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INSEGNAMENTO DI POLITICA ECONOMICA LEZIONE XII “LA POLITICA DI COESIONE” PROF. GAVINO NUZZO Politica Economica Lezione XII Indice 1 Introduzione ----------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 Le politiche settoriali ------------------------------------------------------------------------------------ 8 3 La politica sociale--------------------------------------------------------------------------------------- 10 4 Il coordinamento delle politiche occupazionali --------------------------------------------------- 12 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 16 Politica Economica Lezione XII 1 Introduzione Per quanto pervasa da un forte senso di identità culturale e storica, l'Europa è costituita da un gruppo di paesi ben differenziati dal punto di vista economico. I redditi di cui possono godere i cittadini comunitari divergono ampiamente tra un paese e l'altro, pertanto, per poter affrontare un percorso di crescita e sviluppo unitario è risultato fondamentale attuare una politica di coesione economica e sociale. Per questo motivo a partire dal 19751a Comunità ha inaugurato la politica di coesione economica e sociale, espressione con la quale si fa riferimento all'insieme delle misure che, riducendo il divario tra livelli di sviluppo delle varie regioni europee, promuovono una evoluzione armoniosa della Comunità. La logica di tali misure risiede sia in considerazioni di carattere economico sia in motivi di opportunità politica e può ricondursi a tre esigenze che rappresentano degli interessi primari della Comunità: - tutelare la competitività delle imprese che operano in aree geografiche disagiate. Il mercato unico determina un allargamento dell'ambito di operatività delle imprese, ma anche un ampliamento della concorrenza. Il diverso grado di sviluppo delle economie di alcuni Stati membri o di determinate aree di questi, fa sì che le imprese che operano in tali regioni siano meno competitive delle altre e, qualora si applicassero le regole della libera concorrenza senza alcun correttivo, risentirebbero degli effetti negativi del mercato unico, senza beneficiare di quelli positivi; - garantire un livello di benessere omogeneo per tutti i cittadini. È interesse della Comunità intervenire affinché i vantaggi promossi dalle sue politiche si distribuiscano uniformemente su tutto il territorio comunitario e la struttura della nuova Unione sia quanto più compatta possibile, al fine, altresì, di scongiurare fenomeni di grave impatto sociale, quali la disoccupazione e le migrazioni di massa verso aree geograficamente meno depresse; - salvaguardare l'uniforme efficacia delle altre politiche comunitarie. Il fatto che vi siano in Europa regioni meno sviluppate di altre dipende, generalmente, da ragioni storiche, economiche, ambientali, ovvero da endemiche carenze strutturali ed organizzative. La Comunità ha interesse a correggere tali fattori di squilibrio, poiché essi rischierebbero di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 16 Politica Economica Lezione XII limitare il processo di integrazione dei singoli Stati membri, mortificando, in tal modo, gli effetti delle politiche comunitarie. L'attuale disciplina della politica di coesione economica e sociale è contenuta nel regolamento 1083/2006 dell' l1 luglio 2006 che traccia le linee guida da seguire nel periodo 2007-2013. In tale lasso di tempo, la Comunità si prefigge uno sviluppo delle regioni meno favorite o insulari, comprese le zone rurali, un aumento dei livelli di occupazione ed una maggiore cooperazione tra le differenti realtà locali presenti sul suo territorio. Tutto ciò si traduce in tre obiettivi: 1) obiettivo Convergenza, volto ad accelerare la coesione degli Stati membri e l'adeguamento delle regioni in ritardo di sviluppo. In particolare, tale obiettivo si prefigge la crescita delle aree interessate e l'incremento dell'occupazione tramite l'aumento degli investimenti, l'efficienza amministrativa, l'innovazione, l'adattamento ai cambiamenti economici e sociali e la tutela ed il miglioramento della qualità dell'ambiente. L'obiettivo convergenza riguarda le regioni il cui prodotto interno lordo pro capite è inferiore al 75% della media comunitaria. È finanziato dal FESR, dal FSE e dal fondo di coesione. L'ingresso dell'Unione di paesi dell'Est, aventi un PIL pro capite nettamente inferiore, ha determinato un abbassamento della media comunitaria; di conseguenza, alcuni Stati membri che, secondo i canoni precedenti all'allargamento, avrebbero avuto diritto ai benefici della politica di coesione, ne sono esclusi. A1 fine di ovviare a tale inconveniente, l'Unione ha disposto, in favore dei paesi che risentono di tale effetto statistico, un considerevole aiuto transitorio, che consenta loro di completare il processo di convergenza. Tale aiuto, erogato a titolo dell'obiettivo Competitività, ha carattere decrescente e sarà erogato fino a12013; 2) obiettivo Competitività regionale e occupazione. Finanziato dal FESR e dal FSE, tale obiettivo mira a rafforzare la competitività delle regioni che non rientrano nell'obiettivo Convergenza. In particolare, per il raggiungimento della Competitività regionale e dell'occupazione sono state predisposte delle misure volte a garantire l'incremento ed il miglioramento della qualità degli investimenti, l'innovazione, l'imprenditorialità, l'adattabilità dei lavoratori e delle imprese allo sviluppo dei mercati, anticipando i cambiamenti economici e sociali, inclusi quelli connessi all'apertura degli scambi; 3) obiettivo Cooperazione territoriale europea. È finanziato dal FESR e riguarda tutte le regioni comprendenti frontiere terrestri o marittime, nonché zone di cooperazione Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 16 Politica Economica Lezione XII transnazionale. Il senso di questo obiettivo, infatti, è rafforzare la cooperazione transnazionale e interregionale mediante azioni volte allo sviluppo territoriale integrato connesse alle priorità comunitarie. Come si è accennato in precedenza, il perseguimento degli obiettivi di politica economica e sociale avviene soprattutto (ma non solo) attraverso gli strumenti finanziari di cui dispongono le istituzioni comunitarie. Tali risorse sono i fondi strutturali e gli altri strumenti finanziari (Fondo di coesione, finanziamenti della Banca europea per gli investimenti BEI) e Fondo europeo per gli investimenti - FEI). I fondi strutturali, in particolare, sono gli strumenti finanziari volti a promuovere lo sviluppo e l'adeguamento strutturale delle regioni a sviluppo ritardato, riconvertire le aree a declino industriale, lottare contro la disoccupazione strutturale, facilitare l'inserimento professionale dei giovani e accelerare la riforma del sistema agrario. Gli attuali fondi strutturali sono: - il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). È il principale strumento di attuazione della politica regionale comunitaria. Istituito con regolamento del Consiglio n. 724 del 18 marzo 1975, il FESR si propone di sostenere lo sviluppo armonioso e la coesione economica delle diverse regioni comunitarie attraverso la correzione dei principali squilibri e l'adeguamento strutturale delle regioni in ritardo. Provvede al finanziamento: a) di investimenti produttivi che permettono di creare o salvaguardare posti di lavoro durevoli, in primo luogo attraverso aiuti diretti agli investimenti, principalmente nelle piccole e medie imprese; b) di investimenti nel settore delle infrastrutture; c) dello sviluppo del potenziale delle regioni attraverso misure di sostegno delle iniziative locali e, in particolar modo, delle attività delle piccole e medie imprese; d) di investimenti nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico; - il Fondo sociale europeo (FSE). È stato creato nel 1958 per risolvere i problemi di occupazione suscitati dalla stessa integrazione europea. Esso partecipa al finanziamento di corsi di formazione professionale e di aiuti ai disoccupati. Tali sovvenzioni devono far parte di piani elaborati dalle regioni a sviluppo ritardato, colpite dalla riconversione industriale o agricola, oppure integrarsi con le azioni nazionali a favore dell'inserimento professionale dei giovani al di sotto dei 25 anni o dei disoccupati da lungo tempo. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 16 Politica Economica Lezione XII Secondo quanto stabilito dal regolamento n. 1081/2006 del 5 luglio 2006, i principali ambiti della sua attività sono: a) l'istruzione e la formazione professionale; b) migliorare l'accesso all'occupazione ed alla partecipazione al mercato del lavoro; c) accrescere l'adattabilità dei lavoratori e delle imprese; d) combattere la discriminazione ed agevolare l'accesso dei disabili al mercato del lavoro; e) promuovere partenariati per la riforma nel campo dell'occupazione. Gli altri strumenti finanziari (non rientranti nella categoria dei fondi strutturali) sono: i1 Fondo di coesione, previsto dall'articolo 161 TCE è stato istituito con il regolamento n. 1164/94. La sua attuale disciplina è contenuta nel regolamento n. 1084/2006 dell' 11 luglio 2006. I suoi finanziamenti sono principalmente volti al sostegno di progetti nei settori dell'ambiente e delle reti di trasporto transeuropee, ma solo negli Stati membri il cui PIL è inferiore al 90% della media europea; pertanto, potranno beneficiarne tutti i paesi di nuova adesione, più la Grecia, il Portogallo e la Spagna, quest'ultima, però, ammessa solo in via transitoria; i finanziamenti della BEI. La Banca Europea per gli Investimenti (BEI), «facendo appello al mercato dei capitali ed alle proprie risorse», concede finanziamenti a lungo termine per la realizzazione di progetti concreti di cui sia garantita l'attuabilità sotto il profilo economico, tecnico, finanziario e della tutela ambientale; il Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI). È lo strumento comunitario che opera a supporto delle piccole e medie imprese. Il suo azionista di maggioranza è la Banca Europea per gli Investimenti, con la quale costituisce il cosiddetto "Gruppo BEI". Il Fondo, istituito nel 1994, opera essenzialmente attraverso la concessione di capitale di rischio e la prestazione di garanzie; Non sono più inclusi più tra i fondi strutturali gli strumenti volti a promuovere lo sviluppo rurale o dei territori dipendenti dal settore della pesca. Tali attività, infatti, rientrano nelle competenze dei nuovi fondi ad hoc istituiti in sostituzione del FEOGA e dello SFOP (che nel periodo di programmazione 2000-2006 erano inclusi nella famiglia dei fondi strutturali). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 16 Politica Economica Lezione XII In sostituzione del FEOGA è ora operativo il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), destinato al sostegno delle iniziative volte allo sviluppo rurale, mentre lo SFOP è stato sostituito dal Fondo europeo per la pesca (FEP). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 16 Politica Economica Lezione XII 2 Le politiche settoriali Per molti anni la politica comunitaria settoriale più famosa, studiata, discussa e spesso criticata è stata quella agricola, definita PAC (Politica agricola comune), messa a punto per tutelare i redditi del comparto agricolo e con evidenti finalità redistributive. La politica consiste, prevalentemente, nella fissazioni di prezzi minimi per i prodotti agricoli, la cui individuazione può comportare l'introduzione di dazi sui prodotti agricoli extracomunitari. Inoltre, allo scopo & evitare sovrapproduzioni in un settore protetto ed esclusivamente per alcuni prodotti, viene concessa, ai diversi paesi membri, la produzione di una certa quota, da distribuire tra gli operatori. Gli episodi più clamorosi, collegati alla determinazione di quote, hanno riguardato le quote latte, particolarmente avversate dagli allevatori italiani che si sono resi ripetutamente protagonisti, alla fine degli anni Novanta, di manifestazioni di protesta molto suggestive (con distribuzione gratuita del loro prodotto e cortei capeggiati da mucche). La tutela degli agricoltori europei è stata criticata per le conseguenze ipotizzabili sulle economie dei PVS, tradizionalmente produttori agricoli, mentre all'interno dei singoli paesi sono state mosse critiche per i criteri di spartizione delle quote, entro cui taluni produttori si sentono «stretti». In effetti la PAC è uno degli ultimi strascichi di un orientamento protezionista ormai obsoleto. In esso vige tuttora il principio di preferenza comunitaria che consente un sistema di prelievi variabili sulle importazioni ed un sistema di restituzioni alle esportazioni. In pratica mentre il primo impedisce che i prodotti stranieri entrino nell'Unione con un prezzo inferiore a quello interno; il secondo restituisce agli esportatori quanto hanno eventualmente perduto vendendo all'estero ad un prezzo inferiore al minimo europeo. Altre politiche settoriali, in voga negli anni Settanta e Ottanta, sono andate via via regredendo. In particolare il settore siderurgico, anch'esso organizzato per quote, ha registrato una costante perdita di interesse da parte della Comunità in barba al suo antico nucleo propulsore della CECA. Gli sforzi comunitari si sono indirizzati, invece, verso il settore della R&S (ricerca e sviluppo tecnologico). La ricerca ha assunto una maggiore rilevanza, nell'ambito delle politiche comunitarie, parallelamente alla maturata consapevolezza della sua incidenza sul mercato. Insieme all'istruzione e all'innovazione, infatti, compone il cosiddetto triangolo della Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 16 Politica Economica Lezione XII conoscenza, l'insieme delle discipline che si propongono l'interazione tra mondo accademico e mondo imprenditoriale, in vista della realizzazione di una economia dinamica. La politica commerciale si è sempre più orientata in senso liberista eliminando le barriere non tariffarie e fissando una imposta esterna pari attualmente a circa i14% per i manufatti industriali, con una maggiore incidenza sui prodotti definiti sensibili (tessile, abbigliamento, piccoli elettrodomestici da consumo). Tutte le politiche settoriali vanno raccordate con la politica ambientale, secondo il principio dell'integrazione della politica ambientale. In virtù di questo principio ogni politica settoriale deve contenere una valutazione di impatto ambientale (VIA) e l'attenzione per l'ambiente viene richiesto anche ai paesi in via di sviluppo che godono degli aiuti europei. Nel 1990 è stata creata un'Agenzia per l'ambiente che ha lanciato il principio secondo cui chi inquina paga, determinando anche gli standard europei di accettabilità di acqua, aria e prodotti, nonché prescrizioni per l'uso di materie prime e impianti e limiti alla emissione degli inquinanti. La Comunità ha intrapreso una serie di iniziative encomiabili a difesa dell'ambiente, tra cui rientrano: - la distribuzione di sussidi per l'introduzione di tecnologie pulite e per la riduzione degli inquinanti; - l'imposizione fiscale per gli inquinatori, applicata con diverso successo nei paesi dell'Unione, dopo il fallimento dell'introduzione della carbon tax, proposta dalla Commissione; - il riconoscimento del marchio Ecolabel che informa il consumatore sulla compatibilità ambientale del prodotto; - l'introduzione dell'Ecoaudit o audit ambientale che attesta la compatibilità ambientale dell'organizzazione e della gestione dei processi produttivi. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 16 Politica Economica Lezione XII 3 La politica sociale L'articolo 136 TCE individua nella Comunità e negli ordinamenti statali i soggetti che sono chiamati a realizzare gli obiettivi enunciati; l'art. 137 TCE precisa che, nel condurre la politica sociale, la Comunità sostiene e completa l'azione degli Stati membri. Tale formula sintetizza l'equilibrio tra la normativa nazionale e quella sopranazionale che ha consentito di superare la tradizionale dicotomia che rendeva ardua la disciplina comunitaria di tale settore. In applicazione del principio di sussidiarietà, pertanto, l'intervento della Comunità ha carattere complementare rispetto alla politica degli Stati membri e mira a realizzare una base di diritti sociali fondamentali che sia riconosciuta nell'ambito dell'intero territorio comunitario. Entrando in dettaglio, l'articolo 137 TCE individua gli specifici settori di intervento comunitario: a) miglioramento, in particolare, dell'ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori; b) condizioni di lavoro; c) sicurezza sociale e protezione sociale dei lavoratori; d) protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro, e) informazione e consultazione dei lavoratori, f) rappresentanza e difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro, compresa la cogestione, fatto salvo quanto previsto dal paragrafo 5 che esclude qualsiasi tipo di intervento in materia di retribuzioni, diritto di associazione, diritto di sciopero e diritto di serrata; g) condizioni di impiego dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio della Comunità; h) integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro, fatto salvo l'articolo 150, i) parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro; j) lotta contro l'esclusione sociale; k) modernizzazione dei regimi di protezione sociale, fatto salvo quanto già previsto dalla lettera c) in materia di sicurezza sociale e protezione sociale dei lavoratori. In tali settori il Consiglio dell'Unione può: Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 16 Politica Economica Lezione XII - adottare misure destinate ad incoraggiare la cooperazione tra Stati membri attraverso iniziative volte a migliorare la conoscenza, a sviluppare gli scambi di informazione e di migliori prassi, a promuovere approcci innovativi e a valutare le esperienze fatte, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri; - prevedere, mediante direttive, le prescrizioni minime applicabili progressivamente: Tale facoltà è esclusa per l'azione nel settore della lotta contro l'esclusione sociale e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale. Un documento particolarmente importante in questo settore è la nuova Agenda sociale per il periodo 2005-2010 (adottata i19 febbraio 2005) che si propone la realizzazione di azioni mirate al perseguimento di due obiettivi strategici: l'obiettivo solidarietà, che si concretizza in azioni in favore dell'occupazione, e l'obiettivo prosperità, consistente in interventi in materia di lotta alla povertà e alla promozione delle pari opportunità. In particolare, le azioni a sostegno dell'occupazione (obiettivo solidarietà) si prefiggono: a) il miglioramento delle condizioni lavorative, gli incentivi e la formazione continua. In vista di tali scopi, l'Agenda pone l'accento sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro, sui modelli flessibili che possono garantire un bilanciamento tra la vita professionale e quella privata, sulla formazione continua nonché sulle coperture sociali adeguate e sul buon dialogo tra i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro; essa fa, inoltre, riferimento ai lavori di qualità, intendendo le attività sostenibili e caratterizzate da investimenti nelle risorse umane; b) la rimozione delle barriere che impediscono ai lavoratori di cambiare sistema pensionistico quando si trasferiscono in altri Stati, mantenendo inalterati i diritti acquisiti; c) la modernizzazione del diritto del lavoro, necessaria, in virtù dei nuovi cambiamenti intervenuti nell'economia. Lo scopo è, altresì, quello di incoraggiare una nuova dinamica delle relazioni industriali, attraverso il rafforzamento del principio della responsabilità sociale delle imprese, la modifica della direttiva sui comitati aziendali e le ristrutturazioni aziendali. Sul tema della lotta alla povertà e delle pari opportunità (obiettivo prosperità) la Commissione promuove l'iniziativa sui dispositivi di reddito minimo garantito e l'integrazione degli esclusi al mercato del lavoro. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 16 Politica Economica Lezione XII 4 Il coordinamento delle politiche occupazionali Per quanto riguarda il coordinamento delle politiche occupazionali è da ricordare che i sostenitori del mercato unico includevano la crescita dell'occupazione tra i vantaggi che quest'ultimo avrebbe apportato; era, infatti, opinione diffusa che una maggiore apertura dei mercati nazionali ed una sempre più marcata liberalizzazione economica, stimolando la concorrenza, avrebbero inevitabilmente °conc ,tto ad un più elevato tasso di crescita e, quindi, ad un maggiore livello occupazionale. Tale convincimento si è rivelato solo parzialn_ mte esatto. Se, infatti, dalla creazione del mercato interno sono derivati notevoli benefici economici, si deve, al contrario, constatare che dal punto di vista occupazionale non vi sono stati sostanziali miglioramenti, tanto che l'elevato tasso di disoccupazione costituisce il principale problema economico e sociale in quasi tutti i paesi europei. Ciò ha fatto sorgere la necessità di approntare una disciplina comunitaria che regolasse compiutamente questo settore. A tale scopo, il Trattato di Amsterdam ha aggiunto un nuovo titolo, specificamente dedicato all'occupazione, ed ha modificato gli artt. 2 e 3 TCE. In particolare, ai sensi dell'art. 2 TCE, tra i compiti della Comunità rientra anche quello di «promuovere ... un elevato livello di occupazione». Nel successivo articolo 3, lettera i, si precisa che l'azione della Comunità comporta «la promozione del coordinamento tra le politiche degli Stati membri in materia di occupazione al fine di accrescerne l'efficacia con lo sviluppo di una strategia coordinata per l'occupazione». Già da queste affermazioni di principio è, però, evidente il limite dell'azione comunitaria; secondo le disposizioni del titolo VIII, infatti, questa deve sostanzialmente limitarsi a promuovere il coordinamento delle politiche intraprese da singoli Stati membri, i quali restano comunque i soli titolari dell'avvio di politiche occupazionali; ciò, del resto, è esplicitamente affermato nell'articolo 127 TCE (sono ... rispettate le competenze degli Stati membri). Alla Comunità, pertanto, spetta unicamente il compito di promuovere la cooperazione e di intraprendere politiche di sostegno e di integrazione alle azioni degli Stati membri. L'attività di coordinamento passa attraverso le seguenti fasi: - un primo esame della situazione occupazionale è svolto dal Consiglio europeo, che adotta le relative conclusioni; Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 16 Politica Economica Lezione XII - su questa base il Consiglio dell'Unione elabora, annualmente, gli orientamenti generali sull'occupazione, di cui devono tener conto gli Stati membri nell'elaborazione delle rispettive politiche in materia. Tali indicazioni sono adottate con votazione a maggioranza qualificata, previa consultazione del Parlamento, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle Regioni e del Comitato per l'occupazione; - gli Stati membri presentano annualmente al Consiglio un rapporto, il Piano d'azione nazionale (PAN), nel quale illustrano le concrete iniziative intraprese per dare attuazione agli orientamenti decisi dal Consiglio. Tali Piani sono esaminati dalla Commissione che, oltre a ricavare proposte per migliorare la strategia europea in materia di occupazione, evidenziato alcune politiche nazionali che sono risultate particolarmente efficaci, suggerendole come esempi di "buona pratica", anche ad altri Stati; - il Consiglio dell'Unione, se lo considera opportuno, può rivolgere raccomandazioni, deliberando a maggioranza qualificata. Inoltre, il Consiglio dell'Unione può adottare misure volte a sviluppare gli scambi d'informazione e delle migliori prassi, a fornire analisi comparative e indicazioni, nonché a promuovere approcci innovativi e a valutare le esperienze realizzate, in particolare mediante il ricorso a progetti pilota; si tratta delle cosiddette azioni di sostegno e di integrazione previste dall'art. 129 TCE. La politica europea dell'occupazione si fonda su una serie di orientamenti, progressivamente affermatisi in seno ai Consigli che si sono succeduti nel corso degli anni e successivamente confluiti in un progetto organico di sviluppo economico e ai incentivo alla crescita occupazionale: la cosiddetta strategia di Lisbona, approvata r.el corso del Consiglio tenutosi nel marzo del 2000. Tale espressione indica il piano d'azione adottato nella capitale portoghese cl, _ si pone l'obiettivo di trasformare l'Unione europea, entro i12010, in «un'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale» (così si esprimeva la Presidenza nelle sue conclusioni). In vista di tale scopo, è stata definita una strategia globale che si basa su una serie di interventi strutturali nei settori dell'occupazione, dell'innovazione, delle riforme economiche e della coesione sociale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 16 Politica Economica Lezione XII In materia di politica occupazionale, la strategia di Lisbona, si prefiggeva, in particolare di: - realizzare un tasso di crescita economica pari al 3%; - raggiungere un tasso di occupazione del 70%; - acquisire un tasso di partecipazione della forza femminile al lavoro pari a160%. Invero, questi erano soltanto alcuni degli scopi previsti. Gli obiettivi strategici contenuti nel piano di sviluppo erano, infatti, circa 40 e spaziavano dal settore sociale a quello economico. Ciò che caratterizzava la strategia di Lisbona era il suo approccio globale, fondato sul presupposto che lo sviluppo economico potesse (e dovesse) avere delle ricadute positive sia in termini di miglioramento delle condizioni sociali e dell'occupabilità, sia in termini di maggiore concorrenzialità delle imprese europee sul mercato mondiale, il tutto all'insegna di un rigoroso rispetto del principio dello sviluppo sostenibile e, quindi, con una particolare \ attenzione alle problematiche ambientali. 1 Nei primi 5 anni di implementazione la strategia di Lisbona non ha prodotto i risultati sperati, sia per la generale fase di stagnazione economica internazionale, sia per ché gli obiettivi fissati erano probabilmente troppo ambiziosi. In considerazione del sostanziale ritardo nel raggiungere le finalità indicate, pertanto, nel corso del Consiglio europeo del 22 e 23 marzo 2005, si è deciso di rivedere e rilanciare il piano, concentrando l'attività su progetti concretamente più realizzabili. Nella sua nuova versione la strategia di Lisbona prevede uno specifico programma d'azione fondato su tre obiettivi principali che, a loro volta, si concretizzano in dieci campi di intervento: - obiettivo n. l: rendere l'Europa più capace di attrarre investimenti e lavoro. Per la sua realizzazione occorre: 1. ampliare e rafforzare il mercato interno; 2. migliorare la normativa comunitaria e nazionale; 3. garantire mercati aperti e competitivi all'interno e all'esterno dell'Unione europea; 4. ampliare e migliorare le infrastrutture europee; - obiettivo n. 2: porre la conoscenza e l'innovazione al servizio della crescita. Nello specifico ciò comporta: 5. aumentare e migliorare gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo; Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 16 Politica Economica Lezione XII 6. promuovere l'innovazione, l'adozione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione e l'uso sostenibile delle risorse; 7. contribuire alla creazione di una solida base industriale europea; - obiettivo n. 3: creare nuovi e migliori posti di lavoro. Per raggiungere tale scopo è necessario: 8. attrarre un maggior numero di persone nel mondo del lavoro e modernizzare i sistemi di protezione sociale; 9. accrescere la capacità di adeguamento dei lavoratori e delle imprese e la flessibilità dei mercati del lavoro; 10. aumentare gli investimenti in capitale umano migliorando l'istruzione e le qualifiche. Per una efficace e corretta attuazione della strategia di Lisbona è necessario un coinvolgimento dei diversi livelli di governo, dagli enti locali fino alle istituzioni comunitarie; in effetti, molte delle azioni da intraprendere, rientrano in settori nei quali la Comunità non dispone di nessun potere decisionale, ma può svolgere solo un'attività di impulso e orientamento. Per questo motivo la strategia di Lisbona prevede un complesso meccanismo di attuazione, accompagnato da un altrettanto particolareggiato piano di monitoraggio. I passaggi istituzionali possono essere così riassunti: - il Consiglio europeo adotta una relazione strategica e degli orientamenti integrati (vale a dire la sommatoria degli orientamenti in materia di politica economica e in tema di occupazione, già previsti dal trattato); - sulla base di tali atti, ogni Stato membro deve realizzare un Programma nazionale di riforma triennale per la crescita e l'occupazione, con la nomina di un eventuale "coordinatore nazionale Lisbona". Il programma nazionale è rafforzato dalla definizione di impegni e obiettivi e dal coinvolgimento di governo, regioni, partner sociali e società civile; - anche la Comunità si impegna ad adottare un Programma comunitario di Lisbona, che ingloba l'insieme delle azioni da intraprendere al servizio della crescita e dell'oc~ - cupazione, tenendo conto della necessità di attuare una necessaria convergenza del le diverse politiche; - ogni anno, infine, gli Stati membri sono tenuti a trasmettere alla Commissione una relazione sullo stato di attuazione della strategia di Lisbona. La Commissione provvede successivamente all'elaborazione di un documento unico nel quale traccia un bilancio sullo stato di attuazione della strategia. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 16 Politica Economica Lezione XII Questa disciplina sarà valida fino a12008, quando si provvederà ad un riesame dell'andamento della strategia e si provvederà, eventualmente, ad apportare i necessari correttivi. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 16