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“IL CONTENUTO DELLE NORME INTERNAZIONALI
(SEGUE). I LIMITI RELATIVI AI RAPPORTI
ECONOMICI E SOCIALI. LA PROTEZIONE
DELL’AMBIENTE”
PROF. GIUSEPPE CATALDI
Università Telematica Pegaso
Il contenuto delle norme internazionali (segue).
I limiti relativi ai rapporti economici e sociali…
Indice
1
COOPERAZIONE PER LO SVILUPPO---------------------------------------------------------------------------------- 3
1.1.
1.2.
ACCORDI SUI PRODOTTI DI BASE -------------------------------------------------------------------------------------------- 3
SISTEMA DELLE PREFERENZE ------------------------------------------------------------------------------------------------ 4
2
LEGISLAZIONE ANTITRUST E LEGISLAZIONE SUL COMMERCIO INTERNAZIONALE ----------- 5
3
CONVENZIONI SUL LAVORO E LA SICUREZZA SOCIALE ---------------------------------------------------- 6
4
PROTEZIONE DELL’AMBIENTE ---------------------------------------------------------------------------------------- 7
4.1.
4.2.
4.3.
LIBERTÀ DI SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE DEL TERRITORIO E SUOI LIMITI ---------------------------------------- 7
CONVENZIONE ONU SUI CORSI D’ACQUA INTERNAZIONALI ------------------------------------------------------------ 8
PRINCIPIO “CHI INQUINA PAGA” E PRINCIPIO “DI PRECAUZIONE”. LA “VALUTAZIONE DI IMPATTO
AMBIENTALE” ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
4.4.
COOPERAZIONE CONTRO INQUINAMENTO --------------------------------------------------------------------------------- 9
4.5.
COOPERAZIONE PER LA GESTIONE DELLE RISORSE E PER LA TUTELA DELLA DIVERSITÀ BIOLOGICA ------------ 9
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Cooperazione per lo sviluppo
Il diritto internazionale economico è forse quello, tra i settori rientranti in passato nel
dominio riservato degli Stati, in cui più che in ogni altro, la formazione di norme consuetudinarie è
da escludersi. Per quanto concerne in particolare i rapporti tra Paesi industrializzati e Paesi in
sviluppo, è bensì vero che una serie di principi sono stati enunciati a varie riprese dall’Assemblea
generale delle Nazioni Unite, dall’UNCTAD e da altri organi dell’ONU o di altre organizzazioni
internazionali a carattere universale, come i principi contenuti nella Dichiarazione sul nuovo ordine
economico internazionale, nella Carta dei diritti e doveri economici degli Stati e nella Dichiarazione
sulla rivitalizzazione della crescita economica dei Paesi in sviluppo, tutte dell’Assemblea generale,
nella Dichiarazione della Conferenza di rio del 1992 su ambiente e sviluppo, indetta dalle Nazioni
Unite che, oltre a riepilogare i principi contenuti nelle risoluzioni precedenti, sottolinea la necessità
che tutti i Paesi partecipino ai benefici della globalizzazione, nonché nella Dichiarazione sul nuovo
partenariato per lo sviluppo dell’Africa.
È altresì vero che la Dichiarazione sul diritto allo sviluppo, sempre dell’Assemblea generale
dell’ONU, considera tale diritto come una sorta di diritto umano, spettanti a tutti coloro che
compongono il popoli di un Paese arretrato. Ma è anche vero che tutto ciò –se si escludono le
norme relative ai rapporti economici tra Stato territoriale e stranieri e se si esclude il principio
generalissimo che vieta allo Stato di tenere comportamenti che possano mettere in crisi l’intera
economia di un Paese- non si è tradotto in norme consuetudinarie produttive di concreti e precisi
diritti ed obblighi degli Stati. Trattasi in definitiva dell’enunciazione di principi di carattere
programmatico, i quali descrivono come i rapporti economici tra i Paesi in sviluppo ed i Paesi
industrializzati debbano essere convenzionalmente regolati. Ed è per l’appunto sulla base di questi
principi che tutta una rete di convenzioni bilaterali e multilaterali, rete finalizzata alla cooperazione
allo sviluppo ma purtroppo non ancora adeguata al fine da raggiungere, è andata ponendo limiti alla
libertà degli Stati di regolare come credono i loro rapporti economici.
1.1. Accordi sui prodotti di base
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Sulla base di tali principi sono state adottate numerose convenzioni dirette a limitare la
libertà degli Stati di regolare in maniera autonoma i loro rapporti economici. Tra queste: gli accordi
sui prodotti di base che, per brevi periodi di tempo e mediante vari meccanismi (dai più semplici,
come la mera consultazione tra le parti, ai più sofisticati, come il controllo e il contingentamento
delle esportazioni, le formazioni di stock regolatori, ecc.) tendono a stabilizzare il prezzo del
prodotto e a renderlo remunerativo per i Paesi produttori, di solito Paesi in sviluppo, ed equo per i
Paesi consumatori.
1.2. Sistema delle preferenze
Altri esempi sono forniti dalle convenzioni internazionali ispirate al principio del
trattamento preferenziale dei Paesi in sviluppo (cd. sistema generalizzato delle preferenze che, su
autorizzazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio può anche essere adottato
unilateralmente dai Paesi industrializzati), ossia al principio che le concessioni sia tariffarie sia di
qualsiasi altra natura, fatte a tali Paesi non siano soggette a reciprocità nei confronti dello Stato
sviluppato concedente né si estendano ad altri Paesi industrializzati attraverso il gioco della clausola
della nazione più favorita (la clausola che comporta l’obbligo degli Stati contraenti l’accordo in cui
è contenuta di estendere a tutte le altre Parti l’eventuale trattamento più favorevole successivamente
concesso ad una di esse o a Stati terzi, costituisce invece la regola nei rapporti commerciali tra Paesi
di eguale sviluppo economico).
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2 Legislazione antitrust e legislazione sul
commercio internazionale
Oltre agli accordi di cooperazione per lo sviluppo, la libertà degli Stati in materia economica
è limitata da numerosissimi accordi (in gran parte negoziati in seno all’Organizzazione Mondiale
del Commercio oppure nell’ambito di una delle tante organizzazioni economiche regionali),
tendenti alla liberalizzazione del commercio internazionale, in particolare all’abbattimento degli
ostacoli alla libera circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali, all’integrazione delle
economie statali su scala regionale, ecc.
Vale la pena di ribadire che sempre nella materia economica, il potere di governo dello Stato
non incontra limiti di diritto consuetudinario, diversi da quelli relativi al trattamento degli interessi
economici degli stranieri. In effetti vari tentativi sono stati fatti in dottrina per individuare limiti di
carattere generale, svincolati dalle norme sul trattamento degli interessi stranieri. I più interessanti
tentativi del genere sono quelli che si riferiscono alla irrogazione di sanzioni in base alla
legislazione antitrust (ad esempio ammende contro le imprese che concludano accordi diretti a
falsare la concorrenza) o alla legislazione riguardante il commercio internazionale (ad esempio
misure di boicottaggio, ossia misure tendenti ad impedire l’esportazione verso, o l’importazione da
determinati Paesi9 oppure addirittura alle norme che regolano l’amministrazione delle società, e
così via.
Si è così affermato che lo Stato non debba comunque interferire negli interessi economici
essenziali di Stati stranieri, oppure che tali interessi debbono essere oggetto di una ‘ponderazione’
ed avere il sopravvento se meritevoli di maggior tutela rispetto agli interessi nazionali o infine che
ciascun Stato debba esercitare il proprio potere nella materia in esame entro limiti ‘ragionevoli’.
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3 Convenzioni sul lavoro e la sicurezza sociale
In materia economica e sociale, occorre ricordare che i diritti ad essa connessi sono tutelati
in quanto diritti dell’uomo nel Patto delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali. C’è
da aggiungere che varie convenzioni internazionali disciplinano nei dettagli le materie
comprendenti tali diritti, in particolare le materie del lavoro e della sicurezza sociale. Un nutrito
movimento convenzionale è quello che va promuovendo l’ILO in questo campo. Altri accordi
importanti sono stati adottati in sede regionale europea, tra cui la Carta sociale europea del
18.10.1961 promossa dal Consiglio d’Europa.
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4 Protezione dell’ambiente
4.1.
Libertà di sfruttamento delle risorse del territorio e suoi limiti
In tema di protezione dell’ambiente vengono in rilievo i limiti alla libertà di sfruttamento
(rectius di regolare sfruttamento) delle risorse naturali del territorio, onde ridurre i danni causati
dalle attività inquinanti o capaci di produrre irrimediabili distruzioni di risorse.
Ci si chiede se la libertà di sfruttamento del territorio incontri dei limiti di carattere
consuetudinario. È vero che, come da più parti si sostiene, lo Stato abbia l’obbligo di evitare che il
suo territorio venga utilizzato in modo tale da recare danno al territorio di altri Stati? Normalmente
il problema viene posto sotto il profilo della responsabilità dello Stato territoriale: ci si chiede se
una responsabilità (sotto forma di risarcimento) per danni oltre frontiera sussista, se essa vada
considerata come responsabilità da atto illecito oppure sorga anche qualora si ritenga che l’attività
nociva sia lecita, ed infine se la responsabilità stessa abbia carattere assoluto o presupponga la colpa
dello Stato territoriale.
I problema si è posto dapprima nel quadro dei rapporti di vicinato, soprattutto con riguardo
alle utilizzazioni dei fiumi internazionali modificanti l’afflusso delle acque al territorio di uno Stato
contiguo, e alle immissioni di fumi e sostanze tossiche dovute ad attività industriali poste in
prossimità dei confini. Esso si pone oggi con particolare acutezza in relazione all’inquinamento
atmosferico derivante da attività ultra pericolose e capaci di produrre danni anche a notevole
distanza, come l’attività delle centrali atomiche, gli esperimenti nucleari, le industrie chimiche, ecc.
In base alla Dichiarazione di Stoccolma del 1972 e alla Dichiarazione della Conferenza di
rio del 1992 (che però non hanno forza vincolante: “…gli Stati hanno il diritto sovrano di sfruttare
le loro risorse naturali conformemente alla loro politica sull’ambiente e hanno l’obbligo di
assicurarsi che le attività esercitate entro i limiti della loro sovranità o sotto il loro controllo non
causino danni all’ambiente in altri Stati…”.
Sebbene ci siano in dottrina opinioni discordanti, occorre concludere che non esistono
norme consuetudinarie che proibiscano usi nocivi del territorio. Forse un’eccezione può essere fatta
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per quanto riguarda il caso specifico delle acque (fiumi, laghi) comuni, di cui può considerarsi
vietato come vietato un qualsiasi utilizzo (deviazione, sottrazione, immissione di sostanze
inquinanti) capace di nuocere agli altri utilizzatori.
Può anche dirsi che il diritto consuetudinario preveda obblighi di cooperazione, quali
l’obbligo dello Stato sul cui territorio si verificano gravi fenomeni di inquinamento, di informare gli
altri Stati dell’imminente pericolo di incidenti (o degli incidenti in atto) e l’obbligo per tutti gli Stati
interessati di prendere di comune accordo misure preventive, o successive al verificarsi, del danno
all’ambiente.
A parte gli usi nocivi, ci si chiede poi se lo Stato non sia addirittura obbligato dal diritto
internazionale generale a gestire razionalmente le risorse del proprio territorio secondo i principi
dello “sviluppo sostenibile” (ossia contemperando le esigenze del proprio sviluppo economico con
quelle della tutela ambientale), della “responsabilità intergenerazionale” (ossia salvaguardando le
esigenze delle generazioni non solo presenti ma anche future) e “dell’approccio precauzionale”
(ossia evitando di invocare la mancanza di piene certezze scientifiche allo scopo di rinviare
l’adozione di misure dirette a prevenire gravi danni all’ambiente). La risposta, in assenza di sicuri
dati della prassi, non può che essere negativa e tutt’al più di una linea di tendenza che va
affermandosi in seno alla comunità internazionale.
4.2.
Convenzione ONU sui corsi d’acqua internazionali
La materia dell’inquinamento dei fiumi è stata oggetto di codificazione ad opera della
Commissione di Diritto Internazionale delle Nazioni Unite, sfociata nella Convenzione del 1997 sul
diritto all’utilizzazione dei corsi d’acqua internazionali diverse dalla navigazione. La convenzione
vuole essere un accordo quadro al quale dovrebbero ispirarsi accordi particolari tra Stati rivieraschi
(art. 3); sue norme principali sono l’art. 5, il quale prevede un’utilizzazione ‘equa e ragionevole’ del
corso d’acqua da parte degli Stati rivieraschi, e l’art. 7, secondo il quale uno Stato rivierasco deve
prendere le misure necessarie per evitare di causare ‘danni significativi’ agli altri Stati rivieraschi e,
nel caso in cui il danno si sia ciò nonostante verificato…, discutere la questione dell’indennizzo.
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4.3.
Principio “chi inquina paga” e principio “di precauzione”. La
“valutazione di impatto ambientale”
Precisamente alla responsabilità di diritto interno si ha riguardo quando si parla del principio
“chi inquina paga”, come di un principio di diritto internazionale previsto dalla Dichiarazione di
Rio del 1992 e inserito in diverse Convenzioni: a parte la questione se si tratti di un vero e proprio
principio di diritto consuetudinario (questione cui sembra doversi dare risposta negativa), esso
comunque si limiterebbe ad imporre allo Stato di appartenenza dell’agente che inquina, di
apprestare gli strumenti affinché la responsabilità dell’inquinatore possa esser fatta valere al suo
interno.
4.4.
Cooperazione contro inquinamento
Numerose sono le Convenzioni internazionali, a carattere universale o regionale, che si
occupano della lotta all’inquinamento. Per quanto riguarda gli usi nocivi del territorio, gli accordi
sia bilaterali che multilaterali, si sono andati moltiplicando negli ultimi anni, ma è raro che simili
accordi comminino dei divieti precisi, aventi ad oggetto determinate attività inquinanti (un esempio
di accordo del genere è fornito dalla Convenzione di Bonn del 1976, sulla protezione del Reno
dall’inquinamento, che prevede tra l’altro due liste di sostanze capaci di inquinare le acque del
fiume, imponendo di eliminare l’inquinamento derivante dalle sostanze delle prima lista e di ridurre
quello derivante dalle sostanze della seconda lista). In generale le convenzioni si limitano, invece, a
stabilire obblighi di cooperazione (particolarmente in funzione preventiva), di informazione e di
consultazione tra le Parti contraenti (ad esempio nel quadro dell’UNEP la Convenzione di
Stoccolma del 2001 sugli inquinanti organici preesistenti).
Sono, poi, da menzionare le convenzioni in tema di responsabilità da inquinamento, le quali
non si occupano della responsabilità internazionale ma, ispirandosi al sopracitato principio ‘chi
inquina paga’, si preoccupano di imporre agli Stati contraenti la predisposizione, al loro interno, di
un adeguato sistema di responsabilità civile o addirittura penale.
4.5.
Cooperazione per la gestione delle risorse e per la tutela
della diversità biologica
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Nella materia più generale della gestione razionale delle risorse numerose
sono le
Convenzioni che prevedono norme importantissime per la preservazione dell’ambiente. Si
ricordano in particolare il Protocollo di Kyoto del 197 sulle quote di riduzione delle emissioni di
sostanze inquinanti gravanti su ciascuno Stato contraente.
Interamente di carattere pattizio è anche la disciplina diretta a proteggere la diversità
biologica, ossi ala variabilità degli organismi viventi di qualsiasi origine, comprendente la diversità
all’interno della specie, tra le specie e degli ecosistemi (Convenzione di Nairobi del 1992).
Infine, una funzione importante svolta dalla massa degli accordi in tema di ambiente ha
anche carattere promozionale: non si tratta tanto e soltanto di imporre obblighi di non inquinare,
quanto di prevedere premi ed incentivi per gli Stati che adottano misure atte a preservare
l’ambiente.
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Bibliografia
 B. CONFORTI, Diritto internazionale, ES, Napoli, 2010.
 T. TREVES, Diritto internazionale - Problemi fondamentali, Milano, ult. edizione
 N. RONZITTI, Introduzione al diritto internazionale, II ed., Torino, 2007.
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