un viaggio esplorativo tra realtà e conoscenza

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un viaggio esplorativo tra realtà e conoscenza
UN VIAGGIO ESPLORATIVO
TRA REALTÀ E CONOSCENZA
PROF. RICCARDO FRAGNITO
Un viaggio esplorativo tra realtà e conoscenza
Prof. Riccardo Fragnito
INDICE
1 LA SOCIETÀ DELLA CONOSCENZA ........................................................................................ 3 2 COMUNICAZIONE E INTERCULTURA .................................................................................. 11 BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................................... 16 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è
severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul
diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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LA SOCIETÀ DELLA CONOSCENZA
La rivoluzione scientifico-tecnologica, con la diffusione di massa di strumenti
microelettronici, ha indotto radicali mutamenti socio-culturali determinando, in
particolare, quella trasformazione che Alvin Toffler ha definito “la terza ondata”1
dell’evoluzione umana, dopo quella agricola e moderno-industriale.
Dalla terza ondata, microelettrica, televisiva, informatica, mass-mediologica, selfmediologica e multimediale si sviluppa la cultura della comunicazione2 totale e
dell’informazione elettronico-simultanea, fino a configurare, secondo McLuhan, una
Galassia elettronica che subentra alla Galassia Gutenberg3 e alla primitiva Galassia
alfabetica.
«Le società – secondo il massmediologo americano – sono sempre state plasmate
più dalla cultura dei media attraverso i quali gli uomini comunicano che non dal
1
Cfr. Toffler A., La terza ondata, Sperling&Kupfer, Milano 1990.
2
Alla luce dell’evoluzione degli strumenti di comunicazione si possono distinguere almeno quattro tipi di
culture: la cultura orale, la cultura manoscritta, la cultura tipografica, la cultura dei media elettrici ed
elettronici.
3
Gutenberg, con la sua intuizione sulla possibilità di pubblicare un numero illimitato di copie di una
stessa opera con l’utilizzo dell’alfabeto mobile, rivoluzionò il sistema di produzione del libro
scomponendo la forma grafica della scrittura manuale in una sequenza di blocchi metallici: da ogni
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contenuto della comunicazione. […] L’alfabeto e la stampa favoriscono e incoraggiano
un processo di frammentazione, un processo di specializzazione e di distacco. La
tecnologia elettrica favorisce ed incoraggia l’unificazione e l’interessamento. È
impossibile capire i mutamenti sociali e culturali senza una conoscenza del
funzionamento dei media»4.
In campo educativo la questione legata alla comunicazione-informazione incontra
un tale rilievo da indurre a riflettere sul problema dell’ecologia dei media e della
scomparsa dell’infanzia. Neil Postman5, infatti, delinea una classificazione del
succedersi delle rivoluzioni tecnologiche che diventano rivoluzioni delle tecnologie
educative dell’insegnamento e dell’apprendimento. In Technopoly enfatizza, inoltre,
come ogni «nuova tecnologia non aggiunge e non sottrae nulla: cambia tutto»6.
Lo studioso esamina le tre grandi rivoluzioni: la prima rivoluzione comunicativa
risalente al passaggio dall’alfabeto fonetico al linguaggio scritto, nel quale nasce la
scuola come luogo di trasmissione culturale; si passa all’invenzione della stampa alla
quale si connette la comparsa dell’infanzia come categoria culturale della modernità;
infine c’è una terza rivoluzione tecnologico-comunicativa, collocabile direttamente nel
XX secolo, che concerne la radio prima e la televisione dopo.
combinazione di questi diventa possibile realizzare migliaia di pagine tutte uguali. Nasce il prodotto
seriale.
4
McLuhan M., Il medium è il massaggio, Feltrinelli, Milano 1968, p. 78.
5
Cfr. Postman N., Ecologia dei media, Armando, Roma 1982; Postman N., La scomparsa dell’infanzia,
Armando, Roma 1991.
6
Postman N., Technopoly. La resa della cultura alla tecnologia, Bollati Boringhieri, Torino 1992, p. 24.
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Per secoli, il libro ha rappresentato uno status symbol: con l’avvento della stampa
si ha una enorme diffusione ed espansione del valore simbolico del libro, in direzione di
categorie che prima di allora non potevano permettersi di acquistarlo.
Si può asserire che la stampa sia stata la prima tecnologia di comunicazione di
massa, strettamente legata al sorgere dell’istruzione formalizzata: ha dato la possibilità
di immagazzinare le informazioni, consentendo di accumulare conoscenze; ha diffuso le
idee in modo nuovo, attribuendo maggiore forza alle identità dei popoli, dando
preminenza alla cultura euroccidentale, rispetto a tutte le altre.
Essa ha permesso, a chi già sapeva leggere, di poter accedere ad un più vasto
bagaglio di conoscenze e nozioni; inoltre il linguaggio scritto può modificare lo stile
comunicazionale, anche quando viene utilizzato un altro mezzo.
Da non sottovalutare il fatto, poi, che l’apprendere a leggere e scrivere influisce
sui processi di pensiero, sulle modalità di classificazione, di memoria e sul
ragionamento.
Alla rivoluzione tipografica, quindi, fa seguito la cosiddetta Galassia elettronica,
che riguarda la vera rivoluzione tecnologica comunicativa, concernente l’entrata in
scena della radio prima e della televisione poi.
La televisione, in modo particolare, rappresenta il fulcro della rivoluzione socioculturale e tecno-comunicativa, la cui potenza di diffusione dell’informazione è tale da
configurare, a parere di Postman, la scomparsa dell’infanzia, figura centrale della
modernità, allo stesso modo in cui la stampa ne aveva registrato la comparsa.
Nonostante siano trascorsi decenni dalla denuncia di Postman, i processi educativi
istituzionali sono marginalmente ed inizialmente interessati dall’onnipervadente
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frontiera dell’evoluzione tecnologico-comunicativa-multimediale, mentre i processi
formativi
non
istituzionali
sono
largamente
egemonizzati
dall’incessante
bombardamento delle immagini televisive e pubblicitarie, della musica, dei videogiochi,
di Internet.
Postman ritiene che nella civiltà dominata dai mass media e in particolare dalla
televisione, più la scuola si raccoglie e si concentra sulla connessione parola/libro e
maggiormente riesce ad una funzione che, egli, definisce “termostatica”, in grado cioè di
conservare i poteri di concentrazione, di analisi e di riflessione che il sincretismo
televisivo soffoca e atrofizza.
L’intervento umano, quindi, diventa necessario se si vuole produrre conoscenza:
qualsiasi tecnologia lasciata a se stessa non può stimolare i processi superiori; infatti,
come afferma Acone «il mezzo televisivo diviene il mezzo più importante della logica
“analogica” dominante, prevalentemente irriflessiva, inducente alla passività, tutt’al più
stimolante i fattori impregnati di emotività; esso impegna al massimo la dimensione
partecipativa ed emozionale e al minimo le capacità di astrazione»7.
La televisione diventa il primo e più importante fattore di socializzazione del
“villaggio globale”, andando ad incidere sui processi cognitivi, sul modo di rapportarsi
agli altri e alla realtà, indirizzando verso un conformismo di massa.
L’affermarsi della televisione e successivamente l’avvento dei computer e della
rete Internet hanno sicuramente ridotto l’importanza della scuola intesa come luogo
privilegiato per la trasmissione del sapere. «Tradizionalmente, il sistema educativo è lo
strumento della trasmissione dei valori, delle idee e del patrimonio culturale. Ma, se
7
Acone G., Intersezioni pedagogiche, Edisud, Salerno 1989, p. 40.
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l’educazione che intendiamo dare alla nostra progenie definisce la concezione della
società nella quale vivremo, sembra evidente che […] i sistemi educativi utilizzati fino
ad ora dovranno essere ripensati, per adattarci alla società emergente e comprendere i
suoi codici simbolici e gli strumenti utilizzabili in tutti i campi del sapere»8.
In questa prospettiva, la tv sembra assumere le sembianze di un’agenzia di
socializzazione sui generis che non è solo concorrente, ma addirittura alternativa alle
istituzioni tradizionali, non tanto per i messaggi che veicola, quanto per le modalità in
cui avvengono le esperienze informative e formative: essa consente ai minori di
attingere ad un repertorio pressoché illimitato di informazioni e conoscenze sulla vita
adulta, senza con ciò dover sottostare ai controlli e alle limitazioni familiari o sociali.
La scuola dovrebbe fare propri gli strumenti di comunicazione che la società usa
quotidianamente e adottare con minore titubanza quelle che sono le forme più frivole di
conoscenza, come quelle legate al gioco in generale e ancor di più al video-gioco.
A tal proposito un ottimo strumento didattico risulta essere l’ipermedia, in cui le
informazioni sono organizzate utilizzando i diversi linguaggi e presentando una struttura
che privilegia l’analisi e la personalizzazione dei percorsi di navigazione.
Nell’ipermedia, giocano un ruolo fondamentale, i video, la musica e non per
ultimo il testo; le immagini scorrono e catturano l’attenzione ma, diversamente dal
video-gioco, l’interattività non è finalizzata alla “vittoria finale” bensì al raggiungimento
di obiettivi educativi e culturali.
A questo proposito ci sembra particolarmente pertinente e attuale la riflessione di
Papert: «La scuola vorrebbe far credere ai genitori - i quali onestamente non sanno come
8
Monet D., Multimedia, Il Saggiatore, Milano 1997, p. 105.
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interpretare questa lampante passione dei figli per i videogiochi - che i bambini li amano
perché sono facili, mentre odiano i compiti perché sono difficili. In realtà è vero il
contrario. Qualsiasi adulto convinto che questi giochi siano facili non deve far altro che
mettersi davanti a una tastiera e provare a districarsi. Sono per lo più ardui, irti di
informazioni - oltre che di tecniche - complesse e di difficile apprendimento, e spesso la
comprensione delle informazioni richiede più sforzo e più tempo della tecnica di gioco
stessa. I videogiochi insegnano ai bambini ciò che i computer incominciano a insegnare
agli adulti, e cioè che alcune forme di apprendimento sono rapide, coinvolgenti e
gratificanti. Il fatto che richiedano un immenso dispendio di tempo e nuovi modi di
pensare è un prezzo piccolo da pagare (e forse addirittura un vantaggio) per avere
accesso al futuro. Non c’è da stupirsi che la scuola, al confronto, appaia a molti giovani
lenta, noiosa e decisamente avulsa dalla realtà»9.
È interessante sottolineare come la scoperta di nuova conoscenza rappresenta un
momento affascinante all’interno di un processo di “apprendimento libero”, nel quale le
diverse difficoltà vengono superate secondo modalità personali ed imprevedibili; quindi,
occorre fornire al soggetto strumenti che, in primis, motivino il raggiungimento di un
obiettivo, e ancor di più se si tratta di un obiettivo educativo, e lasciarlo gustare la
vittoria finale come un momento di conquista e di progresso. Papert ha, inoltre, voluto
sottolineare come un apprendimento riuscito dia prima di tutto una sensazione
piacevole, legata al cambiamento che si avverte in se stessi e nel mondo, che appare
diverso in quanto se ne scoprono aspetti che prima non erano visibili.
9
Papert S., I bambini e il computer, Rizzoli, Milano 1993, p. 130.
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Le nuove tecnologie dell’informazione, grazie all’utilizzo dei diversi codici
comunicativi, all’organizzazione non lineare delle informazioni e al conseguente elevato
grado di interattività possono attualmente caratterizzarsi come un’occasione cruciale per
procedere alla rielaborazione e al rinnovamento delle metodologie didattiche e,
soprattutto, per fare in modo che l’istituzione scolastica possa riavvicinarsi alle abitudini
comunicative dei ragazzi e riproporsi come luogo principale di trasmissione delle
conoscenze e di aggregazione sociale.
Un passaggio fondamentale deve nascere dalla consapevolezza che queste nuove
metodologie didattiche non possono essere relegate al ruolo assolutamente marginale di
sussidio ai tradizionali strumenti didattici ma occorre considerarle come parte integrante
dei processi di insegnamento-apprendimento.
Le nuove tecnologie, infatti, consentono il passaggio da una situazione in cui gli
argomenti vengono “raccontati” ad una in cui essi vengono “mostrati”; in altre parole, la
forma astratta, simbolico-ricostruttiva che la trasmissione delle conoscenze ha
tradizionalmente assunto, viene per molti versi ad essere soppiantata, o quantomeno
robustamente integrata, da una comunicazione diversa, di tipo ostentativo-dimostrativo,
basata sul coinvolgimento di diversi ambiti sensoriali e sulla possibilità di una
“manipolazione” diretta e continua dei contenuti da parte del discente.
Questa situazione, che integra la struttura comunicativa dei nuovi sistemi con
l’elevato grado di interattività di cui sono dotati, sembra disegnare una conoscenza che
si va formando progressivamente attraverso le operazioni che il soggetto realizza sui
materiali con cui entra in contatto: un processo straordinariamente vicino, per dinamica
e caratteristiche, a quello descritto da Piaget nel caratterizzare l’intelligenza
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sensomotoria, vale a dire la prima forma di intelligenza operante nell’uomo che è anche
quella che serve da base per elaborare ogni conoscenza successiva, una forma di
intelligenza ontogeneticamente primitiva ma in grado di generare prodotti caratterizzati
da grande efficienza e stabilità.
Dalle riflessioni fin qui svolte si può dire che un nuovo orizzonte di
sperimentazione si apre per il mondo della scuola e della formazione. L’entusiasmo
finora mostrato lascia ben sperare nello sviluppo di questo nuovo sentiero delineato per
raccogliere nuove “tracce di conoscenza”. Pertanto, sebbene sia problematico fare
previsioni sul nostro futuro, è certo che l’accettazione cosciente di questa complessa
innovazione comporta la necessità di dedicare una forte attenzione al rinnovamento
dell’educazione, superando criticamente limiti cognitivi al fine di sviluppare una
crescita cosciente nell’immaginario dell’uomo per la conquista “dell’abbondanza
conoscitiva”.
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2 COMUNICAZIONE E INTERCULTURA
Alla vigilia del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti umani,
il tema centrale delle iniziative poste in essere per la promozione della pace su base
mondiale riguarda, appunto, la promozione dei diritti umani a livello globale.
Ad oggi, la realtà istituzionale per i diritti umani risulta organizzata sia in un
cosiddetto “sistema universale”, gestito dalle Nazioni Unite, sia in sistemi definiti
“regionali”, gestiti invece, nella sfera operativa, da Organizzazioni regionali quali:
l'Organizzazione degli Stati Americani, il Consiglio d'Europa, l'Organizzazione
dell'Unità Africana, la Lega degli Stati Arabi. Sistemi operanti sulla base del “nuovo”
diritto internazionale10.
«L'intero continente non-territoriale delle formazioni transnazionali di società
civile si è ormai appropriato del Diritto internazionale dei diritti umani facendone la
propria legge e la propria bandiera, strumento di legittimazione e di identificazione
etico-politica»11.
Non sono mai stati compiuti così tanti sforzi allo scopo di affermare ed assicurare
l’imprescindibile dignità dell’uomo e il rispetto dei suoi diritti fondamentali.
10
11
Conte G., Diritto alla pace e Diritti dell’uomo, op. cit, pp. 120-121.
Ivi, pag 122.
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Nonostante, però, tale immenso lavoro sia ampiamente riconosciuto e apprezzato, i
risultati raggiunti sono comunque drammaticamente precari nella realtà quotidiana12.
Per capire a fondo le interconnessioni esistenti tra l’assistenza umanitaria e i diritti
economici, sociali e culturali, bisogna esaminarli nei loro aspetti peculiari. L’assistenza
umanitaria ha come scopo basilare quello di prestare aiuto sia alle vittime di conflitti
armati che, in modo sussidiario, alle vittime di catastrofi naturali. I diritti economici,
culturali e sociali, invece, si riferiscono a ciò che il singolo individuo, o la comunità
intera, può reclamare nei confronti dello Stato e, quindi, alla responsabilità che
quest’ultimo deve assumersi nel dare soddisfazione ai diritti sociali.
In sintesi, mentre la categoria dell’assistenza umanitaria, intesa fondamentalmente in
termini di cooperazione, sembra essere indifferente alla sofferenza generata dai difetti della
struttura economica; la categoria dei diritti economici, sociali e culturali ha il compito di
garantire l’esercizio dei diritti sociali in ogni circostanza13.
La relazione esistente tra queste due categorie pone in essere un circolo vizioso in cui le
guerre civili sono una delle cause principali di fame, malattie e povertà, e dove allo stesso
tempo la vulnerabilità economica e sociale dei paesi sottosviluppati è causa, nonché effetto, dei
conflitti armati14.
Se si vuole evitare o sedare un conflitto occorre conoscerne e capirne le motivazioni.
12
. Muheim F. E, Per una globalizzazione della società, in AA.VV., “Globalizzazione: solidarietà o
esclusione?”, ESI, Napoli 2001, pag 213.
13
Conte G., Diritto alla pace e Diritti dell’uomo, op. cit, pag 135.
14
Ledsema H. F., Tra rispetto dei diritti economici, sociali e culturali ed emergenze umanitarie, in AA.
VV., “Globalizzazione: solidarietà o esclusione?”, op. cit., pp. 250-251.
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Secondo Fraces Stewart, in linee generali, alla base di un conflitto vi è una serie di
stridenti discriminazioni tra i gruppi coinvolti, associate ad altrettante discriminazioni in materia
di controllo politico, tali da generare quella che lui definisce disuguaglianza orizzontale in
alcuni settori rilevanti (ad esempio rispetto all’accesso ai servizi sociali, ai redditi o ai beni
economici, alla partecipazione politica, e quant’altro). Accanto a questa individua una
disuguaglianza di tipo verticale che, a differenza della precedente, misura le disparità esistenti
tra gli individui.
Secondo l’autore, se si volesse davvero prevenire il ricorso alla violenza sarebbero due
gli elementi da prendere in considerazione nei negoziati di pace: il primo riguarda le
disuguaglianze orizzontali di vaste dimensioni, il secondo riguarda la questione dei guadagni
privati ricavati dal conflitto15.
Fino a quando non si sarà in grado di fare un’attenta e puntuale analisi dei
conflitti, le crisi umanitarie continueranno ad avvicendarsi, presentandosi una più grave
dell’altra, senza che si riesca a intravedere una volontà politica di porvi fine utilizzando
qualsiasi mezzo.
Al fine di impedire che le convenzioni e i regolamenti per la tutela dei diritti
dell’uomo vengano violate, diventa urgente e imprescindibile che, di pari passo con la
globalizzazione dei media e della comunicazione, del commercio e dei mercati
finanziari, venga affermata con forza e decisione anche una “globalizzazione della
solidarietà umana”.
15
Stewart F., Le cause profonde dei conflitti armati: indicazioni per le politiche di pace, in AA. VV.
“Globalizzazione: solidarietà o esclusione?”, op. cit., pp. 218 e ss.
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Ciò non toglie che, comunque, molte sono le Organizzazioni e gli Stati che
investono ingenti risorse per ridurre, almeno in parte, la miseria e per contribuire ad uno
sviluppo sostenibile delle nostre società.
Jacques Maritain, con la sua opera I diritti dell’uomo e la legge naturale, afferma:
«Il fine della società è il suo bene comune, il bene del corpo sociale. Il bene comune
della società è la sua comunione in una vita retta, il che vale sia per l’intera società che
per ciascuno dei suoi membri»16.
Egli individua tre caratteri essenziali del bene comune: per prima cosa il bene
comune implica la redistribuzione delle risorse fra gli individui, in modo comunque da
favorire lo sviluppo.
Susan George afferma che «il modello attuale necessariamente produrrà ed acuirà
la povertà, l’esclusione e il conflitto sociale. La globalizzazione sta sottraendo potere
economico e quindi potere sociale ai cittadini, alle comunità e agli stati nazione,
riducendo nel contempo la loro capacità di difendersi da un mercato particolarmente
aggressivo» 17.
Le statistiche degli ultimi anni confermano che il divario tra Nord e Sud del
mondo, in termini di povertà, sta via via aumentando, soprattutto in quei paesi in cui più
di un miliardo di persone “vive” (o sopravvive) con meno di un dollaro al giorno,
spesso all’interno di conflitti etnici e guerre civili.
16
Maritain J., I diritti dell’uomo e la legge naturale, Vita e Pensiero, Milano 1991, pag 23.
17
Giorge S., La trappola della globalizazione, in AA. VV., “Globalizzazione: solidarietà o esclusione?,
op. cit., pag 115.
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Se il progresso globale proseguirà lungo il suo cammino ad una tale lentezza
occorreranno più di un centinaio di anni per liberare il mondo dalla fame.
Il
diritto
all’alimentazione
dovrebbe
essere
riconosciuto
come
diritto
fondamentale e imprescindibile nella vita di ogni essere umano.
Lo sviluppo economico pensato su basi eque consentirebbe la diminuzione delle
probabilità di conflitto.
Ritornando al pensiero di Maritain, egli afferma che il bene comune ha in sé un
intrinseco carattere di moralità, corrispondente all’integrità della vita: «la vita buona e
retta della comunità umana»18. Vi è l’obbligo morale di aiutarsi gli uni con gli altri e
vivere in armonia e in pace.
La questione attuale riguarda il sapere se, nel quadro del processo di
globalizzazione, gli Stati responsabili della realizzazione dei diritti umani, abbiano
preso sul serio l’impegno assunto o se, al contrario, si tratta solo di mere promesse
dimenticate.
18
Maritain J., I diritti dell’uomo e la legge naturale, op. cit., pag 41.
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