lezione “diritto sanitario di base (parte seconda prof

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lezione “diritto sanitario di base (parte seconda prof
LEZIONE
“DIRITTO SANITARIO DI BASE (PARTE SECONDA)”
PROF. MAURO DI FRESCO
Università Telematica Pegaso
Diritto sanitario di base
Indice
1
Introduzione ------------------------------------------------------------------------------------------------ 3
2
L’orario di lavoro ------------------------------------------------------------------------------------------ 4
3
Il lavoro notturno. ----------------------------------------------------------------------------------------- 7
3.1 Durata della prestazione. -------------------------------------------------------------------------------- 9
3.2 Agevolazione della legge 104/92 e incompatibilità al lavoro notturno. -------------------------- 9
3.3 Trasferimento al lavoro diurno. ---------------------------------------------------------------------- 10
3.4 Va rispettato il tempo libero dei lavoratori. -------------------------------------------------------- 11
4
Lo straordinario. ----------------------------------------------------------------------------------------- 12
4.1 Il recupero delle ore di straordinario. ---------------------------------------------------------------- 12
5
Il riposo.---------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
6
Il cambio a vista ------------------------------------------------------------------------------------------ 15
7
Le figure assistenziali nella turnazione. ------------------------------------------------------------- 18
Bibliografia ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 19
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Diritto sanitario di base
1 Introduzione
Prosegue la lezione di diritto sanitario di base con la seconda parte dove vengono disaminati,
pragmaticamente, gli istituti giuridici del lavoro infermieristico e le problematiche connesse alla
specificità della professione sanitaria. Il diritto disciplina alcune delle più spinose situazioni
conflittuali che rendono lo svolgimento del lavoro infermieristico penoso, come l’obbligo del
cambio a vista e il lavoro notturno. La prassi oramai adottata nei servizi sanitari, che costringono
l’infermiere a proseguire il proprio turno di lavoro senza alcuna tutela e considerazione, sarà
confutata e alla luce della normativa vigente e della giurisprudenza, l’infermiere potrà riacquistare
la professionalità e la consapevolezza che attengono al suo ruolo.
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Diritto sanitario di base
2 L’orario di lavoro
L’orario di lavoro è regolato dal:
•
•
C.C.N.L..
Regolamento del datore di lavoro rientrando nel potere direttivo, controllo e di
vigilanza ex art. 2104 C.C. e 13 Legge 20.05.70 n. 300, gerarchico ex artt. 2086 C.C. e 2103
C.C. (ius variandi).
•
D.Lgs. 08.04.2003 n. 66 (comunitario).
Per fare luce sulla complicata esegesi del D.Lgs. comunitario, è intervenuta la direzione
generale del Ministero del Lavoro che con circolare n. 8, prot. n. 210 del 03.03.2005 ha chiarito
alcune punti che di seguito si riportano:
•
Nel nostro ordinamento non vige più un limite positivo alla durata giornaliera del
lavoro ma, semmai, un limite che può ricavarsi, a contrario, dal combinato disposto dagli
articoli 7 e 8 del decreto nella misura di 13 ore giornaliere, ferme restando le pause. Tale
individuazione risulta conforme al dettato costituzionale che impone alla legge di definire la
durata massima della giornata lavorativa.
•
L’orario settimanale, sia in presenza, sia in assenza di contrattazione applicabile,
non può superare le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario, per ogni periodo di sette
giorni calcolate, come media, su
un periodo di riferimento non superiore a 4 mesi.
Per la media si devono dividere le ore lavorate per 16 in quanto in 4 mesi ci sono 16
settimane).
•
Nella settimana lavorativa si potrà superare il limite delle 48 ore settimanali
purché vi siano settimane lavorative di meno di 48 ore in modo da effettuare una
compensazione e non superare il limite delle 48 ore medie nel periodo di riferimento. Ad
esempio, in un periodo di 4 mesi dal 1 gennaio al 30 aprile, l’orario settimanale di lavoro del
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mese di gennaio potrebbe essere di 60 ore, di 40 ore il mese di febbraio e di 35 ore il mese di
marzo e di 48 ore il mese di aprile.
La contrattazione collettiva, oltre che determinare la durata massima settimanale
dell’orario di lavoro, ha facoltà di elevare il periodo di riferimento, in relazione agli specifici
interessi del settore cui i datori
di lavoro ed i lavoratori appartengono, da 4 fino a 6 mesi e, in caso di ragioni obiettive,
tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, fino a 12 mesi.
Il C.C.N.L. Comparto sanità 2006/2009 vigente, all’art. 5 “Orario di lavoro”, prevede che
il periodo di riferimento sia di 6 mesi.
Il C.C.N.L. suindicato, per la parte giuridica, è efficace dal giorno successivo alla sua
stipulazione e cioè dall’11 aprile 2008.
Per passare gradualmente ad una computazione di sei mesi, l’art. 5, co. 1 del C.C.N.L.
succitato, in ottemperanza al D.Lgs. n. 66/2003, dall’11 aprile 2008 al 10 aprile 2009 il periodo di
riferimento in cui computare l’applicazione dell’art. 4, co. 4 è stato di 9 mesi.
Poi dall’11 aprile 2009 il periodo di riferimento è stato ridotto da 9 a 6 mesi.
Lo scopo della riduzione è indicata espressamente dall’art. 5 del C.C.N.L. citato ovvero “al
fine di garantire, senza soluzione di continuità, livelli ottimali di assistenza e tutelare il diritto alla
salute dei cittadini, a fronte di eventi non pianificabili”.
Per quanto attiene alle modalità di computo delle 48 ore settimanali, va tenuto presente che,
ai sensi dell’art. 6, comma 1, del decreto legislativo n. 66 del 2003: “i periodi di ferie e i periodi di
assenza per malattia non sono presi in considerazione ai fini del computo della media”.
Sembra possibile equiparare a tali assenze quelle dovute ad infortunio e gravidanza (così
come hanno confermato l’ARAN e l’INAIL).
Tutti i restanti periodi di assenza con diritto alla conservazione del posto restano pertanto
ricompresi nell’arco temporale di riferimento, sia pur con indicazione delle ore pari a zero.
In riferimento invece all’arco temporale di quattro, sei o dodici mesi sul quale va calcolata la
media delle ore di lavoro effettuate, si precisa che lo stesso è da considerarsi scorrevole
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limitatamente ai periodi di ferie e malattia e periodi equiparabili alla malattia a differenza di
quanto avviene negli altri periodi di sospensione (ad es. sciopero).
In altre parole “scorrevole” significa che l’arco temporale di riferimento può superare il
quadrimestre ovvero il semestre o l’anno in quanto nella sua determinazione non vanno computate
le assenze dovute a ferie e malattia o periodi equiparabili alla malattia; ad esempio, nel considerare
il quadrimestre gennaio/aprile, tale periodo, in considerazione delle assenze dovute a malattia per
un mese, scorrerà fino al mese di maggio.
La dottrina critica la tassatività degli istituti su cui computare i periodi di assenza per il
calcolo della media delle ore di lavoro e prende in considerazione altri istituti di rango
costituzionale come la gravidanza e il puerperio.
Inoltre critica anche il divieto applicativo dello sciopero, anch’esso istituto costituzionale,
perché il lavoratore, ritornando sul posto di lavoro dopo lo sciopero, potrebbe essere sottoposto ad
estenuanti straordinari che, per via del computo negativo, non supererebbero la soglia limite.
In questo modo non si permetterebbe al lavoratore di utilizzare uno dei pochi strumenti di
lotta ancora concessi.
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3 Il lavoro notturno.
Il lavoro notturno è disciplinato dal:
•
R.D.L. 15.03.1923 n. 692;
•
D.Lgs. 26.11.1999 n. 532;
•
D.Lgs. 08.04.2003 n. 66 (comunitario).
Lo Statuto degli impiegati civili dello stato e norme di esecuzione di cui al D.P.C.M. 30
novembre 1995, Articolo 1, co. 2, par. f) - Turnazioni, definisce l’orario notturno quello che inizia
alla ore 22 e termina alle ore 06.
Ai fini retributivi (e solo per il lavoro straordinario), per turno notturno-festivo si intende
quello che cade nel periodo compreso tra le ore 22 del giorno prefestivo e le ore 6 del giorno festivo
e dalle ore 22 alle ore 00 del giorno festivo.
Ai fini retributivi è anche previsto il turno notturno/festivo (si noti la / anzichè il -) cioè lo
straordinario corrisposto durante la fascia notturna feriale oppure diurna festiva.
La circolare n. 8 del 03 marzo 2005, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITA’ ISPETTIVA - DIREZIONE GENERALE DELLA
TUTELA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO, prot. n. 210, ad oggetto: Disciplina di alcuni
aspetti dell’organizzazione dell'orario di lavoro di cui al D.Lgs. n. 66/2003 e D.Lgs. n. 213/2004,
all’art. 16 “Definizione di lavoro e di lavoratore notturno”, definisce il lavoro notturno come “…
quello prestato in un periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la
mezzanotte e le cinque del mattino.
Il lavoratore notturno è il lavoratore che svolge, durante il periodo notturno, almeno tre ore
del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale; è, inoltre, lavoratore notturno
anche colui che svolge durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro
secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro”.
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Qualora la disciplina collettiva nulla stabilisca sul punto è considerato lavoratore notturno
qualsiasi lavoratore che svolga, durante il periodo notturno almeno una parte del suo tempo di
lavoro giornaliero, per un minimo di 80 giorni lavorativi all'anno.
Quest’ultimo criterio di definizione del lavoratore notturno non va a sovrapporsi con il
primo, in quanto prende in considerazione lo svolgimento di una prestazione lavorativa in parte
esercitata durante il periodo notturno, a prescindere che l’attività in oggetto rientri nell’orario
normale di lavoro.
Quindi, deve considerarsi lavoratore notturno anche colui che non sia impiegato in modo
normale durante il periodo notturno ma che, nell’arco di un anno, svolga almeno 80 turni notturni.
Il lavoratore, per poter svolgere prestazioni di lavoro notturno, deve esserne ritenuto idoneo
mediante accertamento ad opera delle strutture sanitarie pubbliche competenti o per il tramite del
medico competente.
Oltre a questa iniziale valutazione che deve precedere l’esecuzione di prestazioni di lavoro
notturno, lo stato di salute dei lavoratori notturni deve essere periodicamente verificato.
Alla luce delle diverse definizioni normative di lavoratore notturno, non vi è dubbio che
anche l’infermiere turnista rientri in una delle suindicate definizioni e sia, così, oggetto della tutela
qui apprestata.
Hanno facoltà di rifiutare la prestazione notturna:
o la lavoratrice subordinata, madre di un figlio di età inferiore di tre anni o, qualora
la stessa non abbia esercitato la facoltà di rifiutare l’esecuzione di prestazioni di
lavoro notturno, il lavoratore padre convivente che sia anch’esso lavoratore
subordinato;
o l’unico genitore affidatario e convivente di un minore di età inferiore a 12 anni;
o coloro che abbiano a loro carico un soggetto disabile ai sensi della legge quadro per
l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. (L. n.
104/92).
Tale formulazione prevede un vero e proprio diritto potestativo in capo al lavoratore, il quale
è titolare di un diritto di resistenza all’impiego durante la fascia di orario notturna.
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3.1
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Durata della prestazione.
Ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 66/2003, tutti i lavoratori notturni, non possono
lavorare mediamente più di 8 ore nell’arco di 24 ore calcolate dal momento di inizio
dell’esecuzione della prestazione lavorativa fino a 24 ore successive (in poche parole devono essere
consentite mediamente 16 ore di riposo ogni 24 ore comprensive di lavoro).
Tale limite costituisce, data la sua formulazione, un media fra ore lavorate e non lavorate
pari ad 1/3 (8/24) che, in mancanza di una esplicita previsione normativa, può essere applicato su di
un periodo di riferimento pari alla settimana lavorativa, salva l'individuazione da parte dei contratti
collettivi, anche aziendali, di un periodo più ampio sul quale calcolare detto limite.
Il C.C.N.L. Comparto Sanità 2006/2009 nulla prevede, per cui la media deve essere stabilita
nell’arco della settimana.
Non svolgendo turni notturni continuativi (cioè ogni notte) su cui ponderare la media, la
norma in questione, secondo la tesi qui presentata dallo scrivente, deve essere applicata sulla base
del principio sussumibile dalla norma stessa e cioè che il turno notturno non deve superare 8 ore di
lavoro continuativo onde garantire 16 ore di riposo.
La conferma della tesi qui esposta, perviene dalla direttiva 93/104/CE, la quale prescrive
che: “Per alcune lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o
mentali, il limite orario è di otto ore nel corso di ogni periodo di 24 ore. In questo caso il limite è
fisso e non va considerato come media”.
Resta da vedere se l’assistenza infermieristica notturna è fonte di tensioni fisiche o mentali
(SPDC, rianimazione, pronto soccorso, chirurgia d’urgenza, neurologia, stroke unit, psichiatria
infantile, sala parto, unità coronarica, centro degenza AIDS, ambulanza ed eliambulanza, ecc.)
perché, in tal caso, il turno notturno superiore alle 8 ore sarebbe illegale.
3.2
Agevolazione della legge 104/92 e incompatibilità al lavoro notturno.
Chi fruisce della Legge 104 non è obbligato a svolgere il lavoro notturno né ad impegnarsi
nella pronta disponibilità.
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Diritto sanitario di base
Ai sensi del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (pubblicato nel Supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26.4.2001) e Decreto Legislativo 23 aprile 2003, n. 115
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 27.5.2003), art. 53, comma 3 nonché dell'articolo 5,
comma 2, lettera c), della legge 9 dicembre 1977, n. 903, non sono altresì obbligati a prestare lavoro
notturno la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.
3.3
Trasferimento al lavoro diurno.
Qualora sopraggiungano condizioni di salute che comportino l’inidoneità alla prestazione di
lavoro notturno, il lavoratore può essere trasferito al lavoro diurno.
La sopraggiunta inidoneità deve essere accertata dalle competenti strutture sanitarie
pubbliche o dal medico competente.
Il decreto n. 66/2003 dispone che il trasferimento al lavoro notturno sia subordinato
all’esistenza e alla disponibilità di un posto di lavoro la cui esecuzione sia relativa a mansioni
equivalenti a quelle svolte.
In mancanza di tali condizioni, il datore di lavoro ha facoltà di risolvere il rapporto di lavoro
per giustificato motivo oggettivo.
Il lavoratore che chiede, invano, di essere spostato dal turno di notte per motivi di saute,
deve essere risarcito.
La Suprema Corte di Cassazione, sez. lavoro, sent. 05.05.2005 n. 9353 ha liquidato 5000
euro di risarcimento per danno non patrimoniale a favore del lavoratore che ha rappresentato al
proprio datore di lavoro un pericolo psico-fisico che avrebbe potuto realizzarsi per via del turno di
lavoro svolto durante la notte. Se il danno paventato si realizza o la patologia denunciata si aggrava
(es: diabete), il lavoratore così danneggiato dall’inerzia del datore, obbligato ad intervenire ai sensi
dell’art. 2087 C.C., deve essere completamente risarcito anche per violazione delle regole di
comune prudenza in quanto il fatto dannoso si poteva evitare.
Difatti la L. 5 febbraio 1999, n. 25, art. 17, par. f), alla voce Lavoro notturno, recita:
“garantire, anche attraverso la contrattazione, il passaggio ad altre mansioni o altri ruoli diurni in
caso di sopraggiunta inidoneità alla prestazione di lavoro notturno”.
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3.4
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Va rispettato il tempo libero dei lavoratori.
La modifica della regolare turnazione deve essere comunicata con ragionevole anticipo,
rispettando la programmazione del tempo libero del lavoratore. Così ha stabilito Cassazione Civile,
sez. lavoro, 21 maggio 2008, n. 12962. In base all’art. 10, L. 14.02.1958, n. 138, anche le aziende
sanitarie devono affiggere i turni di servizio nelle apposite bacheche informative o pubblicarli nel
sito ufficiale dell’azienda consentendo ai lavoratori di accedervi. La ratio sta nel consentire al
lavoratore di poter programmare in tempo l’attività recuperatoria con la propria famiglia e non
sacrificare inutilmente il tempo libero a sua disposizione (sportivo, ricreativo, culturale, sociale,
politico e scolastico). In caso contrario si lesionerebbe la dignità del lavoratore nonché l’integrità
psico-fisica sancite dagli artt. 2087 C.C. e 32 Cost..
Si ricordi, pure, l’obbligo di cui ai canoni di buona fede e correttezza nell’esecuzione del
contratto (art. 1375 e 1175 C.C.).
Secondo la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 12962/2008: “Anche i lavoratori
'part-time' hanno diritto di essere avvisati per tempo dei cambi di turno. Diversamente si
rischierebbe di ledere la dignità del lavoratore tutelata dall'art. 32 della Costituzione”.
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4 Lo straordinario.
La direzione generale del Ministero del Lavoro, con circolare n. 8, prot. n. 210 del
03.03.2005 ha finalmente chiarito l’applicazione del D.Lgs. 08.04.2003 n. 66 all’art. 4: “Le
eventuali ore di incremento prestate e non recuperate assumono la natura di lavoro straordinario e
devono essere compensate secondo le modalità previste dai contratti.
I contratti collettivi possono stabilire che la durata dell’orario normale sia ridotta rispetto
al limite legale delle 40 ore. Questa facoltà ha ad oggetto una riduzione d’orario valida ai soli fini
contrattuali.
Concertando questo dato esegetico con il C.C.N.L. che segue, siamo in grado di interpretare
ed applicare correttamente l’istituto dello straordinario.
Il C.C.N.L. Comparto Sanità 1998/2001, all’art. 34 prevede:
1. Il lavoro straordinario non può essere utilizzato come fattore ordinario di
programmazione del lavoro.
2. Le prestazioni di lavoro straordinario hanno carattere eccezionale, devono rispondere
ad effettive esigenze di servizio e devono essere preventivamente autorizzate dal dirigente
responsabile.
3. Le parti si incontrano almeno tre volte l’anno per valutare le condizioni che ne hanno
resa necessaria l’effettuazione.
4. I limiti individuali potranno essere superati - in relazione ad esigenze particolari ed
eccezionali - per non più del 5% del personale in servizio e, comunque, fino al limite massimo di n.
250 ore annuali.
5. Nella determinazione dei limiti individuali si tiene particolare conto: del richiamo in
servizio per pronta disponibilità; della partecipazione a organismi collegiali, nella sola ipotesi in
cui non siano previsti specifici compensi; dell’assistenza all’organizzazione di corsi di
aggiornamento.
4.1
Il recupero delle ore di straordinario.
Il C.C.N.L. Comparto Sanità 1998/2001, all’art. 34, comma 6 permette di recuperare le ore
in eccesso: “Le prestazioni di lavoro straordinario possono essere compensate a domanda del
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dipendente con riposi sostitutivi da fruire, compatibilmente con le esigenze del servizio, nel mese
successivo”.
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5 Il riposo.
Non può più essere applicata la regola che prevede un giorno di riposo ogni sei giorni
lavorativi.
Così il Consiglio di Stato, Sez. V, sent. 01.12.2006 n. 7065 che ha innovato la
giurisprudenza sul punto.
Ricordando che l’onus probandi (cioè la prova del fatto lamentato) incombe sui lavoratori
che azionano il giudizio, il Consiglio di Stato deduce che: “La normativa vigente (D.Lgs. n.
66/2003), nell’oggetto del contendere, prevede che di norma il giorno di riposo cade di domenica
ovvero dopo sei giorni lavorativi. Nella modalità della turnazione, detta regola può essere disattesa
perché non vi è una norma precettiva che imponga perentoriamente che il riposo debba cadere il
settimo giorno; per cui, pur rispettando la ratio della norma, cioè che ogni sei giorni si debba
accreditare un riposo e che il riposo persegua finalità recuperatorie delle energie psico-fisiche (a
beneficio anche del datore di lavoro) nonché finalità ricreative, sociali e familiari, il riposo può
cadere in diverso giorno pur mantenendone la media prevista (4 mese)”.
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6 Il cambio a vista
Il Decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1987, n. 567 (in Suppl. ordinario
alla Gazz. Uff., 11 febbraio, n. 34), “Recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista
dall'accordo sindacale riguardante il comparto del personale delle Università, di cui all'art. 9 del
decreto del Presidente della Repubblica 5 marzo 1986, n. 68, per il triennio 1985-87”, all’art. 8
“Turnazioni”, stabilisce che “Laddove l'orario ordinario e l'orario flessibile o frazionato non
riescano ad assicurare l'effettuazione di determinati servizi, ovvero lo svolgimento di attività
particolarmente articolate o diluite nel tempo o che per essere concluse devono attenersi a tempi
tecnici non comprimibili o modificabili, l'organizzazione del lavoro può essere articolata su due o
più turni, secondo quanto stabilito dall'art. 2 della legge 29 gennaio 1986, n. 23.
I criteri direttivi che devono essere osservati per l'adozione dell'orario di lavoro su turni
sono i seguenti: a) l'adozione del lavoro su turni deve corrispondere ad esigenze non sopprimibili o
comprimibili in quanto imposte dall'osservanza di particolari prescrizioni o dalla sequenza di
operazioni tecniche collegate od interdipendenti; b) l'adozione di turni può essere altresì correlata,
e quindi limitata nel tempo, allo svolgimento di determinati compiti a stretto tempo di
adempimento, ovvero a scadenze periodiche, che ancorché conosciute, non consentano una
programmazione di tipo ordinario per le fasi finali o di completamento di specifici processi, specie
tecnici; c) l'adozione dei turni può anche prevedere, per limitate aliquote di personale del turno
subentrante, una sovrapposizione, da definirsi in sede di negoziazione decentrata, con il turno
precedente ai fini dello scambio di consegne, di materiali specifici e di istruzioni, ovvero di
affiancamento per esecuzione di attività particolarmente delicate o pericolose, nonché per il
controllo dei sistemi sussidiari di sicurezza, in senso generale e di allarme;
d) il ricorso al lavoro su turni presuppone, specie quando non connessi a particolari fasi del
processo produttivo, la distribuzione del personale, nei vari turni, ripartito sulla base delle
professionalità che devono essere presenti in ciascun turno, con assoluta preminenza, quindi
nell'interesse dell'amministrazione su ogni altro”.
Pur riguardando il personale universitario, questa regola conferma un principio generale che
va applicato in qualsiasi settore e più volte confermato dalla giurisprudenza e cioè che in base al
potere direttivo datoriale che incombe sul lavoratore subordinato, la sovrapposizione delle
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turnazioni o il cambio a vista, come comunemente chiamato l’obbligo di attendere la presenza del
collega subentrante prima di terminare il proprio servizio, deve essere necessariamente disciplinata
dalla contrattazione o collettiva o integrativa.
Da quanto qui stabilito, discendono alcune importanti riflessioni e considerazioni che non
possono essere taciute:
1. l’infermiere non può, autonomamente, decidere di prolungare il proprio turno di servizio
sulla base di una circolare o di una norma regolamentare interna che lo autorizza in assenza di
cambio a vista. Il motivo è fondato sull’art. 2104 C.C.: il lavoratore deve eseguire diligentemente le
istruzioni impartire dal datore dal quale gerarchicamente dipende. La giurisprudenza applica questa
norma ogni qualvolta il lavoratore esegua o realizzi prestazioni di lavoro non autorizzate o presti
lavoro oltre l’orario di lavoro contrattualmente previsto. Prolungare l’orario di servizio senza alcuna
espressa autorizzazione datoriale è fonte di responsabilità disciplinare e, il datore di lavoro, è
autorizzato a non retribuire tale prestazione.
2. Il C.C.N.L. Comparto sanità 1998-2001 all’art. 34, co. 2 - Lavoro straordinario, stabilisce
che: “Le prestazioni di lavoro straordinario hanno carattere eccezionale, devono rispondere ad
effettive esigenze di servizio e devono essere preventivamente autorizzate dal dirigente
responsabile. Le parti si incontrano almeno tre volte l’anno per valutare le condizioni che ne hanno
resa necessaria l’effettuazione”.
3. Le circolari che comunemente stabiliscono l’obbligo del cambio a vista, non prevedono
quasi mai la possibilità che il collega non si presenti al lavoro. Una circolare vincolante, deve
necessariamente riportare i dati relativi all’accordo integrativo occorso tra le parti sociali. In
mancanza di un accordo sindacale che stabilisca le modalità del prolungamento del turno di servizio
in assenza del cambio a vista, l’infermiere deve necessariamente informare il proprio superiore
gerarchico il quale dovrà disporre un ordine di servizio per il prolungamento dell’orario. L’ordine di
servizio così redatto non può giacere sine die all’interno della struttura articolata (U.O.C. U.O.S.
U.O.D., ecc.) ma deve essere comunicato ovvero trasmesso (anche successivamente) alla direzione
sanitaria o generale affinché possa essere registrato ai fini del comma 2, parte b dell’art. 34 del
C.C.N.L. Comparto sanità 1998-2001 cioè per permettere ai sindacati di verificare la quantità e la
legittimità degli straordinari effettuati all’interno dell’azienda.
4. L’infermiere che deve prolungare l’orario di lavoro deve sapere che non può lavorare,
nell’arco delle 24 ore della giornata, più di 13 ore. L’amministrazione deve provvedere prontamente
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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ad una sostituzione perché la violazione dell’art. 7, co. 1 del D.Lgs. n. 66/2003 comporta la
sanzione pecuniaria fino a 100 euro (prima della riforma Berlusconi l’ammenda era stabilita in 630
euro) oltre agli eventuali danni sofferti dal lavoratore e da questi dimostrati. Ergo, l’ordine di
servizio non può disporre un prolungamento orario complessivo superiore a 13 ore (il C.C.N.L. ai
sensi dell’art. 17 D.Lgs. n. 66, può derogare l’art. 7, ma fino ad ora il C.C.N.L. non lo ha previsto).
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7 Le figure assistenziali nella turnazione.
L’ausiliario, sia esso agente, OTA o OSS, deve essere presente in ciascun turno perché i
bisogni corporali, domestici e alberghieri del paziente hanno necessità di essere sempre soddisfatti
(in qualsiasi ora del giorno e della notte).
La mancanza di queste figure inducono gli infermieri a supplire, obbligandoli, di fatto, allo
svolgimento di mansioni improprie (nella prima parte è stato trattato l’istituto delle mansioni
inferiori e superiori).
Il D.Lgs. 26.11.1999 n. 532 “Disposizioni in materia di lavoro notturno” a norma dell’art.
17, co. 2, L. 05.02.1999 n. 25, all’art. 11, comma 1, recita: ”Durante il lavoro notturno il datore di
lavoro assicura un livello di servizi equivalente a quello previsto per il turno diurno”.
In poche parole anche durante il turno di notte, si deve assicurare la stessa qualità e quantità
assistenziale che si provvede nel periodo diurno.
La responsabilità determinata dalla carenza di risorse umane, ricade indubbiamente, sul
datore di lavoro che dovrà rispondere ai sensi degli artt. 1218 e 1321 C.C..
L’infermiere dovrà comunicare ai propri superiori la carenza di personale, il disservizio e la
limitata assistenza nonché l’eventuale svolgimento di mansioni inferiori.
Il datore così informato non potrà liberarsi dalla presunzione di colpevolezza che,
processualmente, incombe su di lui.
Da tutte queste considerazioni, specialmente riguardo l’obbligo del cambio a vista, nascono
problematiche relative alla possibilità che determinati comportamenti adottati a seguito dei suddetti
obblighi, si configurino speciali reati che attengano particolarmente la professione infermieristica.
Nella lezione che seguirà, tratterò, appunto, la materia penale sanitaria.
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Bibliografia
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C.C.N.L. Comparto Sanità 1998-2001 e 2006-2009.
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Artt. 2086, 2103 e 2104 C.C..
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Legge 20.05.70 n. 300.
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D.Lgs. 08.04.2003 n. 66 (comunitario).
•
Circolare Ministero del Lavoro n. 8, prot. n. 210 del 03.03.2005.
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D.Lgs. n. 66/2003.
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R.D.L. 15.03.1923 n. 692.
•
D.Lgs. 26.11.1999 n. 532.
•
D. P.C.M. 30 novembre 1995, Articolo 1, co. 2, par. f.
•
Direttiva 93/104/CE.
•
Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
•
Suprema Corte di Cassazione, sez. lavoro, sent. 05.05.2005 n. 9353.
•
Legge 05 febbraio 1999, n. 25, art. 17, par. f.
•
Legge 14.02.1958, n. 138.
•
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 12962/2008.
•
Consiglio di Stato, Sez. V, sent. 01.12.2006 n. 7065.
•
Decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1987, n. 567.
•
D.Lgs. 26.11.1999 n. 532.
•
Artt. 1218 e 1321 C.C..
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