c o n s u l t a z i o n i e l e t t o r a l i "
(U.1.03.01.02.010) e la voce "Altre spese per
c o n s u l t a z i o n i e l e t t o r a l i " d e l l ' ente
(U.1.03.02.99.004) destinata ad accogliere le
s p e s e s o s t e n u t e d a l l ' ente p e r l '
organizzazione tecnica e l' attuazione delle
elezioni.
I Comuni che hanno già approvato il bilancio di previsione 2016­2018 possono effettuare una variazione
di bilancio per inserire la previsione di entrata per il rimborso dallo Stato e aumentare gli stanziamenti di
spesa dei capitoli relativi alla gestione del referendum. Questi enti possono anche effettuare un
prelevamento dal fondo di riserva, riservandosi la variazione definitiva dei capitoli di entrata e di uscita
in un momento successivo.
Per tutti gli altri Comuni gli strumenti a disposizione sono più limitati, poiché possono far riferimento solo
a quelli concessi in esercizio provvisorio (punto 8.12 e 8.13 del principio).
Il primo riguarda l' utilizzo del fondo di riserva, il cui prelevamento è consentito nel corso dell' esercizio
provvisorio per fronteggiare obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi, da obblighi
tassativamente previsti dalla legge (quali, ad esempio, le spese per le elezioni in caso di stanziamenti
non adeguati nella spesa corrente) e per garantire la prosecuzione o l' avvio di attività soggette a termini
o scadenza, il cui mancato svolgimento determinerebbe danno per l' ente. Il principio stabilisce però
che, a seguito dell' approvazione del bilancio di previsione 2016, il limite massimo di accantonamento al
fondo di riserva deve essere ridotto dell' importo del fondo già utilizzato.
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Il Sole 24 Ore
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Nel corso dell' esercizio provvisorio è poi possibile effettuare variazioni agli stanziamenti di competenza
dei macroaggregati compensative all' interno dei programmi e dei capitoli, compensative all' interno dei
macroaggregati, anche prevedendo l' istituzione di nuovi capitoli.
Non è invece concesso effettuare, nel corso dell' esercizio provvisorio, variazioni contestuali di entrata e
di spesa. Questo limite ricorda agli enti locali che nel nuovo contesto dell' armonizzazione occorre
cercare di approvare il bilancio di previsione prima dell' inizio dell' esercizio.
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PATRIZIA RUFFINI
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Il Sole 24 Ore
Pubblica Amministrazione
Ambiente. In cantiere un' entrata di natura patrimoniale
Rifiuti, la riforma della tariffa mette a rischio gli
incassi
Un salto nel buio: è quello che accadrà se
verrà approvato il nuovo regolamento sulla
tariffa rifiuti, senza che venga disegnata la
disciplina normativa di riferimento.
Il ministero dell' Ambiente ha elaborato lo
schema del regolamento di determinazione
della futura tariffa rifiuti, destinato a sostituire il
Dpr 158/1999. Il provvedimento, che deve
ancora terminare l' iter di approvazione e che
alla luce del collegato ambientale (legge
221/2015) dovrà essere emanato sotto forma
di decreto entro la fine dell' anno, è previsto
dall' articolo 1, comma 667 della legge
147/2013. In tale disposizione è infatti stabilito
che la nuova tariffa sarà articolata sulla base di
due criteri alternativi: la tariffazione puntuale,
che dovrebbe misurare i rifiuti conferiti dal
singolo utente, ovvero una tariffazione su basi
presuntive, elaborata apportando correttivi
finalizzati a realizzare un prelievo
rappresentativo del servizio reso.
Dovrebbe quindi trattarsi di una entrata di
carattere patrimoniale e non tributario, come
conferma la lettura dello schema di
regolamento.
A prescindere dalla preferibilità dell' una o dell'
altra tipologia di entrata, desta perplessità il fatto che la nuova tariffa non abbia una disciplina di
riferimento. La norma delegante è infatti inserita all' interno della Tari, che tuttavia è un tributo e quindi
non si presta a supportare una entrata patrimoniale. Così, ad esempio, non è chiaro quale è il
presupposto del prelievo.
Nella Tari, si tratta dell' occupazione dei locali, mentre in una entrata di altra natura dovrebbe essere
identificato nel conferimento di rifiuti al servizio pubblico. Ma, se così fosse, nel totale silenzio della
legge, il contrasto all' evasione risulterebbe molto complesso, se non proibitivo. Il gestore infatti sarebbe
tenuto a dimostrare che l' utente si è effettivamente rivolto al servizio pubblico, senza poter beneficiare
di presunzioni di sorta.
È altrettanto evidente che la normativa Tari su esenzioni e agevolazioni non si presta ad una automatica
trasposizione nel contesto di una tariffa non tributaria. Ed invero, la riduzione prevista, ad esempio,in
caso di usi discontinui dell' immobile (articolo 1, comma 659, legge 147/2013) ha poco senso se l'
ammontare dell' entrata è direttamente legata alla fruizione del servizio.
Senza contare che si riproporranno le solite annose questioni della inapplicabilità delle sanzioni
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Il Sole 24 Ore
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Pubblica Amministrazione
tributarie e della mancanza di disposizioni idonee a prevedere forme alternative di misure punitive o
para risarcitorie.
L' esperienza pregressa fatta in materia di Tia, che non ha evidentemente insegnato nulla, impone
inoltre di farsi carico di precisare modalità e procedure della riscossione coattiva.
Occorre invece collocare questo futuro regolamento nell' ambito di un contesto normativo implementato
rispetto a quello della Tia2 (articolo 238 del Dlgs 152/2006). Altrimenti, si assisterà all' ennesimo
assurdo di una tariffa patrimoniale sganciata da qualsiasi punto di riferimento legislativo, con problemi
operativi facilmente prevedibili.
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LUIGI LOVECCHIO
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Italia Oggi Sette
Pubblica Amministrazione
Sentenza della Ctr Cagliari. Non c' è soluzione condivisa tra giudici di legittimità e merito
Esenzione Ici libera dal catasto
Per i fabbricati rurali la categoria non è rilevante
PAGINA A CURA DI SERGIO TROVATO ­ Per
il riconoscimento dell' esenzione Ici p e r i
fabbricati rurali s t r u m e n t a l i n o n c o n t a l a
categoria catastale.
L' immobile va considerato rurale se utilizzato
per la manipolazione, trasformazione,
conservazione, valorizzazione o
commercializzazione dei prodotti agricoli dei
soci.
Questa regola vale non solo per l'Ici ma anche
p e r l ' Imu. Lo ha stabilito la Commissione
tributaria regionale di Cagliari, quarta sezione,
con la sentenza n.
29 dell' 1 febbraio 2016.
Per i giudici d' appello, «è da considerare
abbandonata fin dall' introduzione Ici, come
criterio di esclusione dal pagamento dell'
imposta, la distinzione della appartenenza dei
fabbricati a una piuttosto che ad altra categoria
catastale».
Viene richiamata nella sentenza una pronuncia
della Cassazione (16979/2015), secondo la
quale non è soggetto a imposizione «il
fabbricato della società cooperativa che,
indipendentemente dalla sua iscrizione nel
catasto fabbricati, è rurale in quanto utilizzato
per la manipolazione, trasformazione,
conservazione, valorizzazione o
commercializzazione dei prodotti agricoli dei soci».
Si tratta di una questione dibattuta da tempo e che non ha trovato una soluzione condivisa nella
giurisprudenza di legittimità e di merito, anche per via dei continui cambiamenti normativi riguardo al
trattamento fiscale dei fabbricati rurali.
In realtà, contrariamente a quanto affermato dalla Ctr di Cagliari, la posizione assunta dalla Cassazione
dopo la pronuncia a sezioni unite (18565/2009) è stata sempre quella di legare l' esenzione Ici alla
categoria catastale.
Infatti, da ultimo, anche con l' ordinanza 22195/2015 ha riconosciuto l' esenzione Ici solo per i fabbricati
inquadrati catastalmente nelle categorie A/6, se destinati a abitazione, o D/10, se utilizzati per l'
esercizio dell' attività agricola. Tutto questo, nonostante siano intervenute delle modifiche normative
sulla disciplina dei fabbricati rurali che attribuiscono rilevanza giuridica solo all' annotazione in catasto
del requisito di ruralità. Nello specifico, è stato riaffermato che è decisivo per il riconoscimento dell'
esenzione Ici dei fabbricati rurali l' inquadramento catastale. «Qualora l' immobile sia iscritto in una
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29 febbraio 2016
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Italia Oggi Sette
Pubblica Amministrazione
diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che pretenda l' esenzione dall' imposta,
impugnare l' atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad Ici. Allo
stesso modo, il comune dovrà impugnare autonomamente l' attribuzione della categoria catastale A/6 o
D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l' assoggettamento del fabbricato all' imposta».
Mentre l' Agenzia del territorio, con la circolare 2/2012, ha invece chiarito che non conta più la
classificazione catastale per avere diritto al trattamento agevolato Ici p e r i fabbricati rurali. E che
possono mantenere le loro categorie originarie. È sufficiente l' annotazione catastale, tranne per i
fabbricati strumentali che siano per loro natura censibili nella categoria D/10. La circolare ha fornito
delle indicazioni sulla corretta interpretazione delle disposizioni contenute nel decreto ministeriale
emanato il 26 luglio 2012, che ha previsto, in dettaglio, quali adempimenti devono porre in essere i
titolari dei fabbricati interessati a ottenere l' annotazione negli atti catastali della ruralità, al fine di fruire
anche per l' Imu delle agevolazioni tributarie, così come disposto dall' articolo 13 del dl «salva Italia»
(201/2011).
Il trattamento Imu e Tasi. Va posto in rilievo che oggi è assicurato un trattamento diverso, rispetto all' Ici,
relativamente agli immobili in questione per l' imposta municipale e l' imposta sui servizi indivisibili.
I titolari di fabbricati rurali sono soggetti al pagamento della Tasi, a meno che i comuni non li abbiano
esonerati dal pagamento azzerando l' aliquota.
L' esenzione è limitata all' Imu, ma solo per i fabbricati rurali strumentali.
Mentre i rurali destinati ad abitazione devono pagare sia l' Imu sia l' imposta sui servizi indivisibili senza
fruire di alcun trattamento agevolato.
La disciplina Tasi assoggetta al prelievo tutti i fabbricati, tranne quelli destinati ad abitazione principale.
Ai fabbricati rurali strumentali l' articolo 1, comma 678, della legge di Stabilità (147/2013) assicura solo
un trattamento agevolato.
I comuni non possono applicare un' aliquota superiore all' 1 per mille. Ex lege, sono considerati
fabbricati strumentali quelli diretti alla manipolazione, trasformazione e vendita dei prodotti agricoli. L'
esenzione Imu non può essere estesa alla Tasi nonostante l' articolo 13 del dl «salva Italia» (201/2011)
richiami le stesse regole per la determinazione della base imponibile. Del resto, è principio pacifico che
le norme che prevedono agevolazioni fiscali sono di stretta interpretazione e non possono essere
applicate in via analogica. Nessun trattamento agevolato viene assicurato ai fabbricati destinati a
abitazione di tipo rurale, che scontano l' Imu e la Tasi in modo ordinario.
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Istanza con effetti retroattivi
Le variazioni catastali e le annotazioni di
ruralità richieste dai titolari di fabbricati rurali
hanno effetto retroattivo per i 5 anni
antecedenti a quello in cui sono state
presentate le relative domande. Lo prevede l'
articolo 2, comma 5­ter del dl 102/2013, in
sede di conversione nella legge 124/2013. L'
efficacia retroattiva di questa disposizione di
interpretazione autentica può arrivare fino all'
a n n o d ' imposta 2006, considerato che i
contribuenti avrebbero potuto inoltrare le
prime istanze di variazione entro il 30
settembre 2011. In base a questa norma,
quindi, le domande di variazione catastale,
disciplinate dall' articolo 7, comma 2 bis, del dl
70/2011, e l' inserimento negli atti catastali
della ruralità degli immobili producono effetti
per i 5 anni antecedenti a quello in cui sono
state presentate. Quindi non c' è più alcun
dubbio, come è accaduto in passato, sulla
valenza retroattiva delle istanze.
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La conversione del dl 210/2015 dimezza le pene per omessa iscrizione e contribuzione
Sanzioni Sistri, sconto a tempo
Per altre violazioni confermata la punibilità solo dal 2017
Riduzione del 50% delle sanzioni
amministrative pecuniarie per omessa
iscrizione al sistema di tracciamento
telematico dei rifiuti e mancato pagamento del
relativo contributo. Lo sconto sulle sanzioni
Sistri, seppur temporaneo e limitato alle citate
violazioni, arriva con la legge di conversione
del dl 210/2015, approvata in via definitiva dal
parlamento il 24 febbraio 2016. La legge di
conversione del «Milleproroghe 2016»
conferma parallelamente lo slittamento al 2017
dell' applicabilità delle altre pene ex dlgs
152/2006 (c.d. Codice ambientale) p e r l '
inosservanza delle regole di stretto
tracciamento telematico dei rifiuti, già previsto
dal testo originario del decreto d' urgenza.
Le sanzioni ridotte. Pur lasciandone immutata
l' applicabilità (già operativa dallo scorso
1/4/2015) la legge di conversione del dl
210/2015 dispone che le sanzioni ex commi 1
e 2, articolo 260­bis del dlgs 152/2006, relative
a omessa iscrizione e regolarizzazione tributo,
«sono ridotte del 50%», ma solo «fino al 31
dicembre 2016 e comunque non oltre il
collaudo con esito positivo della piena
operatività del nuovo sistema di tracciabilità
individuato a mezzo di procedura a evidenza
pubblica, indetta da Consip Spa con bando
pubblicato il 26 giugno 2015». Di conseguenza la cornice edittale delle sanzioni passa, seppur
temporaneamente, dai «range» di 2.600­15.500 euro (per le violazioni relative ai rifiuti non pericolosi) e
15.500­93 mila euro (per i pericolosi) a quelli, rispettivamente, coincidenti con le gamme 1.300­7.750 e
7.750­46.500 euro. La riduzione prevista, essendo formulata in termini matematici, non appare però
incidere sull' ulteriore sanzione prevista dallo stesso comma 2 del citato articolo 260­bis, laddove per l'
omesso pagamento del contributo (evidentemente da parte degli iscritti) si dispone anche la
sospensione immediata del servizio Sistri. Ad alleggerire ulteriormente le sanzioni in parola appaiono
concorrere fin da subito due meccanismi già applicabili del dlgs 152/2006 (commi 9­bis e 9­ter, articolo
260­bis): il «cumulo giuridico» delle pene per il concorso di reati, che prevede la punibilità del solo
evento più grave; il «ravvedimento operoso», che da un lato non punisce chi entro 30 giorni dalla
commissione dell' illecito vi pone riparo adempiendo agli obblighi sottesi e dall' altro ammette al
pagamento di ¼ delle sanzioni chi definisce la controversia, previo adempimento, entro 60 giorni dalla
contestazione.
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Le altre novità Sistri. A ridurre il potenziale novero dei soggetti obbligati a iscrizione, e quindi
pagamento del contributo Sistri, concorre invece dallo scorso 2 febbraio 2016 la legge 221/2015 (c.d.
«Green economy»), che con la riformulazione del dl 201/2011 ha allargato i confini del regime
semplificato di tracciamento rifiuti riservato agli operatori del comparto benessere. Ciò sia estendendolo
a tutti i residui pericolosi prodotti che rendendolo satisfattivo (anche) degli obblighi previsti dal Sistri. In
base al rinnovato regime semplificato i gestori di servizi dei saloni di barbiere e parrucchiere, istituti di
bellezza, attività di tatuaggio e piercing (Codici Ateco 96.02.01, 96.02.02, 96.09.02) produttori di rifiuti
speciali pericolosi che effettuano l' autotrasporto degli stessi in quantità massima di 30 Kg/giorno a
impianti di smaltimento possono assolvere gli obblighi di tracciamento sia tradizionale (registri di carico
e scarico, Mud) che (ora) Sistri con la tenuta dei soli formulari di trasporto ex dlgs 152/2006 e loro
conservazione. L' osservanza di detto regime semplificato non esclude, lo ricordiamo, l' obbligo d'
iscrizione all' Albo gestori ambientali per il trasporto e l' osservanza delle norme specifiche su
classificazione, imballaggio, etichettatura e movimentazione delle sostanze pericolose. L' iscrizione al
Sistri (insieme alla regolarizzazione del relativo contributo) è invece già dovuta da parte dei vettori
esteri che a titolo professionale effettuano il trasporto d i rifiuti sul territorio nazionale. A ricordarlo,
evidentemente basandosi sull' articolo 188­ter del dlgs 152/2006, è un comunicato pubblicato il 1°
febbraio 2016 sul portale istituzionale sistri.it che invita detti operatori a formalizzare l' adempimento
tramite «Contact center». Una riduzione del contributo Sistri dovrebbe invece arrivare, in base alla
relazione di accompagnamento della citata legge di conversione del «Milleproroghe», con il nuovo
decreto ministeriale in itinere sulla semplificazione e lo snellimento dell' attuale sistema.
Regime transitorio e obblighi operatori Sistri.
Come accennato, la legge di conversione del «Milleproroghe 2016» conferma la già prevista
sospensione fino al 31/12/2016 dell' applicazione delle altre sanzioni (anche penali) Sistri che puniscono
la violazione delle regole operative di tracciamento dei rifiuti, lasciandone però immutate le relative
cornici edittali. Tali sanzioni, previste dagli articoli 260­bis, commi da 3 a 9, e 260­ter del dlgs 152/2006
puniranno la violazione delle regole sulla compilazione delle Schede elettroniche Sistri, l a
predisposizione di falsi certificati di analisi, il trasporto dei rifiuti senza i previsti e corretti documenti di
accompagnamento cartacei. Solo dal 2017 sarà altresì applicabile l' articolo 260­ter del dlgs 152/2006
che prevede le sanzioni amministrative del fermo o della confisca del mezzo di trasporto per le ipotesi
più gravi. La legge di conversione del «Milleproroghe» conferma parallelamente l' operatività fino allo
stesso 31/12/2016 del periodo transitorio del c.d. «doppio binario» in base al quale anche i soggetti
obbligati al Sistri devono continuare a effettuare il tradizionale tracciamento dei residui (tramite registri
di carico/scarico, formulari di trasporto e dichiarazione Mud) dietro minaccia delle relative e diverse
sanzioni ex Codice ambientale. In relazione al Mud si ricorda la vicina scadenza del 30 giugno 2016
entro cui occorrerà presentare la nuova annuale denuncia dei rifiuti prodotti o gestiti nel corso del 2015.
Tale dichiarazione dovrà essere effettuata secondo le indicazioni dettate dal Dpcm 21 dicembre 2015
(G.U. del successivo giorno 28, n. 300) che da un lato conferma l' utilizzo «modello unico di
dichiarazione» recato dall' omonimo provvedimento del 17 dicembre 2014 ma dall' altro prevede
«informazioni aggiuntive» che saranno diramate tramite i siti sviluppoeconomico.gov.
it, minambiente.it; isprambiente.gov.it, unioncamere.
it, infocamere.it; ecocerved.
it, informazioni che potranno dunque recare nuove indicazioni da rispettare. La corretta dichiarazione
Mud 2016, è opportuno sottolinearlo, presuppone a monte il rispetto della nuova classificazione dei
rifiuti introdotta dalla decisione 2014/995/Ue, pienamente e integralmente applicabile sul piano
nazionale dal 1° giugno 2015 con prevalenza sulle analoghe norme con esse in contrasto contenute
negli allegati alla Parte quarta del dlgs 152/2006, ancora formalmente non allineati alle disposizioni Ue.
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VINCENZO DRAGANI
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29 febbraio 2016
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Italia Oggi Sette
Pubblica Amministrazione
Consiglio di stato: ai fini della responsabilità rilevano azione illegittima e dolo o colpa
Danni della p.a., prove solide
Non sufficiente il solo annullamento dell' atto lesivo
La configurabilità della responsabilità della
pubblica amministrazione per i danni provocati
dall' azione amministrativa esige l' adozione di
un provvedimento illegittimo, la dimostrazione
del dolo o della colpa, da valersi quale
elemento costitutivo del diritto al risarcimento,
dell' autorità che lo ha emanato, non essendo
sufficiente il solo annullamento dell' atto lesivo.
È quanto affermato dai giudici della terza
sezione del Consiglio di stato con la sentenza
n. 559 dello scorso 9 febbraio.
I giudici amministrativi hanno altresì
evidenziato che occorre la prova che dalla
colpevole condotta amministrativa sia derivato,
nella sfera patrimoniale del presunto
danneggiato, un pregiudizio economico
direttamente riferibile all' assunzione od all'
esecuzione della determinazione illegittima.
Inoltre, nella stessa sentenza in commento,
circa, poi, la risarcibilità del danno da perdita
di chance, i giudici del Consiglio di stato,
hanno riconosciuta nelle sole ipotesi in cui l'
illegittimità dell' atto ha provocato, in via
diretta, una lesione della concreta occasione di
conseguire un determinato bene e quest'
ultima presenti un rilevante grado di
probabilità (se non di certezza) di ottenere l'
utilità sperata, e ciò anche in ossequio ad un
ormai recente orientamento giurisprudenziale (si veda: Cons. st., sez. V, 1° ottobre 2015, n.4592).
È stato, inoltre, chiarito, che, nelle pubbliche gare, il predetto diritto risarcitorio spetta solo se l' impresa
illegittimamente pretermessa dall' aggiudicazione illegittima riesca a dimostrare, con il dovuto rigore,
che la sua offerta sarebbe stata selezionata come la migliore e che, quindi, l' appalto sarebbe stato ad
essa aggiudicato, con un elevato grado di probabilità (Cons. st., sez. V, 22 settembre 2015, n.4431).
Il danneggiato risulta, perciò, gravato dell' onere di provare l' esistenza di un nesso causale tra l'
adozione o l' esecuzione del provvedimento amministrativo illegittimo e la perdita dell' occasione
concreta di conseguire un determinato bene della vita (Cons. st., sez. VI, 4 settembre 2015, n.4115),
con la conseguenza che il danno in questione può essere risarcito solo quando sia collegato alla
dimostrazione della probabilità del conseguimento del vantaggio sperato, e non anche quando le
chance di ottenere l' utilità perduta restano nel novero della mera possibilità (Cons. st., sez. IV, 23
giugno 2015, n.3147).
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29 febbraio 2016
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Pubblica Amministrazione
ANGELO COSTA
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29 febbraio 2016
Pagina 207
Italia Oggi Sette
Pubblica Amministrazione
Tar Palermo: l' azienda può produrre in un secondo momento la documentazione
Appalti, un soccorso istruttorio
L' impresa torna in gioco. Se iscritta in banca dati Anac
Può essere il soccorso istruttorio a salvare l'
azienda che punta all' appalto pubblico, ma
solo se si è iscritta per tempo alla banca dati
dell' Anac, l' autorità nazionale anticorruzione:
il fatto di aver adempiuto all' obbligo di
registrazione consente all' impresa candidata
di produrre soltanto in un secondo momento il
PassOe, vale a dire il documento che attesta
la possibilità di verificare l' operatore
economico con Avcpass, il sistema di controllo
dei requisiti per ottenere lavori pubblici.
Diversamente l' azienda sarà esclusa dalla
procedura. È quanto emerge dalla sentenza
150/16, pubblicata dalla prima sezione del Tar
Palermo.
Dal 1° luglio 2014 un' impresa che vuole
partecipare alle procedure pubbliche deve
iscriversi alla banca dati dell' Anac, che apre
un fascicolo virtuale per ogni operatore
economico: grazie alle credenziali ottenute l'
azienda inserisce di volta in volta il Cig, codice
che identifica la gara che la interessa, per
poter generare il PassOe, lo strumento
necessario alle stazioni appaltanti per
verificare tramite interfaccia web che la società
candidata ha le carte in regola. E il pass deve
essere presentato dall' impresa concorrente
nella domanda per partecipare alla selezione.
Una volta perfezionata l' iscrizione al registro Anac, il prerequisito è soddisfatto e il PassOe può essere
qualificato come «dichiarazione», in quanto serve al controllo dei requisiti di partecipazione e in quanto
tale risulta funzionalmente analogo alle «dichiarazioni sostitutive attestanti il possesso dei requisiti» di
cui al codice dei contratti pubblici.
DARIO FERRARA
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29 febbraio 2016
Pagina 207
Italia Oggi Sette
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edilizia
Regioni, il piano casa non deroga
Sorpresa. Il piano casa della Regione non può
derogare a regolamenti edilizi e n o r m e
tecniche di attuazione sui prg d e i Comuni.
Almeno per quanto riguarda le distanze
minime fra pareti con finestre di costruzioni
differenti: gli atti dell' amministrazione locale
riproducono comunque norme statali di
principio nel settore urbanistico e sarebbe
dunque incostituzionale la legge regionale che
pretendesse di disciplinare la materia senza
quei limiti. È quanto emerge dalla sentenza
19/2016, pubblicata dalla prima sezione del
Tar Molise. La presentazione della Dia non
può prescindere dalla legittimità dell'
intervento. Sbaglia il titolare dell' immobile
quando invoca l' articolo 2 della legge
regionale che consente la deroga a
regolamenti edilizi e N t a d e g l i s t r u m e n t i
urbanistici adottati dai Comuni: non per ciò
solo la deroga deve ritenersi estesa all' articolo
9 del decreto ministeriale 1444/68 e alle altre
relative previsioni recepite negli atti adottati
dalle amministrazioni locali.
E ciò perché la stessa legge regionale non può
derogarvi.
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