la politica economica
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INSEGNAMENTO DI POLITICA ECONOMICA LEZIONE II “LA POLITICA ECONOMICA” PROF. GAVINO NUZZO Politica Economica Lezione II Indice 1 Teoria normativa e positiva ---------------------------------------------------------------------------- 3 2 Gli obiettivi della politica economica ----------------------------------------------------------------- 5 3 Gli strumenti della politica economica --------------------------------------------------------------- 9 4 I modelli -------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 5 L’approccio normativo: l’introduzione del gruppo sociale ------------------------------------ 15 6 Qualche riflessione sulla classe politica e la burocrazia ---------------------------------------- 17 7 Conclusioni ---------------------------------------------------------------------------------------------- 21 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 21 Politica Economica Lezione II 1 Teoria normativa e positiva Una definizione universalmente accettata del concetto di politica economica non esiste, ma in genere si è soliti suddividere la scienza economica in due rami:un ramo positivo (l’economia politica) ed un ramo normativo (la politica economica appunto); mentre l’economia politica studia i fenomeni economici così come si presentano all’osservazione cercando di individuare delle regolarità o leggi economiche, vale a dire dei comportamenti che si presentano in talune circostanze; la politica economica studia gli strumenti più adatti ad influenzare i fenomeni economici di modo da raggiungere determinati obiettivi. I soggetti attivi della politica economica sono i soggetti pubblici (Stato, Regioni, Enti locali). E’ ad essi che spetta il compito di pianificare l’economia nel suo complesso, di fissare gli obiettivi prioritari e di effettuare trade-offs (scelte)fra obiettivi conflittuali. In un’economia di mercato, però le decisioni di governo avranno soltanto una funzione di indirizzo poiché dovranno sempre confrontarsi con il comportamento dei soggetti privati e con le loro aspettative. Rientrano inoltre, fra i soggetti attivi della politica economica, ma con compiti meno incisivi, gli organismi internazionali, che esercitano delle funzioni sovranazionali di indirizzo sia politico che economico: ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), FMI ( Fondo Monetario Internazionale), Banca Mondiale e, per quanto attiene più direttamente agli interessi europei ,la CE (Comunità Europea). L’attività pubblica che diventa politica economica si qualifica come programmazione; infatti, ogni intervento deve collimare e coordinarsi con tutti gli altri per creare un’azione coordinata e coerente. In economia le cose sono strettamente connesse e le ripercussioni di ogni aspetto critico su tutti gli altri sono immancabili, pertanto programmare significa anche tenere bene in chiaro la relazione tra le grandezze economiche (reddito, disoccupazione, inflazione, tasso di interesse, quantità monetaria, ecc.). La programmazione si compone di tre elementi fondamentali: 1. Gli obiettivi 2. Gli strumenti Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 21 Politica Economica 3. Lezione II Il modello economico che racchiude la rappresentazione ideale del funzionamento della realtà e che guida la programmazione rilevando i collegamenti tra gli obiettivi e gli strumenti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 21 Politica Economica Lezione II 2 Gli obiettivi della politica economica Innanzi tutto occorre concentrarsi sulla relazione tra obiettivi, strumenti e modelli economici. Gli obiettivi ai quali gli interventi di politica economica devono mirare sono molteplici e tutti ugualmente inerenti al progresso civile, economico e sociale della nazione. Prima di parlare della programmazione o della massimizzazione del prodotto nazionale presentiamo un semplice esempio: immaginiamo che i policy maker siano impegnati nella soluzione di un unico specifico problema che potrebbe essere ridurre il tasso di disoccupazione. Assumiamo questo come obiettivo. Sia N il numero dei lavoratori presenti nell’economia, esso è fissato ad un livello giudicato insoddisfacente, si stabilisce di portare N al livello N*., l’obiettivo sarà pertanto N = N*. A questo punto occorre fare riferimento ad un modello economico, ci serviremo di quello keynesiano, da esso si evincono le seguenti relazioni: Y = πN Y=C+A A=G+I C = cY Il valore π indica la produttività media del lavoro, C rappresenta il consumo, A quantifica la componente autonoma di spesa, composta da G (spesa pubblica) e I (Investimenti) c è la propensione marginale al consumo. Con opportune sostituzioni della seconda , della terza e della quarta nella prima si ottiene la seguente espressione N: N = 1/p . 1/(1-c) (G + Ī) A questo punto lo Stato può decidere quale strumento utilizzare per ottenere N*, saranno valutati i margini di manovra sui diversi elementi dell’ultima equazione. La produttività media del capitale, in quanto attinente al livello attuale delle conoscenze tecnologiche, è fuori dalla portata dell’intervento pubblico, il valore c della propensione marginale al consumo può essere indirettamente modificato attraverso manovre di politica fiscale, aventi per effetto l’espansione del consumo; la quantità G è Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 21 Politica Economica Lezione II direttamente determinata dallo Stato, mentre I, gli investimenti privati, pur dipendono da decisioni autonome degli imprenditori, possono essere incoraggiati da manovre di politica monetaria tendenti ad abbassare il livello del tasso di interesse. Lo Stato può scegliere una o più di queste <<leve>> per azionare la crescita dell’occupazione, se decide di agire esclusivamente su G, di diretta competenza, e considera dati i valori delle rimanenti variabili,è in grado di determinare l’unico livello di spesa pubblica compatibile con l’occupazione N*, tale livello sarà: G = [π (1 – c ) N*] – Ī Gli obiettivi ai quali gli interventi di politica economica devono mirare sono molteplici e tutti ugualmente inerenti al progresso civile, economico e sociale della nazione. Primo fra questi per importanza è quello inerente la massimizzazione del prodotto nazionale, la sua razionale ripartizione fra i diversi impieghi e il suo massimo tasso di crescita. Le forze di mercato abbandonate a se stesse, non sono infatti sufficienti ad accrescere il prodotto nazionale, si nel breve periodo che nel lungo periodo. Per tali ragioni le autorità statali devono intervenire attraverso investimenti, potenziamento delle strutture tecniche ed incentivi per favorire un incremento del prodotto nazionale. Secondo obiettivo, che gli interventi di politica economica possono mirare a raggiungere, è la piena occupazione delle forze lavoro. Questo obiettivo, particolarmente sentito ai nostri giorni, è anch’esso molto importante in quanto la disoccupazione è causa di malessere acuto nella società, oltre ad essere ostacolo allo sviluppo della capacità produttiva del paese ed al pieno utilizzo delle risorse. Un altro obiettivo della politica economica concerne la stabilità dei prezzi , necessaria a contrastare gli effetti deleteri del processo inflazionistico. Infatti, fenomeni inflattivi possono creare disparità nella distribuzione del reddito fra percettori di salari e percettori di reddito variabile, nonché distorcere l’allocazione delle risorse. Un altro fondamentale obiettivo della politica economica è rappresentato dalla equa distribuzione, personale e territoriale, del reddito. Attraverso la redistribuzione del reddito si arriva ad attivare anche la produzione di settori meno favoriti, cosa che può fungere da stimolo all’offerta nel lungo periodo. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 21 Politica Economica Lezione II Altro obiettivo della politica economica è il pareggio della bilancia dei pagamenti, ovvero l’eliminazione degli scompensi che inducono un paese ad indebitarsi o ad accumulare crediti verso l’estero. L’affermarsi di una più diffusa attenzione alla cosiddetta qualità della vita, ha portato prepotentemente alla ribalta un ulteriore obiettivo della politica economica: la tutela dell’ambiente, che richiede, però rispetto agli obiettivi classici un maggiore coordinamento degli interventi ed una maggiore attenzione agli impatti qualitativi di ogni scelta pubblica. Il raggiungimento di un obiettivo risulta condizionato dal raggiungimento dell’altro. Può capitare che due obiettivi siano in rapporto antitetico, ad esempio, immaginiamo il caso di una società divisa in due classi sociali, caratterizzate da esigenze opposte, ad esempio, agricoltori e lavoratori dell’industria. Lo stato non possiede abbastanza risorse per migliorare le condizioni di entrambe le categorie, esisterà una frontiera di possibilità, o curva di trasformazione tra i redditi dei due gruppi. La realizzazione di due obiettivi di politica economica Se lo Stato assume un obiettivo fisso, potrà collocarsi su un preciso punto della frontiera. Ovviamente se decide di migliorare il reddito di una delle due classi, potrà farlo unicamente riducendo quella dell’altra, ovvero spostando verso l’alto la frontiera, la seconda ipotesi tuttavia richiede tempi più lunghi. Il metodo delle priorità viene utilizzato quando lo Stato non conosce esattamente la curva di trasformazione, inoltre valuta prioritario il raggiungimento di un determinato obiettivo rispetto all’altro. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 21 Politica Economica Lezione II A questo punto, si stabilisce di realizzare l’obiettivo prioritario e di massimizzare il secondo obiettivo. L a figura mostra due diverse curve di trasformazione che testimoniano la non completa informazione sull’effettivo meccanismo di trade off tra i due obiettivi. Lo Stato giudicando prioritario il mantenimento del reddito Y’a, tenterà di massimizzare il reddito Yi che potrà raggiungere un livello imprecisato e dipendente dalla curva di trasformazione ignota. Un terzo sistema di determinazione degli obiettivi è molto simile al metodo di scelta del consumatore. Se lo stato dispone di un’informazione certa circa la curva di trasformazione, potrà stabilire la mappa delle curve di indifferenza del benessere sociale e rilevare la combinazione ottima dei due obiettivi La fissazione degli obiettivi nel caso di informazione certa Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 21 Politica Economica Lezione II 3 Gli strumenti della politica economica Una variabile economica diventa strumento di politica economica se è dotata di tre caratteristiche: • La controllabilità; • L’efficacia; • L’indipendenza. Per controllabilità si intende che la variabile sia manovrabile dall’azione pubblica, abbiamo visto che mentre alcune variabili come il livello di spesa pubblica o la propensione marginale al consumo sono in modo completo o parziale, indirizzabili dallo Stato, variabili come la produttività del lavoro restano, in larga misura, al di fuori della portata dell’intervento pubblico. L’efficacia è la possibilità della variabile strumento di agire sulla variabile obiettivo. L’indipendenza indica la distinzione di una determinata variabile dalle altre. La realtà non offre molti esempi di variabili strumento che godono delle tre proprietà, inoltre, una stessa variabile può diventare talvolta obiettivo. E’ il caso della spesa pubblica (G) che spesso si cerca di contenere, indipendentemente dagli altri obiettivi. Anche il requisito della controllabilità non sempre è del tutto svincolato da elementi anche spuri rispetto all’economia. Su alcune grandezze non è consentita un’azione libera da parte del governo a causa di limitazioni stabilite dalla costituzione o dagli accordi internazionali. E’ il recente caso dell’Unione Europea che ha fortemente limitato l’autonomia monetaria dei paesi aderenti. L’intervento dello Stato nell’economia avviene attraverso politiche di tre tipi: a. Politiche quantitative che modificano unicamente il valore di uno strumento ; b. Politiche qualitative che introducono un nuovo strumento, ovvero eliminino l’azione di uno già operante senza importanti ripercussioni sul sistema economico generale (es. introduzione di una nuova imposta); Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 21 Politica Economica Lezione II c. Politiche di riforma che introducono o eliminano uno strumento con sostanziali ripercussioni sul sistema economico ( es. privatizzazioni di grandi impresa, legislazione sulla proprietà privata, sull’inquinamento ecc). Alcune misure di intervento pubblico mirano direttamente a modificare un comportamento dei cittadini, in altri casi, lo Stato, influenza indirettamente tale comportamento. Ad esempio, rispetto al consumo di prodotti esteri, lo Stato potrebbe alternativamente, impedire le importazioni (controllo diretto) oppure stabilire forti dazi (controlli indiretti). Le politiche di intervento possono essere automatiche o discrezionali. Le prime consistono in meccanismi anticongiunturali preesistenti alle condizioni avverse, che entrano in gioco non appena tali condizioni si verificano, le politiche discrezionali, sono invece stabilite ad hoc, e a posteriori. Gli interventi automatici sono ritenuti superiori per la tempestività con cui agiscono, tra essi i principali sono gli stabilizzatori economici si dividono, essenzialmente in : 1) Trasferimenti Quando l’economia si trova in una fase di ristagno, un più duro contraccolpo sui redditi degli individui e quindi sui consumi, può essere evitato grazie al meccanismo dei trasferimenti. Se la normativa prevede sussidi alla disoccupazione, contributi sociali per fasce di reddito basse, esenzioni e vantaggi fiscali per gli individui meno abbienti, tutte queste misure, comprese nella spesa pubblica per trasferimenti, aumentano nei periodi in cui i redditi degli individui si abbassano. Questa quota aggiuntiva di trasferimenti sostiene i redditi e riduce l’effetto abbattimenti dei consumi. 2) Imposte sul reddito Questo secondo stabilizzatore automatico agisce in più direzioni. Nel caso esaminato al punto 1), la riduzione delle imposte quando i redditi diminuiscono, espande il reddito disponibile e questo a sua volta sostiene i consumi. Supponiamo invece che vi sia un incremento del reddito per motivi congiunturali in presenza di piena Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 21 Politica Economica Lezione II occupazione. La condizione di piena occupazione di per sé esclude la possibilità di un aumento della produzione, in quanto in piena occupazione, tutti i fattori produttivi sono già impiegati. L’aumento del reddito e, conseguentemente, dei consumi palesa il rischio di inflazione da domanda. Le imposte sul reddito domano almeno in parte l’esubero di domanda, andando a tagliare il reddito disponibile. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 21 Politica Economica Lezione II 4 I modelli L’equilibrio generale dei mercati e il funzionamento complessivo del sistema economico dipendono da un numero indefinito di variabili e di interrelazioni di ogni tipo (economico, sociali, culturali, istituzionali). Per tale motivo gli economisti hanno messo a punto modelli teorici di funzionamento del sistema economico che rappresentano semplificazioni della realtà. I modelli funzionano sotto diverse ipotesi e condizioni e sono di diversa complessità. La costruzione di un modello richiede la definizione di alcune ipotesi e caratteristiche descrittive, in genere ci si serve poi di un ragionamento automatico per verificare l’intima congruenza del sistema: ossia si verifica analiticamente se tutte le implicazioni sono dimostrabili. I limiti di questi modelli sono proprio le condizioni di funzionamento individuate che, se troppo semplicistiche, o troppo parziali, possono discostarsi enormemente dalla realtà. Quest’ultima rappresenta una sfida continua per il macroeconomista che tenta di imbrigliarla in formulazioni matematiche, ma soprattutto le continue trasformazioni dei mercati nel mondo reale determinano, più di ogni altro fattore, l’evoluzione della teoria economica. Il modello keynesiano funzionò fino agli anni settanta, quando la crescita simultanea di inflazione e disoccupazione costrinse gli economisti ad una sua revisione. Occorreva creare una nuova teoria in grado di spiegare il fenomeno della stagflazione (inflazione e stagnazione insieme) fino ad allora mai analizzato. Nella costruzione di nuovi modelli si usano i risultati di quelli precedenti e si tiene conto delle critiche ad essi rivolte. La difficoltà nella costruzione di un modello risiede soprattutto nella impossibilità di effettuare esperimenti guidati, ossia quelle verifiche che gli altri scienziati effettuano quando vogliono ripetere un processo per essere certi che il risultato sia sempre identico, lasciando invariate tutte le condizioni. Ovviamente ciò è impossibile per un economista. Nessun meccanismo economico può ripetersi a condizioni invariate nella realtà, nessun risultato può essere verificato in laboratorio o sul campo, ne si può essere certi, Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 21 Politica Economica Lezione II in presenza di fenomeni economici analoghi verificatisi in diversi paesi o in epoche diverse nella medesima area, che essi siano da attribuirsi a cause identiche, in quanto fattori istituzionali (il quadro normativo, la composizione dello Stato, il tipo di governo, ecc.), fattori sociali (il numero di abitanti, l’età media della popolazione, le caratteristiche culturali, ecc.) e fattori fisici (la composizione delle risorse, la morfologia del Paese, le infrastrutture) possono aver interagito e determinato condizioni irripetibili e specifiche del momento e del luogo. E’ per questo molto spesso i macroeconomisti non sono d’accordo tra di loro. Poiché la realtà è sempre molto più complessa di quanto si immagini e ogni singolo accadimento è collegato ad un quadro di insieme di dimensioni amplissime, essi possono attribuire a questo o a quel fattore una prevalenza determinante nel verificarsi di un certo fenomeno. Queste divergenze contribuiscono a creare le varie scuole di pensiero che si separano in quanto seguono diverse interpretazione del reale. A ciò va aggiunto che, nonostante le attuali potenzialità dell’econometria e delle scienze della raccolta e dell’elaborazione dei dati, in grado di mettere a disposizione dei ricercatori enormi quantità di informazioni di alta attendibilità, i medesimi dati assumono significatività molto diversa a seconda dei paradigmi dominanti nella scuola di appartenenza dell’economista che li esamina. Collocare il proprio lavoro, per un economista, all’interno di una certa corrente di pensiero ne influenza pesantemente il risultato, ed analisi aventi oggetti identici possono essere condotte in maniera molto diversa a seconda degli strumenti di analisi e degli approcci adoperati. Ecco perché Keynes, ironizzando, considerò il valore del PIL come l’unico punto di accordo tra i macroeconomisti. Tanto premesso, ci soffermiamo adesso a rilevare gli aspetti comuni dei modelli economici. In primo luogo essi possono essere definiti modelli di decisione perché il loro scopo è quello di orientare l’azione pubblica: Ogni modello si definisce attraverso delle equazioni che esplicitano le relazioni esistenti tra le variabili. Le equazioni possono distinguersi in: ¾ Di definizione: definiscono le caratteristiche del sistema (es. nel modello keynesiano, che utilizzeremo anche negli altri esempi, AD = C + I + G, ossia la Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 21 Politica Economica Lezione II domanda aggregata corrisponde alla somma del consumo privato, degli investimenti e della spesa pubblica); ¾ Di comportamento: definiscono il comportamento degli operatori (es. C = cY, il consumo è funzione del reddito secondo un parametro c che misura la propensione marginale al consumo); ¾ Tecniche: stabiliscono relazioni tra grandezze fisiche (es. tutte quelle che definiscono la produttività) ¾ Di equilibrio: stabiliscono le condizioni di equilibrio (es. Y = C + I + G, che rappresenta l’equilibrio tra domanda e offerta aggregate); ¾ Istituzionali: rendono merito di norme istituzionali. Una distinzione ritenuta fondamentale è quella tra variabili: o Esogene che influenzano altre variabili del modello economico e sono indipendenti da qualsiasi variabile del modello; o Endogene che sono determinate da variabili del modello e possono influenzare altre grandezze. Affidarsi alle variabili di questi modelli significa ritenere costante il comportamento degli operatori privati a fronte di variazioni della politica economica. Ciò appare del tutto discutibile, e da questo deriva il ricorso sempre maggiore alle applicazioni della teoria dei giochi che prevede un comportamento strategico di risposta e contro risposta tra operatori economici privati e pubblici. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 21 Politica Economica Lezione II 5 L’approccio normativo: l’introduzione del gruppo sociale Finora abbiamo rappresentato il sistema economico come un meccanismo regolato da leggi giuridiche e fisiche ( rapporti di produzione) entro cui si realizzano le interrelazioni tra soggetti indifferenziati ed anonimi, caratterizzati da diverse preferenze di consumo. La descrizione di questo modello ne mette immediatamente in luce i limiti, tuttavia, come abbiamo riscontrato, la politica economica si basa sui modelli. E’ però arrivato il momento di aggiungere altre connotazioni agli operatori economici, si abbandona così l’idea di una collettività indistinta, al più caratterizzata da tipologie differenti di reddito (lavoratori, capitalisti, imprenditori), e di una classe politica anonima che persegue unicamente l’interesse collettivo. Questa necessaria complicazione riporta la teoria economica ad un’impostazione classica risalente a Malthus, Marx, Ricardo e altri grandi, tutti studiosi accomunati dal fatto di essere non esclusivamente economisti, e infatti le categorie di pensiero e di analisi del ragionamento normativo esorbitano la sfera economica, che purtroppo molti ritengono limitarsi alla impostazione neoclassica, per attingere da altre discipline ( a ben guardare un tempo opportunamente indistinte): la sociologia, le scienze politiche, l’antropologia. In quest’ottica, la collettività si anima di gruppi sociali tendenti a realizzare obiettivi complessi, non riguardanti esclusivamente il reddito, ma attinenti al potere e alla influenza politica, questi gruppi si manifestano sulla scena attraverso relazioni di forza cercando di orientare l’azione dei governi. Inizia a delinearsi l’attività dei partiti, dei sindacati, delle lobbies, dei gruppi di opinione. Gli stessi governi perdono la ingenua connotazione anonima e iniziano ad operare sulla scia di dialettiche interne ed esterne, più precisamente vi saranno dinamiche: Interne giocate tra i diversi membri e tra i diversi centri di potere; Esterne, nella realizzazione dei progetti, nelle opposizioni dei gruppi sociali avversi, nella relazione con i gruppi sociali di sostegno elettorale, nel rapporto con la burocrazia. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 21 Politica Economica Lezione II Le interazioni tra questi nuovi agenti sono molteplici e variegate, concretizzandosi in azioni che vanno dalle campagne elettorali al commercio del voto, dalle relazioni personali alle campagne di opinione, dalla corruzione alla concussione, dalle promesse agli scambi di favori, dalla propaganda elettorale alla attribuzione di posti di lavori ai seguaci fedeli, ecc. La difficoltà non risiede tanto nel rappresentare tutte queste situazioni che potrebbero essere prese direttamente dalla cronaca, bensì nel dover ricucire le nuove dinamiche in una teoria macroeconomica e/o microeconomica che si avvalga dei contributi di discipline contigue e geneticamente affini. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 21 Politica Economica Lezione II 6 Qualche riflessione sulla classe politica e la burocrazia Fin qui abbiamo visto come l’azione del mercato, entro cui ogni singolo operatore persegue il suo personale tornaconto, non conduce, se non nella speranzosa teoria smithiana, a situazioni di benessere collettivo. L’intervento pubblico viene interpretato come deus ex machina chiamato a risolvere i fallimenti di mercato. E’ il momento di chiarire alcuni concetti: a) I policy maker non sono creature iper-razionali, animate unicamente dal desiderio di realizzare il benessere collettivo; b) Nella realizzazione dei loro programmi si trovano ad affrontare resistenze caparbie, sia da parte degli operatori privati, sia da parte della burocrazia, anzi alcune delle più interessanti teorie dell’azione politica si concentrano proprio sulla dialettica: classe politica/burocrazia. Per quanto riguarda il primo punto, la più immediata intuizione sulle reali aspirazioni della classe politica, riguarda il suo desiderio di conservare il potere, il che nei paesi democratici significa essere rieletti. La teoria del ciclo politico elettorale ipotizza oltre al desiderio di rielezione della classe politica, la asimmetria delle informazioni tra governanti e governati e la memoria corta degli elettori. Quando il governo sa di essere vicino all’appuntamento elettorale, dà l’avvio a politiche espansionistiche, quali ad esempio: facilitazioni del credito, agevolazioni fiscali, aumenti della quantità di moneta offerta, assunzioni nel pubblico impiego. Il risultato combinato di tutti questi interventi è il rilancio dell’economia attraverso maggiori consumi ed investimenti. Si registra una certa crescita economica, la disoccupazione si riduce, il reddito disponibile aumenta. Il popolo è soddisfatto della propria classe politica e ben persuaso a riconfermarla. All’indomani dell’elezione, o perlomeno entro tempi brevi, le cosa cambiano radicalmente. La tanto decantata crescita economica, non supportata da interventi radicali nell’apparato produttivo che avrebbero richiesto programmi ben più complessi e a lungo termine, si rivela effimera e foriera di inflazione. Quando i prezzi salgono troppo, e Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 21 Politica Economica Lezione II magari sale anche il debito pubblico, e intanto gli investimenti crollano al governo sarà molto semplice richiedere un piccolo sacrificio agli elettori, imponendo nuove tasse per fronteggiare la crisi. Ormai il quadriennio è assicurato. Occorrerà del tempo prima di rimettere in moto le manovre espansive pro elezioni e intanto gli elettori avranno dimenticato quanto la nuova campagna elettorale somigli a quella vecchia. La teoria che postula un andamento del trend economico fortemente connesso agli appuntamenti elettorali, oltre che sconfessata parzialmente dai fatti, è messa in crisi dal dubbio sulla effettiva possibilità dei politici di realizzare euforia economica, seppur di breve durata, in un mercato globale dove gli andamenti dell’economia dipendono in misura sempre maggiore da ciò che viene deciso all’estero. Inoltre si può immaginare che al miopia degli elettori sia più o meno grave da paese a paese, e anche, se il governo già gode del consenso sociale, non ha bisogno di mettere a punto strategie elettorali come quelle previste dalla teoria. Più aderente a quello che accade nella realtà sembra essere la teoria partigiana del ciclo politico economico secondo la quale, ogni eletto si mantiene fedele alla volontà dei suoi elettori e cerca di realizzare politiche favorevoli al gruppo sociale che lo ha sostenuto. Con riferimento agli Stati Uniti, Paese in cui le posizioni bipolaristi che sono ben chiare, è molto probabile che la vittoria dei repubblicani significhi lotta all’inflazione anche a danno dell’occupazione, mentre un passaggio di staffetta ai democratici significherebbe favorire le politiche di rilancio occupazionali con maggiore tolleranza verso l’aumento dei prezzi. Se l’alternanza di potere tra i partiti è stabile e se l’opposizione del partito di minoranza è leale e lungimirante il ciclo politico economico può risultare vantaggioso per tutti i gruppi sociali e superare molte inefficienze che invece sarebbero generate da sterili posizioni di ostruzionismo esercitate dal gruppo in momentanea minoranza. Un altro aspetto da esaminare è la relazione tra classe politica e burocrazia, il primo viene eletto, mentre il secondo si trova a svolgere una funzione pubblica che è spesso nella sostanza, un lavoro statale dipendente. La stabilità del secondo gruppo è una delle caratteristiche più immediate e spesso attaccate. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 21 Politica Economica Lezione II Quando i politici mettono a punto i programmi, per la loro effettiva realizzazione devono appoggiarsi all’apparato amministrativo dello Stato, anche questo è formato da uomini reali, con diverse capacità, con aspirazioni, ambizioni, strategie. Molte teorie, concentrandosi sull’azione del burocrate, hanno messo in evidenza, il suo desiderio di accrescere il prestigio e il potere personale, differenze tra le diverse teorie si riscontrano piuttosto sula maniera in cui il potere e il prestigio possono essere accresciuti. Ad esempio si discute se una struttura molto accentrata che si occupa di attività differenziate possa garantire maggior prestigio di una struttura decentrata e specialistica in cui ogni ufficio disponga di una sua competenza e sfera di azioni specifiche. La specializzazione dell’attività, da svolgere con l’uso di alti profili professionali, oppure un gran numero di impiegati rendono più importante un ufficio e influente il suo direttore ? Probabilmente anche a questa domanda non è possibile fornire una risposta univoca valida in ogni circostanza. Certamente il burocrate gode di un indubbio vantaggio derivato dalla informazione asimmetrica sia nei confronti della classe politica che dei cittadini. La classe politica ignora i costi dell’amministrazione, spesso non è in grado di valutarne i risultati, gli stessi sono sfuggenti a valutazioni economiche. Riportiamo un noto esempio che fa cogliere immediatamente la difficoltà di queste valutazioni: diremo che l’azione di un corpo di polizia è meglio condotta in un paese dove si verificano più arresti o meno denuncie? In altri termini un alto numero di arresti corrisponde ad una maggiore efficienza della polizia o ad una maggiore incidenza dell’attività criminosa? Poche denunce testimoniano poca presenza di criminali o assoluta sfiducia nello Stato? Risultati come maggiore alfabetizzazione, allungamento della vita media, riduzione dei crimini sono difficilmente valutabili, eppure è opinione comune che la burocrazia pubblica sia inefficace. Alcuni autori hanno cercato di generalizzare il problema della burocrazia, affermando che anche nella grande azienda, esistendo il problema della delega e la asimmetria informativa tra i numerosi azionisti e gli amministratori, si ripropongono alcune delle strategie tipiche del comportamento della burocrazia pubblica, tuttavia, gli Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 21 Politica Economica Lezione II stessi autori ritengono che il confronto col mercato mitighi parzialmente la possibile inefficienza della amministrazione privata. Dopo aver constatato la problematica si sono avanzati dei suggerimenti: a. Creare diversi uffici che offrono lo stesso servizio al fine di modificare la relazione di monopolio bilaterale classe politica/burocrazia e realizzare un monopsonio; b. Stabilire con precisione le procedure a cui la pubblica amministrazione deve attenersi per limitare la discrezionalità del burocrate che si può tradurre facilmente in corruzione ed arbitrio. Questa soluzione tende a creare forti rigidità nel sistema e a cristallizzare i comportamenti e le soluzioni possibili rendendo la pubblica amministrazione incapace di affrontare situazioni nuove; c. Fissare forti incentivi per i burocrati al fine di migliorarne la loro produttività anche a costo di remunerarli in maniera esorbitante rispetto allo sforzo profuso. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 20 di 21 Politica Economica Lezione II 7 Conclusioni Dopo aver sottolineato la necessità dell’interventi pubblico e aver messo in luce diversi aspetti normativi che la teoria economica stenta a riassorbire in un continuum di pensiero, vale la pena citare taluni autori riuniti nel filone noto come teoria dell’offerta. La teoria è estremamente liberista e contraria alla presenza dello Stato nell’economia. Quest’ultimo dovrebbe invece ripiegare nelle retrovie delle sue funzioni istituzionali (giustizia, difesa, ordine pubblico) e ridurre drasticamente la spesa pubblica e le imposte. Tali misure dovrebbero garantire le imprese in varie maniere: con l’aumento del reddito disponibile, le famiglie si ritroverebbero nella possibilità effettuare maggiori consumi e maggiori risparmi, quest’ultimi sarebbero prestati per gli investimenti del settore privato, essendosi quello pubblico allontanato dall’economia, ciò annullerebbe l’effetto dello spiazzamento (preferenza delle famiglia ad investire in titoli di Stato, meno remunerativi ma più sicuri). Le imprese, quindi, avrebbero maggiori profitti da investire (perché le tasse sono diminuite), maggiori richieste di consumo e maggiore offerta di capitali. Tutto questo dovrebbe fornire grande impulso alla crescita economica, in termini fisici e occupazionali. L’iniziale riduzione del gettito fiscale, dovrebbe, alla fine del processo, essere più che compensata dall’aumento della produzione, del reddito e della ricchezza del Paese e, quindi della base imponibile. La politica di Reagan, costruita sulla scia di questa teoria, si mostrò fallimentare: il debito pubblico aumentò per il minore gettito fiscale mentre gli aumenti dell’occupazione e del risparmio furono tali da compensare questa perdita di colpi dell’economia. Probabilmente il processo richiedeva tempi più lunghi di quelli consentiti dagli intervelli elettorali, mentre la riduzione della spesa pubblica non favorì la crescita della popolarità e del consenso sociale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 21 di 21